Viene definito come “recency bias” la tendenza delle persone a sopravvalutare il peso di nuove informazioni a discapito delle oggettive probabilità che un evento si ripresenti sul lungo periodo. In altri termini: quello che è appena successo viene considerato più importante di quanto frequentemente si presenti, portando di conseguenza a comportamenti irrazionali.
Nello scorso weekend c’è stato un evidente caso di “recency bias” quando, nello spazio di poche decine di minuti, Ja Morant e Giannis Antetokounmpo sono stati vittime di infortuni in circostanze molto simili. Le immagini hanno fatto il giro del web: in gara-1 tra Memphis Grizzlies e Los Angeles Lakers, Morant è ricaduto male sul polso destro (già infortunato una decina di giorni fa ed evidentemente fasciato) dopo che Anthony Davis si era opposto al suo tentativo di schiacciata mettendosi in posizione per subire un fallo di sfondamento; in maniera simile, Antetokounmpo è ricaduto male dopo che Kevin Love ha provato in ritardo a opporsi alla sua penetrazione, facendolo involontariamente finire per terra di schiena e provocandogli una contusione all’osso sacro che lo ha costretto a uscire dal campo dopo appena 11 minuti di gioco.
I due incidenti, uno dopo l’altro.
Né Morant né Antetokounmpo sono stati in grado di scendere in campo per gara-2, anche se sia Grizzlies che Bucks hanno poi vinto le partite senza le loro stelle, ma non è questo il punto del discorso. Il punto è che questi due incidenti hanno riacceso un dibattito che in realtà va avanti da diverso tempo: quello sul fallo di sfondamento del difensore in aiuto sulla penetrazione avversaria. Da una parte si schierano gli esponenti del #BanTheCharge, che vorrebbero l’eliminazione in toto di quelle situazioni di gioco in cui — per usare un’espressione di Mark Titus su Grantland nel lontano 2015, ma anche il leggendario Bob Ryan lo scriveva già nel 2014 — «vengono premiati i giocatori per tenersi i testicoli e lasciarsi cadere all’indietro»; dall’altra quelli che ritengono che lo sfondamento sia l’ultimo baluardo di resistenza, quasi in senso letterale, per evitare che l’esplosione offensiva a cui stiamo assistendo diventi definitivamente inarrestabile. Prima di esporre le posizioni di entrambe le parti, facciamo un passo indietro.
Breve storia del fallo di sfondamento
L’introduzione del fallo in attacco è vecchia quasi di 100 anni, visto che gli sfondamenti risalgono addirittura alla stagione di college del 1928-29, ben 18 anni prima che venisse giocata la prima partita NBA. Non vale neanche la pena sottolineare quanto lo sport giocato negli anni ’20 del Novecento sia diverso da quello degli anni ’20 del Duemila, né quanto l’atletismo dei giocatori appartenga a malapena alla stessa specie. L’idea di base però rimane la stessa: impedire che l’attaccante possa sfruttare il semplice possesso della palla per abbassare la testa e “sfondare” le linee difensive per arrivare fino al canestro, premiando la posizione mantenuta dal difensore nel frapporre il suo corpo tra l’attaccante e il ferro — che è poi la base della difesa individuale.
Dal 1998-99, poi, la NBA — e successivamente tutte le altre leghe del mondo — hanno aggiunto la regola del semicerchio, vale a dire che lo sfondamento subito da un difensore secondario (quindi non quello che sta marcando la palla, ma un altro che arriva in aiuto) possa essere premiato solo se i piedi del suddetto difensore si trovano al di fuori di questo semicerchio posto a 120 centimetri di distanza dal canestro e se il suo corpo sia stazionario, o per usare i termini del regolamento che “abbia stabilito una posizione difensiva legale” prima che l’attaccante abbia staccato i piedi da terra. La differenza tra uno sfondamento e un fallo della difesa può essere davvero questione di pochi centimetri ed è, con ogni probabilità, una delle chiamate più difficili che gli arbitri si ritrovano a chiamare in ogni partita.
Il fatto che sia presente nelle nostre vite fin da quando seguiamo la pallacanestro non rende però il fallo di sfondamento così frequente. Nella regular season appena conclusa, ad esempio, sono stati fischiati 1.237 sfondamenti in 1.230 partite, appena uno a gara, e non ci sono così tanti esempi di infortuni gravi come quelli occorsi a Morant e Antetokounmpo da situazioni di questo tipo neanche quando è stato fischiato fallo alla difesa. Il fatto che non sia accaduto così tanto non lo rende però meno pericoloso per i giocatori in campo, che è poi la questione che ha riacceso la discussione.
La posizione del #BanTheCharge
Uno dei punti forti dell’argomentazione contro i falli di sfondamento riguarda proprio la pericolosità dei contatti che inevitabilmente si creano. Con i giocatori della NBA sempre più atletici e aggressivi nelle loro penetrazioni a canestro, la situazione rischia effettivamente di diventare sempre più a rischio — specialmente per il fatto che il difensore “sotto” deve vendere bene il contatto per vedersi ricompensato con un fischio a favore, e quindi deve immolare il suo corpo e cadere per terra, molto spesso provocando lo stesso per il suo avversario già in aria con tutta la conseguenza di traumi che si accumulano sui loro corpi. E se la NBA ha deciso giustamente di proteggere gli attaccanti sul perimetro dai difensori che finiscono “sotto” di loro con i piedi in fase di ricaduta (la cosiddetta “Zaza Pachulia Rule”), perché non dovrebbe essere concesso lo stesso diritto ai giocatori che attaccano il ferro e si ritrovano sulla loro strada avversari arrivati all’ultimo millisecondo (quando ci riescono) che non intendono fare una giocata “sulla palla”, ma solo mettersi in mezzo o cercare la furbata invece di difendere?
