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Non proprio una Cenerentola
05 apr 2016
Il Benfica può essere la sorpresa di questi quarti? La sua organizzazione basterà per battere il Bayern?
(articolo)
12 min
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L'ultima volta che il Benfica ha raggiunto i quarti di finale di Champions League è stata appena quattro anni fa: di quella squadra, però, sono rimasti solo tre giocatori. Gaitán, Luisão e Jardel. Ovvero: la stella, il capitano e uno dei pilastri difensivi. Gli “Encarnados” persero 3-1 nel doppio confronto con il Chelsea di Di Matteo futuro campione, Gaitán giocò sia all’andata che al ritorno, Luisão e Jardel soltanto la prima partita al da Luz (poi, con il Chelsea, persero di nuovo l'anno successivo in finale di Europa League, con Benítez in panchina).

In 4 anni la squadra è radicalmente cambiata, ma non è una sorpresa: il Benfica è da tempo uno dei protagonisti principali del calciomercato, soprattutto per la collaborazione con il fondo di investimento più conosciuto nel mondo del calcio, Doyen Sports, e per lo stretto rapporto con il procuratore più potente del mondo, Jorge Mendes. La lista dei giocatori passati al Benfica è impressionante: tra gli altri, Di María, Fábio Coentrão, David Luiz, Matic, Ramires, Witsel, Markovic, Enzo Pérez, Rodrigo, André Gomes.

Il cambiamento più importante della scorsa estate, però, ha riguardato la panchina. Jorge Jesus, l’allenatore che ha riportato il Benfica al vertice del calcio portoghese interrompendo il dominio del Porto, ha deciso di firmare con lo Sporting Lisbona, la terza “grande” del Portogallo e storica rivale dei “benfiquistas”. Sono seguite: le minacce di morte da parte dei suoi ex tifosi, l’intervento della polizia che l’ha messo sotto scorta, una causa intentata dal Benfica che l’ha accusato di aver risolto unilateralmente il contratto.

Nonostante abbia ereditato una squadra capace di vincere campionato e Coppa di lega nella passata stagione, Rui Vitória, successore di Jorge Jesus sulla panchina del Benfica e al primo grande incarico della carriera, si è trovato ad affrontare una situazione molto complicata. A quasi 46 anni, Rui Vitória deve la propria fama soprattutto alla Coppa di Portogallo conquistata nel 2013 con il Vitória Guimarães, la prima nella storia di questo piccolo club, sulla cui panchina è rimasto 4 anni prima del grande salto. In finale batté proprio il Benfica, nella stagione in cui gli “Encarnados” arrivarono a giocarsi fino all’ultimo campionato, coppa nazionale ed Europa League... senza però portare a casa nessun trofeo (la storia della maledizione di Béla Guttmann è conosciuta e non c'è bisogno che la ripeta).

Squadra che vince non si cambia

Al nuovo allenatore è stata affidata una squadra non molto diversa rispetto alla seconda metà della scorsa stagione, almeno nel blocco dei titolari. Rispetto all’undici tipo di Jorge Jesus sono andati via il centravanti Lima e il terzino destro Maxi Pereira: al loro posto Raúl Jiménez e Mitroglou che si alternano nel ruolo di centravanti lasciato libero da Lima, mentre in difesa si è scelto di puntare su Nélson Semedo, promosso dalla squadra B.

Rui Vitória si è dimostrato conservativo nella scelta del modello di gioco e se non fosse per alcuni dettagli non ci si accorgerebbe che il Benfica ha un nuovo allenatore. Il modulo è rimasto lo stesso (4-4-2) e i principi di gioco sono pressoché identici. Le scelte più importanti hanno riguardato il centrocampo, a causa del grave infortunio al ginocchio del “Toto” Salvio, ala destra e punto fermo di Jorge Jesus. Dopo aver dato fiducia a Gonçalo Guedes (classe ’96), Rui Vitória ha trovato l’equilibrio allargando Pizzi sulla fascia, lanciando al suo posto in mezzo al campo Renato Sanches (classe ’97) che ha già esordito con il Portogallo ed è seguito da mezza Europa. Si dice che abbia una clausola di 80 milioni di euro e che il Benfica abbia già rifiutato un’offerta da 40 milioni. Non ci sarà da stupirsi, allora, se sarà il prossimo nome sulla lista dei giocatori valorizzati e poi venduti per cifre a 7 zeri dagli “Encarnados”.

