
Nikola Krstović sta vivendo la sua migliore stagione da quando è in Italia. Ha segnato 8 gol tra Serie A e Coppa Italia - uno in più rispetto alla scorsa stagione, con 12 partite ancora da giocare - 8 gol che sono una cifra più che rispettabile per un attaccante di una squadra in lotta per non retrocedere e che stanno tenendo il Lecce lontano dalle terre più disperate della zona salvezza. Il montenegrino ha segnato molti gol bellissimi e ha dimostrato di avere lampi di talento che fanno ben sperare.
Questa è una realtà oggettiva, splendida, pacificata - la storia di un attaccante balcanico di prospettiva che si fa faticosamente strada in uno dei principali campionati europei - ma è anche la realtà di chi vede solo i tabellini, di chi al massimo si gusta gli highlights la mattina mentre fa colazione, dei fan della Serie A in Tanzania fidelizzati dall’incessante lavoro delle nostre istituzioni. Come nel meme Soldiers Holding Up Society, questa realtà infatti ne nasconde un’altra più sanguinosa, quella di chi segue il Lecce ogni tre giorni, di chi vede le sue partite, di chi sa che sotto quella manciata gol ci sono decine e decine di tiri finiti sulla schiena dei difensori avversari, nel settore ospiti, vicino alla bandierina del calcio d’angolo. Schiere di conclusioni mandate al massacro oltre la linea di fondo.

Ovviamente sono esistiti ed esisteranno centravanti ossessionati dal tiro, centravanti che hanno provato e proveranno a segnare da qualsiasi posizione, ma è difficile ricordarne uno con una sproporzione così ampia tra tiri e gol.
Con l’ultima sconfitta casalinga contro l’Udinese, in cui ha calciato verso la porta avversaria tre volte (più di qualsiasi altro, con l’unica esclusione di Medon Berisha), Krstović ha raggiunto i 100 tiri realizzati in Serie A in questa stagione. Sono 15 più di Castellanos, 17 più di Lautaro Martínez, 21 più di Nico Paz, 27 più di Moise Kean e 36 più di Mateo Retegui, che come avrete capito sono i giocatori che provano invano ad inseguirlo in questa classifica.
In Serie A nessuno tira quanto Krstović e nessuno tira così tanto in una squadra che tira poco. I 100 tiri di Krstovic sono quasi esattamente un terzo dei 302 del Lecce, una squadra che conclude meno sia della Fiorentina (306) che del Como (350), e molto di meno di Lazio (365), Atalanta (377) e Inter (412). Sono solo sette le squadre in Serie A che tirano meno del Lecce, che forse senza Krstovic farebbe partite di totale contemplazione.
Per intenderci: l’unico giocatore tra i cinque principali campionati europei ad aver raggiunto i 100 tiri a questo punto della stagione è Kylian Mbappé (anche lui esattamente a 100), che però gioca nel Real Madrid (409 tiri finora) e di gol in campionato ne ha segnati 12. Non una grande performance nemmeno la sua, c’è da dire, ma comunque è il doppio di quelli che ha segnato Krstovic in campionato (parliamo di tiri e gol ad esclusione dei rigori, dati Hudl StatsBomb).
Ovviamente provare a segnare nel Real Madrid non è la stessa cosa che provare a farlo nel Lecce, e nella differenza tra le due cose c’è tutto il dramma umano, l’arte di Nikola Krstović. Per rendergli omaggio ho scelto 35 tra i suoi tiri più disperati, classificandoli dal più necessario al meno necessario.

