Il tennis di Nick Kyrgios è polarizzante: in campo può decidere di fare qualcosa di estremamente spettacolare o estremamente irritante. Ha costruito un’arte intorno ai suoi movimenti istrionici: in campo le proteste sono teatrali, il linguaggio del corpo è fin troppo accentuato, ha un’emotività eccessiva e alla base dei suoi comportamenti c’è una costante ricerca di attenzioni.
Ha un grandissimo talento, a cui accompagna un’indolenza verso il suo sport che esaspera estimatori e osservatori del tennis, divisi in due categorie: chi è arrabbiato con Kyrgios perché sta buttando il suo talento per mancanza di etica del lavoro e chi invece lo stima proprio perché esce dalla logica della continua perfettibilità che attanaglia lo sport contemporaneo.
In questo modo, negli anni le sue doti sono passate in secondo piano, al punto che la sua insofferenza verso le etichette del mondo del tennis – un ambiente fin troppo rigido per un personaggio eccentrico e anticonvenzionale come lui – è diventata il punto caratterizzante del suo personaggio. Bloccato in un ambiente che non può e non vuole comprenderlo, Kyrgios ha iniziato a interpretare il ruolo del ribelle talentuoso; non lo ha fatto in un momento preciso, non c’è stato un punto di svolta chiaro, è stata piuttosto una serie di comportamenti riprodotti a intervalli regolari fino al momento in cui abbiamo smesso di parlare delle partite di Kyrgios per il suo tennis e abbiamo iniziato a farlo per i suoi atteggiamenti, inaccettabili per uno sport ancora molto legato alle sue convenzioni e ai suoi formalismi.
Ma non possiamo fargliene una colpa, sia perché in qualche modo – in qualità di spettatori – abbiamo contribuito alla sua progressiva alienazione dal mondo del tennis tutte le volte in cui lo abbiamo giudicato superficialmente, sia perché questi comportamenti – quasi sempre ritenuti antisportivi – sono solo dei piccoli ingranaggi del meccanismo più ampio che Kyrgios mette in atto per sopravvivere in un contesto che per lui non è naturale.
Durante il torneo di Acapulco questo meccanismo ha raggiunto il livello più alto: Kyrgios ha esasperato il pubblico messicano, che lo ha fischiato per tutta la settimana e ha sempre tifato contro di lui; e lui è stato totalmente a suo agio nell’interpretare la parte del cattivo. E forse lo scontro totale con gli spettatori è stato il serbatoio di energie e motivazioni che ha usato per sconfiggere Nadal, Wawrinka, Isner e Zverev sulla strada che lo ha portato al primo trofeo degli ultimi quattordici mesi.
L’arte della ribellione
Kyrgios può deliberatamente sabotare se stesso o far innervosire più gente possibile, spesso entrambi nello stesso momento. A volte è così emotivo sul campo che basta un punto per cambiare totalmente la sua attitudine e fargli buttare un match; altre volte, invece, non ha alcun interesse a giocare a tennis, come è successo nell’ottobre del 2016, quando ha deliberatamente deciso di perdere l’incontro del Masters1000 di Shanghai contro Mischa Zverev.
In un’intervista con Louisa Thomas sul New Yorker, Kyrgios ha parlato dell’episodio: «Ricordo di aver pensato in campo che la settimana successiva sarei finalmente andato a casa, e l’unica cosa che mi sta trattenendo dall’andarci subito era quella partita». Durante il match, Kyrgios ha tirato colpi lunghi di metri e in risposta ha lasciato sfilare servizi facilmente intercettabili. Dopo la sconfitta se l’è anche presa con il pubblico che lo ha fischiato e con tutti quelli che vogliono dirgli cosa deve fare nella vita: «Se non vi piace potete andarvene. Non vi ho chiesto io di venire a vedere la partita. Andatevene via. Se siete così bravi a dare consigli e sapete tutte queste cose sul tennis, perché non ci siete voi al posto mio? Perché non siete nel circuito?». Dopo l’episodio è stato multato e sospeso per tre mesi, ridotti poi a otto settimane quando l’australiano ha accettato di incontrare uno psicologo.