L’altro grave infortunio che ha condizionato la stagione del Benfica ha riguardato il capitano Luisão, che si è rotto l’avambraccio a novembre e non è più sceso in campo. Per sostituirlo si sono dati il cambio Lisandro López e poi Lindelöf e, quando anche il primo si è infortunato, è rimasto solo il centrale svedese, anche lui proveniente dalla squadra B.

Con la palla

L’interpretazione del ruolo di difensore centrale è una delle chiavi del gioco del Benfica. Tocca a loro innescare la manovra offensiva, spesso nel modo più semplice, allargando verso il terzino. All’occorrenza, però, devono saper verticalizzare oltre la prima linea di pressing avversaria o lanciare direttamente sulle punte. Devono quindi avere una buona precisione nei passaggi, ma anche la personalità per avanzare palla al piede se hanno spazio per farlo.

L’avanzata palla al piede di Lindelöf che dà il via all’azione del gol di Mitroglou contro il Porto.

L’azione tipica del Benfica non prevede solitamente un passaggio al centro del campo, che anzi viene spesso occupato da un solo giocatore, senza grosse responsabilità nell’impostazione della manovra. L’altro centrocampista, infatti, si abbassa in linea con i difensori per iniziare l’azione, sia scendendo in mezzo ai due compagni che allargandosi a occupare lo spazio lasciato libero dal terzino. Non c’è un solo movimento predefinito, ma un set di movimenti che permette alla squadra di adattarsi alle diverse linee di pressing avversarie.

La disposizione della squadra, poi, cambia a seconda dell’altezza a cui viene portato il pressing avversario: se è nei pressi della propria area di rigore, il Benfica si schiera in una sorta di 3-3-4 con i terzini in linea con il mediano e gli esterni sulla loro verticale per fornire una via d’uscita sulla fascia; se è nei pressi del centrocampo i terzini si alzano consentendo agli esterni di entrare dentro il campo. Può capitare però che siano gli stessi terzini a stringersi e a rimanere bloccati per favorire l’impostazione dal basso dell’azione.

Chiaramente dipende anche dalle caratteristiche dei giocatori scelti da Rui Vitória: una delle qualità più interessanti del Benfica è l’intercambiabilità delle posizioni tra i vari giocatori.

André Almeida può giocare da interno di centrocampo o da terzino destro, Pizzi può occupare tutti i ruoli del centrocampo a 4, gli esterni possono giocare a destra o a sinistra, Samaris può giocare a centrocampo o da difensore centrale, Talisca praticamente in tutti i ruoli dal centrocampo in su.

Così, in fase offensiva le posizioni sono molto fluide, pur all’interno di un sistema che prevede l’occupazione di determinati spazi, in cui almeno un giocatore deve fornire ampiezza e un altro deve muoversi negli spazi intermedi tra le linee per consentire lo sviluppo in verticale dell’azione.

Solitamente sono gli esterni ad accentrarsi e a occupare quegli spazi, ma anche gli attaccanti spesso si trovano in quelle zone. Se Mitroglou e Raúl Jiménez fanno soprattutto da riferimento per giocare di sponda, il contributo di Jonas è più vario e proficuo: il brasiliano si muove tra le linee come un trequartista, fornisce costantemente una linea di passaggio per favorire lo sviluppo della manovra e ha la tecnica per girarsi rapidamente, puntare la porta o rifinire l’azione. In campionato ha segnato 30 gol e fornito 11 assist in 28 presenze: giusto per dare una misura della sua importanza.

Assist da trequartista.

