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La vittoria del Napoli non è solo il gran gol di Osimhen
24 ott 2022
Una prestazione solida ha gettato le basi della pesante vittoria dell'Olimpico.
(articolo)
7 min
(copertina)
Felice De Martino / IPA
(copertina) Felice De Martino / IPA
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Oltre che con tre punti pesantissimi, il Napoli torna dall'Olimpico con almeno due buone notizie. La prima, più ovvia, è che è riuscito a proseguire la striscia di imbattibilità e vittorie consecutive, tenendo a distanza il Milan in classifica. La seconda, meno visibile, è che ha vinto accettando una partita più scomoda del solito, per lo meno dal punto di vista offensivo. L’atteggiamento distruttivo della Roma non è stato certo una sorpresa, ma ormai non lo è più nemmeno la capacità del Napoli di trovare sempre una soluzione, che sia frutto di un lavoro strutturale, di una convergenza episodica o dell’affermazione di una delle sue grandi individualità.

La strategia della Roma in non possesso era pensata per togliere al Napoli la risalita attraverso il palleggio centrale, in particolar modo controllando da vicino Lobotka e limitando le ricezioni di Zielinski. Mourinho aveva però anche la necessità di tagliare fuori dal gioco Kvicha Kvaratskhelia, il giocatore più pericoloso e imprevedibile della squadra di Spalletti in questo avvio di campionato, nonché di maneggiare con cura il rientro da titolare di Osimhen dopo l’infortunio di inizio settembre. Per riuscirci, la Roma ha adottato un atteggiamento estremo e per questo interessante. È difficile rendere l’idea utilizzando i soliti numeri, ma forse la descrizione che più si avvicina alla struttura scelta da Mourinho è quella di un 4-1-4-1 asimmetrico con un forte orientamento sull’uomo in zona centrale.

Il pressing iniziava da Abraham, che rimaneva prevalentemente indirizzato sul centro-sinistra, fungendo da schermo in verticale e cercando di indirizzare Kim verso l’esterno. L’altro difensore centrale del Napoli, Juan Jesus, è stato invece per la maggior parte del tempo il riferimento di Zaniolo, il quale si posizionava tra il brasiliano e Olivera, avendo però anche il compito di abbassarsi per ricomporre la linea quando il pallone scivolava verso il lato opposto al suo, dove Spinazzola usciva in avanti verso Di Lorenzo (solo quando quest’ultimo stava per ricevere il pallone, solo per coprirlo e mai anticiparlo). Al centro, Pellegrini controllava Lobotka da vicino, mentre Camara prendeva in consegna Ndombele. Cristante rimaneva alle loro spalle dando copertura e assorbendo gli eventuali movimenti in avvicinamento di Zielinski.

Per la prima parte di gara, pur partendo da un baricentro a media altezza, la Roma è riuscita a volte a portare una pressione più aggressiva in avanti, sfruttando soprattutto i retropassaggi interlocutori e qualche piccolo errore tecnico del Napoli. Gli azzurri, che comunque non si sono fatti intimorire particolarmente, hanno avuto qualche difficoltà a creare occasioni pulite, cercando comunque di insistere nel risalire sfruttando la pressione a proprio favore. Il Napoli, dopo essere stato chiuso sulla fascia, cercava di risalire il campo giocando in diagonale, in particolar modo da destra con Di Lorenzo o Ndombele verso i movimenti incontro di Osimhen e Zielinski. Bisognava però giocare combinazioni ad alto coefficiente di difficoltà spalle alla porta, di prima e coordinandosi rapidamente con i movimenti in profondità di Lozano a completare il tutto. In questo senso, per buona parte della gara si sono visti i frutti del lavoro di Mourinho per quanto riguarda l’ultima linea: Karsdorp è rimasto generalmente molto basso data la presenza di Kvaratskhelia, che comunque è stato poco coinvolto principalmente a causa delle risalite tentate da destra della sua squadra; Ibanez scalava verso sinistra prendendo in consegna Lozano in maniera abbastanza aggressiva, seguendolo anche molto avanti, mentre Smalling doveva gestire Osimhen, contando sulla copertura di Mancini.

Da una parte è vero che questo tipo di partita ha tolto brillantezza offensiva al Napoli, che ha patito anche l’assenza di Zambo Anguissa, un giocatore che avrebbe contribuito a creare qualche distanza in più tra le linee in cui affondare con i suoi inserimenti. Però va detto che la Roma non ha ottenuto particolari benefici in termini di creazione di occasioni in ripartenza, fatta eccezione per un anticipo centrale di Camara su Ndombelé intorno all’ottavo minuto di gioco, trasformatosi poi in un debole tiro di Abraham. Col passare del tempo, le pressioni in avanti si sono fatte fisiologicamente più sporadiche, e il baricentro della Roma si è abbassato, dando al Napoli più tempo e spazio sul pallone in avvio di azione, oltre alla possibilità di attaccare in maniera più continuativa di posizione. Le velleità offensive della squadra di Mourinho, invece, si sono ridotte a qualche timido tentativo di ripartenza da dietro o verticalizzazioni lungolinea cercando Zaniolo, che fino all’ultimo minuto ha continuato ad arrampicarsi su ogni pallone che volava dalle sue parti. Per il resto, le costruzioni arrangiate da Rui Patricio e i suoi compagni sono state stroncate sul nascere da un atteggiamento difensivo interessante del Napoli.

