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Fino a dove può arrivare Shai Gilgeous-Alexander?
15 mag 2020
La guardia dei Thunder nel suo secondo anno è andata anche meglio rispetto al primo, ma può salire ulteriormente di livello?
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Se c’è una cosa che in questo momento storico non manca in NBA, di sicuro sono i giovani talenti. Ci sono almeno quattro giocatori del primo o del secondo anno che sono già noti al grande pubblico semplicemente con il loro nome di battesimo — Luka, Zion, Ja, Trae — e che sono già andati, o al massimo andranno tra poco, a far parte dei roster dell’All-Star Game per gli anni a venire. Anche con l’inevitabile incertezza per il momento storico che stiamo aspettando, il futuro della lega è in buone mani.

Tra questi nomi però difficilmente troverete quello di un altro giocatore al secondo anno, ed è un peccato anche perché Shai Gilgeous Alexander avrebbe anche un nome di battesimo che si presta bene a entrare facilmente nelle teste degli appassionati. A differenza degli altri quattro, SGA non ha avuto un percorso normale: non è stato scelto in top-5 al Draft ma alla fine della Lottery, non ha avuto una narrativa preconfezionata (Doncic e Young scambiati l’uno per l’altro, Zion e Ja entrambi del South Carolina e scelti con le prime due chiamate) con cui proporsi al grande pubblico, e pur finendo in un grande mercato come quello di Los Angeles non è stato certamente presentato come “The Next Big Thing”.

Eppure dopo un anno interessante a Kentucky ci ha messo esattamente dieci partite per prendersi un posto in quintetto in una squadra da playoff. E dopo una stagione da rookie di una solidità per certi versi sorprendente, è stato al centro di uno degli scambi più importanti dell’ultimo lustro, quello che ha portato Paul George ai Clippers al fianco di Kawhi Leonard e lui a Oklahoma City insieme a Danilo Gallinari e uno scrigno pieno di scelte al Draft. La leggenda narra che i Clippers abbiano provato fino all’ultimo a non cederlo, ma che alla fine abbiano dovuto sacrificarlo pur di concludere lo scambio — anche perché i Thunder, consapevoli di avere il coltello dalla parte del manico nella trattativa (senza PG13 i Clippers non avrebbero preso Kawhi), non avrebbero acconsentito all’accordo senza l’inserimento di SGA.

Nel suo secondo anno nella lega, Gilgeous-Alexander è riuscito a mantenere la stessa efficienza vista nell’anno da rookie pur aumentando il suo utilizzo, fino ad affermarsi come miglior realizzatore della squadra prima della sospensione della stagione a 19.3 punti a partita, davanti (seppur di pochi decimi) a Gallinari e Dennis Schröder. Eppure non si pensa a SGA come il primo violino di una squadra da playoff, principalmente per il fatto che le chiavi delle squadre in cui ha giocato finora sono state in mano di altri (Lou Williams e Gallinari ai Clippers, Chris Paul ai Thunder) e lui, pur essendo nominalmente una point guard, ha ricoperto più che altro un ruolo di complemento lontano dalla palla, per quanto il suo coinvolgimento stia salendo.

La domanda semmai è: Shai Gilgeous-Alexander può essere il fulcro di una squadra, il giocatore franchigia attorno al quale ruota tutto il resto? Oppure alcuni suoi limiti intrinseci lo limiteranno inevitabilmente ad un gradino più basso rispetto ai quattro che abbiamo citato inizialmente?

Il meglio della sua stagione finora: 18 minuti senza voli sopra il ferro ma con grande consapevolezza di sé.

Che giocatore è Shai Gilgeous-Alexander

SGA è un giocatore dal profilo tecnico-atletico molto particolare, quasi unico nel suo genere. Non possiede il talento puro di Luka Doncic, la forza fisica di Zion Williamson, la creatività dal palleggio di Trae Young o l’esplosività feroce di Ja Morant, ma non c’è neanche un aspetto in cui sia davvero sotto media. Sotto altri, invece, è per certi versi sottovalutato, specialmente per la versatilità che la sua presenza permette alle sue squadre.

Fisicamente è alto per il ruolo di guardia (1.96 centimetri) e con l’apertura delle braccia di 2.11 centimetri riesce a difendere sui tre ruoli esterni, fattore che ha permesso la coesistenza dei quintetti insieme a Paul e Schröder che hanno travolto la lega in questa stagione (+28.6 di Net Rating su 401 minuti assieme, nessuno in NBA ci va neanche vicino). A prima vista può sembrare un atleta nella media o addirittura sotto, ma possiede una capacità speciale: quella di controllare e calibrare la velocità con cui si muove per realizzare esattamente quello che gli serve fare nel momento più opportuno.

