Settembre è solitamente un mese di stanca in NBA: i free agent più ambiti hanno già firmato i loro nuovi contratti, la Summer League è alle spalle, la pre-season deve ancora iniziare. Al massimo si parla dei video in palestra dei giocatori, si scruta lo stato di forma di Zion e quanto ha imparato a tirare Ben Simmons. Non è un caso se Wojnarowski ha scelto settembre per annunciare il suo ritiro.
Forse proprio per questo lo scambio che ha coinvolto i New York Knicks e i Minnesota Timberwolves è stato tanto sorprendente. È raro in NBA vedere due squadre fare una mossa così importante a pochi giorni dall’inizio dei training camp, con il motore già messo in moto dal media day. È ancora più raro, poi, che a farlo siano due squadre da 50 vittorie, due contendenti o presunte tali, e che a essere scambiati siano due giocatori nel picco della propria carriera, entrambi All-Star nella stagione precedente.
Cosa cambia per New York
È stato quindi scioccante svegliarsi in un tranquillo sabato mattina (in Italia) e leggere di Karl-Anthony Towns a New York in cambio di Julius Randle e Donte DiVincenzo (più roba di contorno come Keita Bates-Diop e una scelta al primo giro protetta da Detroit al prossimo draft). Uno scambio che a oggi non è ancora ufficiale (a causa del nuovo CBA, che impedisce a Minnesota, che si trova al di sopra del second apron nel salary cap, di ricevere meno stipendio di quanto ne invia), ma che dovrebbe diventarlo a breve grazie a Charlotte, che dovrebbe prendere DaQuan Jeffries in un sign-and-trade e una qualche forma di compensazione in termini di scelte al draft.
Ma perché le due squadre hanno scelto di fare uno scambio così impegnativo? Partiamo da New York. In estate la franchigia aveva speso tantissimi asset per arrivare a Mikal Bridges e dare così a Brunson un vero secondo violino. Aggiungere anche Towns, il centro più forte - offensivamente parlando - dai tempi di Pat Ewing (ripeto in termini offensivi) è una decisione molto ambiziosa, ma anche indicativa di quello che vogliono essere i Knicks nella prossima stagione.
Towns è l'unico giocatore nella storia dell’NBA ad avere una media di più di 20 punti e di più di 10 rimbalzi, tirando oltre il 50% dal campo e oltre il 39% da tre. È indubbiamente uno dei migliori lunghi tiratori della lega: se prendiamo in considerazione dalla stagione 2019/20 la sua percentuale al tiro da tre punti sale a oltre il 40%.
Le due mappe di tiro della scorsa stagione di Randle e Towns, la differenza tra i due oltre l’arco da 3 punti è abissale.
In realtà non è una novità che i Knicks fossero interessati a Towns. Leon Rose era il suo agente e ora gestisce la franchigia, Thibodeau l’ha allenato a Minnesota (anche se le cose non andarono benissimo), Gersson Rosas oggi parte del front office dei Knicks era il vice presidente dei Wolves. A questo trio va aggiunto che Towns è seguito dell’agenzia CAA, dove lavora il figlio di Leon Rose e la preferita per fare affari dai Knicks.
Da quando Brunson si è imposto come una delle star della Lega, la dirigenza di New York ha iniziato a costruirgli intorno un roster in grado di accentuare i suoi punti di forza e mascherare quelli deboli. Nel giro di pochi mesi la squadra lasciata in eredità dalla precedente gestione è stata rivoluzionata. Sono arrivate tre ali versatili come Anunoby, Bridges e Josh Hart, capaci di aiutare Brunson con tiri da tre e rimbalzi offensivi. Anche l’arrivo di Towns va in questa direzione, almeno in attacco: con lui in campo come centro ipermobile, le difese dovranno scegliere se seguirlo e lasciare quindi più spazio nel pitturato alle penetrazioni di Brunson, o cambiare su di lui e rischiare però che poi riceva contro un giocatore più piccolo. Il tutto con Anunoby e Bridges pronti a ricevere fuori dal perimetro e Hart a tagliare verso il tabellone.
Towns poi è un attaccante che non ha bisogno di avere tanto la palla in mano per segnare e che ha anche una discreta visione di gioco per coinvolgere i compagni. Da questo punto di vista è un'evoluzione, e un miglioramento, rispetto a Randle, la cui alchimia con Brunson era tutta da decifrare.
Certo, Towns ha un atteggiamento difensivo che non sembra sposarsi affatto con l’idea che Thibodeau ha del suo centro, sia come abilità nella protezione del ferro, sia come linguaggio del corpo. Se non è coinvolto, rischia di essere un giocatore troppo facilmente attaccabile, mettendo in crisi tutto il sistema difensivo dei Knicks. Come difensore, se paragonato a quello che ha dato Isaiah Hartenstein (perso in estate) è sicuramente un downgrade, ma se l’idea era di avere Randle come centro, non cambia poi così tanto in negativo.
Thibodeau infatti, nelle prime dichiarazioni stagionali, aveva provato a ipotizzare questo ruolo per Randle, almeno in alcuni momenti delle partite. Non è chiaro quanto ci credesse anche lui, ma l’ennesimo infortunio di Mitchell Robinson, che rimarrà fuori almeno fino a gennaio, deve aver spinto i Knicks allo scambio. Senza Towns l’alternativa sarebbe stata schierare Jericho Sims come titolare (con Precious Achiuwa a fargli da spalla) e per una squadra che ambisce ad arrivare tra le prime tre squadre a Est sarebbe stato un suicidio.
