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Sopravvalutato chi?
08 mag 2025
Haliburton sta guidando i Pacers a uno dei risultati più sorprendenti di questi playoff.
(articolo)
7 min
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IMAGO / UPI Photo
(copertina) IMAGO / UPI Photo
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Pochi giorni dopo l’inizio dei playoff, The Athletic ha pubblicato i risultati del suo annuale sondaggio tra i giocatori NBA. Una di queste domande è, senza giri di parole, chi è per loro il giocatore più sopravvalutato della Lega. È una domanda brutta, quel tipo di giudizio che che spetterebbe semmai ai media sportivi al massimo ai media sportivi, e non gli atleti stessi. È comunque una domanda che fa il gioco di The Athletic, perché le risposte diventano virali: colleghi che giudicano altri colleghi in maniera meschina.

Quest’anno il giocatore della NBA più sopravvalutato è risultato essere Tyrese Haliburton, con un buon margine sul solito Rudy Gobert.

Chi risponde non è chiamato a giustificare la sua scelta, e i motivi dobbiamo provare a immaginarli noi. Dovessi provarci, e conoscendo un po’ come ragionano i giocatori NBA, chi lo ha votato crede che ad Haliburton manchi quel fattore “alfa” che tanto rispettano gli atleti. Haliburton, cioè, non sarebbe uno che ti vince le partite da solo, che quando serve ti fa l’hero ball. Non sembra avere lo spirito del trascinatore, il fisico del leader carismatico.

Haliburton effettivamente non è un giocatore di isolamenti, uno che domina il pallone. È un playmaker nel senso più letterale del termine. Da tre stagioni e mezzo guida l’attacco degli Indiana Pacers, uno dei più divertenti della NBA, in maniera totale: nelle 73 partite di questa stagione regolare è stato il terzo per assist a partita (9.2) e il primo fra tutti nel rapporto tra assist e palle perse. Questo ci dice come nel suo gioco c'è prima la scelta giusta per la squadra, e solo poi, come ultima possibilità, la scelta superomistica.

Che potesse essere questo il motivo per cui è stato considerato sopravvalutato, lo ha fatto capire anche Siakam, che commentando il sondaggio ha detto solo: «È lui che ci fa andare avanti, quindi resteremo con lui fino alla fine. Può incidere sulla partita non solo segnando, ma anche aprendo il campo per tutti gli altri, mettendo ognuno nella posizione giusta e facendolo con stile. Alla fine della giornata, a qualcuno piacerà, ad altri no. Ma io penso che sia un giocatore altruista quando è in campo, e ha solo una cosa in testa: vincere».

HEROBURTON
Haliburton ha saputo dei risultati del sondaggio prima di gara-2 del primo turno dei playoff contro i Milwaukee Bucks, ma non si è detto preoccupato. «Non ho un grande discorso o un commento da fare», ha detto «ho fiducia in me stesso e non mi preoccupo di cosa pensano gli altri». Che fosse una mezza verità, anzi una bugia, è stato evidente fin da subito: gli atleti stanno molto attenti a quello che si dice di loro, soprattutto se arriva da altri come loro. Questo succede in tutti gli sport e a tutti i livelli, ma in NBA, una lega che ha costruito parte del suo successo planetario sulle rivalità sgradevoli, ancora di più. Se vuoi essere il migliore qui, devi essere convinto di essere il migliore, e gli avversari sono solo ostacoli da abbattere il più duramente possibile.

E se Haliburton contro un mucchio di votanti anonimi non è una rivalità al livello Michael Jordan contro Isiah Thomas (o di Michael Jordan contro tante altre persone) il risultato è stato comunque motivare Haliburton, dargli forse quel pizzico di motivazione che gli mancava per diventare ancora più decisivo.

Il primo segnale è arrivato in gara-5 contro Milwaukee. Haliburton ha prima pareggiato la partita negli ultimi secondi per portarla ai supplementari (con un po’ di collaborazione della difesa dei Bucks) e poi ha messo il cappello su uno dei finali più assurdi nella storia di un supplementare. Grazie alla partita della vita di Gary Trent Jr., Milwaukee si è trovata avanti di 7 punti con appena 38 secondi. Uno scarto che dovrebbe essere irrecuperabile, ma che invece Indiana ha recuperato. Ci è voluto dell’autolesionismo da parte dei Bucks, ma anche un paio di grandi giocate di Haliburton. Prima si è andato a prendere il canestro + fallo attaccando AJ Green al ferro, poi ha segnato il canestro che ha chiuso la serie in faccia a Giannis, di nuovo arrivando al ferro.

Dopo la partita, Haliburton ha scritto sui social “adesso sopravvalutatemi questo”, e insomma se l’era legata al dito. L’aspetto più interessante però è proprio l’aver vinto la serie con due giocate al ferro, due giocate da giocatore "alfa", se vogliamo considerare questa una categoria. Per attaccare Giannis ci vuole coraggio, perché il rischio di finire male è alto. Lo avrebbe fatto lo stesso senza quel sondaggio? Forse sì, ma è chiaro come Haliburton sia stato particolarmente infastidito da un giudizio che è davvero difficile giustificare (in generale è difficile parlare di sopravvalutati nella lega dove ci sono, per definizione, i migliori al mondo).

