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E quindi la coppia Jokic-Westbrook va alla grande
22 gen 2025
A Denver Russ sembra rinato.
(articolo)
9 min
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Quando in estate Russell Westbrook ha firmato da free agent per i Denver Nuggets, dopo un'esperienza con più ombre che luci nella sua Los Angeles, sia sponda Lakers che Clippers, era sembrata l’ennesima scelta conservativa della franchigia del Colorado. Dalla vittoria del titolo, infatti, poco e niente è andato bene nella costruzione del roster: prima la partenza di Bruce Brown, poi quella di Kentavious Caldwell-Pope, due perdite gravi mai davvero sostituite, sempre con l’idea che potesse bastare dare più spazio ai rookie o scommettere su veterani al minimo per mantenere una squadra da titolo. Un tentativo di andare al risparmio, o comunque di non andare del tutto all-in, che non ha mai convinto in pieno, lasciando una sensazione di peccato capitale nel non sfruttare al massimo gli anni migliori di Nikola Jokic.

Westbrook poi, suo malgrado nelle ultime stagioni è diventato una specie di zimbello in NBA, un giocatore in cui lo scarto tra cosa può offrire ancora e cosa crede di poter offrire ancora è diventato troppo ampio per non suscitare ironia. Se bisogna portare rispetto alla sua eccezionale carriera in NBA, negli ultimi anni è stato molto più facile notare i difetti che porta in dote: le scarse percentuali al tiro, il decision making rivedibile e la perdita (in parte) dell’esplosività lo hanno reso un giocatore poco efficiente. Era molto facile pensarlo inadatto a una contender come i Nuggets, dove tutto ruota intorno alla capacità di sapersi adattare al gioco di Jokic.

E invece.

UNA COPPIA CHE FUNZIONA
Per caratteristiche e indole, Westbrook in passato ha avuto qualche difficoltà a incastrarsi con le stelle delle squadre con cui ha giocato. Anche con LeBron James, uno che storicamente riesce a trarre il meglio da tutti i suoi compagni, a risaltare erano stati soprattutto i limiti di Westbrook nel giocare accanto a un accentratore del pallone. Con Jokic, però, questo non sta accadendo, anzi. Russ sta mostrando una disponibilità nuova nell’adattarsi al contesto di squadra, arrivata magari troppo tardi nella sua carriera, ma che è pur sempre meglio del buco nero di cocciutaggine e inefficacia in cui si era infilato negli ultimi anni.

Westbrook sembra rinato in questo nuovo ruolo, il che non vuol dire che sia tornato quello di un tempo (non succederà), ma che finalmente sembra essersi pacificato rispetto alla sua ambizione. Soprattutto, riconosce il ruolo di Jokic e la. necessità di adattarsi allo stile del serbo: «È il miglior giocatore del mondo», ha detto, «il mio compito è rendere il gioco facile per lui, mentre lui lo fa per tutti gli altri. È un piacere avere la possibilità di condividere il campo con lui». Oppure: «È un onore giocare con lui».

Degli indizi che potesse funzionare c’erano: Jokic e Westbrook hanno lo stesso agente, Jeff Schwartz (e queste cose in NBA contano) e ancora prima della firma sul contratto Harrison Wind, giornalista che segue quotidianamente i Nuggets, aveva raccontato come «Jokic sta spingendo dietro le quinte per portare Westbrook a Denver [...] Vuole giocare con lui».

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Il punto più alto finora la coppia Jokic-Westbrook lo ha toccato l’11 gennaio contro i Brooklyn Nets, quando entrambi hanno chiuso con una tripla doppia: 35 punti, 15 assist e 12 rimbalzi per il serbo e 25 punti, 11 rimbalzi e 10 assist per il californiano. Non era mai successo prima che una coppia di compagni ci riuscisse per due volte nella stessa regular season in tutta la storia della NBA (era già successo qualche giorno prima, contro Utah).

Ovviamente essere due giocatori naturalmente portati alla tripla doppia aiuta molto (con 202 Westbrook è il primo nella storia dell’NBA, mentre con 148 Jokic è momentaneamente terzo), ma non è un caso che questa doppietta sia arrivata in un momento difficile, sotto di 4 punti all’intervallo e con Jamal Murray rientrato negli spogliatoi per infortunio.

