Quando in estate Russell Westbrook ha firmato da free agent per i Denver Nuggets, dopo un'esperienza con più ombre che luci nella sua Los Angeles, sia sponda Lakers che Clippers, era sembrata l’ennesima scelta conservativa della franchigia del Colorado. Dalla vittoria del titolo, infatti, poco e niente è andato bene nella costruzione del roster: prima la partenza di Bruce Brown, poi quella di Kentavious Caldwell-Pope, due perdite gravi mai davvero sostituite, sempre con l’idea che potesse bastare dare più spazio ai rookie o scommettere su veterani al minimo per mantenere una squadra da titolo. Un tentativo di andare al risparmio, o comunque di non andare del tutto all-in, che non ha mai convinto in pieno, lasciando una sensazione di peccato capitale nel non sfruttare al massimo gli anni migliori di Nikola Jokic.
Westbrook poi, suo malgrado nelle ultime stagioni è diventato una specie di zimbello in NBA, un giocatore in cui lo scarto tra cosa può offrire ancora e cosa crede di poter offrire ancora è diventato troppo ampio per non suscitare ironia. Se bisogna portare rispetto alla sua eccezionale carriera in NBA, negli ultimi anni è stato molto più facile notare i difetti che porta in dote: le scarse percentuali al tiro, il decision making rivedibile e la perdita (in parte) dell’esplosività lo hanno reso un giocatore poco efficiente. Era molto facile pensarlo inadatto a una contender come i Nuggets, dove tutto ruota intorno alla capacità di sapersi adattare al gioco di Jokic.
E invece.
UNA COPPIA CHE FUNZIONA
Per caratteristiche e indole, Westbrook in passato ha avuto qualche difficoltà a incastrarsi con le stelle delle squadre con cui ha giocato. Anche con LeBron James, uno che storicamente riesce a trarre il meglio da tutti i suoi compagni, a risaltare erano stati soprattutto i limiti di Westbrook nel giocare accanto a un accentratore del pallone. Con Jokic, però, questo non sta accadendo, anzi. Russ sta mostrando una disponibilità nuova nell’adattarsi al contesto di squadra, arrivata magari troppo tardi nella sua carriera, ma che è pur sempre meglio del buco nero di cocciutaggine e inefficacia in cui si era infilato negli ultimi anni.
Westbrook sembra rinato in questo nuovo ruolo, il che non vuol dire che sia tornato quello di un tempo (non succederà), ma che finalmente sembra essersi pacificato rispetto alla sua ambizione. Soprattutto, riconosce il ruolo di Jokic e la. necessità di adattarsi allo stile del serbo: «È il miglior giocatore del mondo», ha detto, «il mio compito è rendere il gioco facile per lui, mentre lui lo fa per tutti gli altri. È un piacere avere la possibilità di condividere il campo con lui». Oppure: «È un onore giocare con lui».
Degli indizi che potesse funzionare c’erano: Jokic e Westbrook hanno lo stesso agente, Jeff Schwartz (e queste cose in NBA contano) e ancora prima della firma sul contratto Harrison Wind, giornalista che segue quotidianamente i Nuggets, aveva raccontato come «Jokic sta spingendo dietro le quinte per portare Westbrook a Denver [...] Vuole giocare con lui».
Il punto più alto finora la coppia Jokic-Westbrook lo ha toccato l’11 gennaio contro i Brooklyn Nets, quando entrambi hanno chiuso con una tripla doppia: 35 punti, 15 assist e 12 rimbalzi per il serbo e 25 punti, 11 rimbalzi e 10 assist per il californiano. Non era mai successo prima che una coppia di compagni ci riuscisse per due volte nella stessa regular season in tutta la storia della NBA (era già successo qualche giorno prima, contro Utah).
Ovviamente essere due giocatori naturalmente portati alla tripla doppia aiuta molto (con 202 Westbrook è il primo nella storia dell’NBA, mentre con 148 Jokic è momentaneamente terzo), ma non è un caso che questa doppietta sia arrivata in un momento difficile, sotto di 4 punti all’intervallo e con Jamal Murray rientrato negli spogliatoi per infortunio.
La sinergia tra i due è evidente, dentro e fuori dal campo. «Spesso comunichiamo senza doverci dire nulla», ha raccontato recentemente Westbrook, «in campo pensiamo le stesse cose. È una dinamica eccezionale». Parole che solo qualche mese fa ci sarebbero sembrate un’eresia, dato che a prima vista non sembrano esserci due giocatori di basket più diversi in tutto il pianeta. Accanto a Jokic, però, abbiamo riscoperto quello che sapevamo già, ma che ci eravamo dimenticati: ovvero che Westbrook è un giocatore di basket molto intelligente.
La naturalezza e il tempismo con cui riesce a tagliare verso il canestro quando Jokic ha il pallone è magnetica. Se è vero che il serbo sarebbe in grado di premiare qualsiasi movimento di qualsiasi giocatore su qualsiasi campo di basket, se a farlo è uno con la velocità e la capacità di attaccare il ferro di Westbrook funziona molto meglio. È da anni, forse dall’esperienza agli Houston Rockets con Harden, che si ipotizzava come un Westbrook più mobile in attacco senza palla in mano avrebbe sbloccato un diverso tipo di attaccante; ora finalmente lo stiamo vedendo.
È un tipo di connessione leggermente diversa da quella, sicuramente più collaudata, tra Jokic e Murray, che spesso è fatta da passaggi consegnati, o comunque da pick and roll o giochi a due, e anche da quella tra il serbo e Aaron Gordon, in cui tagli del secondo arrivano quasi sempre lontano dalla palla in back door o partendo dal dunker spot. Questi con Westbrook sono più uno-due in corsa, o dai e vai, chiamateli come preferite, con il primo che porta il pallone in attacco, serve il secondo dopo che questo ha preso posizione e poi taglia verso il canestro all’improvviso sorprendendo le difese avversarie e ricevendo il pallone di ritorno per attaccare.