Antonio Conte si è preso un mese e mezzo per ambientarsi al calcio inglese e preparare il terreno dove seminare le sue idee e i suoi princìpi di gioco; poi, dopo la sconfitta per 3-0 contro l’Arsenal ha deciso di dare una svolta, magari anticipando il raccolto, ma ottenendo lo stesso frutti decisamente buoni. Nelle ultime 5 partite il percorso del Chelsea è stato immacolato: 5 vittorie, miglior attacco – 16 gol segnati, più di 3 a partita in media – nessun gol subito. Una striscia vincente coincisa con il passaggio al 3-4-3, un cambio di modulo simbolico prima che pratico, perché ha segnato la rottura dei ponti con il recente passato e l’inizio definitivo dell’era Conte.
Sarebbe superficiale, comunque, ridurre l’eccellente periodo di forma del Chelsea al cambio di modulo: il nuovo sistema ha certamente migliorato il gioco dei “Blues”, ma i princìpi sono gli stessi di inizio stagione e alcuni degli accorgimenti tattici diventati sistematici dalla sfida con l’Hull City in poi erano già stati sperimentati nelle prime 6 giornate.
Prodromi della rivoluzione
La difesa a 5, ad esempio, si era vista nella disastrosa trasferta all’Emirates contro l’Arsenal: Willian scalava come quinto a destra in difesa per arginare la catena mancina dell’Arsenal, con il conseguente scivolamento di Ivanovic come centrale difensivo e quello di Azpilicueta come esterno sinistro. Una mossa pensata per non spingere Hazard troppo indietro all’inseguimento di Bellerín, che però non ha ottenuto gli effetti desiderati. Il 2-0 di Walcott è la rappresentazione plastica del fallimento del piano di Conte: il Chelsea difende a 5 dietro, ma è troppo passivo e i movimenti della linea difensiva sono poco coordinati. Azpilicueta si fa portare fuori posizione da Walcott, Hazard non segue Bellerín e lo spagnolo può ricevere comodamente il passaggio di Iwobi prima di servire a Walcott l’assist per un gol piuttosto semplice.
La linea difensiva a 3 in fase d’impostazione, un concetto chiave nel calcio di Conte, si era invece vista più volte con l’abbassamento di Kanté in mezzo a Terry e Cahill per favorire la circolazione bassa contro il primo pressing avversario. Lo schieramento che ne conseguiva ricalcava quello dell’ultimo mese: i terzini, (Ivanovic e Azpilicueta) potevano alzarsi per fornire ampiezza alla squadra in zone più profonde, le ali (Hazard e Willian) si stringevano al centro del campo, le mezzali (Matic e Oscar) formavano la coppia di centrocampisti davanti alla linea difensiva.
Kanté si abbassa in mezzo a Terry e Cahill, sulle fasce si formano le catene laterali tipiche del 3-4-3.
Anche quando Kanté non si abbassava in mezzo ai difensori centrali i riferimenti per lo sviluppo della manovra erano simili: il Chelsea puntava a risalire il campo grazie alle catene di fascia, occupando in ampiezza entrambi i lati del campo, un compito che a turno si dividevano le coppie ala-terzino; mentre il gioco al centro era piuttosto scarno, quasi sempre funzionale solo al cambio di fascia per cercare di arrivare sul fondo.
Pur partendo da un modulo diverso, quindi, l’occupazione degli spazi in campo e i princìpi di gioco non erano poi tanto lontani da quelli diventati abituali con il 3-4-3.
Cosa mancava?
E però c’erano ancora sacche di inefficienza che limitavano il potenziale della squadra. Semplificando: Conte era riuscito in poco tempo a trasmettere le proprie idee di gioco (costruzione dal basso, risalita del campo sfruttando le catene laterali, occupazione ragionata dell’area di rigore e degli spazi al limite per conquistare le seconde palle) e a lasciare il segno nella puntuale e rigorosa disposizione in campo, ma non nell’esecuzione e nella scelta degli uomini. Il Chelsea in campo era lo stesso dell’ultima vittoria in campionato nel 2015, solo con Kanté al posto di Fàbregas. Un compromesso che ha tenuto per le prime 3 giornate, coincise con 3 vittorie, ma che è stato smascherato non appena il livello delle avversarie si è alzato: le sconfitte consecutive contro il Liverpool e l’Arsenal sono state il segnale che il cambiamento doveva essere portato a un livello più profondo.
