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Il paradosso di Luka Doncic
09 nov 2018
Le prime partite in NBA ci hanno mostrato pregi e difetti di un veterano nel corpo di un ragazzino.
(articolo)
14 min
(copertina)
Glenn James/Getty Images
(copertina) Glenn James/Getty Images
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Non c’è mai stato un prospetto più polarizzante di Luka Doncic, e non è affatto detto che mai ci sarà. Sebbene l’unicità dei giocatori che arrivano fino alla NBA renda l’esperienza di raccontarli un processo sempre nuovo, nel caso di Doncic è proprio la sua polarità così forte a stravolgere il tutto.

Lo sbarco di Doncic in NBA era atteso ormai da due o tre anni, quando era apparso per la prima volta nei radar di chiunque fosse minimamente interessato alla pallacanestro mentre iniziava la sua carriera da professionista nel Real Madrid, la squadra più importante del secondo campionato più rilevante al mondo.

Di predestinati ce ne sono moltissimi, e di ragazzi prodigio che attirano le luci della ribalta pure, ma nessuno ha preso le luci della ribalta come nel suo caso, in cui è oramai perfino difficile tenere traccia di chi lo stia osannando e chi stia dando per scontata una parabola che tutto è, tranne che normale.

In Europa siamo sempre stati certi che Doncic sarebbe stato la Next Big Thing, abituati come siamo a vederlo dominare in giovane età a livello nazionale ed europeo, sia con la Slovenia che con il Real. I guru del Draft si sono sbilanciati su di lui come probabilmente non avevano mai fatto con altri giocatori, non solo europei: «Le buone squadre lo amano e le pessime squadre lo ignorano» dichiarava Jonathan Givony al podcast di Zach Lowe nei giorni prima del Draft, quasi ribaltando il principio del carro e dei buoi, in cui si poteva valutare la bontà di una franchigia da cosa pensasse di Doncic oppure no. Ma questo tartassamento mediatico dai salotti della NBA ha finito con l’alterare inizialmente i tifosi americani, che hanno cominciato a dubitare della bontà del giocatore a discapito di altri prospetti più alti, più veloci, più forti fisicamente.

Nelle ultime settimane tra l’universo NBA e Luka Doncic sembra essere esplosa una luna di miele: i suoi video di highlights passano più volte al giorno nelle pagine social, le sue finte finiscono su quei video di 8-10 secondi da condividere subito, è diventato immediatamente la faccia di Dallas, di questa classe di rookie, forse perfino della generazione dei millennial in NBA.

Ed è proprio per questa mutevole sensazione, per questa impossibilità di scindere cosa Luka faccia effettivamente in campo da cosa viene raccontato che sappia fare, che rende così affascinante parlare di Doncic. Perché nonostante tutto, capire che giocatore sia in NBA il prospetto europeo su cui si è scritto da più tempo di tutti è una domanda dalla risposta non banale.

Dall’altra parte dell’oceano

Luka è senza dubbio la miglior cosa che sia successa ai Dallas Mavericks dal 2011, anno in cui oltre a vincere il titolo hanno anche superato la loro ultima serie di playoff, vivacchiando negli ultimi sette anni senza mai dare grandi guizzi. Dallas ha speso una prima scelta protetta top-5 per salire di due posizioni al Draft e mettere le mani sul talento sloveno, e da quel momento non si sono mai tirati indietro nel presentarlo come il giocatore franchigia insieme a Dennis Smith Jr., colui che deve vendere biglietti con tanto di cartelloni con la sua faccia e la scritta “Il futuro è qui”. Una campagna tanto imponente che l’ultima stagione di Dirk Nowitzki, ovvero la persona più importante nella storia della franchigia, sta passando pacificamente in secondo piano, complice l’infortunio che lo sta tenendo ai box.

Come detto in precedenza, di Luka Doncic in NBA si parla fin da quando era divenuto una stella del Real Madrid a 16 anni di età, e la sua forma fisica (200 centimetri per 98 chili) combinata con le sue capacità in campo lo rendono quasi automaticamente un oggetto di culto, indipendentemente da cosa ha fatto in Europa. Non è semplice per una squadra NBA trovare qualcuno cui affidare la marcatura di Doncic, che possiede facilità di tiro e di passaggio e che sguazza in spazi proibitivi per gli altri con dei movimenti da veterano consumato.

Il suo career high, finora.

