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Hype: Nicolò Barella
06 ago 2019
Il centrocampista della Nazionale è finalmente arrivato in una grande squadra.
(articolo)
8 min
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E così, Nicolò Barella ha avuto la grande squadra che tutti si aspettavano. Dopo essere stato molto vicino, dallo scorso gennaio, prima al Chelsea, poi al Napoli, poi improvvisamente alla Roma, alla fine il centrocampista cagliaritano è passato all’Inter. E lo ha fatto per una cifra – 37 milioni di euro di base fissa, più altri 12 di bonus non tutti facilmente raggiungibili – che sembra finalmente legittimarlo come il principale giovane talento italiano, in attesa che il mercato si esprima sugli altri. Per Barella, quindi, finisce il tempo in cui ci si aspettava che il successo premiasse il suo talento, e inizia quello in cui ci si aspetta che il talento giustifichi il successo.

Barella si ritrova di fronte a un passaggio delicato, forse il più delicato in assoluto nella carriera di un calciatore, in cui ogni sbavatura, ogni inesperienza, verranno accuratamente pesate sulla bilancia che tiene sull’altro piatto quei 49 milioni spesi dall’Inter. Ma Barella dovrà adattarsi a un cambiamento di paradigma ancora più grande perché, al di là della sua età (ha ancora 22 anni ma ha già giocato tre stagioni da titolare in Serie A), dovrà passare dall’essere il talento più luminoso della sua squadra, il riferimento tecnico a cui il Cagliari si aggrappava a lui per uscire dalle situazioni di difficoltà, ad essere una parte del meccanismo di centrocampo della nuova Inter di Conte.

Ma non è detto che questa sia una variabile negativa per le sue prospettive di crescita e successo all’Inter, anzi.

https://twitter.com/CagliariCalcio/status/1149755361949364225

Da sole a pianeta

Per certi versi, infatti, Barella viene da una stagione interlocutoria, molto diversa dalla definitiva consacrazione che forse si aspettavano in molti dopo la stagione 2017/18. Una stagione in cui ha segnato un solo gol (5 in meno rispetto a quella precedente), una punizione deviata alla terza giornata di campionato, e in cui non è mai sembrato riuscire a salire ulteriormente di livello nel suo percorso di crescita, nonostante gli esperimenti tentati da Rolando Maran.

Dopo una prima parte di stagione passata da mezzala sinistra, infatti, l’allenatore trentino lo ha investito di responsabilità creative ancora più importanti facendogli fare il trequartista nel suo tipico rombo di centrocampo (anche per via dell’infortunio di Castro e il rendimento altalenante di Birsa, arrivato a gennaio). Questa rinnovata centralità all’interno del Cagliari, però, non ha aiutato particolarmente Barella, che aumentando il suo volume di gioco ha reso ancora più marcati i suoi limiti: soprattutto l’istintività eccessiva delle sue decisioni, che sono spesso forzate alla ricerca della giocata decisiva, forse proprio un eccessivo senso di responsabilità nei confronti delle sorti della propria squadra.

Per fare un esempio: Barella ha tentato quasi solo tiri da fuori area (1.2 su 1.5 totali per 90 minuti), mancando la porta quasi i due terzi delle volte (0.9 volte, una statistica più che raddoppiata rispetto allo scorso anno). Allo stesso tempo, l’aumento del volume di passaggi (passati da 45.2 a 51.9, sempre in media per 90 minuti) lo ha portato a essere uno dei centrocampisti più imprecisi della Serie A, con una media di tocchi sbagliati e palle perse tra le peggiori del campionato (rispettivamente è il primo e il quarto in queste due statistiche).

Insomma, Barella non è sembrato pronto, lo scorso anno, per potersi caricare un’intera squadra sulle spalle, come si suol dire, e in questo senso essere inserito in un centrocampo competitivo come quello dell’Inter, guidato da un allenatore esigente che richiede ai suoi giocatori di minimizzare il margine d’errore, ma che dà loro anche pattern chiari e giocate sicure grazie ai continui smarcamenti, potrebbe aiutarlo a rendere più asciutto e funzionale il suo sistema di scelte.

In questo senso, la prospettiva più eccitante che si apre con Barella all’Inter è proprio l’incontro tra un grande talento istintivo e un allenatore quasi “marziale” con un gioco molto codificato. Sarà interessante, cioè, vedere se Barella troverà un nuovo e delicato equilibrio tra la sua conoscenza inconscia del gioco e l’apprendimento mnemonico dei movimenti richiesti da Conte. È qui che si nascondono i margini e i pericoli più grandi del percorso di crescita futuro di Barella.

Che Barella sarà?

Innanzitutto c’è da dire che, per come è stato costruito il centrocampo dell’Inter quest’anno, è probabile che Barella si ritroverà a svolgere compiti completamente diversi rispetto a quelli a cui era abituato a Cagliari fino ad adesso. Se Conte dovesse confermare anche in campionato il centrocampo a 3 visto nelle amichevoli estive della ICC - con Brozovic regista e Sensi mezzala destra - Barella sarebbe sgravato quasi del tutto da mansioni creative, sia in fase di prima costruzione che in quella di definizione.

Dall’amichevole contro il PSG è già chiara la divisione delle mansioni nel centrocampo dell’Inter: Barella si allarga per dare una linea di passaggio all’esterno di destra; poi scarica dietro per Sensi che serve sulla corsa il movimento in profondità dell’esterno.