Allora Conte ha dato vita al Chelsea che probabilmente aveva in mente da questa estate, con gli acquisti di David Luiz e Marcos Alonso. Anzitutto ha trasformato il brasiliano nel Bonucci dei “Blues”, ritagliandogli un ruolo che ne nasconde i limiti difensivi e, anzi, ne esalta la strapotenza fisica e i piedi da centrocampista. David Luiz, da libero della difesa a 3, deve limitarsi a fare ciò che gli riesce meglio: quando la palla è al centro del campo cercare l’anticipo sul giocatore tra le linee; con la palla sulle fasce, invece, coprire Cahill e Azpilicueta che escono sui rispettivi avversari. Due compiti che è in grado di svolgere come pochi altri difensori, mettendo a frutto il dominio fisico che esercita sugli attaccanti girati di spalle e la gran velocità di base di cui è dotato.
Questi pochi secondi in cui prima esce su Vardy e poi lo controlla in velocità a campo aperto sono una buona dimostrazione del suo apporto difensivo nel nuovo sistema del Chelsea:
Ovviamente, la nuova posizione dell’ex difensore del PSG ha un impatto notevole sulla costruzione bassa del Chelsea. Il confronto con Terry e Cahill – i cui limiti palla al piede hanno causato due gol, quello di Fer contro lo Swansea e quello di Sánchez contro l’Arsenal – è impietoso, anche se va detto che David Luiz non ha ancora le stesse responsabilità di cui era stato investito Bonucci nella Juventus e nell’Italia di Conte.
Fedele al principio che prevede la risalita del campo sulle catene laterali, l’ex CT dell’Italia ha dato grande importanza a inizio azione ai difensori destro e sinistro, Cahill e Azpilicueta, solitamente i giocatori cui viene concessa maggiore libertà per avanzare palla al piede. La precisione con cui David Luiz è in grado di verticalizzare tagliando le linee o cambiando gioco è comunque un’alternativa che rende ancora più imprevedibile e pericoloso il Chelsea.
Un assaggio delle potenzialità dell’asse David Luiz-Hazard.
Gli altri due giocatori fondamentali nel cambio di sistema sono stati Victor Moses e Marcos Alonso. Per quest’ultimo è stato piuttosto semplice calarsi nel ruolo di esterno sinistro, ricoperto con successo alla Fiorentina; è stato invece sorprendente l’impatto avuto da Moses, ala riconvertita a esterno a tutta fascia sulla destra. Il nigeriano non avrebbe potuto competere con Willian, Pedro, Oscar e Hazard per i ruoli alle spalle del centravanti, ma è diventato una pedina importante nel nuovo sistema: con la sua posizione larga e profonda è un riferimento costante per i compagni, e una volta ricevuta palla sulla fascia può mettere al servizio della squadra le sue qualità da ala non troppo creativa, ma veloce e con un buon dribbling. Può insomma sia essere isolato con un cambio di gioco che entrare in connessione con i compagni della catena destra, scambiandosi pure di posizione con l’ala dal suo lato (Willian o Pedro).
Ed è notevole anche la sua applicazione in fase di non possesso: il sistema di Conte, al momento, non prevede rotazioni per difendere a 4, con lo scivolamento di Azpilicueta come terzino destro e di Alonso come terzino sinistro; Moses quindi si deve allineare ai difensori e replicarne i compiti, scalando sull’ala avversaria se il pallone è sulla sua fascia e coprendo il lato debole se il pallone è sulla fascia opposta.
Più ancora che per il loro apporto comunque, l’ingresso in squadra di Alonso e Moses è stato determinante per “liberare” il talento di Hazard, Willian o Pedro (i due che si sono divisi il ruolo di ala destra). La posizione ampia e profonda di Alonso e Moses permette alle ali di accentrarsi da subito, entrare in possesso della palla in zone più pericolose per gli avversari e sfruttare i movimenti di Diego Costa per attaccare le difese avversarie.