Quando Luka ha la palla tra le sue mani è abile a sfruttare gli spazi del pick and roll come fosse una guardia: non ha paura di dirigersi lontano dal ferro per creare separazione col marcatore per prendersi una tripla dal palleggio, aiutato da uno dei migliori step back che ci siano (in una lega che annovera James Harden e Steph Curry). Sebbene il tiro da tre punti abbia finora delle percentuali ondivaghe (alterna serate da 0/5 o 2/9 ad altre da 4/6), la sicurezza che mostra nelle proprie capacità anche contro le difese della NBA è la caratteristica più importante a questo punto della sua carriera. Nella lega titubare per qualche frazione di secondo equivale a soccombere, e l’incrollabile fiducia che Carlisle gli sta mostrando di sicuro lo aiuta anche nelle sere in cui il tiro non va. Doncic sembra libero di prendersi brutti tiri quanto vuole: al momento è il secondo rookie della storia per triple tentate a partita (dietro a Trae Young e davanti a Donovan Mitchell che aveva stabilito il record lo scorso anno).

La caratteristica che lo ha messo al di sopra di tutti gli altri rookie agli occhi degli esperti è la sua capacità di passaggio, e anche questa ha avuto alti e bassi dall’altra parte dell’oceano in questo inizio di esperienza negli States. L’altezza non è più costantemente dalla sua parte come lo era in Europa e Doncic ha scoperto dolorosamente che alcune parabole che distribuiva in camiseta blanca sono facili preda per le braccia dei difensori NBA. La sventagliata di destro sopra la testa per la tripla in angolo è stata probabilmente già studiata al suo arrivo nella lega, e le difese l’hanno letta da subito.

Luka è comunque un giocatore estremamente intelligente, e di sicuro questo periodo iniziale migliorerà di molto il suo gioco quando lo adatterà a difese più reattive e più fisiche rispetto a quelle a cui era abituato. La buona notizia per lui è che i suoi numeri di playmaking (circa 4 assist di media per altrettante palle perse a partita) non sono migliori soprattutto per colpa dei suoi compagni. I Mavericks hanno iniziato la stagione tirando a malapena il 25% da tre punti (in risalita nelle ultime gare) e spesso molti gioielli che escono dalle mani di Doncic finiscono sprecati da tiratori non all’altezza: Harrison Barnes sembra faticare a trovare il suo ruolo in campo ora che è passato dall’essere l’uomo franchigia a “quell’altro accanto a Doncic”; Wesley Matthews è l’ombra del giocatore che era in passato; Nowitzki deve ancora giocare un singolo minuto; perfino Smith, nei minuti che condivide in campo con Luka, ad oggi non si trova perfettamente a suo agio a fianco dello sloveno, risultando in un Net Rating tossico (-12.9 punti per 100 possessi) per la squadra mentre lo stesso risultato risulta estremamente positivo (+8.5) quando Luka gioca senza DSJ. L’intesa di Doncic coi compagni insomma può senz’altro crescere, e con essa miglioreranno i suoi numeri come distributore di gioco.

In ogni caso nessuno scout NBA al mondo ha mai messo in discussione il talento di Doncic a giocare a pallacanestro, ma i dubbi più grandi si avevano sulle sue capacità fisiche. La sua forma atletica non è di certo la caratteristica che lo fa brillare agli occhi degli spettatori, il fisico di Doncic è ben lontano da quello di un atleta NBA mediocre, con molto “baby fat” ancora in mostra e diversi tratti di partita passati con le mani sulle ginocchia per provare a tirare il fiato mentre gli altri nove in campo continuavano nei loro ritmi forsennati. Su questo punto i tifosi dei Mavericks non devono preoccuparsi troppo: dopo aver giocato 160 partite professionistiche negli ultimi due anni senza praticamente mai fermarsi, Dallas ha fatto sedere Doncic per tutta la Summer League e la sua preparazione atletica è rimasta un po’ indietro rispetto agli altri giocatori, specie agli atleti NCAA dove la palestra trova molto più spazio rispetto agli allenamenti di squadra (che sono limitati per regolamento).

Il suo debutto in maglia Mavs.

Il problema più grande di Doncic è comunque la mancanza di esplosività, che era già stata individuata dai suoi critici in Europa contro difensori americani più atletici. Il primo passo di Doncic è assolutamente insufficiente a battere un difensore capace: a volte si ritrova a mettere palla a terra e dribblare in tondo fino a che il pallone si sgonfia e il cronometro scade, mentre il difensore mantiene invariata la posizione tra i due. Ad ogni modo, la creatività di Doncic dal palleggio gli permette comunque di battere difese sbilanciate e trovare pertugi insperati quando arriva il raddoppio difensivo, anche se al momento risulta difficile immaginarselo mentre batte da solo il difensore e muove la difesa a volontà.

