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Nobile rialzata
11 mag 2015
Il Lione ha convertito il proprio progetto in qualcosa di sostenibile e a lunga scadenza, pur non perdendo competitività.
(articolo)
13 min
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Ci eravamo abituati a considerare il Lione come una nobile decaduta e invece oggi, guardando la classifica di Ligue 1, è lì in alto, subito dietro al PSG di Ibra e Verratti, la squadra bella senz’anima, simbolo del potere dei petrodollari qatarioti. Le speranze di vittoria ormai, a due partite dalla fine e con sei punti di distacco, sono ridotte alla fantascienza, ma c'è stato un momento in cui l'idea di un Lione zeppo di giovani cresciuti “in casa” e campione di Francia sembrava quanto meno razionalmente possibile.

Il merito di una stagione che in ogni caso verrà ricordata come di successo è anche di Hubert Fournier, che siede sulla panchina dei Gones dopo essere stato assunto l’estate scorsa nell’indifferenza generale. Un’indifferenza forse alimentata da una carriera non di primissimo livello (prima del Lione, quattro anni e una promozione in Ligue 1 al Reims) o dal pregiudizio secondo cui il Lione non aveva possibilità di tornare una squadra di vertice, indipendentemente da chi l'avesse allenata.

Ma partire da Fournier non ci farebbe capire molto del Lione di oggi. Per capirlo a pieno bisogna tornare ancora più indietro, nei tempi e negli uomini.

Rompere con il passato

Il Lione attuale non ha nulla a che vedere con quello che ha dominato il calcio francese e sfiorato imprese in Champions League nei primi dieci anni del 2000. Non sto parlando solo della squadra, ovviamente, ma anche e soprattutto del club. In quegli anni il Lione era ciò che è il PSG oggi: un club che spendeva per comprare i giocatori migliori e assicurarsi le vittorie. Forse non è un caso che quel Lione abbia raggiunto il suo capolinea proprio nell’anno in cui in Francia arrivava qualcuno con il portafoglio più grande del suo presidente, Jean-Michel Aulas.

L’anno in questione è il 2011. È l’ultimo di Claude Puel sulla panchina del Lione, che ci si era seduto per la prima volta nel 2008. Nei tre anni di Puel, Aulas ha speso quasi 170 milioni di euro per allestire una rosa degna di quelle precedenti, acquistando tra gli altri: Pjanic, Lloris, Lisandro Lopez, Gomis, Gourcuff, Bastos ed Ederson; ma Puel non ha vinto niente. Con l’arrivo degli sceicchi qatarioti, Aulas capisce che quella strada non è più percorribile, soprattutto per ragioni economiche.

Quindi il presidente del Lione fa inversione a U: a partire dall’estate del 2011 chiude i rubinetti per il calciomercato e concentra tutte le risorse per la costruzione del nuovo stadio (che verrà concluso tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo); vende i campioni ancora presenti in squadra (quell’estate Pjanic è stato venduto alla Roma) e punta tutte le sue fiches sul settore giovanile. E quale uomo migliore se non proprio l’allenatore delle giovanili per sostituire Puel?

Rémi Garde, ex vice del leggendario Gérard Houllier, viene messo a capo della squadra e tra il 2011 e il 2014 ha assemblato una squadra che oggi compete con il PSG, spendendo 420 milioni di euro in meno sul mercato rispetto alla squadra qatariota (quasi il doppio di quanto è costato il nuovo stadio del Lione). È Remi Garde che “costruisce”, prima da allenatore della primavera poi da allenatore della prima squadra, i vari Lacazette, Fekir, Gonalons, Umtiti, Ferri, Lopes, Tolisso, N’Jie, Yattara e Benzia. È sempre lui che decide di abbandonare il 4-3-3 per il 4-3-1-2 su cui oggi è fondata la squadra di Fournier.

Garde è sostanzialmente quello che ha trasformato una strategia d’emergenza (puntare sul vivaio per risparmiare risorse sul calciomercato da investire così sullo stadio) nella core strategy del Lione: farsi la squadra in casa non è solo economico ma anche vincente. Nonostante le prestazioni non eccelse in campionato, durante il suo periodo in carica, Garde è comunque riuscito a vincere una Coppa di Francia e una Supercoppa francese.