Questo sembrava dovesse essere il picco della stagione di Haliburton e di Indiana, chiamati poi a cercare di fare al massimo bella figura contro Cleveland, la miglior squadra della stagione insieme a OKC. Ma la serie non sta andando come era lecito attendersi: i Pacers sono avanti 2-0, grazie a due vittorie fuori casa.

Ancora una volta Haliburton è stato sia il perfetto playmaker dell’attacco messo in piedi da Carlisle, sia l’eroe solitario che decide la partita. Questa volta l’ha fatto con una tripla in step-back a meno di due secondi dalla fine di gara-2, per portare Indiana in vantaggio in una partita in cui era praticamente sempre stata con la testa sott’acqua (ancora una volta sono stati in grado di recuperare da -7 a meno di un minuto dalla fine, e se il basket di oggi aiuta i parziali veloci, certe volte serve un aiuto dagli avversari: finora il record in questi casi è di 3-1679 e due di queste tre vittorie sono dei Pacers 2025).

La sequenza finale di Haliburton è notevole. Prima sbaglia il libero del meno uno, poi dopo il tap-out di Myles Turner recupera il rimbalzo, che quasi sembra l’abbia fatto apposta a sbagliare il libero. Dopo ha la lucidità di uscire da un groviglio di uomini, puntare Ty Jerome e segnargli il canestro della vittoria in faccia. Il tutto mentre i tifosi dei Cavs continuavano a dargli del sopravvalutato nei loro cori.

Dopo questo canestro, Haliburton è 10 su 11 nei tiri per pareggiare o passare in vantaggio negli ultimi due minuti di una partita. È una statistica senza senso, che da sola mette a tacere l’idea che sia solo un ottimo giocatore di sistema, ma che non abbia quel qualcosa in più per diventare una superstar della NBA. La pacatezza e la serenità con cui ha risposto alle critiche dopo la vittoria contro i Cavs è indicativa, e in un mondo che comunque tende a preferire la sfrontatezza di giocatori come Anthony Edwards (e che forse ne ha più bisogno) ci sta sottovalutare l'impatto di Haliburton perché meno rumoroso.

A oggi il suo limite più grande è forse la continuità: anche in questa stagione in dei momenti è sembrato il fantasma di se stesso, in altri uno dei migliori giocatori della Lega. A novembre contro gli Hornets aveva chiuso la partita con 0 punti: è difficile credere stiamo parlando dello stesso giocatore che sta decidendo due serie di playoff. L’ultimo passo per lui è quello di diventare il giocatore più simile a questo per tutte le partite di cui è fatta una stagione. A 25 anni, in ogni caso, è perfettamente in linea con quello che è il percorso di crescita di un cestista.

E QUINDI INDIANA…
Se Haliburton ha fatto il giro, da sopravvalutato a sottovalutato, con lui lo hanno fatto tutti gli Indiana Pacers. Le Finali di Conference della scorsa stagione erano state giudicate solo come un colpo di fortuna, visto tutti gli infortuni subiti dalle loro avversarie, ma se dovessero tornarci? Anche i Cavs stanno avendo problemi di infortuni, e al completo probabilmente non sarebbero sotto 2-0, ma va dato credito al lavoro di Carlisle e dei suoi giocatori (e di chi li ha scelti). Pascal Siakam e Myles Turner magari non saranno il secondo e il terzo violino ideali per una squadra che vuole vincere il titolo, ma sono giocatori incredibilmente solidi e versatili sui due lati del campo.

Accanto a loro poi c’è una serie di giocatori di ruolo che stanno alzando il livello delle loro prestazioni, quando invece ai playoff dovrebbe succedere il contrario. Aaron Nesmith ha una percentuale di true shooting irreale: 73.6%, 10 punti meglio del secondo tra i giocatori ancora nei playoff, sua maestà Steph Curry (63.6%). Ancora più incredibile quello che sta facendo Andrew Nembhard, che dopo una stagione mediocre sta giocando alla grande (come già l’anno scorso) e in questo momento è il giocatore con la miglior percentuale da 3 punti nella storia dei playoff. Il tutto senza mai risparmiarsi in difesa.

Si torna sempre lì: se tutti i giocatori di una squadra giocano al loro livello o sopra deve esserci del merito in chi fa funzionare tutto. Carlisle è un allenatore esperto, che ha già vinto un titolo e che ha dimostrato di saper valorizzare i playmaker e creare attacchi di alto livello. I Pacers stanno giocando un basket divertente e versatile, allenato benissimo.

Dove possono arrivare è difficile dirlo, all'interno di playoff mai così incerti e impronosticabili. Difficilmente però qualcuno continuerà a chiamarli sopravvalutati.

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