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Come i Denver Nuggets hanno ripreso per i capelli la serie dell'anno
01 mag 2025
I temi che stanno caratterizzando la serie tra Clippers e Nuggets.
(articolo)
10 min
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IMAGO / ZUMA Press Wire
(copertina) IMAGO / ZUMA Press Wire
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Millesimi di secondo. Questo il tempo che ha separato i Denver Nuggets da un’eliminazione quasi certa dai playoff 2025 al ribaltare completamente l’inerzia di una serie. Il buzzer beater di Aaron Gordon in gara-4 ha infatti impedito uno scenario catastrofico: un 3 a 1 a favore dei Los Angeles Clippers avrebbe voluto dire andare contro ogni legge della probabilità e della statistica per provare a superare il turno, dato che la squadra sopra 3 a 1 esce vincente dalla serie nel 95.5% dei casi, con sole 13 rimonte avvenute su 290 occasioni.

E le modalità sarebbero state ancora più traumatiche. I Nuggets infatti avevano approcciato gara-4 alla grande, toccando addirittura il +22 nel quarto periodo nel bel mezzo di un inusualmente silenzioso Intuit Dome. Il 2 a 2 sembrava cosa fatta, poi era arrivato un parziale di 32 a 9 a favore dei Clippers. Quando a un minuto e spicci dalla fine il vantaggio è passato ai Clippers, seppur di un solo punto, Denver ha visto il baratro, la serie sfuggirgli di mano e una lunga estate fatta di “che dobbiamo fare per dare a Jokic una squadra seria?”.

E però avere il miglior giocatore al mondo dalla propria parte è uno dei modi più semplici per rimettere ordine anche in una situazione complicata. Prima Jokic si è guadagnato due tiri liberi, pareggiando la gara con un uno su due dalla lunetta, poi - dopo lo stop difensivo - ha segnato un fadeaway con Zubac addosso che per il 99.9% dei giocatori NBA sarebbe l’highlight di una carriera, portando a +2 i suoi.

Proprio al netto di questa giocata da fenomeno, però, il tap-in del pareggio a 9 secondi dalla fine di Ivica Zubac dall’altra parte ha ulteriormente spezzato le gambe alla squadra del Colorado. Per evitare il supplementare, dove i Clippers sarebbero stati favoriti da una più generale freschezza che in campo in quel momento era percepibile, serviva un miracolo, e un miracolo c’è stato. Non ce ne vogliano Miloš Teodosić e Josh Childress, menzionati dallo stesso Jokic come termine di paragone per la loro esecuzione alle Final Four di Eurolega nel 2010, ma un buzzer beater come quello di Aaron Gordon non ha eguali. Con un senso del tempo più che scenico, mitologico, Gordon ha raccolto al volo l’airball di Jokic sull’ultimo tiro e l’ha trasformato nei due punti della vittoria, rilasciando il pallone dentro al canestro così vicino al suono della sirena che per assegnarlo c’è stato bisogno di rivedere l’azione frame per frame. I Nuggets hanno scrutato l’abisso per un minuto e undici secondi, e Aaron Gordon li ha ripresi per i capelli un istante prima che toccassero il fondo.

Divertitevi con le versioni “super super slomo” per capire se la palla abbia lasciato i polpastrelli prima della sirena, come stabilito dagli arbitri.

Soprattutto, Gordon ha riportato le probabilità dei Nuggets di passare il turno dal 5% al 50%, ha ristabilito il fattore campo e spostato l’inerzia della serie a favore dei Nuggets, adesso addirittura sopra 3 a 2, dopo la netta vittoria in gara-5. Sembra un discorso semplicistico, ma l’importanza capitale della giocata di Gordon è sotto gli occhi di tutti. Se i Clippers avessero inanellato tre vittorie di seguito dopo la rocambolesca sconfitta in gara-1, la serie sarebbe stata virtualmente chiusa.

Il 2 a 2 ha permesso a Denver un “reset mentale”, dando ai giocatori una sensazione di equilibrio e un margine di errore che stare sotto 3 a 1, con tre elimination game da affrontare, avrebbe pesato troppo su una squadra che sembra sempre sull’orlo dell’implosione. Dietro all’impatto emotivo di questo recupero, infatti, si nasconde tutto un altro mondo. Innanzitutto, il canestro di Gordon ha risolto uno dei problemi principali dei Denver Nuggets in questa serie, quello dei finali di partita. Forse per l’usura dei titolari e la mancanza dei giocatori di rotazione, forse per mancanza di opzioni sin qui affidabili attorno a Jokic, sul quale è rivolta l’intera attenzione della difesa, la squadra del Colorado è stata surclassata nei quarti periodi.