Da sottolineare il fatto che, pur trovandosi spesso nelle zone centrali del campo, gli esterni non vengono schierati a piede invertito, al netto dei classici cambi di fascia che Rui Vitória, come quasi tutti gli allenatori, chiede ai suoi giocatori durante le partite. Gaitán, un mancino, gioca a sinistra, Guedes e Pizzi, entrambi destri, si sono alternati sulla fascia opposta. In questo modo si favorisce l’alternanza di movimenti e lo scambio di posizioni: gli esterni possono accentrarsi o restare larghi, lasciando lo spazio tra le linee a un compagno.

Il Benfica cerca spesso di arrivare al cross, visto che costruisce preferibilmente l’azione sulle fasce. Chiaramente influisce il fatto che in quelle zone giochi la stella della squadra, Nico Gaitán. Un po’ ala un po’ numero 10, l’argentino è il giocatore più importante in fase offensiva, risultando spesso l’anello di congiunzione tra la fase di costruzione e quella di rifinitura. Può disorganizzare le difese avversarie in dribbling palla al piede o combinando con i compagni. Si trova alla grande con Jonas e insieme possono fare questo tipo di cose:

Colpo di tacco, esterno sulla corsa e pallonetto per evitare la scivolata del difensore. Intesa discreta.

Il giocatore fuori dagli schemi, invece, è Renato Sanches. In un certo senso rappresenta un bug del sistema: gioca in un ruolo delicato, centrocampista centrale, ma non è un gran creatore di gioco e anzi ama portare palla e puntare spesso l’avversario diretto, prendendosi rischi enormi in rapporto alla sua posizione in campo.

Ha un’agilità e una reattività fuori dal comune ed è in grado di strappi palla al piede di 50-60 metri. Ha movimenti peculiari, elettrici, che danno la sensazione di avere a che fare con un capoeirista prestato al calcio. Di sicuro ha il tiro da fuori dei grandi giocatori.

Sinceramente ho visto primi gol da professionista più brutti di questo.

Il Benfica, in ogni caso, è una squadra molto razionale nei suoi attacchi, attenta a non sbilanciarsi. Il centrocampista che si abbassa sulla linea difensiva per iniziare l’azione di solito resta a protezione della difesa, i terzini sono intelligenti nel capire quando dare sostegno alla manovra e quando restare in copertura e quello che non viene coinvolto nell’azione solitamente si stringe e resta vicino ai centrali.

Senza palla

Il 4-4-2 consente di coprire bene il campo e di alternare senza particolari aggiustamenti fasi di attesa e di pressing. Solitamente la squadra di Rui Vitória sfrutta la protezione centrale garantita dal modulo per attirare gli avversari sulle fasce e intrappolarli scalando in maniera puntuale e compatta.

Da sottolineare l’atteggiamento della linea difensiva, mai passivo, anche quando viene puntata in campo aperto. Pur non avendo centrali veloci il Benfica difende ben distante dall’area di rigore: la linea difensiva è precisa nei movimenti e cerca sempre di difendere in avanti, accorciando sul centrocampo e utilizzando di frequente la tattica del fuorigioco. Se è costretta a retrocedere, allora è attenta a non portare gli avversari troppo vicini alla porta: in quel caso la linea di confine dell’area di rigore diventa il termine ultimo per fermarsi e affrontare l’avversario. I risultati raggiunti sono ottimi: cambiando spesso gli interpreti la difesa riesce comunque a mantenere una buona sincronia e a muoversi compatta.

Nella gara decisiva per conquistare i quarti di finale di Champions, a San Pietroburgo contro lo Zenit, Rui Vitória non aveva a disposizione i due leader, Luisão e Jardel, e nemmeno la prima riserva nel ruolo di difensore centrale, Lisandro López. Si è giocato la qualificazione con la coppia formata da Samaris, in teoria centrocampista, e Lindelöf (che è rimasto nella squadra B fino a dicembre ed era e alla seconda presenza in Champions). Il Benfica è riuscito lo stesso a contenere lo Zenit, che ha tirato solo 4 volte in porta.