Gestire l’eredità

Quella che Fournier ha ereditato da Garde era una squadra già fatta, sia negli uomini che nell’impalcatura tattica. Ci sono due strade percorribili, per un allenatore che si trovi nella posizione di Fournier: o si rade al suolo ciò che è stato fatto per costruire qualcosa di nuovo, aderente alle proprie idee (i rivoluzionari, come Bielsa e Guardiola); o si valorizza l'eredità, facendo a poco a poco piccoli ritocchi (i conservatori, come Allegri o Ancelotti). Fournier fa parte della seconda categoria di allenatori, i conservatori.

Lo si vede dal calciomercato (gli acquisti realizzati sono solamente due: Jallet e Rose) ma anche dalle dichiarazioni degli stessi calciatori. Secondo Malbranque, ad esempio, Fournier «rimane nella continuità di lavoro di Rémi Garde, senza troppo rivoluzionare le cose». La squadra viene quindi costruita sul 4-3-1-2 a rombo che aveva impostato Garde, con quattro giocatori a fare da pilastri, uno per reparto: Lopes in porta, Umtiti in difesa, Gonalons a centrocampo e Lacazette in attacco. Questi quattro “senatori” hanno una età media di 23,5 anni e provengono tutti dal Tola Vologe, il leggendario centro di allenamento del Lione da cui sono usciti anche Benzema, Ben Arfa e Govou. L’ennesimo segno della traccia indelebile lasciata da Garde sulla squadra.

Stavolta però rischierei di non dare sufficiente merito a quanto fatto da Fournier se mi concentrassi solo sul lavoro di Garde. E, soprattutto, rischierei di non spiegare il salto in alto compiuto dal Lione, tornato a lottare per il titolo dopo anni.

Senso della posizione

Descrivere il Lione di quest’anno è difficile. La squadra di Fournier non ha uno stile riconoscibile, la sua identità sembra quella di rubare un po’ da tutti gli stili di gioco. In questo senso, l’unico dogma dell’allenatore di Riom è quello di non avere dogmi.

Il Lione è bravo a gestire il pallone e a imporre il proprio gioco (è terzo in Ligue 1 per possesso palla, 53% in media, e secondo per accuratezza dei passaggi, 84%) ma siamo lontani anni luce dalle manie di controllo del PSG di Blanc (ovviamente primo nelle statistiche sopracitate). E però, Fournier non ha peli sullo stomaco e contro PSG e Marsiglia (almeno al ritorno in quest’ultimo caso) non ha disdegnato un gioco di pura ripartenza con dieci uomini dietro la linea della palla pronti ad essere sparati in verticale verso la porta avversaria (in Lione-PSG il possesso palla dei Gones è sceso al 34%).

Allo stesso modo, la squadra di Fournier è creativa (è rispettivamente terza per occasioni create, 9,72 in media a partita, e seconda per il numero di tiri, 14,03) ma non ha nulla della fantasia dell’utopia bielsista (indovinate un po’ qual è la squadra che primeggia per occasioni create e tiri?). Il Lione rimane sempre una squadra corta ed equilibrata, attenta a non perdere mai il controllo sulla partita: infatti ha la terza difesa della Ligue 1, dietro a Monaco e St. Etienne, due squadre che giocano esclusivamente di contropiede.

Se c’è una caratteristica che definisce bene il Lione di Fournier è la gestione degli spazi e delle posizioni (questa si, maniacale). I Gones, nonostante la giovane età di quasi tutti, hanno sempre le idee chiare su come disporsi in campo e in ogni situazione della partita tendono a muoversi con un senso dell’organicità invidiabile. Non è un caso che Fournier si sia particolarmente arrabbiato con i suoi giocatori dopo la sanguinosa sconfitta con il Nizza in casa dello scorso 21 marzo: perché «abbiamo avuto fretta, invece di muovere la palla con pazienza e cercare un modo per superare la difesa avversaria».

Quadrato di costruzione

La fase di possesso del Lione è particolarmente originale e rifugge molti luoghi comuni del mondo tattico contemporaneo. Innanzitutto, e questa è davvero una notizia, nel Lione si vede molto raramente la salida lavolpiana del regista di centrocampo (cioè la sua discesa tra i due difensori centrali). La scelta è ancora più originale se consideriamo che il il 4-3-1-2 si adatterebbe perfettamente a questa opzione tattica e che Gonalons, il vertice basso del rombo, ha praticamente il fisico di un difensore centrale.

