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I miglioramenti di Evan Mobley sono quelli dei Cavs
16 gen 2025
Dietro alla grande stagione di Cleveland c’è soprattutto il salto di qualità del giovane lungo.
(articolo)
9 min
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IMAGO / UPI Photo
(copertina) IMAGO / UPI Photo
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Le prime dieci partite della carriera di Evan Mobley erano state così impressionanti per maturità e impatto difensivo da farci immediatamente scrivere un articolo su di lui, nonostante non fosse passato neanche un mese dal suo debutto in NBA. Negli ultimi tre anni mi sono ritrovato spesso a pensare di scrivere di nuovo su di lui per analizzare come e se era migliorato da quello sfolgorante debutto, ma non sono mai riuscito a trovare il momento giusto. Negli ultimi tre anni infatti Mobley è sembrato non progredire mai dal livello già alto da cui era partito, e a me restava la sensazione che ci fosse niente di nuovo da dire.

La crescita di un giocatore in NBA non è mai lineare, e quella di Mobley è stata per certi versi unica nel suo genere. I numeri del giovane lungo californiano sono stati pressoché identici nei suoi primi tre anni di carriera: si è attestato su un livello di rendimento complessivo medio-alto, con picchi di assoluto dominio nella metà campo difensiva e lampi di efficacia offensiva, che però sotto coach JB Bickerstaff non sono mai stati davvero continui. Mobley ha giocato sempre bene, ma senza mai diventare uno di quei giocatori che "spostano".

Il modo in cui ha concluso i playoff dello scorso anno ha però fatto intravedere qualcosa di diverso: dopo che Jarrett Allen si è infortunato all’addome, Mobley ha disputato l’intera serie contro Boston da unico lungo del quintetto e ha inanellato prestazioni sempre più convincenti contro i futuri campioni NBA, culminati con i 33 punti realizzati nella gara-5 che ha messo fine alla sua terza stagione. Non che quei Cavs avessero davvero una chance in quella serie, ma se non altro Mobley aveva concluso la sua seconda esperienza ai playoff in maniera ben più convincente rispetto alla prima, dove era sembrato semplicemente spaesato contro la fisicità dei New York Knicks nel 2023.

Si dice che coach Kenny Atkinson abbia ottenuto il ruolo di capo allenatore dei Cavs soprattutto grazie al piano di sviluppo per Mobley presentato alla dirigenza e alla proprietà della franchigia proprio, con il lungo individuato da subito come la chiave per sbloccare il vero potenziale del roster. Forse convinti dal piano illustrato dal coach, i Cavs hanno resistito alla tentazione di spezzare sia la coppia formata da lui e Allen, sia quella delle guardie Darius Garland e Donovan Mitchell, ripresentando lo stesso identico roster che era sembrato inadeguato a competere con Boston ai playoff.

Abbiamo già analizzato la striscia di 15 successi con cui i Cavs hanno cominciato questa stagione, lasciandoci a fine articolo con la promessa di scrivere più approfonditamente di Mobley. Ebbene, quel momento è arrivato - perché tra tutti gli elementi che hanno determinato il dominante inizio di stagione dei Cavs, il salto di qualità di Mobley è quello che ha il maggior peso specifico.

DOVE È MIGLIORATO EVAN MOBLEY
Arrivati ormai quasi alla boa di metà stagione, i Cavs stanno viaggiando a una velocità di crociera che potrebbe portarli a fine stagione a superare quota 70 vittorie come solo due squadre nella storia NBA, i Chicago Bulls del 1995-96 (72 vittorie) e i Golden State Warriors del 2015-16 (73 vittorie e 9 sconfitte). Con ogni probabilità questi Cavs non riusciranno a tenere questo passo, ma già solo che siano in ritmo per riuscirci ci dice tutto su che razza di stagione stiano mettendo assieme.

