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Non abbiamo ancora visto la Juve migliore
18 ott 2016
E non è una buona notizia per le sue avversarie.
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Questo articolo è stato realizzato in collaborazione con NOW TV.

Nell’ottavo turno dello scorso campionato, il pareggio esterno per 0-0 contro l’Inter portava la Juve, con 9 punti, al quattordicesimo posto in classifica, a 9 punti dalla Fiorentina capolista. Oggi, invece, la Juventus ha vinto 7 delle 8 partite di campionato disputate e guarda tutti dall'alto in basso con 5 punti di vantaggio su Roma e Milan seconde. Partiamo quindi da un dato: nessuno in Europa è partito meglio della Juve in campionato.

Le statistiche avanzate sembrano confermare l’ottimo inizio di stagione della Juventus: i bianconeri in otto partite hanno prodotto 16.2 expected goal (secondo posto in serie A dietro la Roma, 19.5), contro soli 2.8 expected goal subiti (expGa) e hanno di gran lunga la migliore differenza tra expG fatti e subiti. Se i gol fatti sono più o meno in accordo con quelli statisticamente pronosticabili, i 5 gol subiti, che assegnano alla Juve il titolo di difesa meno battuta della serie A, sono addirittura di più degli expGa. Oltretutto dei 5 gol subiti, ben 3 sono stati originati da calcio d’angolo, una situazione tattica difensiva che per la sua prevedibilità e staticità è facilmente allenabile e migliorabile, e 2, quello di Perisic contro l’Inter e quello di Jantko contro l’Udinese, nati da palle perse a ridosso della propria area.

È un inizio di stagione profondamente diverso da quello passato e, almeno in campionato, i bianconeri sembrano rispettare i pronostici di dominio formulati ad inizio stagione. Ma si può già parlare di marcia trionfale? La Juventus 2016-17 è davvero priva di difetti?

La Juventus cambia senza cambiare

Alla rivoluzione dell'estate precedente, con le cessioni di Pirlo, Vidal, Tevez e Llorente e gli acquisti di Khedira, Dybala, Mandzukic, Alex Sandro e Cuadrado è seguito, anche quest’anno, un profondo rinnovamento. Sono arrivati Dani Alves, Pjanic e Higuain mentre sono partiti Pogba, Morata, Pereyra e Zaza.

Se il cuore della difesa è rimasto immutato, più avanti la Juventus si è trasformata profondamente. Fatta eccezione per Marchisio, Lichtsteiner ed Evra, il centrocampo e l’attacco dei bianconeri sono totalmente cambiati rispetto a soli due anni fa.

Nonostante questo il modulo di gioco di riferimento è sempre il 3-5-2 e la narrazione delle caratteristiche tattiche della squadra appare immutato.

Ma è possibile che cambiando Vidal con Khedira la Juventus abbia le medesime capacità di interdizione? Che sostituendo Pjanic con Pogba i bianconeri abbiano lo stesso dominio fisico su 100 metri di campo? Che inserendo Dani Alves e Alex Sandro al posto di Lichtsteiner e Evra non ci sia un netto cambiamento tecnico e tattico sugli esterni? Che Higuain e Dybala possano giocare come Tevez e Morata?

Massimiliano Allegri è un allenatore che costruisce la sua squadra partendo dal basso, cercando di trovare le migliori connessioni tecniche e tattiche possibili tra i suoi calciatori. Preferisce un calcio basato sulle capacità tecniche dei propri giocatori e sulla gestione dei momenti tattici delle gare ma, all’interno dei princìpi del proprio gioco, le soluzione puntuali sono frutto delle intese spaziali, temporali e tecniche dei suoi calciatori. In un’intervista a Repubblica dell’anno scorso Allegri, rispondendo a una domanda su quanto importante fossero gli schemi offensivi, aveva affermato: «Poco, nulla. Devo ancora trovare quello che mi spiega l'utilità di uno schema. Lo sa che durante gli allenamenti spesso non riusciamo a far gol nemmeno nel cosiddetto undici contro zero, giocando cioè contro sagome di plastica? La media di realizzazione oscilla appena tra il trenta e il cinquanta per cento».

