
Nikola Jokic è sempre stato imperscrutabile quando si tratta di parlare del suo basket. Quando gli chiedono di commentare i suoi record statistici o di come riesca a fare le sue incredibili giocate appare sempre distaccato, come volesse sminuire il suo talento e l’impatto che ha sui Denver Nuggets. Il 21 gennaio, però, dopo la vittoria contro i Philadelphia 76ers, in cui ha messo a segno l’ennesima tripla doppia della carriera da 27 punti, 13 rimbalzi e 10 assist, anche lui ha dovuto riconoscere come stia giocando il miglior basket della propria vita. Un dichiarazione non banale per un 3 volte MVP e 1 volta campione NBA (e MVP delle finali) che negli ultimi anni ha semplicemente messo su stagioni irripetibili (per chiunque altro) una dietro l’altra, stagioni che pensavamo non potessero essere migliorate. Come si può migliorare quando si è già così in cima?
Già prima di questa stagione il giudizio era pressoché unanime: Jokic è il miglior giocatore di basket al mondo. Oggi però, per quanto incredibile possa sembrare, è un giocatore ancora migliore, e sempre di più si sta iniziando a parlare del suo posto nella storia di questo sport, a confronto con i più grandi di sempre. Anche se ovviamente le somme andranno tirate alla fine, contando anche i titoli vinti dal serbo, inevitabilmente le sue statistiche stagionali stanno attirando il paragone con le migliori prestazioni di sempre nella storia della NBA.
Jokic segna come il miglior Jordan, prende rimbalzi come lo Shaq motivato e passa il pallone come Stockton ci dicono i freddi numeri, che però devono essere sempre contestualizzati. Ma come fare un confronto che non sia prevenuto? Se ovviamente c’è un carattere soggettivo in ogni paragone, e se quelli tra ere sono condizionati dai cambiamenti avvenuti nel gioco, nel basket possono venirci incontro le statistiche avanzate. Più precisamente quelle definite all-in-one, che puntano con differenti approcci a misurare credito e impatto di un singolo giocatore sul successo di squadra, aggiustato per numero di possessi e in relazione a punteggi medi nella lega. È poco più di un esercizio di stile, ma comunque interessante, anche solo per rendere credito a quello che sta facendo Jokic, una grandezza così continua da essersi normalizzata ai nostri occhi (i dati di Jokic sono stati raccolti al 7 febbraio, col passare delle partite potranno subire leggeri cambiamenti).
Per iniziare: Jokic sta registrando il massimo dato in carriera per punti a partita (29.7) e assist (10.3) e il secondo più alto riguardo i rimbalzi (12.7). Per punti è terzo in NBA, per assist è secondo, mentre per rimbalzi è terzo. Terminare così in alto nelle tre voci statistiche “principali” sarebbe già qualcosa di unico. Inoltre Jokic sta flirtando con un altro traguardo storico, ovvero chiudere una stagione in tripla doppia a oltre 30 punti di media, un risultato raggiunto solo da Oscar Robertson (1961/62) e Russell Westbrook (2016/17). Ma continuiamo: Jokic è terzo per gare da 30 punti (20), secondo per gare da 10 assist dietro Young (29) e primo per triple-doppie registrate (24, secondo LeBron con 10). Riguardo questa statistica, il massimo in singola stagione appartiene a Westbrook con 42 gare. Viste le 30 che rimangono a Jokic, può apparire difficile per lui battere il record, ma non è detto. Se non bastasse, è diventato il primo giocatore negli ultimi 50 anni a registrare una tripla-doppia già prima di iniziare l’ultimo quarto in cinque gare consecutive (fonte dati Basketball Reference).

Una spinta alla media punti gli arriva dal tiro da tre punti, il vero cambiamento di questa stagione per Jokic: la percentuale di tentativi che proviene da dietro l’arco sul totale dal campo è passata dal 16.4% al 22.9%, un salto in avanti piuttosto lungo. Queste triple il serbo le converte con il 46.2%. Anche in questa percentuale è il migliore in NBA, su un dato in cui semplicemente non dovrebbe essere neanche vagamente tra i primi, considerando quanto il tiro da dietro l’arco sia entrato tardi nel suo bagaglio tecnico e quanto poco dovrebbe essere a suo agio così lontano dal canestro. Ma non è finita qui: se Jokic finisse la stagione con questa percentuale, sarebbe la sedicesima miglior prestazione di sempre tra i giocatori con almeno 3 triple tentate a partita (fonte NBA.com). Da qui si arriva facilmente alla metrica del true shooting percentage, che misura l’efficacia realizzativa pesando tiri da due e tre punti oltre che i tiri liberi: attualmente quella di Jokic è del 66.1%, che nella storia è terza per singola stagione dietro a Kevin Durant nel 2022/23 (67.7%) e Stephen Curry nel 2015/16 (66.9%), rapportato tra giocatori con almeno dieci canestri a partita di cui due da tre punti.
L’incremento nel dato degli assist invece è legato al fatto che il serbo è ancora di più il centro nevralgico dell’attacco dei Nuggets, un altro aspetto che pensavamo non potesse essere migliorato rispetto alle passate stagioni, e invece è migliorato. I tocchi a partita sono diventati 105.5 (101.1 nella passata stagione, fonte NBA.com) e proseguendo questa scia arriverà ad avere i primi tre dati più alti per assist a partita realizzati da un centro in una stagione. Come detto, però, queste, per quanto importanti, sono statistiche che si riferiscono a dati singoli: l’abilità di segnare, l’efficienza nel farlo, la capacità di passare il pallone e di prendere rimbalzi. Per calcolare questi e altri aspetti meno tangibili del basket, e cercare di restituire in maniera più accurata possibile l’impatto di un giocatore sul successo di squadra esistono altre metriche. La prima è il Box Plus Minus, che stima il contributo di un giocatore in punti apportati rispetto alla media su cento possessi giocati. Dal momento che non contiene il riferimento ai minuti giocati, il confronto comprende un campione di giocatori che risponde a due criteri: minimo 36 gare giocate e 25 minuti di media a partita in stagione. In questa stagione il dato del Box Plus Minus di Jokic è +14.3 (considerando che +10.0 è da valutare come estremamente alto): il migliore mai registrato in NBA. Il suo nome si ripete ben più di una volta nella top-10 di tutti i tempi.