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Con palla ai difensori della Roma, Osimhen, posizionato centralmente nei pressi di Cristante, aspettava la ricezione di uno tra Ibanez e Mancini, coordinandosi con Zielinski per controllare il centrocampista della Nazionale. Una volta che la palla arrivava ai due difensori laterali della Roma, Osimhen si muoveva da dentro a fuori ostruendo la linea di passaggio centrale, mentre l’esterno di parte del Napoli accorciava dalla fascia, rendendo rischioso l’appoggio verso Karsdorp o Spinazzola. In questo modo il difensore della Roma era invitato a incunearsi verso il centro col rischio di essere triplicato, verticalizzare con un lancio o scaricare sul portiere. La Roma, non essendo particolarmente incline alla manipolazione del pressing col palleggio, non è riuscita a orchestrare granché partendo da dietro, e anche se infine la trappola di pressing del Napoli non si è tradotta in enormi occasioni da gol, si può dire che abbia funzionato per lo meno quanto l’opposta strategia della Roma.

Progressivamente, il controllo del pallone e la creazione di opportunità di gioco all’interno della metà campo avversaria da parte del Napoli sono cresciute, per arrivare al loro apice circa dopo l’ora di gioco, anche per il graduale calo della Roma. Alla fine è stato Osimhen a sbloccare il punteggio con un gol eccezionale. Senza dubbio si tratta di un’affermazione di strapotere del numero 9 del Napoli, ma è anche interessante confrontare l'azione che lo ha messo in condizione di tirare in quel modo con un’altra, avvenuta circa dieci minuti prima del gol. Per la precisione al 69esimo.

Nella prima azione - immediatamente successiva a una bella incursione di Zaniolo, forse la migliore opportunità per la Roma di tutta la partita, anche se non ha portato al tiro - una palla recuperata da Zielinski al limite dell'area arriva a Lozano, che inizia a correre verso il centro. Osimhen apre la sua posizione portandosi sul “lato cieco” di Ibanez, probabilmente cercando di suggerire un filtrante per tagliare dentro, ma Lozano sceglie di servirlo appoggiando verso l’esterno. Questo attira Ibanez, che per intervenire sbilancia la sua corsa e lascia campo libero a Osimhen, che poi tira di poco a lato. Nell’azione del gol, invece, il Napoli costruisce da dietro e quando la palla arriva a Politano quest’ultimo serve il movimento di Osimhen in profondità. Questa volta la corsa di Osimhen è da dentro a fuori, ma anche in questo caso il posizionamento del centravanti nigeriano inganna il difensore avversario. In questo caso è Smalling che sbaglia l’intervento, ma in entrambi i casi le sbavature dei difensori della Roma sono forzate dal modo in cui Osimhen si porta fuori dal cono visivo dell'avversario e attacca lo spazio.

In definitiva, nell’arco della partita il Napoli si è dimostrato una squadra più pericolosa della Roma in termini di possibilità di azione, di versatilità offensiva. La Roma ha giocato una gara difensiva che per buona parte ha reso difficile il gioco offensivo del Napoli, ma che ha anche sacrificato quasi tutto il suo gioco con il pallone. La Roma, insomma, può maledire l'invenzione di Osimhen ma dovrebbe anche fare i conti con la sua avvilente sterilità offensiva.

Forse è proprio per questo motivo che Mourinho è stato particolarmente caustico nel post-partita, difendendo la prestazione giallorossa e dichiarando che la sua squadra non ha meritato di perdere. Per quanto sia comprensibile, contro questo Napoli, dare valore a una buona partita difensiva, l'allenatore portoghese dovrebbe però anche interrogarsi su una gara che ha visto la squadra giallorossa sostanzialmente impotente nella creazione di pericoli concreti per la porta di Meret. La Roma ha concluso la partita con zero tiri nello specchio.

Certo, questo non significa sottrarre dei meriti al Napoli. La squadra di Spalletti ha dimostrato un'altra volta una maturità offensiva eccezionale, riuscendo a sbagliare poco all’interno di una partita complicata nella ricerca dei soliti spazi e nello sfruttamento di alcuni dei suoi uomini chiave. È anche per la grande organizzazione del Napoli che la Roma ha avuto così poche opportunità. In questo senso, la grande giocata di Osimhen ha ricompensato la squadra di Spalletti dei suoi sforzi e delle sue idee.

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