Proprio in virtù dei grossi cambiamenti apportati nella rosa e alla modalità di costruzione dell’identità tattica da parte di Allegri è lecito immaginare una Juventus diversa da quella vista negli ultimi due anni.

Al termine della partita contro il Sassuolo per 3-1 in cui la Juve aveva dominato, segnando tre gol nella prima mezz’ora per poi subire il gol della bandiera degli emiliani sugli sviluppi di un calcio d’angolo, Allegri si era lamentato dell’atteggiamento complessivo della sua squadra a vantaggio acquisito, troppo orientato alla ricerca di ulteriori gol e poco attento alla fase di non possesso, sebbene i numeri delle statistiche avanzate avessero in realtà certificato rischi non eccessivi per la Juventus (3.3 expG vs 0.6 expGa).

Lo stesso Allegri, parlando dopo Juventus-Cagliari vinta per 4-0, affermava che i nuovi arrivati erano portati, per qualità tecnica, ad andare sempre avanti ad attaccare.

Infine, dopo la partita contro di coppa contro il Siviglia, pareggiata in casa per 0-0, Giorgio Chiellini, in un’intervista su La Stampa, dichiarava che la Juventus deve vincere 1-0 o 2-0 visto che non sarà mai come il Real Madrid o il Milan di Ronaldinho, abituati a vincere 6-2, e anche in vantaggio di un paio di gol la Juve non può permettersi di subire gol perché rischia di sopravvenire la paura.

Viste in controluce, se le dichiarazioni di Allegri e Chiellini possono essere una certificazione di ciò che rende speciale la Juventus, dall’altra testimoniano una resistenza al cambiamento quasi ossessiva.

Come al solito, Massimiliano Allegri in questo inizio di stagione ha ruotato molto i propri uomini alla ricerca sia della forma migliore che dall'alchimia perfetta.

L’estrema variabilità tattica e di uomini è stata mostrata anche nell’ultima partita di campionato giocata contro l’Udinese. Allegri ha giocato il primo tempo con il suo consueto e flessibile 3-5-2, inserendo però Lichtsteiner, terzo di destra in difesa, e Alex Sandro, mezzala sinistra, in ruoli non abituali; nel secondo tempo è quindi passato al 3-4-3 in fase di possesso, con Lichtsteiner e Alex Sandro esterni, Evra terzo di sinistra e Dybala e Cuadrado ai fianchi di Mandzukic e al 3-5-2 in fase difensiva con Cuadrado che scalava in posizione di mezzala sinistra.

Il 3-4-3 della Juventus nel secondo tempo contro l’Udinese.

Impermeabile

La Juventus 2016-17 continua a essere una squadra estremamente solida. Il basso numero di expGa lo testimonia; la Juve ha l’incredibile media di solo 6.9 tiri (la migliore in Europa) e di 2.1 tiri nello specchio subiti per 90 minuti.

I principi regolatori della fase difensiva 2016-17 sono per lo più analoghi a quelli della passata stagione: la squadra di Allegri alterna fasi di pressione alta a momenti più frequenti di difesa posizionale interamente schierata nella propria metà campo. Il pressing è fortemente orientato sull'uomo; ad esempio contro squadre schierate con un centrocampo a 3, una mezzala esce sul vertice basso mentre gli altri due centrocampisti marcano a uomo gli intermedi avversari.

La Juve difende regolandosi sulla posizione degli avversari: Pjanic prende il mediano Magnanelli, mentre Lemina e Khedira si occupano delle mezzali avversarie; Chiellini non si preoccupa di disordinare la linea seguendo alto il suo diretto avversario Politano.

In difesa posizionale la Juve può transitare dal 3-5-2 al 4-4-2 allineando solo uno degli esterni, più frequentemente quello di sinistra, con i difensori. È un sistema difensivo in cui i canonici riferimenti della squadra in non possesso (posizione della palla, porta, compagni e avversari) sono meno determinanti nella definizione dei movimenti e che per questo richiede elevate capacità di riconoscimento e interpretazione delle varie situazioni tattiche. Quello che è evidente è che Pjanic e Dani Alves sono meno efficaci in difesa posizionale di Lichtsteiner e Pogba e difendono meglio quando possono farlo correndo in avanti. Eppure, nelle prime 8 partite di campionato i principali indici difensivi della squadra sono ottimi, al netto degli scricchiolii talvolta notati da Allegri, e ciò è in gran parte merito della linea difensiva dei bianconeri, sempre tremendamente efficace.