Attaccare meglio
A inizio campionato la disposizione del Chelsea era più fluida, ma anche più confusa e dipendente dal pressing avversario: capitava così che Hazard e Willian (o Pedro) dovessero allargarsi e abbassarsi per favorire la progressione della manovra sulla fascia oppure fare da riferimento sulla fascia opposta per un’eventuale cambio di gioco. Le conseguenze negative erano due: ricevere la palla in zone troppo lontane dalla porta avversaria e allontanarsi da Diego Costa, diminuendo nettamente la pericolosità della squadra di Conte.
Qui sotto Hazard è in posizione larga e bassa per aiutare la squadra a uscire dal pressing del Watford, Diego Costa accorcia per aiutare a consolidare il possesso, ma alle sue spalle nessuno compensa il suo movimento, lasciando i difensori senza avversari da marcare.
Qui sotto c’è invece la disposizione del Chelsea nell’azione dell’1-0 al Manchester United. Hazard è nell’half-space e si abbassa per aiutare nella costruzione della manovra, Diego Costa accorcia, ma alle sue spalle c’è Pedro a compensarne il movimento e a tagliare oltre Blind per andare a segnare il gol del vantaggio. La differenza è netta.
In fase di non possesso, invece, la linea difensiva a 5 consente alle ali di restare più alte e non ripiegare fino alla propria area di rigore per seguire l’avversario diretto. Il nuovo sistema ha così riportato la stella della squadra, Eden Hazard, a brillare come nell’anno dell’ultimo successo in campionato, nel quale era stato votato MVP della Premier League. Partendo da una posizione più centrale, Hazard è realmente imprendibile, perché può andare dappertutto: tagliare a sinistra, accorciare per ricevere sui piedi, girarsi in un secondo e puntare la porta, attaccare la profondità oppure tagliare a destra. Una novità, quest’ultima, per l’Hazard abituato a ricevere a sinistra e ad accentrarsi, ma che ha dato prova della sua efficacia contro il Southampton e contro l’Everton.
Hazard è di nuovo la stella polare del Chelsea, il giocatore che ne orienta la manovra, pur essendo difficile inquadrarlo come il regista offensivo. Sono infatti i suoi movimenti senza palla, e non le sue decisioni con la palla a indirizzare il gioco dei “Blues”: la squadra di Conte gioca assecondando i movimenti di Hazard, e lui sfrutta la libertà concessa dal nuovo sistema e la predisposizione dei compagni a passargli sempre il pallone per puntare la porta come mai prima d’ora in carriera. Il belga calcia in media 3,3 volte per 90 minuti, più che nella sua stagione migliore dal punto di vista realizzativo (20 gol nel 2011/12 con la maglia del Lille), ma allo stesso tempo ha abbassato le sue medie di assist e passaggi chiave: finora ha messo a referto un solo assist, mentre ha creato in media 2 occasioni per 90 minuti, il punto più basso da quando è al Chelsea.
Aiutandoci con gli Expected Goals, Hazard sta tenendo una media di 0,26 xG per 90 minuti e di 0,16 Expected Assist per 90 minuti, rispettivamente il dato più alto e quello più basso della sua carriera in Premier League. Dovesse consolidarsi questo trend, il belga non dovrebbe avere molte difficoltà ad abbattere il proprio record di marcature stagionali in Premier (14 nel 2014 e nel 2015): all’undicesima giornata, e con 7 gol segnati, siamo già a metà dell’opera.
Difendere meglio
Ma il cambio di modulo ha anche reso il Chelsea più solido e organizzato difensivamente. Non c’entra soltanto il passaggio definitivo alla difesa a 5, che consente di occupare tutti gli spazi e permette ai difensori uscite aggressive senza preoccuparsi di lasciare buchi alle spalle; il nuovo sistema consente a Conte maggiore flessibilità nella scelta della strategia difensiva: adesso può difendere nella propria metà campo con la squadra schierata in un 5-4-1 e alternare momenti di maggiore aggressività alzando le ali vicino a Diego Costa e orientandole sulla linea di prima costruzione avversaria.
