
“Ho visto l'Imperatore, quest'anima del mondo, uscire dalla città per andare in ricognizione. È una sensazione meravigliosa vedere un tale individuo che qui, concentrato in un punto, seduto su un cavallo, si irradia sul mondo e lo domina”. Così scriveva Hegel in una lettera a Niethammer nell’ottobre del 1806, dopo aver incrociato Napoleone a Jena nei giorni della battaglia che porta alla vittoria totale dell’esercito francese su quello prussiano. Per Hegel, in quel momento esatto, Napoleone concentra in sé lo spirito stesso del mondo. Più di 200 anni dopo un altro francese sta facendo provare a chi segue l’NBA lo stesso entusiasmo che aveva Hegel per Napoleone. I video delle sue giocate girano sui social, vengono condivisi tra appassionati, commentati, postati dai media che si occupano di sport e non solo. E sempre con superlativi, stupore, fascino.
L’inizio di stagione di Victor Wembanyama è incontenibile, ha bucato la bolla degli appassionati per arrivare al mondo, che si sta accorgendo di come qualcosa di straordinario sia apparso in NBA. Per trovare un paragone, forse, bisogna tornare all’entusiasmo collettivo intorno a Steph Curry nella stagione in cui si affermò come una macchina da triple, ma ormai parliamo di una decina di anni fa e, sicuramente, il suo straordinario modo di giocare appariva in qualche modo più normale agli occhi di tutti.
Wembanyama invece non può sembrare normale, neanche all’osservatore più casuale. Alla sua terza stagione in NBA, a 21 anni, tutti hanno ben presente di che tipo di giocatore si tratti, basta guardarlo un secondo, eppure nessuno era pronto al modo in cui ha approcciato questa nuova stagione. Soltanto forse il più ottimista tra i tifosi dei San Antonio Spurs poteva sperare in estate di assistere a tutto questo.
L’esordio stagionale nel derby texano contro Dallas è stato quello che negli Stati Uniti chiamano statement game, una partita che fa da manifesto a cos’è oggi Wembanyama. Troppo presto e troppe cose arrivate tutte insieme per poter essere propriamente metabolizzate. Gli Spurs hanno costruito una squadra giovane, con l’idea di crescere con calma attorno al francese, ma invece che assistere a una crescita graduale si è visto un salto quantico. Lo avevamo lasciato a febbraio, costretto a un lungo stop per un coagulo di sangue nella spalla destra, lo ritroviamo oggi che mette nel poster Anthony Davis, quello che sarebbe in teoria uno dei migliori difensori della NBA, con una schiacciata rovesciata.
Da sottolineare tutto il lavoro prima di ricevere il passaggio e poi la finta di passaggio con cui fa perdere un tempo di gioco al primo difensore e la rapidità dei piedi dopo aver messo la palla a terra per puntare il canestro. Soprattutto, per schiacciare all’indietro quasi non deve alzare i piedi da terra.
Questa è stata forse la prima giocata che ha fatto pensare che, ufficialmente, è iniziata l’era Wembanyama nella NBA. Non solo perché arriva all’esordio, ma anche perché contiene in sé quello che è l’impatto che sta avendo in queste prime partite, come sia diventato un giocatore capace di piegare la realtà al suo volere, tirando fuori gesti e giocate teoricamente impossibili per un giocatore col suo corpo.
Ai compagni è bastato seguire il flusso del suo gioco per ritrovarsi in cima alla Conference, con un record di 5-0 che mai era stato toccato nella storia della franchigia. Se è un primato che dice ancora poco, gli Spurs lo stanno costruendo con uno dei migliori attacchi della lega e per distacco la miglior difesa.
Riportare le cifre di Wembanyama dopo così poche partite non rende neanche l’idea dell’impatto che ha avuto su questo record. I 31 punti, i quasi 14 rimbalzi e le poco meno di 5 stoppate di media non sono abbastanza per raccontare il suo dominio sulle partite. E oggi in NBA si stanno già chiedendo se lo si debba ancora considerare un giovane in rampa di lancio, come era fino alla scorsa stagione, o se sia già lì in cima alla Lega, candidato al titolo onorifico di miglior giocatore e a quello più reale di plausibile MVP.
In queste poche partite ha messo insieme almeno una ventina di giocate che entrerebbero senza problemi in una compilation delle migliori della stagione, non solo sue, ma prendendo in considerazione anche tutti gli altri. Non esiste in questo momento uno spettacolo paragonabile su di un campo da basket. Anche perché non si tratta di una sensazione: è che in ogni momento può succedere qualcosa che non avevamo mai visto. Ogni sua descrizione sembra sempre un po’ esagerata, ma come è possibile non essere esagerati vedendo un essere umano alto 225 centimetri (e c’è chi dice siano almeno 5-6 in più) uscire da una situazione intricata palleggiando in questo modo?