L’assenza della salida lavolpiana si aggiunge ad un'altra originalità: i difensori centrali non sono quasi mai coinvolti nella costruzione dell’azione, che invece viene lasciata a centrocampisti e terzini. Nella speciale classifica dei difensori con il maggior numero di passaggi completati in Ligue 1 bisogna scendere fino all’undicesimo posto per trovare un difensore centrale del Lione (il podio è occupato da tre centrali del PSG, Thiago Silva, David Luiz e Marquinhos; tanto per rimarcare ulteriormente la differenza tra le due squadre).

Questa è una scelta a metà tra razionalità e necessità, com’è nella “filosofia” di Fournier: va tenuto conto che i centrali del Lione, Umtiti, Rose, Bisevac e Koné, non sono particolarmente abili con la palla tra i piedi (anzi, tutt’altro). Il Lione è andato in difficoltà contro il Nizza proprio perché effettuava un pressing alto ben organizzato che lo ha costretto ad abbassare Gonalons e a far impostare i centrali.

Il primo possesso di solito è gestito dal regista e dalle mezzali, che quando prende il pallone scendono (una alla volta) al suo fianco per dargli una linea di passaggio semplice (mentre l’altra mezzala sale sulla linea del trequartista). Le mezzali si coordinano a seconda del lato in cui attacca la squadra: se attacca a sinistra sarà la mezzala sinistra a salire sulla trequarti, mentre quella destra scenderà in mediana. In fase di possesso il centrocampo del Lione quindi non è un rombo ma un quadrato.

La costruzione dell’azione da parte del centrocampo viene accompagnata dalla salita dei terzini, che affiancano il quadrato centrale per dare ampiezza, mentre le due punte si allargano anche fino a costeggiare la linea laterale. Le punte poi tagliano di nuovo al centro per fare spazio all’avanzata dei terzini, con i due trequartisti (in alternativa) che provano a inserirsi da dietro.

Ora, bisogna ricordarsi che Fournier tiene più alle posizioni che ai giocatori che le ricoprono nel momento contingente. Non bisogna stupirsi se spesso si vedono dei giocatori ricoprire delle posizioni che teoricamente non dovrebbero occupare. Quindi, se uno degli attaccanti si abbassa per venire a prendere palla a centrocampo, la sua posizione verrà automaticamente occupata da un altro giocatore (di solito uno dei due trequartisti). O ancora, se uno dei trequartisti si è abbassato in mediana per prendere il pallone, automaticamente uno dei due mediani prenderà il suo posto sulla trequarti.

Questa attenzione maniacale per le posizioni spiega in parte anche il fallimento di quello che tutti speravano a inizio stagione: la rigenerazione di Gourcuff. Il trequartista francese, ex nuovo Zidane, con la palla tra i piedi può fare qualunque cosa ma senza palla è troppo statico per gli standard dell’allenatore di Riom. Al netto degli infortuni e del rapporto non idilliaco tra i due, si capisce perché Fournier gli abbia spesso preferito Malbranque, un giocatore ordinario tecnicamente ma al limite del geniale nei movimenti senza palla.

Densità centrale

Il Lione non è banale nemmeno in fase di non possesso. La strategia difensiva di Fournier è quella di creare densità centralmente con il rombo, in modo da spingere l’avversario sugli esterni. Una volta fatto ciò, il Lione tende a imbottigliare gli avversari da quel lato con un pressing intenso, in modo da recuperare il pallone più in fretta possibile e ripartire. È una strategia che ha il rischio di esporre la difesa sul lato scoperto (Sarri ne sa qualcosa) che però viene ben arginato dal senso della posizione degli uomini di Fournier. Come ho già detto: il Lione è molto solido difensivamente.

Paradossalmente questa è una strategia che il Lione utilizza anche in fase offensiva. A volte, infatti, gli uomini di Fournier tendono a concentrarsi tutti su un lato in modo da calamitare gli avversari e scoprire un lato, esposto così agli inserimenti dei centrocampisti e dei terzini. Questo, inoltre, in caso di perdita del pallone, permette anche di avere i giocatori già in posizioni vantaggiose per l'immediata riconquista.