Il 4-4-2 visto a Palermo dopo la sostituzione di Rugani, infortunato, con Cuadrado.

I dubbi sulla fase offensiva

Anche la produzione offensiva della Juventus viaggia su ritmi elevatissimi. Gli expG per partita sono più di 2 e in tre occasioni, contro Empoli, Sassuolo e Cagliari, i gol attesi sono stati più di 3. Solo contro Palermo (0.97) e Lazio (0.7) la Juve ha generato meno di un expG, portando comunque a casa la partita per 1-0.

Eppure, pur dominando in quasi tutte le partite, la fase offensiva mostrata nelle partite più complesse – Lazio e Inter in trasferta e Siviglia in Champions League – ha generato qualche dubbio.

La Juve ha mostrato i maggiori impacci contro squadre che hanno pressato alto e difeso il centro del campo. Il Siviglia di Sampaoli, schierato con il 4-3-3, ha scelto di pressare i bianconeri con i tre uomini offensivi sul trio difensivo, i centrocampisti a uomo sui tre centrocampisti bianconeri, lasciando solamente un po’ di tempo per la ricezione agli esterni su cui uscivano, partendo dalla linea arretrata, i terzini. Lo sbocco naturale e più semplice della costruzione bassa era quindi esclusivamente quello verso gli esterni, ma c’era poi difficoltà a riguadagnare il centro del campo e la manovra era costretta a ripartire da dietro troppo spesso, disegnando più volte una circolazione “a U”. In maniera analoga, l’Inter ha pressato con Icardi, Eder e Candreva; a loro si è aggiunto Banega sul mediano Pjanic, bloccando completamente il rombo di costruzione della Juventus e costringendo ancora i bianconeri a una circolazione di palla perimetrale.

Il pressing del Siviglia sui tre difensori e la protezione del centro del campo.

In entrambi i casi, e in altre situazioni tattiche analoghe, sono mancati alla Juventus i meccanismi necessari per sfruttare il fatto di avere attirato in zone profonde tanti giocatori avversari in pressione. L’assenza di un vero costruttore di gioco in posizione centrale (Lemina contro il Siviglia, l’esperimento Pjanic contro l’Inter) ha influito sulla qualità della risalita del pallone, sia per carenze nella distribuzione del gioco sotto pressione (Lemina) sia per l’incapacità di entrambi i giocatori di smarcarsi efficacemente per ricevere il pallone. Gran parte della possibilità di risalire il campo era quindi affidata alla capacità individuale degli esterni di superare in dribbling il proprio avversario e a condurre palla. In quest'ottica il contributo di Alex Sandro è stato fondamentale.

In zone più avanzate lo scaglionamento degli uomini in fase di possesso non è stato sempre convincente e i frequenti cambi di formazione hanno tolto punti di riferimento alla manovra della squadra.

Sulla fascia destra, ad esempio, la presenza di Dani Alves modifica radicalmente i comportamenti tattici rispetto a quando da quel lato vengono impiegati Lichtsteiner o Cuadrado. Pur con caratteristiche diverse, lo svizzero e il colombiano sono giocatori che amano giocare coi piedi sulla linea laterale e muoversi in verticale sia con la palla che senza. Invece il terzino brasiliano ama entrare dentro il campo a fungere da catalizzatore di gioco e da regista occulto. È chiaro che per un’ottimale distribuzione degli uomini in campo, i movimenti attorno a Dani Alves debbano necessariamente essere diversi da quelli effettuati in assenza dell’ex Barcellona. Sulla traccia interna dell’esterno è quindi opportuno che un compagno si apra a garantire l’ampiezza e che venga creato spazio al centro del campo per le ricezioni del brasiliano. È una cosa importante sia per la fluidità della manovra offensiva che, in previsione della perdita del pallone, per un posizionamento adatto a un’efficace transizione difensiva. Pur essendosi già dimostrata una buona arma offensiva, l’estrema variabilità delle tracce di Dani Alves non è sempre stata accompagnata dagli opportuni movimenti dei compagni; la conseguenza è stata talvolta l’intasamento degli spazi e una manovra ingolfata.

