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Mikal Bridges arriva ovunque
26 feb 2021
In una squadra in ascesa come i Phoenix Suns, Bridges si sta rivelando un giocatore indispensabile.
(articolo)
9 min
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Se a inizio stagione le aspettative sui Phoenix Suns erano particolarmente alte, il motivo era da ricercare soprattutto del finale della scorsa regular season, quando erano usciti imbattuti dalla bolla di Disney World senza però riuscire a raggiungere dei playoff che mancano da ormai dieci anni. L’arrivo estivo di Chris Paul è stato poi il segnale di una squadra che voleva rapidamente scalare le gerarchie della Western Conference. E in questo inizio di stagione i Suns hanno confermato le premesse, viaggiano comodamente al quarto posto con un record di 22 vinte e 10 perse insidiando le due squadre di Los Angeles alle spalle dei sorprendenti Utah Jazz.

Ma la nota più positiva di questi Suns a oggi non è stata la chimica tra Chris Paul e Devin Booker o la crescita di Deandre Ayton a lungo dominante, ma bensì la definitiva esplosione di Mikal Bridges a tuttofare altamente specializzato. Il giocatore al terzo anno da Villanova sta svolgendo uno dei ruoli più preziosi e più complicati della NBA contemporanea, la malta che unisce tutti i mattoni in campo e che sistema ogni quintetto in funzione delle qualità delle proprie superstar. Là dove una volta era tutto 3&D, ora la continua evoluzione dei ruoli ha imposto un deciso perfezionamento di quelle skill di base che servono per diventare un giocatore di rotazione. E lo stesso Mikal Bridges ha più volte ripetuto come non gli piaccia essere definito un 3&D perché si sente costretto in una scatola piuttosto stretta, preferendo ragionare da giocatore di basket completo.

Un difensore completo e autosufficiente

È però indubbio che le qualità fisiche e tecniche di Bridges si adattino perfettamente a ricoprire tale ruolo. Ha le gambe lunghissime e secchissime, con un baricentro alto che gli dona un incedere da cerbiatto e una postura da fantino. Sembra quasi zampettare sul parquet, un’impressione rafforzata dalle sneakers giallo canarino che indossa a ogni partita e che non lo fanno mai passare inosservato. Anche perché in campo è dappertutto, difendendo spesso e volentieri sul miglior esterno avversario e sporcando ogni pallone che entra nel raggio d’azione delle sue appendici telescopiche. L’apertura alare che supera i 215 centimetri infastidisce ogni esecuzione avversaria in attacco e intimidisce il portatore di palla, che di solito è quello incaricato di iniziare l’azione al cosiddetto point of attack.

E marcare ogni sera la superstar avversaria nella Western Conference significa dover tentare di bloccare, o perlomeno limitare, i vari LeBron James, Kawhi Leonard e Damian Lillard, un compito che a volte assomiglia più a una missione suicida. Ma Bridges la accetta con il solito sorriso solare di chi prova realmente piacere nel misurarsi contro i migliori giocatori del pianeta, come fosse un duello cavalleresco.

Specialmente quando si tratta di dover difendere il portatore di palla in un pick and roll, Bridges ha imparato a usare al meglio i suoi strumenti fisici che, uniti all’abilità nel rendersi ancora più sottile di quanto realmente sia per passare sui blocchi, lo aiutano a rimanere a contatto con l’avversario per poi rientrare nel suo campo visivo quando meno se lo aspetta. È il giocatore che è stato maggiormente sollecitato in questa situazione di gioco in NBA (7.3 possessi a partita) e ha concesso solo 0.91 punti per possesso, nonostante un volume considerevole e gli avversari già citati.

E se a volte soffre contro le ali grosse e strutturate alle quali cede muscoli e chili, eccelle quando deve seguire avversari più bassi di lui, riuscendo a non farsi battere in agilità e recuperare da dietro all’ultimo momento utile. Contro queste tipologie di attaccanti può davvero sfruttare tutta la sua lunghezza come un albero frondoso che oscura le soluzioni più ricercate, cambiando gli angoli e i tempi di quelle che spesso sono giocate automatiche.