Volendo ridurre a un singolo elemento un fenomeno complesso come la crescita di una squadra da ottima a dominante, basterebbe questo dato: Evan Mobley sta tirando col 41.6% da tre punti in stagione su quasi 3 tentativi a partita. Sia la precisione che il volume sono entrambi fondamentali: il tiro da tre è un aspetto cruciale che rende quello dei Cavs il miglior attacco della lega (i Cavs sono la squadra che tira meglio di tutta la NBA) e Mobley è uno dei sei giocatori della rotazione che sta tirando sopra il 41% dall’arco. Ma Mobley non è diventato solamente un tiratore preciso: è diventato un tiratore volenteroso, e fa tutta la differenza del mondo.

A volte anche gli errori ci dicono molto del cambio di mentalità di un giocatore: qui Mobley dovrebbe fare un extra passaggio e servire Darius Garland, che quest’anno sta tirando col 43% da tre ed è un tiratore migliore di lui, ma si fida così tanto dei suoi miglioramenti al tiro da prendersi una conclusione contestata.


I tifosi dei Cavs aspettavano da anni un sensibile miglioramento al tiro da parte di Mobley, che già lo scorso anno aveva chiuso col 37.3% da tre punti ma su meno della metà dei tentativi di quest’anno. Era di fatto l’unico modo per far funzionare davvero la coppia con Jarrett Allen, due giocatori dalle caratteristiche fisiche molto simili (lunghi, slanciati, versatili, con lunghe leve e baricentro alto) e inevitabilmente chiamati a muoversi nelle stesse zone di campo in spazi ristrettissimi. Il tiro da tre di Mobley invece ha ridato aria all’attacco di Cleveland, permettendo ai due giocatori non solo di coesistere, ma di funzionare sul lungo periodo e di permettere così di avere sempre un campo uno stoppatore d’élite, rendendo i Cavs la miglior squadra a proteggere il ferro di tutta la lega e permettendosi di tenere in campo anche due guardie sottodimensionate come Garland e Mitchell.

LA NUOVA ARMATURA DI MOBLEY
Un altro miglioramento lungamente atteso e finalmente arrivato di Mobley è la fisicità. I tempi in cui Steven Adams poteva spostarlo come una bambola sono ormai lontani, non solamente perché Mobley ha aggiunto chili alla sua “armatura”, ma anche qui per un cambio di mentalità. Sempre più spesso Mobley ha un atteggiamento aggressivo quando ha il pallone tra le mani, cercando di iniziare il contatto e non di subirlo anche contro avversari più grossi di lui. Non è un caso se sta andando in lunetta come mai in carriera ed è al suo massimo per Usage Rate, di ben 3 punti percentuali più alto rispetto al primo triennio (da 20.3 a 23.3).

Due esempi dalla partita contro i Thunder. Solo pochi minuti dopo aver subito una stoppata da Jalen Williams, Mobley non si fa problemi a puntarlo in uno contro uno dritto per dritto: notate il modo in cui abbassa la spalla destra nel momento in cui raccoglie il palleggio, ricavandosi abbastanza spazio a centro area per salire e tirare. Nel secondo video, invece, nel momento decisivo della partita attacca Isaiah Hartenstein in uno contro uno, consapevole che sulla testa del tedesco pendeva la spada di Damocle dei 5 falli a carico. Oltre alla fisicità, qui Mobley ci mostra anche il suo lavoro di piedi e il suo tocco, prendendo il tempo al difensore.

MOBLEY PASSATORE
Un altro aspetto sotto il quale Mobley è sempre stato eccellente è quello dei passaggi. Sin dal suo primo anno ha mostrato una grande capacità di lettura del gioco, ma nel sistema di Atkinson sembra aver fatto un ulteriore salto di qualità, non tanto in termini di numeri grezzi (anzi, la media di assist a partita è paradossalmente diminuita) ma nella capacità di processare il gioco velocemente, diventando un tutt’uno con il sistema.

Una selezione di passaggi vincenti dalla partita contro OKC. Nel primo caso fa la lettura giusta alla velocità della luce nonostante manchino 3.5 secondi alla fine dell’azione quando riceve il pallone. Nel secondo sfrutta il suo uno contro uno di fisico contro Williams per attirare su di sé la difesa e servire Dean Wade in angolo con una fucilata. Nel terzo si muove alla perfezione nel cuore della difesa a zona di OKC e regala due punti facili ad Allen. Nell’ultimo sfrutta la situazione di gioco in cui si trova più a suo agio, lo short roll, per servire Strus in angolo: quanti altri lunghi avrebbero avuto quel controllo del corpo senza commettere sfondamento?