Una seconda metrica che potrebbe indicare quella di Jokic come la migliore stagione individuale mai vista prima è il Player Efficiency Rating (PER), ovvero una statistica avanzata che misura la produttività di un giocatore di basket per minuto di gioco, bilanciando contributi positivi e negativi. Qui l’inserimento di un valore minimo di 36 gare giocate va in favore di Joel Embiid, che nel 2023/24 è sceso in campo in 39 occasioni, mentre Jokic che finora ha già giocato più di metà delle gare di stagione regolare (46) sta centrando il secondo posto all-time.

Ci sono tante altre metriche, più o meno recenti, da cui potremmo ricevere ulteriori conferme della grandezza di questa stagione Nikola Jokic: il suo Win Shares per 48 minutes è il terzo più alto di sempre (.329, dati a partire dal 1973/74, fonte StatHead), l’Estimated Plus-Minus è secondo solo a LeBron del 2008/09 (+8.9, fonte Dunks & Threes), ma l’aspetto che più di ogni altro sorprende è che l’utilizzo di Jokic non è nemmeno così invadente sul numero totale dei possessi di squadra.
Considerando nuovamente un campione di giocatori con almeno 36 gare giocate con 25 minuti a partita dal 1967/68, ci sono ben 329 giocatori che hanno chiuso con uno Usage percentage più alto di quello che Jokic sta tenendo nel 2024/25 (29.8%, fonte StatHead). Per dare un riferimento ulteriore, Westbrook nel 2016/17 (anno chiuso con MVP e tripla-doppia di media) ha il dato più alto di sempre con il 41.7%. Bene, Jokic è vicino a chiudere la stagione con dati simili ma avendo un’incidenza decisamente minore sui possessi di squadra (intesi come conclusi con un canestro, tiri liberi, palla persa o assist). Semplicemente un fenomeno di efficienza.
Una cosa è certa: come mai prima i Nuggets dipendono da lui e non possono fare a meno di averlo in campo. Jokic sta infatti registrando il più alto minutaggio in stagione regolare in carriera (36.2), un carico di lavoro non indifferente e che tutto sommato sta gestendo sorprendentemente bene dal punto di vista fisico. Anche a questo proposito i dati ci vengono in aiuto: con lui in campo la squadra segna 424 punti in più degli avversari mentre si trovano a -169 quando lui è fuori. Da una prospettiva più avanzata: la differenza che balla su 100 possessi tra quando Jokic è in campo e quando non è in campo è di +24.5 punti (fonte Cleaning the Glass). Un numero fortemente influenzato dal contributo in attacco del serbo, dato che 23.6 punti di questi 24.5 riguardano l’impatto sull’efficienza offensiva della sua squadra. Non che sia una novità, e cioè il fatto che Jokic sia l’attacco dei Nuggets, ma il dato di 125.1 punti su 100 possessi (in 1667 minuti) di offensive rating preso singolarmente sarebbe il più alto di tutti i tempi (123.2 dei Celtics nel 2023/24 è attualmente il record, fonte Statmuse).
A vedere le statistiche, avanzate o meno, questa stagione di Jokic è giustamente paragonata alle migliori di sempre dei più grandi di questo sport. Jordan 1987/88, Curry 2015/16, LeBron 2012/13 e così via. Tutte stagioni che sono state poi premiate dal titolo di MVP. Jokic è già a quota 3, come altri nove giocatori prima di lui, e come visto un quarto alla fine di questa stagione non stonerebbe. Quello che ha fatto Embiid nel 2023, e quello che sta facendo Shai Gilgeous-Alexander in questa stagione (è lui l’avversario di Jokic al titolo di MVP) dimostrando cosa bisogna essere in grado di fare - come singolo e come squadra - per poter provare a battere il serbo. Comunque andrà per Jokic, se questi numeri non saranno abbastanza per vincere il premio, se magari ci sarà un calo fisiologico nei prossimi mesi, se Denver non riuscisse a salire abbastanza di livello per competere per l’anello, se anche non dovesse vincerne altri, le sue statistiche, ma anche solo la singola visione delle sue partite, il suo contributo sera dopo sera, l’eccezionalità delle sue giocate, ci permettono di dire che Jokic è già oggi una leggenda di questo gioco.