Con un gioco di posizione molto codificato, soprattutto nelle prime fasi di uscita del pallone dalla difesa, già in Cina abbiamo visto Barella fungere da riferimento dietro le linee di pressione avversarie quando la difesa nerazzurra era impegnata a far arrivare il pallone sulla trequarti, mentre Brozovic e Sensi agivano da riferimenti più bassi, di fronte alla difesa a tre. Una volta arrivati nell’ultimo quarto di campo, invece, a Barella è stato chiesto principalmente di agire come incursore aggiunto in area, inserendosi mentre la difesa avversaria è impegnata a marcare gli attaccanti.

A Barella, insomma, in fase di possesso viene chiesto di affinare maggiormente il gioco senza palla che quello con la palla, un contesto diametralmente opposto rispetto a quello di Cagliari, dove contribuiva al gioco di transizioni di Maran grazie al suo grande talento nella conduzione del pallone.

Per fortuna di Conte, questa non è una situazione del tutto nuova per l’ex centrocampista cagliaritano, che anzi si ritroverà in un contesto tattico non troppo diverso da quello che già vive nella Nazionale di Roberto Mancini. Cioè, un’altra squadra fortemente basata sul possesso, che vuole risalire il campo sfruttando i vantaggi offerti dal gioco di posizione, con altri due centrocampisti di possesso molto creativi (Jorginho e Verratti).

I parallelismi nei movimenti senza palla richiesti a Barella in Nazionale e all’Inter sono piuttosto chiari.

L’Inter di Conte, insomma, è potenzialmente l’habitat ideale per la crescita di Barella, che non sarà più costretto a caricarsi il mondo sulle spalle per portare la sua squadra nella metà campo avversaria e potrà, invece, concentrarsi sullo sviluppo del suo gioco senza palla, che a Cagliari invece era rimasto un abbozzo affidato al suo istinto. E da questo slittamento tattico potrebbe benificiarne anche la Nazionale.

Chi è oggi Barella

Se Barella da una parte non sarà più così coinvolto nel gioco con la palla della propria squadra come a Cagliari, dall’altra rimarrà invece uno dei perni sui quali presumibilmente si reggerà il successo dell’Inter di Conte: il pressing, e in particolare quello immediatamente successivo alla perdita del pallone, cioè la riaggressione.

Probabilmente dovrà essere lui a staccarsi nelle fasi di pressing alto per andare a prendere il regista avversario, sempre da lui ci si aspetterà la maggiore intensità nelle fasi di recupero immediato del pallone, in caso di perdita nella trequarti avversaria. Questo è un aspetto tattico decisivo per la sostenibilità difensiva di quei sistemi che cercano di dominare l’avversario con il possesso installandosi nella metà campo avversaria, come le squadre di Conte, che si sposa con una delle caratteristiche che maggiormente definiscono il gioco di Barella.

Per la prima volta, insomma, Barella sarà inserito in un sistema fortemente meccanicizzato, che gli chiede di mettere alcune delle sue qualità migliori al servizio delle idee di Conte, e dall’altra parte il gioco collettivo lo dovrebbe aiutare a sopperire ad alcuni dei suoi limiti più marcati. La domanda è fino a che punto un gioco molto codificato come quello di Conte sia in grado di aiutare a crescere Barella, e da che punto in poi possa invece limitarlo. L’allenatore salentino, in altre parole, è posto di fronte alla sfida di riuscire ad inserirlo nel suo gioco senza sacrificare le sue qualità più spiccate.

Come si concilia, ad esempio, il talento di Barella in conduzione, con un allenatore che ha ripetuto più volte di non allenare il contropiede? Come reagirà, Conte, all’istinto di un giocatore che ama spesso tentare la giocata più difficile? Dove finiranno le qualità creative di Barella in un centrocampo che gli richiede di non utilizzarle? Riuscirà ad esprimersi toccando meno palloni, con meno occasioni?

Sono domande complesse ma anche perché è il talento di Barella ad avere confini poco chiari, è la sua stessa dimensione tecnica ad essere ancora da definire: Barella è un semplice recuperatore di palloni o uno di quei centrocampista completi, con un peso specifico diverso in mezzo al campo, che sanno fare tutto?

https://twitter.com/OptaPaolo/status/1149602628172562433

Quando si fantastica su quali orme potrebbe mettere i suoi passi Barella spesso si tirano in ballo i nomi di alcuni altri grandi centrocampisti difensivi allenati da Conte, come Kanté e Vidal, dimenticandosi forse che sono due giocatori estremamente diversi.

Kanté e Vidal, in realtà, più che come confronti attuali potrebbero essere presi al momento come due modelli a cui Barella potrebbe ispirarsi: da una parte quello del centrocampista specializzato nel recupero della palla, dell’equilibratore della squadra votata all’attacco; dall’altra il cosiddetto tuttocampista, il centrocampista che sa recuperare palla, ma anche creare gioco e segnare, essere il fulcro insomma.

Oggi non possiamo sapere da che parte andrà il futuro di Barella, che potenzialmente ha il talento per prendere tutte e due le direzioni. L’unica cosa certa è che Conte avrà un peso decisivo nell’indirizzarlo.

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