Vedendolo in campo non è difficile intuire perché gli spettatori siano frustrati dalla sua attitudine: quando decide di giocare a tennis, Kyrgios è capace di produrre uno stile di gioco iper-aggressivo e spettacolare difficile da trovare nella sua generazione di tennisti, e potrebbe essere uno di quelli capaci di accelerare la transizione dall’era dei Fab Four a quella della NextGen. È l’unico giocatore in attività ad aver battuto Federer, Nadal e Djokovic nei primi incontri ufficiali con loro (contro loro tre, Kyrgios ha un bilancio totale di 6 vittorie e 6 sconfitte, nessuno della sua generazione si avvicina a qualcosa di simile). E nel 2016 – annata chiusa a ridosso della top10 a 21 anni – solamente Djokovic, Murray, Wawrinka e Thiem sono riusciti a vincere più titoli di lui.
Per rimanere tra i migliori nel mondo del tennis c’è bisogno di molta programmazione e continuità, due parole noiose che non possono attrarre Kyrgios. «Tutti gli allenatori che ho avuto hanno provato ad addomesticarmi, a farmi giocare più disciplinato, a farmi allenare di più. Durante la mia carriera ci sono sempre state persone che hanno provato a dirmi di giocare in maniera più normale – ha detto in un’intervista – ma io ho sempre giocato con l’istinto. Sento che è la cosa giusta e per questo non vedo buone ragioni per smettere di farlo».
Così nella sua carriera per ogni prestazione positiva contro un grande tennista ne sono arrivate decine incredibilmente indolenti contro avversari più modesti. Nel maggio del 2017 ha ammesso di aver perso la partita contro Nicolas Kicker nel torneo di Lione per colpa di una nottata passata insonne per veder giocare i Celtics – di cui è grandissimo fan – in una partita di playoff contro i Cavaliers.
Nell’ultimo US Open stava perdendo nettamente contro il francese Herbert semplicemente perché non gli andava di impegnarsi. E così, durante un cambio campo Mohamed Lahyani – l’arbitro più famoso del circuito – è sceso dalla sua sedia per parlargli e motivarlo. L’australiano alla fine è riuscito a vincere la partita ma sono nate diverse polemiche e Lahyani è stato sospeso dai match di singolare per il resto del torneo. Esistono decine di aneddoti simili sulla sua scarsa attitudine; tutti questi atteggiamenti lo hanno reso un bersaglio facile, soprattutto in Australia.
Il rapporto complicato con il mondo del tennis
Una volta il Sydney Morning Herald ha titolato: «Nick Kyrgios è una vergogna nazionale». Durante gli Australian Open del 2017 è stato fischiato da tutto lo stadio nel suo torneo di casa dopo aver perso da Andreas Seppi in un match che lo vedeva sopra due set a zero. In una conferenza stampa di qualche giorno dopo André Agassi ha fornito una tesi interessante sull’attitudine di Kyrgios: «Sono d’accordo con chi sostiene che può essere offensivo guardare giocare in modo irrispettoso qualcuno con così tanto talento, in uno sport che vuol dire molto per un gran numero di persone – ha detto l’americano – ma quello che ho vissuto nella mia carriera mi ha insegnato molto su quanto ci possa essere del buono anche nelle persone che sbagliano tanto e in modo profondo. Io non conosco il suo background, ma so di essere stato qualcuno che ci teneva molto più di quanto facesse vedere, perché era il mio meccanismo di difesa. Era il modo in cui mi nascondevo da me stesso».
Tuttavia, la versione proposta da Agassi contrasta con quella dell’australiano, che spesso parla del senso di estraniamento provocato dall’ambiente tennistico: «Non credo di essere convinto di fare la vita da tennista. È la stessa tutti i giorni. Ti alleni. Torni all’hotel. Ricevi i trattamenti del fisioterapista. Mangi. Dormi. Ti rialzi». La descrizione di questo loop ha sollevato diverse polemiche sulle sue motivazioni, a cui Nick ha risposto con grande sincerità: «Preferisco fare questo che lavorare da Chipotle o qualcosa di simile. Per me è un modo facile di fare soldi, sto solo tirando una pallina sopra una rete».
Se mentalmente Kyrgios non sembra sintonizzato con l’ambiente che lo circonda, anche fisicamente sembra appartenere a un altro mondo: è alto quasi due metri, quando gioca ciondola ingobbito tra un punto e l’altro, in campo indossa prevalentemente magliette smanicate e calzini fluorescenti, fuori canotte di squadre NBA, soprattutto dei Celtics. Ha un pizzetto appuntito, i capelli rasati ai lati con una cresta centrale e il sopracciglio sminuzzato; porta sempre orecchini appariscenti e una collanina d’oro, che spesso mette in bocca durante la partita. Se dovessi pensare a un giocatore che rappresenti il tennis per fisionomia e stile, probabilmente Kyrgios sarebbe l’ultimo della mia lista.