Anche se a volte perde un passo contro i playmakers più sfuggenti della lega, riesce immediatamente a rimediare con le sue lunghe falcate e i piedi leggeri per poi arrivare a contestare il tentativo di tiro.

Quando può lavorare sul gioco a due insieme a Deandre Ayton, poi, la loro sintonia gli permette di inceppare anche gli attacchi più esplosivi. D’altronde avere il proprio miglior difensore perimetrale e il proprio centro sullo stesso spartito permette di eliminare molte delle prime opzioni di un attacco NBA. Sia in aiuto e recupero che cambiando sistematicamente sui blocchi, i due riescono a limitare le scelte del portatore di palla, evitando i pericolosissimi tiri dal palleggio e forzando tante palle perse. Anche quando è costretto a cambiare sul lungo che punta al pitturato, Bridges ha mani rapide che rendono complicata l’esecuzione di passaggi sulla carta semplici.

L'abilità di farsi sottile per passare attraverso qualsiasi blocco per poi esplodere immediatamente ed assorbire il contatto tenendo le braccia belle alte a cercare il pallone. La sintonia con Ayton è evidente, e si nota specialmente nelle situazioni di aiuto e recupero, dove Bridges può volare e stoppare da dietro.

Avere due giocatori che non richiedono troppo aiuto nel gestire un pick and roll permette agli altri tre compagni di non staccarsi dai rispettivi avversari, causando quindi meno rotazioni complicate e concedendo infine poche triple aperte. I Suns sono la terza squadra per numero di triple lasciate agli avversari (il 33.4%) e la seconda per triple dagli angoli (solo il 6.8%), dietro solo agli Utah Jazz. E gli avversari tirano queste conclusioni da dietro l’arco con una percentuale piuttosto bassa, a dimostrazione dell’ottimo lavoro fatto dai Suns per contestare tali soluzioni balistiche - un mantra se si vuole avere una difesa di alto livello, quantomeno in questa stagione.

Quando è lontano dal pallone, Bridges è bravissimo nel togliere il diretto avversario dal campo, evitando proprio che riceva la sfera costringendo gli altri ad attaccare senza il loro miglior realizzatore. E anche quando salta la difesa, ha una capacità speciale nel riapparire entrando nell’inquadratura per stoppare al ferro chi davvero pensava di star giocando quattro contro quattro.

Pistolero nel deserto

Insieme a Utah, Phoenix è una delle due squadre ad essere nella top-10 sia in rating offensivo (ottava con 116.3 punti su 100 possessi) che in quello difensivo (settima con 110.4 punti su 100 possessi). Una testimonianza dell’impatto di Chris Paul sulla squadra e allo stesso tempo della bravura di Monty Williams di bilanciare l’influenza del suo veterano con la crescita dei giovani talenti già presenti. Un bilanciamento che ha in Mikal Bridges il metronomo, colui che con le sue poche richieste e tante cose utili rende efficiente un attacco che giustamente si appoggia sulle qualità creative di CP3 e Devin Booker.

Si sa che un difensore di livello per poter stare in campo con continuità deve imparare a giocare anche nell’altra metà senza essere un peso eccessivo. Di solito questo dato è legato alla percentuale di realizzazione da dietro l’arco, una prerogativa non demandabile nella NBA odierna. E Mikal Bridges si è perfettamente integrato in una squadra che ha decisamente alzato il volume di tiri oltre l’arco, passando dal 30.6% della stagione 2018-19 al 39.1% di quella in corso, aumentando sia i tentativi che la percentuale realizzativa. Ora Bridges è una minaccia dietro l’arco che viaggia a 4.7 triple tentate a partita, realizzandole con il 41.5%.

