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C'è sempre il sole a Philadelphia
10 feb 2025
Gli Eagles ottengono una vittoria storica contro i Chiefs di Mahomes.
(articolo)
7 min
(copertina)
Foto IMAGO / UPI Photo
(copertina) Foto IMAGO / UPI Photo
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I Philadelphia Eagles hanno mantenuto la propria promessa di vendetta dopo quella sconfitta all'ultimo possesso dell’overtime. Non era facile farlo in una lega fondata su eliminazioni dirette e fluidità nelle gerarchie; per di più puntando il dito contro una dinastia, contro un trentenne al quinto Super Bowl in 7 anni di carriera. Non era neanche così prevedibile, dopo un inizio balbettante e una rivoluzione in off-season. Philadelphia, però, non è un posto come gli altri.

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Un altro momento significativo della serata.

Patrick Mahomes ha perso poche partite in carriera, appena cinque in un blowout. Questo è uno dei motivi per considerare quindi quella di stanotte, questo 40-22, una delle dimostrazioni di forza più impressionanti della storia NFL. Nonostante i Chiefs siano riusciti a contenere Saquon Barkley, non ha funzionato davvero nient’altro, anche e soprattutto a causa di una difesa soffocante e perfetta. Kansas diventa così la nona squadra in grado di vincere il Super Bowl due volte consecutive ma non di ripetersi per la terza volta. A dire il vero non ci è riuscito a nessuno nell’era post fusione.

Hurts pone un punto al sempre acceso dibattito sulle sue qualità: vince l'MVP e vince il secondo anello. Stavolta non c’è neanche stato bisogno del Philly special, o della migliore prestazione di Barkley. Ha concluso con soli 5 incompleti, 221 yards aeree e il record nel Super Bowl di 72 yards con tre touchdowns totali.

TUTTO NEL PRIMO TEMPO
Dopo breve fase di studio iniziale, gli Eagles non si sono più guardati indietro: in piena coerenza con il loro stile di gioco, hanno corso a ritmo basso fino a far scoprire Steve Spagnuolo - defensive coordinator dei Chiefs - in the box per trovare la giocata esplosiva su Jahan Dotson. Arrivando a poche yards dalla endzone, la brevettata tush push ha dato il primo colpo.

Un primo squillo, che è comunque una foto efficace per mettere in luce un aspetto chiave: Kansas City non ha concesso big plays, ma ha anche fatto molta fatica a crearne, di conseguenza era importante limitarle. Il colpo di grazia nel terzo quarto arriva invece dalla più classica route verticale di Devonta Smith, su un lancio splendido da 42 yards di Hurts.

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Come quasi sempre accade, Philadelphia ha scavato il solco a partire dalle trincee: solo nel primo tempo, Mahomes ha subito 2 sacks e 7 hits. A fine partita saranno 6 sacks, 15 pressioni, 2 intercetti ed un fumble recuperato. Attaccando sempre in 4. Fondamentalmente un cheat code. Nel primo tempo Mahomes ha chiuso a zero per la prima volta in carriera.

Dopo un inconsueto drop di Travis Kelce sulle proprie 15, Mahomes casca nella sua prima pick six in 21 gare di post-season, a marca Cooper Dejean, rookie di 22 anni al primo intercetto della carriera.

Appena nel drive successivo, ecco la pick di Zach Baun, epitome del lavoro del defensive coordinator Vic Fangio e del GM Howie Roseman. AJ Brown completa l’opera con la sua premiata cross route da 12 yards. Gli Eagles sembrano giocare in un sogno lucido.


È stato strano vedere il n.15 dei Chiefs così vulnerabile, mortale. I fantasmi del Super Bowl 2022 perso contro i Buccaneers di Tom Brady (oggi in cabina di commento) si presentano in più forme; in particolare nell’impotenza della linea d'attacco di Kansas City, sotto osservazione già alla vigilia. Uno dei motivi era lo spostamento di ruolo, da guard a tackle, di Joe Thuney: pluridecorato ma fuori dal suo elemento contro un front four mostruoso guidato da Josh Sweat (2,5 sacks nel suo tabellino).

Il vantaggio della prima frazione è stato palese già dai numeri elementari: 179-23 il compito delle yards totali, 13-1 quello dei primi down. Un misero 6/14 di passaggi completati per Mahomes, validi per 33 yards. Il peggior EPA (expected point added) per dropback nel Super Bowl sin dal 2000. I Chiefs arriveranno nel territorio avversario solo nel secondo tempo.

VIC FANGIO PROFETA IN PATRIA
I ragazzi di Vic Fangio non hanno portato un singolo blitz per tutta la finale, riuscendo comunque a ridurre sotto pressione Mahomes nel 52% dei suoi snap. Anche qui, un’utopia per un coach che contro il prodotto di Texas Tech prima di stanotte era ben 0-8.