Partiamo dal tiro più necessario di tutti. Porta vuota, portiere ormai superato, difensore in disperata posizione obliqua: Krstović, ovviamente, prenderà il difensore in disperata posizione obliqua, cioè Luperto. Era la fine di agosto, la terza giornata di campionato, e l’attaccante montenegrino sembrava poter sbagliare qualsiasi gol. Meno di un mese dopo, contro il Parma, sul risultato di 2-0 a tre minuti dalla fine, Krstović, in una situazione di due contro il portiere in campo aperto, riuscirà a farsi intercettare il pallone da Suzuki in un tentativo pigro di dribbling, aprendo la strada alla clamorosa rimonta della squadra emiliana. Quel momento mi spinse a scrivere un pezzo che provava a relativizzare la retorica dei bivi, in cui mi chiedevo cosa fosse davvero, un bivio, se in fondo tutti i momenti non fossero bivi. Dubito che l’abbia letto, ma da quel momento Krstović sembra averlo preso in maniera letterale, vedendo un bivio della sua carriera ad ogni singolo pallone calciabile verso la porta avversaria.
Chi è particolarmente bravo in matematica l’avrà già intuito, per tutti gli altri invece questo è il momento dell'articolo in cui si rivela la seconda eccezionalità statistica di Krstović. E cioè che non è solo il giocatore che tira di più del campionato ma anche uno di quelli che ricava meno gol dai suoi tiri: appena il 6% (il calcolo era facile). Tra gli attaccanti che provano a competere con lui per numero di tiri l’unico ad avere un dato così negativo è Castellanos (che comunque è all’8%) e per trovare qualcuno che ha un dato peggiore del suo bisogna scendere fino a un nome che in questa stagione non vorresti mai che fosse associato al tuo: Teun Koopmeiners (3% con 38 tiri: un’apocalisse).
Sarebbe semplice confermare con questo numero la nomea di Krstovic come attaccante che sbaglia occasioni clamorose (nomea non del tutto infondata, sia chiaro) ma mancheremmo completamente il punto della questione. Il tasso di conversione di Krstović è così basso non perché sbaglia molti gol facili ma perché ne prova molti di difficilissimi, e infatti ad essere basso è anche il suo dato sui post-shot Expected Goals, che misura la pericolosità di un tiro dal punto di vista dei portieri. Krstović ne ha accumulati 6.33, un numero simile a quello di Piccoli (5.75), che, pur essendo il settimo giocatore ad aver provato più tiri in Serie A, ha fatto comunque 38 (TRENTOTTO) tentativi in meno. Insomma, le statistiche realizzative di Krstovic sono annacquate da un’inondazione di tiri da prime Cristiano Rolando. Parlo di quantità ma anche di ambizione.
Un esempio dalla penultima giornata, in casa del Monza. Al 31’, su un bellissimo suggerimento in area di Helgason, Krstović prova a segnare tirando al volo sul palo più lontano col piatto del destro. È il calcio com’è nell’immaginazione del montenegrino: un’idea complicatissima che riesce quasi alla perfezione, e che costringe Turati a un intervento difficile per evitare di prendere gol. Vi stareste chiedendo: vabbè, ma da lì cosa doveva fare?
Beh, è facile farsi questa domanda al secondo tiro citato, ma dovete immaginare questo articolo come uno di quei thread di X in cui scorrendo un oggetto diventa sempre più grande o Neil Warnock sempre più arrabbiato. Quindi vi chiedo: e qui, cosa doveva fare?
E qui?
Sono situazioni in cui Krstovic non aveva soluzioni semplici per servire i compagni e in cui alla fine ne ha cavato un buon tiro, tra l’altro calciando con quello che teoricamente dovrebbe essere il suo piede debole. Il punto però non è la tecnica di tiro, e la conferma sono alcuni gol che ha segnato (prendete per esempio il secondo contro l’Empoli, a gennaio) e un’accuratezza che è bassa (30%) ma non così bassa come dovrebbe essere con una quantità di tiri così abnorme. Il punto è l’attrazione fatale verso la porta, la vista che si stringe verso lo specchio coperto dal portiere.
Prendete questo bel tiro contro il Genoa per esempio. Dai 20 metri Krstović prende un palo interno clamoroso ma a destra, su un corridoio che lo portava dritto in area, c’era Rafia da servire in posizione ancora migliore. Tirare è stata davvero la scelta migliore?
Domanda assolutamente retorica perché per Krstović la questione non si pone: tirare è sempre la scelta migliore. Anche quando hai il passaggio facile per servire Tete Morente alle spalle della difesa avversaria (ma il tiro di mezzo esterno destro sul palo più lontano inaspettatamente finisce di poco a lato).

O quando Tete Morente è libero a pochi metri dall’area piccola (mi dispiace Tete Morente).

O quando Pierotti si è fatto mezzo campo per dargli una linea di passaggio interessante in area (ma proprio non poteva non calciare col piede debole con due difensori sulla linea di tiro).

O quando Dorgu gli sta offrendo la madre per avere questo pallone facile dalla lunetta.

O quando Dorgu è solo in area insieme a Nicola Sansone.

O quando Dorgu è solo una delle due semplicissime opzioni con cui potrebbe far arrivare il Lecce in porta alla fine del primo tempo contro un Verona in dieci, e ha finito i modi per farglielo capire, ma tirare dai 25 metri gli sembra un’idea più ragionevole.

O quando Dorgu è solo una delle quattro opzioni insieme a Pierotti, Rafia, Rebic e Sansone.

«Come dici? Dorgu? Mai sentito. Adesso scusami ma devo provare a far passare questo pallone tra i corpi di quattro giocatori».