Gran parte delle triple prese da Bridges sono assistite dai compagni e arrivano sfruttando gli spazi aperti dalla gravità dei due principali trattatori di palla dei Suns, ma sta dimostrando grande intelligenza nel muoversi in relazione alle scelte della difesa. La rilocazione senza la palla infatti non è una qualità esclusiva di Steph Curry, ma pertiene a ogni giocatore intelligente che sa trovare la propria mattonella dalla quale premere il grilletto, un aspetto del gioco che Bridges ha imparato presto.

L'importanza di muoversi sempre con un senso e farsi trovare pronto per la conclusione, massimizzando ogni occasione che gli si propone.

In un certo modo l’evoluzione da tiratore di Bridges in NBA ha ricalcato quella effettuata nei suoi tre anni di college a Villanova, dove ha progressivamente aumentato il volume dei tentativi da fuori diventando nella sua ultima stagione un autentico bombardiere. Come ha dimostrato nella sua carriera, Bridges ha bisogno di trovarsi a proprio agio per esprimere al meglio il suo talento, una situazione che sembra aver finalmente trovato in questa stagione a Phoenix grazie al supporto di Chris Paul e Monty Williams, che non perde mai occasione per lodare il proprio giocatore.

Avere in campo un giocatore che sbaglia pochissimo e semplifica la vita ai suoi compagni, con scelte semplici quanto efficaci, perdendo pochissimi palloni (solo il 6.7% dei possessi) e facendosi trovare pronto quando conta, fa la differenza tra vincere e perdere. Bridges infatti non funziona solo come tiratore spot-up, ma segna 1.47 punti per possesso quando taglia a canestro sorprendendo la difesa che si dimentica di lui. In una intervista per The Ringer ha spiegato che, visto che le squadre avversarie solitamente mettono il proprio miglior attaccante perimetrale a marcarlo, lui si muove molto per stancarlo anche nella metà campo dove vorrebbe riposarsi. Per questo sfrutta al meglio certe occasioni per tagli backdoor o verso il ferro, mettendo in crisi la difesa a zona sul lato del debole.

Molti dei disegni dell'attacco dei Suns lo vedono in angolo per garantire le spaziature a Booker, Paul e Ayton ma Bridges si sa muovere con grande intelligenza e tempismo, punendo ripetutamente l'avversario che si addormenta guardando il pallone. Ha perfezionato ad esempio il taglio frontale dal lato forte quando la difesa è preoccupata dai blocchi lontano dalla palla per Booker.

Solo quattro giocatori in NBA in questo momento hanno un PSA (Points per Shot Attempted) oltre quota 120 su cento possessi avendo meno del 15% di Usage. Bridges è uno di questi - gli altri tre sono a PJ Washington, Garrison Matthews e Davis Bertans - a conferma di come sia importante avere un realizzatore affidabile, che segna quasi 14 punti di media a partita, senza che “mangi” troppi possessi in un attacco che deve ancora capire bene come distribuire tiri, minuti e responsabilità tra Booker e Paul.

La stranezza statistica della stagione di Phoenix infatti risiede nel Net Rating con i due All-Star in campo insieme, arrivato ad essere finalmente positivo (+1.2) dopo un inizio di stagione con il segno meno, ma è comunque molto più basso rispetto a quelli dei due quando sono in campo da soli. I quintetti con il solo Chris Paul in campo volano a +14.5, mentre quelli con Booker a comandare l’attacco fanno segnare un notevole +12.5. Un dato su cui inficia l’ottimo rendimento delle riserve (da Dario Saric a Cam Payne passando per Cam Johnson e Jae Crowder) ma che rappresenta comunque un enigma da sciogliere per Monty Williams, senza dimenticare che c’è ancora Deandre Ayton da integrare come terza opzione in attacco.

Per fortuna dei Suns, Mikal Bridges in questa stagione si sta affermando come una certezza sulla quale appoggiarsi, sempre in campo da titolare nelle prime 31 partite stagionali ed con il minutaggio più alto della squadra. Magari non proprio un 3&D, ma un profilo ormai indispensabile per costruire una squadra vincente ed al quale i Phoenix Suns non possono rinunciare.

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