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Neeskens è stato il braccio della rivoluzione olandese
08 ott 2024
08 ott 2024
L'anarchico, l'avanguardia del pressing.
(copertina)
Foto Imago / Werek
(copertina) Foto Imago / Werek
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Mentre si trovava in Algeria per un progetto della federazione olandese in collaborazione con l’UNICEF è morto improvvisamente Johan Neeskens. Aveva 73 anni. Non era molto al centro del discorso. È sempre stato un personaggio riservato e raramente faceva parlare di sé.

Il suo nome, però, resta nella memoria collettiva come una delle più grande icone della rivoluzione del calcio olandese. Una rivoluzione in cui Neeskens ha avuto un ruolo importante e peculiare.

Ripercorrendo la storia del calcio si fa fatica a trovare tanti centrocampisti più influenti e riconoscibili di lui. Centrocampista, ma anche libero, terzino. In un calcio in cui il concetto di ruolo viene relegato a cosa del passato, perché contano le funzioni; in un calcio in cui i moduli non servono più, perché contano gli spazi da attaccare. In questo calcio, Neeskens si muoveva per tutto il campo: raccoglieva il pallone vicino al portiere e poi finiva nell’area avversaria a finalizzare. Assisteva Johan Cruyff in ogni modo possibile. Il suo compito era rendere la vita più semplice a lui e più difficile ai suoi avversari. Era colui che arrivava prima in contrasto, l'ombra di tutti i movimenti del 14. Quello che faceva ciò che serviva, sempre.

Neeskens faceva tutto: dal recupero palla, al movimento a smarcarsi, il controllo nello stretto, lo scarico per l’esterno, l’inserimento in area o il tiro da fuori. Le mezzali contemporanee, che si muovono libere in sistemi fluidi, sono eredi di Neeskens. Non lo hanno mai visto giocare ma conservano all’interno del loro stile di gioco le tracce del suo codice genetico.

Dino Zoff per ricordarlo alle giovani generazioni ha parlato di Tonali, ma si può parlare anche di Barella, di Valverde; andando più indietro si può parlare di Nedved, di Gerrard. Centrocampisti che si muovono a proprio agio nell’entropia crescente che si apre, in certi frangenti, nel cuore del campo. Dove la loro velocità di reazione, la loro creatività, li fa uscire indenni da qualsiasi situazione. Neeskens era il primo a recuperare il pallone, e poi, con la sfera tra i piedi, faceva veramente quello che voleva.

È difficile parlare di calcio totale senza nominare anche il suo contributo diretto. Arrivato all’Ajax a 18 anni dall’RCH, la squadra della sua città Heemstede, era cresciuto in una situazione familiare disastrosa nel primo dopoguerra. Il suo passaggio all’Ajax ha portato lui e la squadra in un’altra dimensione.

Col suo stile di gioco ha contribuito rapidamente a sviluppare quello che è il secondo ingrediente fondamentale per il calcio totale: la pressione. Bobby Haarms, il secondo di Michels all’Ajax, lo ha definito “un pilota kamikaze”, per la sua naturale tendenza a lanciarsi verso il pallone. Era l’avanguardia della pressione dell’Ajax, e poi dell’Olanda. Su Brillant Orange David Winner scrive che inizialmente i compagni rimanevano sulle loro, ma poi con l’andare avanti delle partite, iniziarono a seguirlo. Il campo si stringeva e allargava assecondando le corse di Neeskens; i compagni gli andavano dietro alzando la linea difensiva, facendo scattare la trappola del fuorigioco.