Ad onor del vero questa non è neanche una cosa che Carlisle gli chiede di fare, facendo sistematicamente portare un blocco quando supera la metà campo o facendo iniziare l’azione a DSJ. Tuttavia, quando le cose non vanno, è prerogativa della Stella far fronte a una situazione di isolamento con il cronometro che ticchetta inesorabile verso lo zero. Doncic si affida a un repertorio pressoché sconfinato di pump fakes, esitazioni e cambi di mano, e quando occasionalmente ha successo state certi che finirà negli highlights di serata, ma quando non funziona è come guardare una pianta appassire, con Luka che aspetta di trovare un’apertura che sembra non arrivare mai.

Questo è uno degli aspetti del gioco che Doncic deve migliorare di più: mentre in Europa poteva aspettare il suo momento nella gara, in NBA gli è richiesto da subito di essere lui ad aprire la scatola, e forse il suo successo dipenderà per la maggior parte dalle sue percentuali al tiro. Se e quando questo migliorerà, i difensori NBA dovranno stare più incollati a lui e allora maggiori saranno le probabilità di batterli anche con un primo passo mediocre. Ad ora i maggiori successi di Doncic arrivano sull’ultimo passo rispetto che sul primo, dove riesce a creare enorme separazione con lo step back o con un arresto a un tempo grazie all’apertura del compasso di gambe (questo articolo di Mike Prada lo spiega molto bene). Tuttavia per apprezzare dei notevoli miglioramenti occorrerà aspettare il training camp del prossimo anno e vedere che atleta sarà a quel punto.

Ancora alla ricerca di un ruolo

È ironico come la frase che meglio descrive la NBA attuale e che più di tutti sta mettendo in difficoltà Doncic è uscita dalla bocca del suo coach Rick Carlisle: “In NBA il tuo ruolo è chi riesci a difendere”. Sebbene Luka in attacco sia un problema per gli avversari dopo il primo cambio (ha massacrato Derrick Rose andando in post basso contro di lui e imbarazzato tutti i centri che sono finiti in marcatura su di lui sul perimetro), non è ancora chiaro chi sia l’avversario contro cui Doncic è in grado di difendere con continuità. Il suo primo passo è ancora il problema maggiore: le guardie NBA sembrano sgusciargli di fianco mentre lui rimane con i piedi piantati nel cemento.

Anche nei pick and roll arrivano grossi problemi, ad esempio quando la mobilità laterale non è sufficiente a seguire gli switch. Nell’azione qui sopra Omari Spellman ha un corridoio completamente libero e Doncic si accorge dell’errore solo quando il passaggio è già stato eseguito.

Errori come questi invece sono più comprensibili: è normale che un ragazzo di nemmeno vent’anni non abbia questa consapevolezza in difesa. Qui segue un innocuo Vince Carter lontano dal canestro mentre Taurean Prince ha una linea smarcata verso il ferro, denotando tutta la sua inesperienza ad un livello del gioco diverso da quello cui era abituato.

Finora i Mavericks hanno preferito posizionare Doncic sull’ala avversaria che aspetta gli scarichi del portatore di palla, dato che al momento non può contenere nessuna guardia che lo punta e non è ancora abbastanza forte per marcare in post i giocatori più grossi di lui. Anche qui il suo sviluppo fisico potrebbe aiutarlo, ma è difficile credere che un giorno possa diventare un difensore da élite. Dei segnali incoraggianti, in ogni caso, ci sono: il suo tempismo nel salto è impressionante (e avesse l’atletismo dei primi della classe sarebbe un difensore in aiuto devastante) e ha dimostrato di saper leggere gli schemi avversari durante la partita, risultando in qualche palla rubata di pura astuzia. Ma l’intuizione può portarti solo fino ad un certo punto e non è sicuramente sufficiente se la tua squadra ti chiede di trascinare l’attacco per tutto il tempo in cui sei in campo.