Su Ultimo Uomo forse lo chiameremmo “un problema di scelte”, un’espressione che però edulcorerebbe quello che è praticamente l’equivalente calcistico di provare l’eroina per dimagrire. Un gioco che vi propongo a questo proposito è quello di immaginare il tiro di Krstović dalla reazione dei suoi compagni.
Nell’ultima immagine il momento esatto in cui Dorgu ha deciso di trasferirsi al Manchester United.
Ma cerchiamo di prenderla sul serio: qual è il problema? Innanzitutto la posizione da cui, come si dice per la NBA, “prende” i tiri. Non vi stupirà sapere che Krstović è anche il giocatore della Serie A che tira di più da fuori area (ben 41 dei 100) ma forse per lui andrebbero create nuove metriche. Che ne so, studiare un sistema simile alle yard del football americano, fissare delle linee sul campo del Via del Mare per aiutarlo a capire che oltre certe distanze tirare potrebbe non essere proprio la via più breve per arrivare al gol. Per quanto i tiri da fuori area siano stati screditati forse eccessivamente dalle statistiche avanzate, e qualcuno propone di ripensare alla loro efficacia, con Krstović siamo su un altro piano.
Anche il termine, tirare “da fuori area”, non rende l’idea delle distanze da cui vengono calciati molti dei suoi tiri. Mi scuserete la ripetitività del format, ma eccovi una galleria di momenti in cui Krstović calcia da sempre più lontano.
Ora, non voglio trasformare questo articolo in un commento alla Gialappa’s Band, con i suoni delle molle o delle finestre rotte quando un tiro viene svirgolato. Non c’è nulla di male nell’avere il coraggio di tentare anche dei tiri difficili, cioè nell’avere il coraggio di sbagliarli. Anzi, il fatto che Krstović ce l’abbia, questo coraggio, denota un’ambizione e una libertà senza le quali probabilmente non sarebbe neanche arrivato in Serie A.
Parlo per esempio di questo tiro al volo contro l’Inter quasi dallo spigolo dell’area di rigore, con il pallone mandato probabilmente su Marte.
O di questo, sempre contro l’Inter ma a San Siro. Controbalzo con l’uomo addosso da fuori area dopo piroetta su se stesso a seguito del primo controllo (immaginatevi questa frase letta con la voce di Stefano Bizzotto).
O di questo, di nuovo a San Siro (dove evidentemente voleva stupire il pubblico della “Scala” del calcio) - un tiro al volo correndo all’indietro su un cross altissimo e che forse ha fatto rimbalzare il pallone sulla copertura dello stadio.
La questione qui non è che Krstović prova dei tiri difficili che spesso non gli riescono. La questione è che con i suoi tiri, Krstović, sembra voler sfidare l’impossibile. Un topos dei suoi tentativi, per esempio, è la conclusione con l’uomo addosso. Tiri fatti al massimo della potenza con un muro di carne di fronte, come se con il pallone potesse fare un buco nel piede o nel corpo dell’avversario, come fa Cantona al demone alato nel celebre spot della Nike.

A volte Krstovic prende palla sulla trequarti con l’urgenza di chi è dentro l’area con lo specchio della porta aperto e viene da chiederti se stiate condividendo la stessa realtà.
Tiri fatti con la stessa postura di chi è sul bagnasciuga con il Tango, ma il portiere non è in acqua, e il pallone non può rimbalzare sulle onde.
Tiri che semplicemente, per le leggi che regolano il mondo, non possono far arrivare la palla dentro lo specchio della porta, se eseguiti con questa coordinazione.

A volte Krstovic non sembra nemmeno intenzionato a segnare, ma solo a voler vedere “che succede”.
Guardate con che gusto si prende questo tiro con zero possibilità di riuscita contro il Torino. Sembra proprio pensare: e se sorprendessi uno dei migliori portieri di questa stagione dopo aver stoppato il pallone di petto all’indietro colpendo il pallone quando è ancora in aria? Non succede, ma se succede...
Come dobbiamo prendere quindi l’ostinazione di Krstović? Se scegliesse meglio i momenti in cui tirare riuscirebbe a segnare anche di più o dobbiamo considerarlo un “attaccante quantitativo”? E se fosse così, di quante centinaia di tiri avrebbe bisogno per avere una stagione da 30 gol?
L’11 gennaio, in quella che è probabilmente la sua migliore partita finora in Italia, in casa dell’Empoli, Krstović ha provato il tiro 8 volte. Con il primo ha bucato Seghetti sul suo palo, tirando al volo una palla messa “a rimbalzella” in area da un fallo laterale. Con il secondo ha provato a tirare di prima dopo uno stop di petto che lo ha fatto cadere di schiena, mandando il pallone tra le braccia del portiere dell’Empoli. Il terzo è stato un tiro a tu per tu con il portiere, dopo aver ingannato Ismailj. Krstovic ha tirato quasi dalla lunetta, provando a far passare il pallone tra le gambe del portiere ai limiti dell’area, senza però riuscirci. Come dire: un gol mangiato.
Il quarto e il quinto tiro della sua partita sono pura esperienza Krstović.
Bomba di sinistro con Coulibaly tutto libero da servire dentro l’area di rigore e il piede di Cacace a un millimetro, e poi, un attimo dopo, tiro sbilenco a tagliare l’area, con un angolo di tiro semplicemente impossibile. Per due volte Krstović si è caricato con tutta l’energia che aveva in corpo, come se la potenza del suo calcio potesse sfondare non tanto la porta quanto le leggi della fisica. Quelli di Krstović non sono tiri, ma tentativi di lanciarsi su un muro di mattoni sperando che sia davvero il binario 9 e 3/4.
Il sesto tiro è stato un tiro di prima da fuori area finito qualche metro al lato, il settimo un’altra bomba di sinistro da buona posizione ma ribattuto nuovamente da Cacace. L’ottavo, a pochi secondi dalla fine e con la partita ancora in bilico, è stato questo.
Ora, non so se la Serie A possa essere davvero paragonata ad Hogwarts, ma avete capito cosa voglio dire.