Stiamo assistendo alla realizzazione di uno di quegli esperimenti un po’ scanzonati che si fanno con i videogiochi sportivi, quando si crea il giocatore alto il massimo, con le abilità al massimo in ogni statistica. Parliamo di un giocatore alto 225 centimetri che può essere contemporaneamente il miglior difensore e il miglior realizzatore in campo. Che sembra affamato dopo il periodo di stop forzato della scorsa stagione, da cui è tornato molto più determinato e tosto di prima: «Il mio allenamento quest'estate è stato massacrante» ha dichiarato al media day: «Forse questo mi ha tolto un po' di tempo che avrei potuto dedicare al tiro, ma non importa. Volevo rimettermi in forma».
A differenza di George Costanza di Seinfeld, l’estate in cui Wemby ha potuto esplorare tutte le passioni che voleva è stata effettivamente sfruttata appieno. La top 3 dell’estate di Wembanyama comprende: la visita alla base della NASA, le partita a pallone in Giappone in cui ha segnato con un tiro da fuori area e sicuramente al primo posto la settimana passata in ritiro con i monaci shaolin nel monastero in Cina. Ma è anche stato ad allenarsi a Los Angeles con LaRoche, uno dei guru del metodo CLA, che in sostanza sostituisce il tradizionale allenamento in cui un atleta apprende un singolo schema di movimento passo dopo passo, con situazioni simili a quelle di gioco ma che con regole specifiche costringe ad adattare i propri movimenti al volo. Punta insomma a far prendere la decisione migliore in una specifica situazione, non di perfezionare una singola mossa. Per Wembanyama ha portato ad un miglioramento evidente nel controllo del corpo.
Inoltre è stato una settimana ad allenarsi nella palestra privata di Hakeem Olajuwon, un passaggio ormai obbligato per tutti i lunghi di un certo livello che vogliono aggiungere dei movimenti in post seri. Il suo gioco in post è apparso poco in queste prime 5 partite, ma in pre-season qualche movimento nel pitturato si è visto, come se dovesse ancora testare questo lato del gioco in attesa di aggiungerlo a un pacchetto che si sta completando. Certo, più che una tappa fondamentale del suo sviluppo è sembrato un rito di passaggio, o meglio la voglia di Wembanyama di continuare a costruirsi il personaggio dello studente modello.
Poi ha passato anche una settimana con Kevin Garnett, e questo era meno scontato, ma non meno importante. Perché parliamo del più forte difensore della sua generazione in termini di mentalità e motore difensivo, in grado di essere al tempo stesso l’ancora difensiva e il miglior lungo in aiuto per la propria squadra. Proprio quel tipo di mentalità che dovesse contagiare davvero Wembanyama ne farebbe, detto senza voler esagerare, il miglior difensore immaginabile.
Qualcosa da questo punto di vista si è già vista, la voglia di rimanere sempre attivo difensivamente, sempre concentrato per rispondere a un eventuale secondo o addirittura terzo tentativo avversario. Di questa presenza ne ha fatto le spese Zion Williamson, che sarà anche rientrato dall’estate più magro e scattante, ma che nella partita contro Wembanyama si è visto stoppare più volte senza pietà. Proprio come avrebbe fatto Kevin Garnett, solo con almeno quindici centimetri in più.
Già adesso è, con un grosso distacco, il miglior difensore della NBA. Semplicemente nessun altro condiziona così tanto un attacco avversario con la sua semplice presenza. Non c’è niente di più spaventoso per un giocatore in NBA di trovarsi palla in mano in direzione del canestro e vedere la figura di Wembanyama che si staglia davanti a lui. Chiedete al rookie Cooper Flagg, che nell'attesissimo esordio nella lega si è trovato più volte a evitare la conclusione nel pitturato pur di non dover avere a che fare con le braccia infinite del francese. Non fa male ripeterlo: in questo momento Wembanyama può permettersi cose che neanche i migliori lunghi della storia della NBA erano in grado di fare, essendo pure più alto di loro.
Certo, citare continuamente l’altezza di Wembanyama a lui non piace troppo, l’ha fatto capire apertamente: «La verità è che sì, a volte mi sorprende che se ne parli ancora. A dire il vero, non fa alcuna differenza. Sono più alto di tutti gli altri. Questo è tutto quello che c'è da sapere». Non vuole che la sua figura sia definita prima di tutto dal suo essere il più alto in campo. È un grande classico per i lunghi della NBA quello di non voler parlare dell’altezza. Lo stesso Garnett chiedeva di essere segnato come più basso di quanto fosse realmente, così da non venire paragonato ai centri, lui che si sentiva un’ala. Wembanyama, nonostante gli allenamenti con Olajuwon, non vuole ragionare da “centro”. In questo inizio di stagione, quando gli Spurs attaccano, lui si comporta come un esterno, fungendo da fulcro dell’azione iniziale. Spesso è lui a portare palla oltre la metà campo, non cerca solo e subito di piazzarsi vicino al canestro per ricevere, ma si impegna per attirare le attenzioni della difesa avversaria e liberarsi presto della palla, per avviare così il gioco d’attacco. Ovviamente poi il pallone dovrebbe tornargli per il tiro, ma non vive di isolamenti o non si affretta nel prendersi una conclusione.