Lo sviluppo più probabile per Doncic sarà quello di riuscire a marcare i 4 nei quintetti lunghi e in quelli di small ball invece dei 3 meno mobili. Riuscire a prendere con competenza degli iniziatori di gioco sulla falsariga di Draymond Green rispetto a nasconderlo in difesa fa tutta la differenza del mondo, ma al momento è più una sincera speranza che una possibilità concreta per il resto della stagione. Ci sono giocatori con fisici non troppo migliori del suo che sono diventati dei difensori eccellenti (Joe Ingles su tutti), ma il loro contributo in attacco è esattamente l’opposto di quanto richiesto a Luka. Per uno che sta già soffrendo problemi di stamina, chiedergli di essere anche un difensore competente dal primo giorno sarebbe probabilmente un carico troppo grande. Ma prima o poi dovrà fare passi in avanti anche sotto questo aspetto.

Un rookie d’esperienza

Non c’è mai stato a memoria un rookie come Doncic, perché i rookie solitamente non hanno alle spalle tutto quello che Doncic ha già conquistato nella sua carriera. Sono abbastanza certo che altri tre o quattrocento articoli abbiano già fatto notare che a 19 anni lo sloveno abbia già macinato quello che la maggior parte dei migliori giocatori non NBA al mondo sogna di fare. Ma molto più banalmente, Doncic è un giocatore professionista al più alto livello ormai da tre anni pieni, mentre gli altri rookie sono effettivamente alle prime armi con una realtà del genere.

Sebbene i college NCAA sappiano ormai sfornare dei prodotti fisici molto più avanzati anche rispetto a molte squadre di Eurolega, la quantità di partite giocate e di allenamenti svolti da un ambiente professionistico è sinceramente tutt’altra cosa, e la differenza tra giocare con coetanei o con giocatori che hanno alle spalle decine d’anni di esperienza è come quella tra il giorno e la notte. Doncic si è presentato in NBA con 160 partite professionistiche già sulle spalle (!!!) mentre tutti gli altri rookie si assestano facilmente sullo zero.

È raro quindi trovarsi di fronte ad un ragazzino che sappia così bene cosa fare, che abbia delle visioni di gioco e dei movimenti da atleta navigato così come dei lampi di genio e degli abbagli in campo come quelli di chi è ancora in tenera età. Doncic sembra un veterano navigato quando crea separazione con l’avversario fermandosi a piedi pari durante il palleggio o quando trova l’angolo per il tabellone per evitare la stoppata di un difensore molto più alto di lui, ed è sorprendente vederlo rallentare il palleggio in penetrazione per raccogliere il fallo del difensore in aiuto prima di effettuare il tiro. Il suo tocco morbido e la sua creatività vicino al ferro lo rendono già ora un realizzatore efficace, anche se si affida al suo floater già troppo spesso, innamorandosene a volte troppo durante una partita.

Ma per quanta esperienza possa avere alle spalle, Doncic è ancora un teenager e gioca ancora come tale, cercando a volte la giocata ad effetto prima che quella efficace.

Abbiamo visto tutti il passaggio a Jordan sopra la testa di Lopez e con la finta di passaggio attorno a Justin Holiday, nessuno però si ricorda che questo numero lo ha poi riprovato nella stessa partita con risultati molto deludenti.

Ha anche dimostrato tratti caratteriali sospetti, come nella partita contro i T’Wolves o quella contro gli Spurs, dove a fronte di un inizio difficile con tiri sbagliati e palle perse, si è volontariamente estraniato dal gioco per ricominciare sul serio solo dopo aver segnato un tiro per interrompere la striscia negativa.

Vedere Doncic è assolutamente qualcosa di unico, perché non è mai successo a mio ricordo di vedere nello stesso giocatore un veterano navigato e un ragazzino palesemente agli inizi con più responsabilità di quanto sarebbe corretto affidargli.

Nessuno in NBA ha mai dubitato che Doncic sapesse giocare a basket come pochissimi al mondo, e ogni volta che scende in campo sembra dimostrarlo. I dubbi che si porta dietro sono più che altro legati al suo atletismo e al suo sviluppo: è realistico credere che un giocatore che ha già giocato lo stesso numero di partite di un “normale” giocatore al terzo anno in NBA possa avere lo stesso potenziale di crescita di un freshman più tradizionale? Ed è verosimile aspettarsi che i preparatori NBA possano rendere esplosivo un giocatore con lacune palesi in quel senso?

Sono domande legittime che non hanno ovviamente una risposta certa oggi. La cosa che può far sorridere i tifosi dei Mavericks è che se anche i dubbi espressi dovessero rimanere tali per il resto della carriera, Luka Doncic sarà comunque uno dei giocatori da non perdersi mai ogni volta che scende in campo.

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