Coach Nick Nurse, che allena la nazionale canadese oltre ai Toronto Raptors, sostiene che il suo primo passo sia addirittura incredibile: «È difficile per chiunque rimanergli davanti e quando ti supera, è capace di rallentare oppure usare il suo atletismo per chiudere la giocata». Proprio questa sua capacità di rallentare è forse il tratto più spettacolare del suo gioco: Gilgeous-Alexander ha in testa ritmi di pallacanestro davvero straordinari, dà sempre l’impressione di sapere cosa fare e come riuscirci per arrivare a canestro, e possiede un arsenale di palleggi, finte e tiri poco ortodossi per sorprendere le difese.

SGA al suo meglio, riuscendo a liberarsi della marcatura e a trovare la soluzione migliore con una finta a centro area.

Per essere un giocatore di soli 21 anni, Gilgeous-Alexander possiede una calma e una padronanza del suo corpo da veterano navigato, mantenendo sempre l’iniziativa nei confronti del suo diretto avversario fintanto che si gioca al suo ritmo e alle sue condizioni. È uno dei motivi per cui già adesso è un giocatore di pick and roll sopra la media, capace di mantenere la stessa identica percentuale del suo primo anno pur aumentando notevolmente le situazioni di giochi a due, peraltro dimezzando il numero di palle perse. E anche quando è chiamato a coinvolgere i compagni i numeri sono dalla sua parte: i Thunder segnano 1.12 punti per possesso quando passa il pallone dopo un pick and roll, numeri che sarebbero ancora migliori se i tiratori sul perimetro avessero tenuto percentuali più alte dai suoi passaggi (solo 122 punti segnati in 126 possessi).

SGA ha anche quadruplicato il numero di possessi in isolamento giocati in questa stagione mantenendo ottima efficienza (è 9° in punti per possesso) e un basso numero di palle perse. Dei 47 giocatori che quest’anno stavano viaggiando a oltre 19 punti di media, solo sette avevano medie da 47% dal campo 35% da tre punti e 80% ai liberi: Gilgeous-Alexander era uno di quelli, insieme a Kyrie Irving, Devin Booker, Khris Middleton, Tobias Harris, Collin Sexton e John Collins.

La strutturazione a tre guardie dei Thunder lo ha però costretto per forza di cose a giocare anche tanto lontano dal pallone, dividendo oneri e onori con Chris Paul e Dennis Schröder. Proprio la possibilità di essere efficace con la palla tra le mani ma non essere obbligato a dominarla per rendersi utile è uno degli aspetti del suo gioco che fanno più sperare per il suo futuro. Coach Billy Donovan dice di lui che «non c’è nulla in una partita su cui non possa avere un impatto», che sia nella metà campo difensiva o in quella offensiva. Una completezza che si è resa evidente soprattutto con la tripla doppia contro Minnesota dello scorso gennaio, diventando il più giovane nella storia della NBA a chiudere con almeno 20 punti, 20 rimbalzi (il suo precedente career high era 10) e 10 assist.

Ok, erano i T’Wolves, ma sono pur sempre 20+20+10 in una partita NBA.

Dove deve ancora migliorare

Ci sono ovviamente aspetti del suo gioco in cui deve migliorare, specialmente nel tiro in sospensione. SGA ha una meccanica di tiro piuttosto lenta con un punto di rilascio basso, utile però a prendere di sorpresa le difese avversarie un po’ come faceva Steph Curry quando nessuno era abituato al suo stile di tiro poco ortodosso. Le sue percentuali in carriera sono solide (35.7%) pur senza essere spettacolari, e fa ben sperare che il volume di tiro sia raddoppiato da un anno all’altro — per quanto rimanga ancora piuttosto limitato (solo 3.5 triple tentate a partita, soprattutto con pochi tentativi spot-up nonostante sia sopra il 40%).

Quest’anno in particolare ha aggiunto in faretra una soluzione in step back che si prende con sempre maggiore fiducia anche da tre punti: secondo NBA.com ha tirato in arretramento con il 46.6% in questa stagione, che diventa un solido 16/42 (38.1) con i piedi oltre l’arco. Quando lo scouting report e le difese avversarie cominceranno a concentrarsi maggiormente su di lui, la sua efficacia nel tiro dal palleggio verrà ulteriormente messa alla prova, specialmente in ambiente di playoff: lo scorso anno nella serie contro Golden State ha alternato alti e bassi quasi in egual misura (18 punti in gara-1, 25 in gara-4 e 22 in gara-6, ma anche 4-7-6 nelle altre tre partite). Vedere come riuscirà a far fronte a un maggiore atletismo e a un livello difensivo superiore determinerà quanto potrà essere una prima opzione per la sua squadra in futuro, specialmente se Paul e Schröder dovessero lasciare l’Oklahoma lasciandogli in mano le chiavi dei Thunder.