Questo è forse il cambiamento più grande rispetto alla scorsa stagione, quando lo vedevamo spesso prendersi tiri che sembravano forzati. Ora sembra molto più a suo agio all’interno dei giochi degli Spurs. Anche quando non è direttamente coinvolto rimane a contatto con il flusso dell’azione, poter quindi intervenire in qualsiasi momento. Il suo gioco è diventato più ragionato e fluido e anche per questo perde meno palloni di prima (per ora siamo a 1.8 a partita).
È migliorato anche nella gestione del pallone negli ultimi metri di campo. Se fino alla scorsa stagione c’era ancora la possibilità per i difensori più piazzati e smaliziati di utilizzare gli angoli giusti nel contatto per portarlo fuori strada, ora Wembanyama riesce a controllare meglio il suo corpo e a muovere i piedi nel modo giusto. «Per quanto riguarda il corpo», ha detto prima dell’inizio della stagione, «mi sto divertendo di più. Non faccio più tanta fatica a muovermi e so che devo ancora migliorare, ma continuerò a farlo».
È molto più a suo agio nel contatto con gli avversari, non sente più la necessità di sfuggire rintanandosi dietro la linea da tre punti per provare conclusioni da lì. Sicuramente è questa la statistica che balza di più all’occhio di questo inizio di stagione: ora sono 3 le triple tentate a partita, ovvero un terzo delle 9 con cui aveva chiuso la scorsa stagione.
C’è sempre il fattore che si può semplicemente lanciare il pallone nella zona del canestro avversario sapendo che le sue mani saranno quelle in grado di arrivare per prime a riceverlo.
La riduzione dei tentativi da tre punti, che era la richiesta arrivata un po’ da tutte le parti la scorsa stagione, quando avevamo paura potesse diventare una macchina spara triple, si lega alla crescita dei tiri liberi tentati finora, ovvero 8 a partita, più del doppio di quelli della scorsa stagione (chiusa a 3.4 di media). Anche se riceve dietro la linea da tre punti, questa nuova versione di Wembanyama raramente pensa a tirare subito, ma punta a mettere pressione alla difesa avversaria usando i suoi vantaggi fisici e tecnici.
Anche per questo non si può fermare: come farlo se il giocatore più alto e grosso di tutti può batterti in qualunque modo, che sia dal palleggio, che sia tirando sopra la tua testa o che sia usando i suoi chili e i suoi centimetri? Per i difensori è un enigma irrisolvibile, a partire dal tiro dal palleggio, che scaglia da altezze che non sono raggiungibili per gli altri. Per capirci: se il tiro di Kevin Durant non si può marcare, Wembanyama lo prende da almeno 15 centimetri più in alto. Quando decide di usare tutta la sua elevazione sia in attacco che in difesa sembra semplicemente un adulto che gioca al campetto contro dei bambini.
Ora però bisogna vedere quanto sia sostenibile tutto questo, quanto lo sforzo iniziale per mostrare la sua nuova versione reggerà le tante partite ancora in calendario. Quanto vorrà mettere alla prova un fisico comunque ancora non pienamente tarato ai rigori della lunghissima stagione NBA. Quanto, insomma, questo sia il miglior Wembanyama possibile oggi o la sua normale versione sera dopo sera.
Ma anche se fosse solo un periodo passeggero, se nelle prossime settimane le sue statistiche dovessero aggiustarsi verso il basso e le sue prestazioni subire una flessione, questo inizio di stagione ha già mostrato che i picchi del suo gioco lo portano nel pantheon di questo sport. Nel giro di poche partite Wembanyama ha fatto vedere di essere non soltanto il progetto di giocatore dominante nella NBA, ma di esserlo già oggi. E non in senso lato, ma proprio perché vedendo queste cinque partite si fa fatica a pensare ci sia qualcuno più forte di lui.
Insomma, la verità è che a 21 anni dobbiamo considerare Wembanyama un candidato credibile al ruolo di miglior giocatore di basket al mondo. Già ora il suo è uno dei volti più riconoscibili della NBA, anche solo per quel corpo che immediatamente attira l'attenzione di tutti, anche dei non appassionati, ma prima di queste cinque partite non pensavamo fosse arrivato al top della Lega anche come giocatore di basket. E invece il suo nome va messo insieme a quelli di Nikola Jokic, Giannis Antetokounmpo, Shai Gilgeous-Alexander e Luka Doncic.
In questo momento, chiedendo scusa a Hegel, possiamo dire che vedere Wembanyama giocare significa assistere al cuore pulsante dello spirito del basket che si manifesta con accento francese.