Altre originalità: i due attaccanti vengono coinvolti solo parzialmente nella fase di non possesso, a loro di solito affidato è solo il primo pressing, quello sui difensori centrali e sui terzini in possesso. Fournier preferisce lasciare i due attaccanti alti e larghi (anche sui calci piazzati) e questo potrebbe spiegare, almeno in parte, l’annata favolosa che stanno vivendo gli attaccanti del Lione e in particolar modo Alexandre Lacazette, Nabil Fekir e Clinton N’Jie.

Risorse umane

Già vedere una squadra composta per otto undicesimi da giocatori cresciuti nel vivaio è ormai una cosa incredibile, provate a immaginare otto giocatori su undici provenienti dalle giovanili a comporre una squadra che lotta per il titolo.

Lacazette e Fekir hanno messo a segno 39 goal (quasi il 56% di tutti quelli del Lione) e 15 assist. Sono una coppia d’attacco inusuale e, per certi versi, mai vista prima. Entrambi hanno il senso del goal della punta pura e la dribblomania dell’ala più fantasiosa (rispettivamente, 2.06 e 2.69 dribbling riusciti a partita). Lacazette ha l’eleganza (che a qualcuno ricorda Thierry Henry) per far innamorare i romantici, mentre Fekir è il più brutale prodotto del calcio moderno: un dribblomane dal fisico possente e dal baricentro basso.

Questo grafico riunisce i dieci giocatori che segnano di più in Europa (in questa prima top ten rientra Lacazette), i dieci attaccanti che dribblano di più e i dieci centrocampisti che segnano di più (in quest’ultima Fekir). Lacazette è al centro di due diagonali immaginarie: una che unisce Messi a Diego Costa, l’altra che unisce Agüero a Cristiano Ronaldo. Il grafico è aggiornato al 17 aprile.

Ma Lacazette-Fekir sono solo i modelli in vetrina di un Lione che in realtà ha molto altro da offrire. Dall’intelligenza tattica di Ferri (ottavo in Ligue 1 per passaggi riusciti, subito dopo il centrocampo cervellotico del PSG), alla capacità di recuperare palloni di Gonalons (quinto per tackle riusciti, 3.52 a partita), dalla reattività di Lopes (2.32 parate a partita per goal subito, meglio di Mandanda e Sirigu) alla forza fisica di Umtiti. E questo senza contare il grande serbatoio di talento che il Lione tiene in panchina. Grenier, N’Jie, Benzia e Yattara sono tutti giocatori che hanno qualcosa da dire e che potrebbero giocare un ruolo anche nella prossima sessione di mercato, o nella prossima stagione.

Il futuro

Il futuro del Lione si gioca proprio nelle prossime sessioni di mercato. Al di là dell’ormai improbabile vittoria in Ligue 1, il Lione ha una chance irripetibile. Il presidente Aulas e il resto della dirigenza del Lione sono di fronte ad un bivio: la prima strada, quella più semplice almeno da un punto di vista aziendale, porta alla trasformazione definitiva del Lione in supermercato del talento, come già ce ne sono in Europa (Porto, Valencia, Southampton): far crescere i giocatori per trarne un beneficio economico, venderli all’apice della loro maturazione a top club europei.

La seconda strada, la meno sicura da tutti i punti di vista, porta a rifiutare offerte golose e puntare sulla crescita di questa squadra per tentare di raggiungere traguardi importanti e forse importantissimi.

Alcuni segnali, forse, ci dicono che i dirigenti del Lione stanno prendendo la strada meno scontata. Le ripetute offerte del Napoli per Gonalons sono state incredibilmente rifiutate e il nuovo stadio permetterà al Lione di avere basi finanziarie ancora più solide in futuro. Ma la vera partita inizierà a giocarsi quest’estate, quando il Lione dovrà avere la forza di rifiutare decine di milioni di euro che inizieranno a piovere su Lacazette e Fekir da tutta Europa.

In mezzo al bivio c’è un allenatore, Hubert Fournier, che dovrà far capire che se si vuole ambire a qualcosa di più delle plusvalenze agostane certi giocatori non sono sostituibili. E per fare ciò dovrà dimostrare con i risultati che a non essere sostituibili sono anche certi allenatori.

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