Un altro dei punti di discussione riguarda poi proprio quanto sia “cestistica” la giocata del prendere sfondamento. Già mettendosi con le braccia aderenti al corpo a protezione delle proprie parti intime, il difensore segnala alla terna arbitrale la sua volontà di creare/ricevere un contatto e non quella di fare “una giocata sulla palla”, ad esempio per recuperarla o stopparla. Il concetto di “giocata sulla palla” è chiave: da quest’anno l’introduzione del “take foul” indica proprio nella volontà o nella mancata volontà di fare una giocata sul pallone la differenza tra un fallo considerato di gioco e uno che invece costa un tiro libero extra. Perché il difensore in campo aperto viene punito se non fa una giocata sulla palla per fermare l’avanzata dell’avversario, mentre il difensore sotto al canestro viene premiato per non aver cercato una giocata sulla palla ma essersi semplicemente “messo in mezzo”, cercando volontariamente di creare un contatto potenzialmente pericoloso?
La posizione di chi difende lo sfondamento
Dall’altra parte, c’è tutta una narrazione di sacrificio, abnegazione e di scaltrezza che ha trasformato quella di prendere sfondamento a tutti in effetti un’arte, oltre che in una parte fondamentale del concetto stesso di difesa. Alcuni giocatori come Kyle Lowry, Marcus Smart o Kevin Love (che recentemente ne ha presi quattro in un quarto solo) sono dei maestri nel prendere sfondamento, e al di là di tutto serve una comprensione del gioco, una capacità di lettura dello spazio e del tempo e un controllo dei piedi e del corpo senza mezzi termini eccezionale per cercare di frapporsi ai più grandi atleti del mondo — in modo perfettamente legale, peraltro.
Per molti, poi, quello di prendere sfondamento rappresenta l’unica arma a disposizione per proteggere il ferro, visto che non tutti hanno il tempismo di Brook Lopez o l’esplosività di Jaren Jackson Jr. per stoppare qualsiasi avversario lanciato verso il canestro. Togliere loro anche la possibilità di prendere sfondamento vorrebbe dire impedirgli quasi totalmente di difendere, lasciandoli alla mercé degli attaccanti alla ricerca ossessiva del contatto per portare a casa il fischio a favore, come già fanno in altre parti del campo e con un’uso del braccio esterno che, per quanto teoricamente falloso da parte dell’attaccante, viene troppo spesso ignorato o non ravvisato dagli arbitri.
Eliminare lo sfondamento, poi, potrebbe avere conseguenze inattese sul gioco stesso. Invece di assistere al cosiddetto “drive and kick”, cioè a penetrazioni e scarichi in continuità per muovere le difese alla ricerca del tiro migliore, senza il deterrente dello sfondamento in mezzo all’area assisteremmo solo al “drive and drive”, trasformando le partite a una corsa a chi arriva più velocemente e con più fisicità al ferro. E non è nemmeno detto che un contatto a mezz’aria tra due avversari sia meno pericoloso rispetto a uno tra un attaccante in aria e uno a terra, se il problema principale è la salute dei giocatori.
Per esempio, potremmo rischiare ancora più scene del genere.
Cercare una soluzione al problema
Si potrebbe andare avanti per ore, ma cercando delle soluzioni a quello che nell’ultima settimana sembra essere diventato un problema di stretta attualità, in molti hanno indicato in un cambiamento delle dimensioni del semicerchio una possibile misura che accontenti tutti. Allargando ulteriormente lo “smile” ad esempio di un piede (30 centimetri e 48 millimetri) si manterebbero inalterate le possibilità dei difensori di usare lo sfondamento come deterrente alle penetrazioni, ma si eviterebbe maggiormente le occasioni per “scivolare sotto” ai difensori in aiuto quando l’attaccante è già in aria, circostanza che — è bene ribadirlo — è già protetta dal regolamento.
Una soluzione che Mark Cuban, almeno stando a quanto scritto su Twitter, ha già proposto alla NBA tempo fa senza ricevere risposta.
Un’altra soluzione sarebbe quella di inasprire le pene per chi non fa una giocata sulla palla sotto il canestro, ma incentivare l’utilizzo della verticalità (ad esempio concedendo la possibilità di abbassare le braccia per il difensore e, soprattutto, punendo l’uso del braccio esterno degli attaccanti) e reintrodurre almeno in parte l’hand-check (cioè la possibilità del difensore di “mettere le mani addosso” all’attaccante che mette palla per terra) in qualche zona del campo per riequilibrare una bilancia che al momento pende dalla parte dell’attacco.
È ovviamente possibile che tutto questo discorso lasci il tempo che trovi, e speriamo che sia Morant che Antetokounmpo tornino in campo al più presto per rendere ancora migliori dei playoff già cominciati con le marce alte. Ma i due incidenti di domenica scorsa rappresentano un punto di svolta nel discorso attorno allo sfondamento, e se avverranno delle modifiche in futuro, ricordatevi che con ogni probabilità qualcosa ha cominciato a muoversi da lì.