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La sinergia tra i due è evidente, dentro e fuori dal campo. «Spesso comunichiamo senza doverci dire nulla», ha raccontato recentemente Westbrook, «in campo pensiamo le stesse cose. È una dinamica eccezionale». Parole che solo qualche mese fa ci sarebbero sembrate un’eresia, dato che a prima vista non sembrano esserci due giocatori di basket più diversi in tutto il pianeta. Accanto a Jokic, però, abbiamo riscoperto quello che sapevamo già, ma che ci eravamo dimenticati: ovvero che Westbrook è un giocatore di basket molto intelligente.

La naturalezza e il tempismo con cui riesce a tagliare verso il canestro quando Jokic ha il pallone è magnetica. Se è vero che il serbo sarebbe in grado di premiare qualsiasi movimento di qualsiasi giocatore su qualsiasi campo di basket, se a farlo è uno con la velocità e la capacità di attaccare il ferro di Westbrook funziona molto meglio. È da anni, forse dall’esperienza agli Houston Rockets con Harden, che si ipotizzava come un Westbrook più mobile in attacco senza palla in mano avrebbe sbloccato un diverso tipo di attaccante; ora finalmente lo stiamo vedendo.

È un tipo di connessione leggermente diversa da quella, sicuramente più collaudata, tra Jokic e Murray, che spesso è fatta da passaggi consegnati, o comunque da pick and roll o giochi a due, e anche da quella tra il serbo e Aaron Gordon, in cui tagli del secondo arrivano quasi sempre lontano dalla palla in back door o partendo dal dunker spot. Questi con Westbrook sono più uno-due in corsa, o dai e vai, chiamateli come preferite, con il primo che porta il pallone in attacco, serve il secondo dopo che questo ha preso posizione e poi taglia verso il canestro all’improvviso sorprendendo le difese avversarie e ricevendo il pallone di ritorno per attaccare.

I tempi di passaggio di Jokic sono sempre perfetti, e quando Westbrook riceve bene e in movimento, poi diventa difficile fermarlo se non con un fallo.

Westbrook è poi, probabilmente, il miglior passatore con cui Jokic abbia mai diviso il campo, e questo è visibile soprattutto nella qualità degli entry pass di Russ. Il serbo non ha bisogno di qualcuno che costruisca i punti per lui, ma quando prende posizione sotto canestro o passa alle spalle del lungo avversario a inizio azione, più il passaggio che gli arriva è buono, più i due punti successivi saranno facili. E questo lo aiuta a non doversi guadagnare ogni singolo canestro facendo a sportellate con gli avversari. Un vantaggio magari non trascendentale, ma neanche trascurabile nella gestione delle sue energie – un aspetto sempre fondamentale visto che, storicamente, i Nuggets muoiono quando lui esce dal campo, in termini di Net Rating.

Stando ai dati di Cleaning The Glass, i due hanno fin qui giocato 1.585 possessi insieme: in quei minuti Denver ha avuto un net rating di +15.0, oltre 10 punti migliore di quello di squadra (+4.9). Secondo Second Spectrum, Westbrook ha il 56% di percentuale effettiva quando riceve il pallone da Jokic (in totale è del 52%, in ogni caso la migliore della carriera). Nelle ultime 8 partite sta tirando anche meglio da tre punti (oltre il 41%), ma rimane il singolo aspetto su cui è davvero impossibile credere possa migliorare.


Un miglioramento dell'efficienza inatteso, dopo le ultime stagioni in calando, e che deriva non tanto dall’aver aggiustato il tiro, quanto dall’aver migliorato la selezione dello stesso e più in generale il modo in cui attacca. Con Jokic Westbrook sembra aver capito meglio quando essere aggressivo con la palla e quando invece esserlo senza, qualcosa che era difficile aspettarsi a questo punto della carriera.


Una collaborazione di successo, almeno per il momento, che ci dice anche qualcosa oltre il campo, e cioè che Jokic, per quanto venga raccontato come disinteressato rispetto al basket, per i Nuggets è un leader significativo anche per tutto ciò che gravita loro intorno, capace di influenzare anche un giocatore pieno di idiosincrasie come Westbrook.