Difensivamente SGA ha le dimensioni giuste per marcare più ruoli e coprire molto campo, guidando i Thunder per palle recuperate (78) e segnalandosi anche per giocate difensive cruciali nei momenti “clutch” in cui OKC ha dominato in questa stagione. Ciò nonostante, è ancora ben lontano nel suo sviluppo fisico dal diventare un difensore di alto livello (pesa poco più di 80 chili) e fatica un po’ nella difesa del pick and roll, andando a schiantarsi sui blocchi. La scarsa presenza fisica lo rende anche un bersaglio per gli esterni che possono utilizzare la forza fisica contro di lui. Come tutti i giocatori giovani, SGA soffre di errori per mancanza di concentrazione specialmente nel saltare sulle finte, aspetto del gioco in cui è già stato ripreso anche pubblicamente da Chris Paul.

Se nella scorsa estate si poteva pensare che l’arrivo di CP3 — poco motivato a giocare in una squadra teoricamente destinata alla ricostruzione — potesse essere un freno al suo sviluppo, la stagione in realtà ha raccontato tutt’altra storia. Anche se il suo futuro a OKC è ancora in bilico, Paul ha accettato di buon grado di fare da “chioccia” a SGA, anche perché il canadese si è dimostrato disponibile a ricevere i consigli e gli insegnamenti (non sempre espressi con gentilezza) del veterano. «So di essere un peso per Shai a volte» ha ammesso Paul durante l’All-Star Weekend, a cui i due hanno partecipato nelle due partite del venerdì e della domenica. «Alcune delle cose che gli ripeto continuamente non le vuole sentire, ma piano piano sta cominciando a capire». In un’altra occasione Paul ha descritto il suo rapporto tra maestro e padawan ribaltando i ruoli, dicendo di essere lui a dover imparare qualcosa da Shai e non per forza il contrario. In generale, i due hanno creato un rapporto molto solido per quanto la presenza di Paul gli abbia tolto un po’ di ripetizioni come ball-handler principale della squadra che gli avrebbero fatto comodo se in futuro dovrà diventare il giocatore di riferimento di OKC.

SGA può essere un giocatore franchigia?

Arriverà un giorno, presto o tardi, in cui i Thunder dovranno fare una scelta. Questa stagione che sulla carta doveva essere dedicata al tanking si è invece rivelata sorprendentemente vincente, e i giocatori che dovevano essere ceduti sul mercato (Paul, Gallinari, Schröder, Adams: di fatto tutti tranne SGA) sono invece rimasti. Ora il GM Sam Presti deve decidere se continuare a investire su questo gruppo, ad esempio confermando i giocatori in scadenza e/o utilizzando le tante scelte a disposizione per migliorarlo ulteriormente, oppure se procedere alla ricostruzione che era stata messa in preventivo dopo gli addii di Russell Westbrook e Paul George.

Parte di questa decisione risiede anche, se non soprattutto, nello sviluppo di Shai Gilgeous-Alexander. È possibile che possa salire ulteriormente di uno o due livelli, ascendendo al rango di All-Star? E se ci arriverà, c’è abbastanza atletismo ed esplosività nei suoi mezzi fisici per farlo diventare uno di quei giocatori in grado di prendere il controllo di una partita e di deciderla anche a livello di playoff come prima opzione offensiva? Oppure resterà “solo” un ottimo giocatore di complemento (pensate a un Jrue Holiday, per intenderci) da affiancare a un giocatore più forte di lui sugli esterni o sotto canestro?

E ancora: è già troppo forte per tenerlo in una squadra che punta a tankare, ma non abbastanza per renderla una contender costruendo attorno a lui? Ha le spalle abbastanza larghe per poter sopportare il peso di una franchigia su di sé, specialmente una che nel recente passato ha avuto giocatori da Hall of Fame a guidarla senza però riuscire ad arrivare a vincere il titolo?

Sono tutte domande a cui è ancora difficile trovare una risposta, anche perché non è strettamente necessario che arrivino nel brevissimo periodo. I Thunder hanno il lusso di poter aspettare ancora qualche tempo, tirando il fiato dopo la cavalcata dell’era Durant-Westbrook e con un arsenale di scelte al Draft da poter utilizzare nei modi più svariati. Ma prima o poi anche loro saranno chiamati a scegliere che strada intraprendere.

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