Il compagno Swart ha ricordato che avere Neeskens era come giocare con un uomo in più a centrocampo. Si può semplificare dicendo che nell’Ajax della rivoluzione del calcio totale Cruyff era la mente, Neeskens il braccio. L’allenatore Michels non avrebbe fatto mai a meno di nessuno dei due. E non ha fatto a meno di loro due né in Nazionale e né al Barcellona, dove Neeskens è arrivato su richiesta esplicita di Cruyff alla società. Se c’era spazio per un altro straniero in campo accanto a Cruyff allora non poteva che essere lui. Si intendevano senza nemmeno guardarsi. Fisico asciutto e cosce giganti, gli occhi scavati dalla fatica, i capelli lunghi spettinati, i basettoni, la maglia sempre fuori dai pantaloncini: Neeskens era un selvaggio. C'è una foto dei tempi del Barcellona che mostra la perfetta dualità in campo; le loro foto di coppia sono iconiche. In questa foto ci sono solo loro due, il Barcellona sta per battere una punizione ed entrambi indicano ai compagni qualcosa da fare, uno a destra, l’altro a sinistra.

Nella foto si può notare anche un’altra peculiarità di Neeskens, il fatto che giocasse sempre con delle evidenti cavigliere bianche per proteggersi dai tanti contrasti.

Erano inseparabili, nell’immaginario e nella realtà. Cruyff il Principe Illuminato, Neeskens il soldato anarchico. Se Cruyff prova a spiegare in modo razionale la realtà in campo, ordinando i compagni e disordinando gli avversari, Neeskens si muove incessantemente. Creava caos e si esaltava dentro di esso. Cruyff lo trattava come pari, sapeva che Neeskens lo completava, ne amplificava il messaggio in campo.

Non era solo una questione tattica, Neeskens era l’alter ego animico di Cruyff in campo. Il giocatore instancabile, quello che doveva dare la scossa e cercare lo scontro con gli avversari. Fargli capire che la partita sarà difficile, che non avranno tregua, che la pressione arriverà sempre insieme al pallone. Doveva cacciarli fino a farli nascondere nella loro metà campo. Nemmeno lì Neeskens gli dava tregua. Non era una marcatura a uomo a tutto campo, ma con lui era come se lo fosse. Al Mondiale del 1974 contro la Bulgaria ha segnato una doppietta, ma come prima cosa è andato a contrasto più forte che poteva contro il trequartista Hristo Bonev, contribuendo a portarlo subito fuori dalla partita.

La doppietta fu segnata su rigore, dove Neeskens aveva uno stile tutto suo. Nella squadra di Cruyff, una delle più tecniche della storia del gioco, era Neeskens a calciare i rigori. Ha calciato e segnato il rigore fischiato dopo 55 secondi per fallo di Hoeness su Cruyff nella finale del Mondiale. L'ha segnato com'era solito: una bomba di collo pieno. Contro la Bulgaria ha tirato 3 volte dato che il primo fu fatto ripetere dopo il gol, tirati tutti e 3 i rigori allo stesso solito modo: calciando fortissimo. Il suo consiglio su come calciare i rigori era: «Se non sei sicuro, calcia semplicemente più forte che puoi, se non sai tu dove andrà il pallone, non lo saprà neanche il portiere».

Neeskens è ancora giovanissimo quando vince tutto con l’Ajax, ma proprio tutto, più volte. Le sue prestazioni sono meno appariscenti di quelle raggianti di Cruyff, ma lui c’è sempre nelle grandi partite giocate dalla squadra. Arrivato dopo la sconfitta dell’Ajax in finale contro il Milan nel 1969, è sempre titolare nel triennio delle tre Coppe Campioni consecutive. Nei momenti più brillanti, come in quelli più complicati. È uno dei protagonisti della vittoria per 4-0 contro il Bayern nei quarti del 1973, una delle più celebri. Poi nella durissima partita in Baviera al ritorno giocherà con due tamponi nel naso per provare a fermare il sangue dopo uno dei vari scontri di gioco, finirà la partita col fronte della maglia sporco di sangue.