I Clippers hanno superato Denver con una differenza punti cumulativa di +30 nell’ultimo quarto di gioco, con un +14 e un +18 fatti registrare rispettivamente in gara-3 e in gara-4. Escludendo l’overtime della prima partita, i Nuggets hanno segnato solo 7.5 punti di media nelle altre due gare finite nel clutch time, tirando con un pessimo 36.4% dal campo e un ancora peggiore 28.6% da tre punti. Nella gara-4 vinta allo scadere hanno subito un parziale di 14 a 5 negli ultimi tre minuti e mezzo. Decisamente troppo poco per una squadra che ha chiuso con il 4° migliore offensive rating stagionale e dotata del migliore attaccante dell’intera Lega.

Denver per chiudere la serie (e magari poi provare a non essere seppellita da OKC) ha bisogno di più canestri da chiunque non si chiami Jokic. Segnare in situazioni di gioco rotto e pescare jolly nel clutch time è la chiave per il successo nei playoff, dove le difese ti sfidano spesso a prendere il peggior tiro possibile. Anche un attacco a metà campo eccellente come quello dei Nuggets, che in stagione ha prodotto 104.0 punti per 100 azioni contro le difese schierate (4° migliore dato NBA), deve ricorrere a situazioni disperate se non si riesce a trovare la superstar.

https://streamable.com/kb5edk

Canestri come questi per fermare l’emorragia di Denver in Gara 4 sono fondamentali quando viene negata la ricezione di Nikola Jokic.

Non a caso, la migliore partita dei Nuggets è stata gara-5, quella nella quale ha finalmente deciso di palesarsi Playoff Jamal. Pescare una prestazione da 43 punti con un solo tiro libero e l’81.3% di true shooting non è importante solo da un punto di vista di far mettere punti a referto a qualcuno che non sia Jokic, ma anche perché apre praterie per l’attacco di squadra. Per la prima volta nella serie, sei giocatori di Denver hanno chiuso con almeno 10 punti.

Questo perché un Murray attivo comporta svariati benefici. Se lui è in serata, la difesa non può permettersi di collassare interamente su Jokic, ma deve ideare soluzioni alternative per un secondo giocatore capace di muoversi senza palla e di essere pericoloso allo stesso tempo dal palleggio. Nel caso dei Clippers, i tentativi sui consegnati o sui pick&roll sono stati molteplici: il più comune è stato quello di uscire con il lungo al livello del blocco, chiudendo la linea di passaggio al rollante con un terzo uomo e concentrando gli aiuti in area, ma si sono sperimentati anche il classico ice sul pick&roll e la più canonica drop coverage. Tutte situazioni superate con successo da Denver.

Rispettivamente: lungo “al livello del blocco” e spazio libero in area; “ice” risolto con lo scivolamento di Gordon; “drop” risolta con il pop di Jokic.

Los Angeles ha anche provato a mescolare un po’ le carte, spostando il rim protector più pericoloso, Ivica Zubac o Nicolas Batum, sull’uomo deputato al dunker spot, concedendo al tre volte MVP il mismatch per poi provare a contestarlo dal lato debole. Una soluzione che ha in parte funzionato, fino a che non sono stati proprio i Gordon e i Westbrook del caso a portare i blocchi e a effettuare i cosiddetti “slip” (seconda clip fra quelle sopra) per trascinare fuori ogni difesa del ferro e lasciando in aiuto solo l’uomo di Jokic - spesso James Harden, che ha molte doti ma non quella della di poter difendere il ferro dal lato debole.

Un rebus, quello di dover affrontare Murray nella sua versione playoff e Jokic, che nessuna squadra è stata in grado di risolvere dal 2023 (incluso) nelle serate di grazia. Anche perché pochi giocatori sono scalabili e complementari come i due, che beneficiano l’uno delle attenzioni riservate all'altro dalla difesa. Jokic, per esempio, ha chiuso gara-5 con 13 punti su 13 tiri, giocando la peggior partita in termini realizzativi, ma ha iniziato con 6 assist nel primo quarto e chiuso con 12.

La difesa, indipendentemente dal fatto che il serbo abbia la mano calda o meno, sceglierà sempre di essere attiva sulle sue ricezioni in post, che sia con dei semplici “stunt” dei giocatori sul perimetro o mettendosi a zona con più uomini concentrati sul pitturato, pronti a scattare verso qualunque direzione in base alla decisione dell’avversario. Se Murray è in stato di grazia, entrambe queste coperture possono essere punite con facilità, nonostante i numerosi tiratori “battezzabili” di Denver.