Nel vecchio sistema, invece, ad affiancare Diego Costa nel primo pressing dovevano alzarsi a turno le mezzali (Matic e Oscar), con scalate lunghe e più facili da saltare per gli avversari: i rari tentativi di difendersi più in alto, così, non erano molto efficaci. La priorità di Conte sembrava piuttosto la solidità nella propria metà campo, coprendo il centro grazie al movimento coordinato dei tre centrocampisti, che avevano già raggiunto una buona intesa nel darsi copertura reciproca, e alla posizione stretta delle ali, che ripiegavano inizialmente a centrocampo per poi orientarsi sui terzini nel caso in cui la squadra avversaria avesse provato ad allargare il gioco.
Conte aveva scelto in maniera piuttosto saggia di non togliere Cahill e Terry dalla loro comfort zone, difendendo basso, forzando i lanci lunghi e spingendo la manovra avversaria sulle fasce, forte del dominio sulle palle alte garantito dalla propria coppia di difensori centrali, proteggendola oltretutto con uno dei migliori recuperatori di palloni del panorama europeo, N’Golo Kanté (3 tackle e 3,2 anticipi per 90 minuti il suo attuale score difensivo). E pur senza un sistema strutturato per il recupero del pallone, il Chelsea era già una squadra molto pericolosa in contropiede, capace di risalire il campo in pochi secondi in diversi modi, anche partendo da zone molto basse: dando semplicemente il pallone ad Hazard, sfruttando il collaudato asse Fàbregas-Diego Costa o con una ripartenza lunga più manovrata.
Il passaggio al nuovo sistema, con la possibilità di muoversi più facilmente tra diversi registri difensivi e alternare difesa schierata nella propria metà campo a fasi di maggiore aggressività, ha migliorato il sistema di recupero palla dei “Blues” e li ha resi ancora più pericolosi in ripartenza.
Recupero immediato del possesso dopo un errore in fase di impostazione, palla a Hazard e gol.
Dove può arrivare?
La velocità con cui il Chelsea ha cambiato marcia, diventando la migliore squadra della Premier nell’ultimo mese, non deve trarre in inganno e far pensare a una sorta di formula magica: Conte aveva preparato la “rivoluzione” già nelle prime giornate; la differenza l’hanno fatta la scelta dei giocatori più funzionali al modo di giocare che aveva in testa e l’aver dato riferimenti più precisi in campo, mettendo tutti nelle condizioni di poter esprimere il loro massimo potenziale – basta guardare, ad esempio, a quanto sia migliorato il contributo di Matic, già autore di 5 assist tra l’altro, mettendogli di fianco Kanté e affidandogli un ruolo più offensivo rispetto al recente passato. Conte è così riuscito a trovare un sistema che nasconde i limiti dei suoi giocatori e ne amplifica le qualità, l’obiettivo a cui tende ogni allenatore.
Ci sono ancora margini di miglioramento nell’esecuzione: Conte non è ancora riuscito a trovare il giusto bilanciamento tra il talento individuale e le giocate codificate tipiche ad esempio dell’Italia o della Juventus, per mettere così nelle condizioni la sua squadra di costruire sempre l’azione in maniera pulita e slegare la qualità della propria fase di possesso dall’efficacia del pressing avversario, e una volta assicurata la solidità difensiva potrebbe forzare la mano alla ricerca di un recupero palla ancora più strutturato e in zone più alte del campo, migliorando i meccanismi del primo pressing, un dettaglio non da poco contro squadre dalla costruzione bassa molto organizzata, al contrario di Leicester e Manchester United.
Il Chelsea può contare su una rosa esperta e di qualità, che annovera il capocannoniere del campionato (Diego Costa), il potenziale MVP della stagione (Hazard), un recuperatore di palloni (Kanté) e un portiere (Courtois) tra i migliori in Europa, guidata da un allenatore che, una volta trovato il sistema più funzionale per la sua squadra, può concentrarsi sui dettagli che migliorino l’esecuzione, già comunque di alto livello, visto lo score perfetto dell’ultimo mese. Le basi per puntare quanto meno alla lotta per il titolo, che lo scorso anno il Chelsea ha lasciato senza combattere al Leicester, ci sono. I prossimi mesi saranno cruciali, ma se qualcuno aveva dato il Chelsea, o Conte, per finito, be’, sbagliava di grosso.