Dani Alves si abbassa in una posizione già occupata da Rugani. Non certo i migliori movimenti per facilitare una fluida circolazione del pallone.

In maniera analoga, la diversa interpretazione del ruolo di mezzala sinistra dei giocatori più impegnati nel ruolo, Pjanic e Asamoah, ha originato sviluppi e strutture posizionali diverse della manovra offensiva. Asamoah, impiegato ad inizio stagione e nelle due difficili gare contro Siviglia e Inter, si muove su tracce interno-esterno, creando sovrapposizioni con l'esterno del lato, e in maniera verticale cercando di attaccare il lato debole alle spalle del centravanti. Miralem Pjanic interpreta il ruolo in maniera più varia, abbassandosi a ricevere palla, alzandosi in posizione di vero e proprio trequartista e creando superiorità numerica in zona palla, senza trascurare inserimenti profondi in area di rigore.

Anche in questo caso i movimenti attorno ai due giocatori devono necessariamente adattarsi alle diverse tracce percorse dai due calciatori. Particolarmente interessanti in questo caso sono le connessioni con l'esterno di riferimento e con Paulo Dybala. La presenza in campo di Alex Sandro garantisce alla Juventus una presenza costante sull'intera fascia sinistra in entrambe le fasi di gioco e, con lui in campo in campo, spesso i movimenti verso l'esterno di Asamoah sono sembrati ridondanti. In coppia con Evra, meno capace di Alex Sandro di occupare la profondità, l'ampiezza fornita da Asamoah è stata invece importante per equilibrare lo schieramento.

Ancora differente è anche l’interazione della mezzala sinistra con Paulo Dybala. La zona in cui l'ex Palermo ama gravitare è quella di centrodestra, da dove può utilizzare il piede mancino per inclinare il gioco verso la porta. Ad approfittare con continuità dello spazio creato da Dybala è la mezzala del lato Sami Khedira, che trova il campo svuotato necessario ai suoi profondissimi inserimenti. Sul lato opposto Asamoah può diventare il terminale di ricezione profonde, ma il rischio è quello di isolare Dybala sulla trequarti e di caricare solo sulle sue spalle la fase di rifinitura. Pjanic riesce invece a dialogare e a connettersi meglio con l’argentino fornendogli sostegno, dividendo gli oneri della creazione di gioco alle spalle del centravanti ed equilibrando la struttura posizionale della squadra.

Lemina e Pjanic si avvicinano entrambi a Bonucci, lungo la stessa direttrice, per ricevere il pallone. Anche in questo caso la fluidità della manovra ne risente pesantemente.

In zona ancora più avanzata la Juventus sembra davvero non potere fare a meno del raccordo tra i reparti fornito da Paulo Dybala. È però fondamentale che la squadra trovi direttrici di gioco nell’ultimo terzo di campo che non coinvolgano in maniera esclusiva e indispensabile l’argentino, per non isolarlo e costringerlo sempre più lontano dall’area avversaria.

Davanti il contributo di Higuain in termini realizzativi è già fondamentale. I suoi expG sono 3.1, una media di 0.66 expG ogni 90 minuti e di 0.13 expG per ogni tiro. L’efficienza, cioè il numero di gol reali rapportati a quelli attesi, è elevatissima e pari a 1.91 e il rapporto di conversione (numero di goal/numero di tiri) pari a 0.25.

La possibile evoluzione

Partendo dal 3-5-2 come modulo di riferimento la Juventus, oltre a esibire la sua ormai solita fluidità in campo e ruotando gli uomini, ha già mostrato per spezzoni di partita diversi moduli, schierandosi con il 4-4-2, il 3-4-3 e il 4-2-3-1.

Più che i moduli, però, è interessante analizzare i macroprincipi di gioco che regolano il comportamento dei giocatori in campo. Guardando le cose da questa prospettiva, la Juventus 2016-17 non sembra particolarmente diversa da quella passata.