Il post di Jokic costringe a scelte difficili i difensori sul perimetro (prima clip) e soprattutto richiede enorme attenzione al perimetro da parte degli aiuti sul lato debole (seconda clip).

L’altro grande beneficio di prestazioni come quella di Murray in gara-5, e in generale di trovare una buona partita offensiva dal resto del quintetto, consiste nel rendere un minimo guardabili i minuti senza Jokic. Per tutta la stagione, i possessi senza di lui sono stati un disastro per i Nuggets. Quando è in campo, la squadra migliora la propria produzione di +21.3 punti per 100 possessi rispetto a quando è fuori, cifre valide per il migliore “on/off differential” della Lega. E in questi Playoffs le cose non sono ovviamente cambiate, anzi:

Dati forniti da Databallr e filtrati rimuovendo il garbage time: un “net rating swing” di +28.7 punti è assoluta follia anche con questo campione ridotto.

La buona notizia per i Clippers è che serate come questa di Murray sono sempre meno frequenti - anzi, diciamo pure che è quasi irripetibile, essendosi classificata come la più impattante di questi playoff finora. Ma in generale il personale per arginare il duo offensivo di Denver c’è eccome. Serve una maggiore concentrazione in fase di rotazione difensiva tanto degli aiuti in area, quanto degli uomini pronti a fare scramble sul perimetro (cioè a schizzare fuori), e più attività nel contestare o negare le ricezioni di Murray quando parte senza palla o esce dai blocchi.

I Nuggets sono stati molto intelligenti nel tentativo di rimuovere questo problema alla base, cercando cioè di togliere dalla partita il difensore perimetrale avversario più pericoloso in assoluto, Kris Dunn. Oltre a essere una delle storie più intriganti di questa stagione, un giocatore fuori dalla NBA che all’improvviso si scopre invece essere uno dei migliori difensori della Lega tra le guardie. Dunn sa posizionarsi frontalmente rispetto agli avversari che si muovono con e senza palla, è uno dei più attivi sugli “stunt” sul post di Jokic e ha la wingspan necessaria a disturbare Murray in caso di uscita del lungo al livello del blocco. Le sue braccia e quelle di Kawhi Leonard restringono il campo e le linee di passaggio, rendendo il sistema difensivo dei Clippers così efficiente.

Il suo problema è che è ingiocabile dall’altro lato. Denver ha così deciso di ignorarlo tassativamente, spostando il suo uomo in costante aiuto nel pitturato, o comunque dove c’è più bisogno. Ogni suo tiro smarcato, che lo segni o meno, è un successo per la difesa dei Nuggets, perché si tratta di una scommessa piuttosto sicura sulle percentuali. Questo trattamento permette anche di impiegare maggiore pressione su James Harden e Kawhi Leonard, spesso raddoppiandoli a metà campo senza andare sotto numericamente. L’idea degli avversari con Dunn in campo è infatti quella di difendere in cinque uomini contro quattro.

Lo staff dei Clippers ha provato a rispondere o usandolo come tagliante sullo short roll di Zubac, o come sponda più vicina al portatore raddoppiato. Le difese finiscono così con il concedergli il floater o comunque lo spingono a prendere decisioni attivamente in fase di superiorità, con risultati altalenanti. Impedire che diventi un corpo estraneo all’attacco è davvero complicato.

Il risultato è che i minuti della guardia si stanno rivelando estremamente negativi su tutte e due le metà campo, dato che per ogni stop difensivo arrivano spesso possessi nulli dall’altro lato. I possessi con Nic Batum e di Bogdan Bogdanovic sono stati non a caso molto più positivi per i Clippers, basandosi anche solo sul semplice on/off su questi pochi possessi - rispettivamente +14.7 e +12.8 contro il -21.0 di Dunn.

Aggiustamenti difensivi di questo tipo, anche estremi, sono quelli che decidono l’esito di una serie, e hanno contribuito fortemente a spostare l’inerzia a favore dei Nuggets. Certo, se poi si becca la serata “Rock-the-Baby” di Russell Westbrook al rientro, c’è poco da fare per chiunque, e viceversa la gara-2 leggendaria di Kawhi Leonard è sempre dietro l’angolo.

Ma questo è il bello dei Playoffs e soprattutto di questa serie, che tutto può cambiare da una partita all’altra. Nel caso dei Nuggets, addirittura da un millesimo di secondo all’altro.

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