Volendo prendere un gol c'è quello con l’Olanda al Brasile al Mondiale '74, in una delle partite più attese, in cui l’ambiziosa Olanda affonda i campioni del mondo in carica. In quel gol c’è l’apoteosi di Neeskens. È una partita ruvida e lui si sente a casa: riceve spalle alla porta una verticalizzazione sulla trequarti dall’ennesima punizione. Dopo il controllo passa subito a Cruyff che si è allargato in fascia, dopo il passaggio legge lo spazio libero davanti e lo riempie. Cruyff vede il taglio e anticipa il cross rasoterra per fargli arrivare il pallone. Neeskens per arrivarci deve andare in scivolata e così anticipa anche l’intervento del difensore. Il primo che abbraccia per festeggiare è ovviamente il 14, che lo aspettava a braccia aperte.

Quando il Mondiale in Germania lo proietta nella notorietà planetaria raggiunge Cruyff e Michels a Barcellona. Ha solo 22 anni quando lascia l’Ajax e in catalogna viene soprannominato rapidamente Johan Segon (Johan secondo). Rispetto al divo Cruyff, è molto più riservato, gli piace stare sulle sue. Il suo hobby preferito in ritiro è dormire. In campo ha un impeto inedito e sconosciuto ai compagni di squadra. Neeskens è trascinante. Come ha scritto Ramon Besa su El País: Cruyff era ammirato, Neeskens era amato. Nel Barcellona vive un lustro con pochi trofei, ma di grande idillio con i tifosi. È ricordato come uno dei migliori centrocampisti visti in blaugrana, anche perché la sua presenza è fondamentale per la creazione dell’identità calcistica del Barcellona. È l’epoca in cui c’è l’innesto del seme del calcio totale olandese.

Nel Mondiale argentino del 1978, senza Cruyff e van Hanegem, la stella dell’Olanda di Happel diventa Rensenbrink, ma c’è sempre Neeskens al centro a far funzionare tutto. Una squadra che non raggiunge i picchi di quella di quattro anni prima, ma che arriva comunque a giocarsi ancora una volta la finale. Ancora una volta arriva a un passo dal vincere un Mondiale e viene sconfitta dalla squadra di casa. Cruyff lascia la squadra nell’estate del 1978, quando Michels ha già lasciato da tempo; a quel punto Neeskens diventa il leader della squadra e guida, a modo suo, il Barcellona verso la prima Coppe delle Coppe della sua storia. Nella finale contro il Fortuna Düsseldorf è l’unico che anche durante i tempi supplementari continua a lottare su tutti i palloni e poi ha la freddezza di trovare due filtranti fondamentali: serve un assist a Rexach e poi inizia l’azione che porterà al gol di Krankl.

La sua cessione l’estate successiva - fatta per fare spazio ad Allan Simonsen -indigna i tifosi del Barcellona, che per mesi continuano a dedicargli cori durante le partite della squadra. Come Cruyff sceglie di andare negli Stati Uniti, ma invece di Los Angeles opta per New York, dove ai Cosmos rimane 5 anni. Dopo ha altre esperienze in squadre minori, finisce anche a giocare calcio indoor o a livello amatoriale.

Quando si ritira nel 1990 la sua carriera da allenatore non decolla, ma avrà successo come vice. Non con Johan Cruyff ma nell’Olanda di Guus Hiddink nel Mondiale 1998, e poi in quella di Frank Rijkaard nell’Europeo 2000; sarà anche nell’Australia di Hiddink nel Mondiale 2006 e subito dopo raggiunge Rijkaard al Barcellona di Ronaldinho, Eto’o e Deco e poi lo seguirà al Galatasaray. Nel mezzo ha riprovato da primo allenatore nel NEC e poi in Sudafrica, prima di ritirarsi e rimanere nel calcio da, appunto, ambasciatore del gioco. In campo o fuori, c'è sicuramente qualcosa del suo modo di essere che lo rende più a suo agio come spalla di qualcuno. Per la causa della rivoluzione olandese, Neeskens ha dato tutto sé stesso, scansando sempre le luci dei riflettori.

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