La capacità che ha Mobley di “mettersi in visione” per dare una linea di passaggio comoda ai compagni torna particolarmente utile anche quando fa “le cose da lungo normale”, come ad esempio lasciare che sia Allen a portare il blocco sulla palla andandosi a nascondere nel dunker spot, aspettando il momento giusto per tagliare a canestro con tempi tanto semplici quanto straordinari. L’intero attacco di Cleveland, di fatto, si riduce a questo: non fanno niente di così sconvolgente, ma lo fanno sempre con grande tempismo, grande convinzione e grande connessione tra i vari giocatori, indipendentemente che facciano parte del quintetto o siano membri della panchina. E la qualità dei tiri che ne esce è quasi sempre eccellente.

L’ONNIPRESENZA DIFENSIVA DI MOBLEY
Tutto questo senza nemmeno citare il lavoro che fa nella metà campo difensiva, che dovrebbe portarlo a guadagnarsi la prima nomination per uno dei quintetti ideali della stagione, se non il ritorno sul podio del premio per Difensore dell’Anno già raggiunto nel 2022-23 alle spalle di Jaren Jackson Jr. e Brook Lopez a soli 21 anni. I Cavs, molto semplicemente, non possono fare a meno di lui: quando è in campo concedono 8 punti su 100 possessi in meno rispetto a quando va a sedersi, un dato superato solamente da quello di Donovan Mitchell — anche se i minuti dei due sono pressoché sovrapponibili, visto che a differenza di quanto fatto con Bickerstaff, Atkinson quest’anno ha deciso di rimescolare le coppie, mettendo Mobley con Mitchell e Garland con Allen insieme alle second unit (col precedente coach invece Mitchell giocava con Allen e Garland con Mobley).

In particolare, quando Mobley e Mitchell giocano insieme a Caris LeVert, Sam Merrill e Georges Niang hanno un rendimento su 100 possessi spiegabile solamente con la magia nera. Il +41.0 con cui sotterrano gli avversari su un quantitativo di possessi comunque non banale (155 finora, il terzo quintetto più utilizzato da coach Aktinson) si basa su un rendimento difensivo mostruoso, tenendo gli avversari a 87.4 punti su 100 possessi e al 40% effettivo al tiro (nessuno fa meglio in NBA). Di quei cinque, però, solo Mobley è considerabile come grande difensore, rendendo l’idea di quale sia il suo impatto difensivo.

In questa stagione solo Anthony Davis, Jalen Johnson e Victor Wembanyama possono pareggiare la sua linea statistica per punti (18.9), rimbalzi (8.9), assist (3), recuperi (1) e stoppate (1.4), ma nessuno lo fa tirando col 41% da tre punti né col 62% effettivo dal campo come Mobley, che grazie alla qualità del suo gioco e al rendimento stratosferico della sua squadra sembra destinato alla prima convocazione all’All-Star Game della sua carriera. Con ancora diversi mesi davanti a sé prima di compiere 24 anni, i Cavs hanno ora tra le mani un lungo capace di assicurare un alto rendimento almeno per un altro lustro se non di più. Tre anni fa ci eravamo lasciati con le parole di LeBron James, che aveva benedetto la scelta di Mobley al Draft dicendo che «i Cavs ne hanno preso uno buono». Anche questa volta, il Re non si sbagliava.

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Basket

Dario Vismara è caporedattore della sezione basket de l'Ultimo Uomo. Laureato in linguaggi dei media con una tesi sulla costruzione mediatica della carriera di LeBron James, ha lavorato come redattore a Rivista Ufficiale NBA e nel 2016 è passato a Sky Sport curando la sezione NBA del sito. Ha tradotto "Eleven Rings. L'anima del successo" (Libreria dello Sport) ed è il curatore della "Guida NBA 2017-18" (Baldini & Castoldi).

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