OLTRE LA COPPIA
Ma Westbrook non è solo una buona spalla per Jokic. La sua energia, se sfruttata a dovere, rimane ancora un valore. Denver non aveva nel roster un giocatore del genere dalla partenza di Brown, uno che sia in grado di cambiare il ritmo dell’attacco, dare una scossa ogni tanto, prendere il rimbalzo e spingere in contropiede arrivando al ferro o trovando un compagno libero. «Il suo dinamismo è speciale», ha detto Jokic, «è in grado di accelerare il ritmo e coinvolgere gli altri. Quando attacca in transizione i compagni sanno che, se si liberano, il pallone li raggiungerà». In questa stagione i Nuggets sono sesti in NBA per possessi in contropiede (22.3), da cui ottengono 25.3 punti (sempre sesti), un dato molto migliore da quello dell’anno scorso (17.4 possessi e 19.4 punti). Anche questo è un modo per togliere almeno un po’ di peso dalle spalle di Jokic.

Anche in difesa, senza essere uno specialista difensivo come erano KCP e Brown, o senza la stazza e la versatilità di Gordon, Westbrook sta mostrando una migliore applicazione rispetto alle ultime stagioni. Contro i Magic ha fatto un ottimo lavoro in difesa su Banchero che gli rende molti chili e molti centimetri.

Malone ha raccontato di averlo messo alla prova a inizio stagione «per diventare la migliore versione di sé stesso» e di averlo voluto coinvolgere totalmente: «Con tutto il rispetto per i suoi allenatori passati: se metti Russell Westbrook nell'angolo, non ottieni tutto il suo potenziale. Abbiamo fatto uno sforzo per dargli spesso la palla in mano questa stagione».

Westbrook è arrivato a Denver con l’idea di essere un po’ il sesto/settimo uomo delle rotazioni, o comunque quello che entrando dalla panchina potesse dare un po’ di brio e attacco ai quintetti senza Jokic o Murray. Questa maggior efficienza però l’ha raggiunta dopo che l’infortunio di Gordon lo ha portato in quintetto a fine dicembre: da quel momento il record di Denver è di 10-3, e la squadra è risalita fino al quarto posto di una combattutissima Western Conference dopo un inizio claudicante.

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È difficile pensare che possa essere la soluzione per i Nuggets: Gordon è un pezzo fondamentale del quintetto, e se non sta avendo la miglior stagione della carriera, il suo contributo sui due lati del campo è irrinunciabile, anche solo perché Denver è “Jokic, Murray, Porter Junior, Gordon e poi si vede”. Allo stesso tempo i numeri dicono che l'efficienza di Westbrook torna a essere scricchiolante quando non c’è Jokic in campo con lui (-20.1 su 812 possessi, mentre Jokic da solo macina +12.3 in 1.161 possessi senza Russ).

Cosa può fare Malone? Anche l’idea di togliere Christian Braun dal quintetto non sembra percorribile, perché vorrebbe dire avere in campo insieme Gordon e Westbrook, e cioè due cattivi tiratori da 3 punti che non incutono timore nelle difese avversarie, con spaziature che più si va avanti nella stagione più diventano problematiche, specialmente per una squadra che a livello di volumi fatica moltissimo a tirare tanto da tre punti (anche quest’anno sono ultimi per tentativi nella NBA).

Trovare l’incastro tra i vari quintetti, bilanciare pregi e difetti dei vari giocatori è la parte principale del lavoro di uno staff NBA. I prossimi mesi saranno decisivi da questo punto di vista per Denver, che comunque potrebbe anche muoversi sul mercato (si parla addirittura di un ritorno di Brown). In ogni caso bisogna considerare che Westbrook guadagna meno di Zeke Nnaji, Dario Saric e Deandre Jordan, praticamente quanto il rookie DaRon Holmes e che per Denver è stata una di quelle scommesse, quasi sempre perdenti, che si fanno anche solo per il nome. Al momento, però, la sua bromance con Jokic ha cambiato la loro stagione.

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