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A questo va aggiunto l’impatto nullo di Chris Jones, anche limitato da un evidente problema nell’area del collo e non rientrato nel secondo tempo, oltre alla maestosa lezione di route running di AJ Brown e Devonta Smith.

Prima di questi trionfo però, bisogna guardare a dove si trovava questa squadra un anno fa. Dopo un’esplosiva partenza da 10-1, arrivarono 6 sconfitte nelle ultime 7, con un divario di 23 punti nel wild card round contro i Buccaneers. Come ammesso in settimana da Dallas Goedert, tight end oggi limitato ma decisivo in tutta la stagione, «non sapevamo come affrontare le avversità».

A Philadelphia il front office nell’ultima decade ha saputo imporre uno standard alto, dunque dei cambiamenti erano urgenti. Sono stati silurati entrambi i coordinators, Brian Johnson e Sean Desai, con l’assunzione di Kellen Moore - il quale probabilmente rimarrà a New Orleans per accettare il posto da head coach dei Saints. Nick Sirianni avrebbe dovuto cedere qualche responsabilità offensiva. Fangio invece (nativo della Pennsylvania) raccoglieva una squadra trentesima per punti concessi. Senza dimenticare il ritiro della bandiera assoluta, il centro sei volte All-Pro e campione 2018 Jason Kelce.

Kansas City ha vinto quasi tutte le sue gare di questa stagione con il distacco di un possesso, senza mai trovarsi in situazioni di serio svantaggio, quantomeno non nel primo tempo. Senza riuscire ad attirare la difesa per i blitz, situazione in cui storicamente Mahomes eccelle, la difesa di Philadelphia ha pasteggiato fino al garbage time nonostante l’assenza di Nakobe Dean, linebacker di punta.

L'ARCHITETTO HOWIE ROSEMAN
Questo roster è l’ennesima conferma del fenomenale lavoro di Howie Roseman, che puntando in larga parte sul draft ha creato una squadra profonda in ogni ruolo, capace di fiorire nel disegno difensivo incentrato sul primo livello e sulla lettura degli occhi del qb da parte dei linebacker a firma Vic Fangio. Tornato nella sua città natale dopo un glorioso peregrinare, è l’MVP tattico del Super Bowl e di tutta la stagione.

La campagna 2024 si era aperta con dei dubbi sulla relazione tra Hurts e coach Nick Sirianni, e l’avvio di stagione sul 2-2 sembrava gettare benzina sul fuoco, e le discussioni sulla sicurezza della panchina non mancavano. Ora, da campione, sembra assurdo criticare le 54 vittorie in 4 anni, valide per il secondo posto all time. Ma con questo front office si diceva, viene richiesto molto.

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Il football è uno sport di squadra in più aspetti di quelli che la retorica può suggerire. Furono proprio i veterani della offensive line a spingere per la firma di Saquon Barkley in free agency, dopo l’accordo mancato con i rivali di sempre, i New York Giants. Da stanotte è storia: 10 vittorie di fila, titolo di divisione e record storici per Barkley, decisivo contro Packers, Rams e Commanders con tre touchdown da oltre 60 yards.

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Le due scelte di quest’anno in difesa, DeJean e Quinyon Mitchell, hanno contribuito e non poco al salto di qualità, mentre Zach Baun è stata una rivelazione dopo un anno da riserva a New Orleans. Conferme della sapienza di Roseman nel costruire senza falle, considerando anche come quello degli Eagles sia l’attacco più costoso della lega, e quindi bisogna saper scegliere in difesa a budget ridotto.

Per chi deve leggerlo con anticipo, il football va considerato come un giano bifronte. All'aumentare di qualunque statistica o tendenza, vi sarà un calo in un altra. L’accelerazione dello sviluppo dei quarterback, la tendenza a impegnarsi presto con contratti importanti su di essi, ha portato a una drastica discesa degli investimenti sui running back. Pur non abbandonando uno stile ormai di culto basato sulla offensive line al secondo livello, Roseman aveva seguito questa tendenza nell’ultimo lustro.

Barkley è stato un final piece, un turbo aggiunto a un’auto già prestante, che è così diventata imprendibile. Tuttavia, a inizio anno ci si preoccupava della sua tenuta fisica e del rendimento di chi avrebbe richiesto un impegno economico inferiore. In questo sport invece il running pare contare ancora, e anche parecchio, nonostante i franchise tag siano i più bassi tra gli skill players.

Come notava in settimana Nick Bolton, l’anno scorso solo due running back hanno corso per più di 1600 yds, quest’anno invece ci sono riusciti in 8. Ciò è dovuto all’attenzione crescente sui quarterback, che banalmente si traduce in più schemi con due safety. E più spazio per i running back.

C’è un uomo che ha creduto più di tutti in Barkley, in questa idea di football. E grazie a lui, almeno per un anno, it (will be) always sunny in Philadelphia.

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