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Persino la sua postura è causa di dibattito tra commentatori ed esperti di tennis. È ingobbito e si trascina sul campo perché è stufo del tennis e non fa nulla per dissimularlo? Oppure è solo la forma della sua schiena, e quindi non può farci nulla? O ancora, la sua postura è un’eredità del suo passato di bambino sovrappeso che è improvvisamente cresciuto? Alla fine non parliamo nemmeno di un aspetto così rilevante eppure tutti ne parlano, proprio perché Kyrgios è un personaggio polarizzante.
Proprio per queste sue peculiarità – sia caratteriali che fisiche – dopo la sua vittoria nel torneo di Acapulco, Patrick Mouratoglu, allenatore di Serena Williams e proprietario di una famosa Academy per giovani tennisti, ha detto che Kyrgios è esattamente il tipo di personaggio adatto a rinnovare lo sport: «Credo sia fantastico per il tennis avere Kyrgios, uno dei pochissimi giocatori che non ci pensa due volte prima di parlare. Lui è sempre se stesso, che piaccia o no, e questo è quello di cui ha bisogno il tennis».
La corrida di Acapulco
Il sorteggio del tabellone dell’ATP500 di Acapulco è stato particolarmente perverso con Kyrgios: l’australiano – che arrivava in Messico con un saldo di 2 vittorie e 3 sconfitte in questo inizio di stagione – è finito nella parte superiore del tabellone, che includeva la testa di serie numero uno, cioè Nadal, Wawrinka (che sembra aver finalmente risolto i suoi problemi fisici) e Isner, uno dei tre top10 presenti al torneo.
Dopo aver sconfitto 6-3 7-5 Andreas Seppi al primo turno, Kyrgios si è trovato contro Rafa Nadal negli ottavi. Quando lo ha affrontato per la prima volta era il secondo turno di Wimbledon del 2014 ed era il numero 141 del mondo. In quell’occasione dominò lo spagnolo, sconfiggendolo in quattro set con un totale di 37 ace e 70 vincenti, uno dei quali realizzato con il tweener – ovvero colpendo la pallina con la racchetta sotto le gambe – che negli anni è diventato il suo colpo più iconico.
Questa volta, invece, Kyrgios non era al meglio, si trascinava ciondolando per il campo, aveva le ginocchia fasciate e un forte dolore alla schiena. Ha perso il primo set 6-3 in modo rapido, poi all’inizio del secondo parziale ha chiesto il medical timeout, durante il quale viene intercettato dai microfoni mentre dice che proverà a continuare per un paio di game solo per non sentire le lamentele dei media. Le sue pause iniziano a innervosire il pubblico, già totalmente schierato a favore del maiorchino, un contesto ideale per uno come Kyrgios, che infatti sfrutta l’occasione per provocare gli spettatori e trasformare il centrale di Acapulco in una corrida in cui lui gioca la parte del toro e Rafa quella del matador pronto a giustiziarlo tra le urla del pubblico. Forse il tennista australiano non sta facendo nulla di premeditato, ma in ogni caso la mossa si rivela il primo passo per infilarsi dentro la testa di uno dei giocatori più solidi mentalmente nella storia del tennis.
In questo modo, ogni occasione diventa buona per innervosire l’ambiente: tenta di servire da sotto per sorprendere Nadal – mossa da sempre considerata tra le più scorrette in un campo da tennis –, poi inizia a cambiare ripetutamente il ritmo degli scambi per togliere punti di riferimento allo spagnolo; non ciondola più tra i punti, quando serve cerca di farlo il più velocemente possibile, quando risponde si accascia per cercare sollievo. Riesce comunque a portare il secondo set al tiebreak, che vince tra i fischi e gli ululati del pubblico, coinvolto come se stesse giocando l’idolo locale. Lui li provoca, si porta il dito all’orecchio chiedendone ancora di più, trova energie che non sembrava poter avere e porta il match al tiebreak decisivo. Questa volta però, sul punteggio di 6-3, sembra condannato a capitolare sotto i colpi dello spagnolo, che ha tre match point a favore.