Che Randle fosse sul mercato era risaputo. In questi anni è stato uno dei principali protagonisti della quasi miracolosa trasformazione di New York da buco nero a franchigia solida e ben gestita. Il rapporto tra Randle e i Knicks ha avuto alti e bassi, così come le sue prestazioni. Si è passati dai cori di MVP del Garden nel 2020/21 al pollice verso mostrato ai tifosi dopo i fischi la stagione successiva. L’ascesa di Brunson aveva un po’ stabilizzato le sue prestazioni, ma rimane un giocatore dal carattere scorbutico e dallo stile di gioco un po’ anacronistico. Inoltre, se nella stagione regolare ha trascinato la squadra, le sue prestazioni ai playoff sono quasi sempre state mediocri.
DiVincenzo è la vera perdita per New York
Vista così, non è assurdo pensare che la perdita maggiore per i Knicks sia Donte DiVincenzo (e il miglior asset per Minnesota). Non è solo l’aspetto emotivo della sua amicizia con Brunson e Hart (con cui condivideva l’università di provenienza), ma anche quello che ha offerto la scorsa stagione. Mai prima aveva avuto un impatto così grande su una squadra, segnando 15 punti di media in 29 minuti, tirando col 40% da tre su più di 8 tentativi a partita.
Con la partenza di RJ Barrett e Immanuel Quickley, e i vari infortuni capitati durante la stagione, l’importanza di DiVincenzo è salita di partita in partita. Lo scorso marzo segnando 11 triple nella partita contro i Detroit Pistons ha riscritto il record della franchigia, e poi ai playoff ha segnato una delle triple che i tifosi ricorderanno per tanto tempo, nella vittoria allo scadere contro i Philadelphia Sixers in gara-2. Inoltre, col suo stile di gioco, era diventato rapidamente un idolo del Garden.
È possibile quindi che Minnesota, che si era già interessata a DiVincenzo, veda in lui la guardia dal tiro affidabile da inserire in quintetto e Randle come un contratto in scadenza per avere spazio salariale in futuro. Anche perché, idealmente, il posto di Towns potrebbe prenderlo Naz Reid, con Randle usato dalla panchina per dare punti alla second unit. Continuare cioè a fargli fare quello che vuole, dandogli il pallone in mano in attacco, ma contro avversari di livello più basso dove può far valere la sua capacità di segnare nell’uno contro uno.
Ovviamente Minnesota non può pensare di non provare a inserire Randle nel suo gioco in qualche modo, anche perché vorrebbe dire aver scambiato Towns per DiVincenzo. Bisogna però essere molto positivi sulla voglia di riscatto dell’ex giocatore di New York e sulla sua capacità di adattarsi a giocare con Gobert e soprattutto Edwards, che ora sarà inevitabilmente la stella della squadra e che non è molto propenso nel delegare le responsabilità in attacco.
Randle a Minnesota
Chris Finch conosce Randle per averlo allenato ai Pelicans (dove era assistente) e magari avrà le sue idee su come usarlo, ma per Minnesota rimane uno scambio difficile da comprendere, almeno tatticamente. Uno scambio che ha sorpreso lo stesso Towns, tanto da averlo spinto a commentare sui social con solamente tre puntini di sospensione e poi a postare una foto mentre era impegnato a tirare col padre nella palestra della franchigia, alle 3 del mattino. Così come ha sorpreso i tifosi, che vedevano in Towns un giocatore che prima è stato il volto della franchigia, e che poi ha accettato di fare il secondo violino dopo l’arrivo di Edwards.
Dopo l’eliminazione con Dallas alle finali di Conference Towns aveva dichiarato senza esitazione: «Mi farebbe piacere continuare la mia carriera qui. Sono solo felice, dopo tutti gli anni in cui passati a Minnesota, tutti gli alti e i bassi, di vedere la città così unita per questa squadra, è commovente per uno che è stato qui e ha visto entrambe le situazioni». Towns è un giocatore con un carattere particolare, è vero, ma che è comunque stato il miglior lungo della squadra dai tempi di Kevin Garnett. E a Minnesota di giocatori del genere ne hanno visti pochi nella loro storia.
Paradossalmente sarebbe stato più normale vedere uno scambio con Towns coinvolto la scorsa stagione, prima che Finch riuscisse a trovare la quadra e allenare la miglior stagione da 20 anni a questa parte. Che sia arrivato ora lascia pensare che ci siano questioni che vadano oltre il campo, magari legate alla mancata cessione di proprietà degli ultimi mesi. Forse col ritorno al comando di Glen Taylor la volontà è stata quella di muovere un contratto lungo e pesante come quello di Towns per avere più libertà quando si tratterà di rinnovare il core più giovane del roster. Dopotutto il second apron è una spaventosissima minaccia per tutte le franchigie, specialmente quelle di mercati non troppo forti.
Il contratto di Randle vale infatti il 20% del cap ed è all’ultima stagione (con un’opzione a favore del giocatore per estenderlo), mentre quello di Towns vale il 34% del cap e dura fino al 2027 (con un’opzione a favore del giocatore per estenderlo). Volendo quindi per Minnesota l’esperienza con Randle può chiudersi presto e far respirare un po’ i conti, avendo comunque aggiunto DiVincenzo al quintetto. Inoltre escono dallo scambio risparmiando circa 9 milioni di dollari di stipendi in questa stagione, e ancora di più considerando la luxury tax. Uno scambio che quindi, dalla parte di Minnesota, va visto anche come la volontà di rimanere competitivi a ovest, abbassando però i costi per oggi e per il futuro. Una mossa che non farà piacere ai tifosi, ma che è comune per le franchigie di piccola taglia.