A dispetto dell’inserimento di tanti nuovi giocatori pare non avere cambiato il modo di difendersi dagli attacchi avversari. Nonostante il diverso contributo possibile dei nuovi arrivi Dani Alves, Pjanic e, perché no, Higuain, il cui contributo difensivo è necessariamente minore di quello fornito da Mandzukic, la difesa posizionale rimane l’assetto di riferimento per la fase di non possesso palla. A testimoniarlo l’altezza media del recupero palla, rimasta invariata rispetto alla scorsa stagione (37 metri); il baricentro è arretrato di un metro (da 48.2 metri a 47.2 metri) e pertanto l’altezza della squadra in campo è pressoché invariata e presumibilmente le azioni offensive partono più o meno dalle stesse zone di campo. Anche il dato sul possesso palla è immutato rispetto alla passata stagione (54.6% oggi, 54.9% nel 2015/16), segno che la Juventus non sta utilizzando più dell’anno scorso il possesso come strumento difensivo.

Nonostante l’ottimo cammino in campionato, e le eccellenti statistiche, un’analisi puntuale delle prestazioni mostra che la Juventus ha ancora parecchi margini di miglioramento.

Da un punto di vista degli uomini da schierare in campo, il ritorno di Marchisio sembra potere essere ancora una volta fondamentale: permetterà di alzare la qualità della costruzione e al contempo di equilibrare la fase difensiva e le transizioni negative della squadra. La maggiore conoscenza reciproca tra i calciatori può migliorare la fluidità della manovra offensiva, migliorando scaglionamento in campo, spaziature e tempi di gioco e, come spesso capitato nelle squadre di Allegri, migliorare ulteriormente il rendimento della squadra con l’avanzare della stagione.

In ottica Champions League, per competere ai massimi livelli, è importante tenere sempre elevata la qualità degli uomini in campo. Per questo il pieno inserimento nel gioco di Miralem Pjanic sembra essere fondamentale.

In maniera abbastanza singolare nelle tre partite forse più complesse della stagione, quelle in cui la Juve ha mostrato le maggiori difficoltà offensive - contro Lazio e Inter e Siviglia - Higuain non è partito titolare e Pjanic è stato presente nell’undici di partenza solo contro l'Inter, in posizione di mediano davanti la difesa.

Se il contributo di Higuain alla causa offensiva della Juve è lampante, quello di Pjanic è forse sottovalutato, anche nella prospettiva di quanto potrà migliorare la Juventus. Il bosniaco può aumentare la brillantezza nell’ultimo terzo di campo, supportando Dybala e liberandolo da un eccesso di compiti di raccordo.

La zona di ricezione, nel cuore del centrocampo avversario, e il tocco di prima che libera al tiro Khedira, rendono Pjanic l’unico centrocampista della Juventus in grado di supportare e sostituire Dybala in fase di rifinitura.

I problemi di equilibrio e la tendenza a muoversi in avanti evocati da Allegri, potrebbero essere risolti aumentando le fasi di pressing avanzato e le transizioni difensive aggressive, riducendo contestualmente le fasi di difesa posizionale. Khedira e Pjanic sono due centrocampisti che tendono a difendere in avanti e hanno invece maggiori difficoltà a controllare il gioco alle loro spalle, caratteristiche simili a Dani Alves. Se da una parte è necessario non rinunciare alla qualità dei giocatori, dall’altra potrebbe essere utile variare la miscela di pressing offensivo e ripiegamento compatto nella propria metà campo a vantaggio del primo ingrediente, difendendo di più in avanti e accettando, in zona arretrata, più situazioni difensive in campo aperto. Anche l’utilizzo del possesso palla potrebbe migliorare in prospettiva, soprattutto considerando le qualità tecniche dei giocatori a disposizione.

La Juventus 2016-17, insomma, non è ancora al massimo del suo potenziale e Allegri è ancora al lavoro per trarre il meglio dalla propria rosa. Eppure, nonostante tutto, ha vinto 7 partite su 8 in campionato e la Serie A sta già sperimentando il suo dominio. Per le avversarie, invece, nessuna buona notizia.

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