Kyrgios annulla il primo con una palla corta fintata in salto, uno degli ultimi colpi che immaginerei di fare per annullare un match point a Nadal. Sul secondo ha ancora a disposizione il servizio: mette a segno un ace all’incrocio delle righe, che però l’arbitro però fa ripetere perché lo spagnolo non era ancora pronto a rispondere. Allora Kyrgios si dirige verso di lui per protestare, scatenando una bordata di fischi dagli spalti, poi torna in posizione e serve ancora una volta la prima ma questa volta la palla non supera la rete. A quel punto, senza alcun preavviso, decide di andare a cambiare la racchetta tra la prima e la seconda. Nemmeno a dirlo, questo gesto scatena fischi ancora più forti ma Kyrgios ne è felice, li usa per caricarsi e annulla anche il secondo match point con una volée di rovescio che, con una buona dose di fortuna, tocca il nastro e termina la sua corsa sulla riga.
Per trasformare il terzo e ultimo match point Nadal può sfruttare il servizio, ma quando si presenta sulla linea di fondo è visibilmente nervoso. Lo spagnolo mette la prima e ha la possibilità di chiudere con il dritto dal centro del campo dopo una risposta corta dell'avversario, ma ancora una volta il nastro aiuta l’australiano rallentando il colpo di Nadal, che perde la sua ultima occasione mandando un passante di rovescio in corridoio. Nel punto successivo lo spagnolo commette un doppio fallo, e infine un gratuito di rovescio sul match point dell’australiano.
Kyrgios si rotola a terra e si lascia andare nell’esultanza rabbiosa di un uomo che ha sconfitto nello stesso momento il numero 2 del mondo e seimila persone che lo fischiavano. Nadal – da sempre uno dei giocatori più corretti e attenti alla forma di tutto il circuito – non riesce a nascondere il fastidio per il suo comportamento, e quando va a stringerli la mano lo fa in modo superficiale e sbrigativo. Kyrgios invece guadagna il centro del campo, si porta il dito all’orecchio e fa segno di non sentire i tifosi: vuole ancora più fischi, li vuole ancora più forti.
In conferenza stampa Nadal – di solito molto attento a calibrare le parole – si lancia in una critica a Kyrgios, reo di aver turbato l’equilibrio formale dello sport che lo spagnolo rappresenta da quasi 15 anni: «È un giocatore che ha un talento enorme. Potrebbe vincere tornei del Grande Slam e lottare per le prime posizioni del ranking, ma c’è una ragione se è dove è ora: non ha rispetto per il pubblico, per il suo avversario e per se stesso».
«Io sono diverso, Rafa è diverso», risponde poco dopo Kyrgios «Non conosce il mio percorso, quello che ho affrontato per arrivare fin qui, non sa niente di me. Io gioco così. Lui gioca a modo suo. Non prenderò in nessun modo in considerazione questa critica».
L’importanza della pressione
Nei quarti di finale ha affrontato Wawrinka, attore non protagonista della più grande scenata di Kyrgios fino a oggi, quando nel 2015 a Montreal l’australiano gli urlò in campo che il suo amico-collega Kokkinakis si era scopato la sua ragazza. In quella partita, il tennista australiano ha mostrato però la parte migliore di sé, giocando un tennis brillante e aggressivo e rimanendo attento in tutte le situazioni potenzialmente pericolose. Kyrgios ha concesso solamente una palla break in tutto il match, vinto con il punteggio di 7-5 6-7 6-4.
Anche in questo caso, Kyrgios si è servito del rancore del pubblico per rimanere concentrato e motivato. Ventiquattro ore dopo la sfida con Nadal, il Centrale di Acapulco lo aspettava ancora più carico e il pubblico lo ha fischiato ininterrottamente, e soprattutto per tutta la durata del medical timeout chiesto per curarsi la mano. Nella partita successiva – la semifinale vinta contro Isner con altri tre set combattuti – un intero stadio di messicani ha iniziato a tifare l’americano (tra l'altro un noto supporter di Trump) pur di vederlo perdere.
Durante una palla break nel primo set, Kyrgios, invece di prepararsi a rispondere al servizio di Isner, ha preferito iniziare a provocare il pubblico: «Dove sono i fan di Rafa?», ha urlato agli spettatori «Dove siete fan di Rafa? Andate a prendere un volo per Indian Wells!». Poi si è girato e ha vinto il punto.