Ovviamente è un modo di difendere che ha i suoi punti deboli, specie sull’assorbimento degli inserimenti da dietro (il principale riferimento in fase difensiva è la palla: seguire contemporaneamente l’avversario in corsa è difficile) e in generale le giocate alle spalle della difesa se l’allineamento non è perfetto: non ci sono centrali abbastanza veloci per recuperare. Oltretutto non sempre i due centrocampisti centrali riescono a garantire la giusta protezione. Renato Sanches a volte è troppo passivo, specie se deve ripiegare, e sia Samaris che Fejsa tendono a schiacciarsi sulla difesa, concedendo spazi al limite dell’area.

Come la Juve?

Curiosamente, l’andamento della stagione del Benfica è stato simile a quello della Juventus, l’altro avversario affrontato dal Bayern Monaco nella fase a eliminazione diretta. In campionato, dopo 3 sconfitte nelle prime 7 giornate, gli “Encarnados” hanno vinto 19 delle successive 21 partite, perdendo soltanto contro il Porto e pareggiando con l’União Madeira. Hanno rimontato fino al primo posto e puntano al terzo titolo consecutivo, il 35esimo della loro gloriosa storia. In Champions, invece, così come i bianconeri, non sono riusciti a difendere il primo posto nel girone perdendo contro l’Atlético Madrid nell’ultima giornata.

Al di là di queste coincidenze, il Benfica sarà in grado di replicare le due partite giocate dalla Juve contro il Bayern Monaco? Difficile, anzitutto perché la qualità complessiva è inferiore rispetto ai bianconeri. Ma, anche se la squadra di Rui Vitória non è all'altezza della Juventus neanche sul piano della solidità difensiva, potrebbe prenderne comunque ispirazione cominciando con il replicare il pressing juventino sull’impostazione bassa del Bayern visto all’Allianz Arena. Non solo la Juve si era schierata con una sorta di 4-4-2, ma il Benfica di suo è abituato a difendere alto, accorciando in avanti. Certo, servirà coraggio e il fatto di giocare la prima partita a Monaco probabilmente non è la situazione ideale per metterlo in pratica.

Il Benfica affronterà due partite che non è abituato a giocare, ma non è detto che sia uno svantaggio. Pur tenendo quasi sempre il pallone più degli avversari, vista la qualità medio-bassa del campionato portoghese, quella di Rui Vitória è soprattutto una squadra verticale, che potrebbe approfittare degli spazi che il Bayern concederà. Per prima cosa, però, dovrà risolvere il problema di come difendersi dall’armata di Pep Guardiola.

E un’indicazione in tal proposito potrebbe essere arrivata dalla partita di ritorno contro lo Zenit.

Un blocco di 6 giocatori a difendere il centro del campo, gli esterni e i terzini molto vicini per raddoppiare sulle fasce. Da notare come lo Zenit sia momentaneamente schierato con una sorta di 2-3-5 che ricorda la disposizione offensiva del Bayern Monaco.

Rui Vitória non ha mai cambiato modulo e sarebbe una sorpresa se lo facesse in una partita così importante, passando alla difesa a 5, la soluzione cioè che fin qui è sembrata la più efficace per arginare il Bayern. Lo schieramento mostrato qui sopra potrebbe essere allora un buon compromesso, per la protezione che garantisce in zona centrale e la possibilità di non lasciare il terzino nell’uno contro uno contro l’esterno del Bayern, nei frequenti cambi di gioco che la squadra di Guardiola è solita effettuare.

Il problema di avere gli esterni troppo bassi per essere coinvolti nei contropiedi potrebbe essere in parte compensato da Renato Sanches e dalle sue corse palla al piede.

Nelle ultime 5 stagioni gli “Encarnados” hanno giocato due volte la finale di Europa League e per due volte sono arrivati ai quarti di Champions. Compiere l’impresa di eliminare il Bayern sarebbe qualcosa di più della conferma della solidità di un club capace di mantenersi ad alti livelli nonostante i continui cambiamenti. Il Benfica parte sfavorito e probabilmente avrà bisogno di un mezzo miracolo per battere il Bayern di Monaco, ma le carte che ha a disposizione non sono poi così male per giocarsi la partita fino in fondo.

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