In finale ha battuto 6-3 6-4 Alexander Zverev, che da oltre un anno è tra i primi quattro della classifica. Quello tra l’australiano e il tedesco – due dei tennisti che raccolgono meno simpatia nel circuito – è anche uno scontro di stili: Zverev è il miglior rappresentante del gioco moderno e regolare della nuova generazione di tennisti, Kyrgios sembra l’unico tra i più giovani capace di opporsi al dominio del tedesco usando la sua imprevedibilità.
Dopo aver vinto il match point si è portato il dito davanti alla bocca per zittire i tifosi per l’ultima volta. Poi con un trofeo a forma di pera in mano e un sombrero in testa ha risposto alle domande degli organizzatori del torneo, che gli hanno chiesto se pensa di valere un top10: «Ho il gioco di un top10 ma quello che faccio fuori dal campo non corrisponde a quello che farebbe un top10. Giocatori come Sascha, Novak, Rafa, fanno ogni giorno le cose giuste. Io no – ammette fiero l’australiano – fuori dal campo non sono affatto un top10. Per esempio, oggi sono andato a fare jet-ski alle 17.30 e la finale era alla 21; non penso che un giocatore al top avrebbe fatto questo genere di cose».
Voi come ve lo immaginate un cattivo che va a ritirare un premio?
Quanto serve l’anarchia di Kyrgios al tennis?
Come se ce ne fosse stato bisogno, ad Acapulco Kyrgios ha dimostrato ancora una volta di essere un tennista che si esalta nelle situazioni in cui è sotto pressione; che sia quella del pubblico o quella del suo avversario, è in questi momenti che trova più stimoli e gioca il miglior tennis. La sua efficienza durante le partite è direttamente proporzionale alla pressione a cui è sottoposto e alla caratura dell'avversario che affronta, ma è uno schema totalmente inadeguato al suo sport, che al contrario è fatto di costanza e tenuta mentale. Se avesse avuto un tabellone più semplice molto probabilmente non sarebbe riuscito a vincere il torneo, perché non trova nessuna soddisfazione nell'affrontare avversari più deboli e quando gioca senza stimoli il risultato del match è totalmente aleatorio.
La narrazione dopo ogni vittoria di Kyrgios è sempre la stessa, e cioè che sarebbe potuto diventare un grande tennista se solo non avesse buttato tutto il suo talento per colpa della sua attitudine. Tutti gli esperti hanno una soluzione per i suoi problemi e si affrettano a dire che non potrà andare lontano senza cambiare il suo atteggiamento; lo ripetono ossessivamente come una formula per esorcizzare l’ipotesi che nel tennis qualcuno possa vincere sottraendosi alle regole e alle convenzioni, qualcuno che quando ne parla dice cose come «È solo un gioco. È solo uno sport. È solo una piccola parte della mia vita. Non credo di potermi impegnare fino in fondo e dare tutto». D’altronde ci sono tanti giovani di talento disposti a sacrificare la loro vita nel nome del tennis, perché non dovrebbero essere loro a raccogliere l’eredità dei Fab Four?
Ovviamente questo interrogativo si accompagna sempre ad altri, che verranno ripetuti alla vigilia del prossimo grande torneo: E se Kyrgios riuscisse davvero a vincere senza dover scendere a patti con le regole che non sopporta? È così difficile che possa ripetere un cammino simile a quello di Acapulco in uno Slam, vincendo contro i big del circuito mentre recita la parte del cattivo di fronte a stadi interi che lo fischiano? È veramente un male per il tennis che Kyrgios voglia fare sempre qualcosa di incredibilmente spettacolare o incredibilmente irritante?
Forse non avremo mai una risposta definitiva e Kyrgios rimarrà per sempre una promessa non mantenuta, nonostante l'esasperazione di chi pensa che stia buttando via il suo talento. Per lo meno, questi interrogativi stanno restituendo imprevedibilità a uno sport che sembra sempre all'interno delle sue stesse ripetizioni. Forse a uno come Kyrgios basta che, nel momento in cui Roger Federer ha vinto il 100esimo titolo nel circuito, si sta parlando solo della sua follia ad Acapulco. Magari per lui non può esistere vittoria più grande.