
Antonio Conte ha dovuto rispondere delle sue scelte ai microfoni, dopo la sconfitta netta del suo Napoli contro la Lazio. È stato difficile uscire dall'interpretazione di una partita in qualche modo “falsata”, o comunque resa ingiudicabile dalle scelte radicali del tecnico del Napoli, che non ha schierato nemmeno un titolare, all’Olimpico, contro una squadra forte e in salute come la Lazio.
Conte è celebre per la sua allergia al doppio impegno: toglie energie fisiche ma soprattutto mentali. Il Napoli è una squadra in missione, una volta a settimana, non può ritoccare in nessun modo questo ritmo, come se fosse una cadenza perfetta che ha bisogno di restare inalterata. Nelle sue parole, dopo la partita, ha confermato questa idea di subalternità assoluta della coppa rispetto al campionato. Ha parlato di test. Voleva usare questa partita per dare spazio a giocatori mai visti, per capire se fossero pronti per essere usati in Serie A. «Tanti giocatori non avevano la possibilità di giocare una partita ufficiale. Per fare un percorso oggi avevi bisogno di testare, di vedere, dare la possibilità a calciatori che si impegnano e che danno l’anima durante la settimana. Fare questa scelta poteva portare dei rischi».
È ironico, allora, che la partita infine sia stata decisa dalla tripletta di un giocatore della Lazio che non è un titolare, appunto, e che Baroni ha schierato dal primo minuto anche per avere da lui qualche risposta. «Gli darò più spazio», ha concluso ovviamente soddisfatto alla fine. Come se alla fine la rosa della Lazio si fosse dimostrata più lunga di quella del Napoli - ed è, questo, un altro discorso ingiusto.
Ieri, a 25 anni, Tijjani Noslin ha vissuto la serata migliore della sua vita. Partito titolare nella delicata sfida di Coppa Italia contro il Napoli, ha segnato tutti e tre i gol con cui la Lazio ha eliminato la squadra prima in campionato, e una delle favorite della Coppa. Ha segnato tre gol molto belli, che si pensava potessero essere nelle sue corde davvero solo nella sua versione idealizzata. Un Noslin utopico.
Quattro anni fa, quando Noslin di anni ne aveva 21, ancora consegnava panini in motorino per Subway. Non era un calciatore e forse non lo sarebbe mai diventato. Almeno credeva. Sognava l’Inghilterra ma aveva fallito un provino per entrare in un'academy di Manchester. Aveva giocato in settori giovanili importanti, come quello del Twente, ma non era stato ritenuto all’altezza. Giocava in squadre come il DHSC o in una versione minore dell’Hercules. Segnava, ma in categorie semi-amatoriali. A 21 anni aveva mollato: faceva il rider e aveva firmato un contratto con la squadra amatoriale del Top OSS. Ad agosto lo chiamano due ex leggende: Mounir El Hamdaoui e Wesley Sneijder. Lo hanno visto giocare col DHSC, che militava in Hoofdtklasse (quarta divisione), lo stesso campionato in cui stava Rodney Sneijder, fratello di Wesley. Vogliono portarlo a giocare nella loro squadra, il Fortuna Sittard. Si tratta di Eredivisie, una lega per cui Noslin dovrebbe fare svariati salti di categoria. Per lui sembra uno scherzo, dice «Dio è con me». Non solo Dio, ma anche una capacità di far gol fuori scala nelle serie minori olandesi in cui militava.
Qualcuno, guardando questo video, si sarà convinto del talento di Noslin?
Ora questa storia dovrebbe proseguire con la grande esplosione di Noslin in Eredivisie. Il campionato dei professionisti, con la puzza sotto al naso, viene sorpreso dal gioiello venuto dalla strada. Dal giocatore nato per giocare a calcio senza che nessuno se ne fosse, fino a quel momento, reso conto. Ma non è questa la storia di Noslin, che è meno fiabesca e quindi meno convenzionale.
Lui al Fortuna Sittard gioca tre stagioni e non combina granché. Certo, gioca, si dimostra al livello del campionato, e non è scontato visto che era uno che stava per smettere. Ha reso il calcio la sua vita. Però segna poco, e non è del tutto chiaro quale sia di preciso il suo ruolo in campo. Nasce come esterno offensivo, per lo più a destra. A sinistra è troppo prevedibile: è veloce ma non proprio elettrico e sicuramente non tecnico, mentre quando allunga il passo è difficile stargli dietro - anche perché è bello piazzato. Comunque sia, è un giocatore normale. Un giocatore da bassa classifica che non è nemmeno il migliore della sua squadra. Dribbla poco e niente, tira poco, non segna e non fa assist. La migliore stagione della carriera, la 2022/23, la chiude con 5 gol e 2 assist. Non abbastanza per convincere qualcuno a investire su di lui.

Bisogna aspettare gennaio perché arrivi l’Hellas Verona a investire su di lui. A investire: diciamo a spendere qualche spicciolo per finanziare la pesca a strascico nei campionati alla periferia d’Europa. Una sessione di calciomercato psichedelica che avevo provato a recensire qui, e in cui Noslin si candidava a diventare l’erede di Cyril Ngonge. Capire cosa ci abbia visto l’Hellas non è semplice. Qualcosa sì: un attaccante rapido in transizione, che porta bene palla e che è pericoloso negli ultimi metri. Ci ha visto, però, soprattutto un'idea; un giocatore con del potenziale inespresso. A questo servono gli scout e i direttori sportivi: cercare il talento nascosto, che esiste solo virtualmente, immaginato.
Nei suoi mesi al Verona l'immagine che il club aveva di lui ha cominciato a prendere forma. In mezza stagione, Noslin è cambiato. È diventato una punta, e cioè uno che deve pensare a far gol. In quei pochi mesi ha messo insieme i numeri migliori della sua carriera: 5 gol e 4 assist. Ma anche qui: Noslin ha offerto qualche segnale interessante, ma è stato comunque il suo allenatore, Marco Baroni, ad averci visto qualcosa in più. Un potenziale che va oltre quello che si era visto e che abbiamo anche visto finora. Stiamo parlando di un giocatore con, tutto sommato, poche partite giocate tra i professionisti, e che fino ai 22 anni non ha avuto una formazione da giocatore di alto livello. Si vede nel modo grezzo e istintivo in cui si muove in campo, come se stesse ancora esplorando territori poco frequentati. Forse sarebbe stato più sensato vederlo un altro anno all'Hellas Verona - anche se a un certo punto si era parlato di un interesse del Manchester United.
È sempre Baroni che ha deciso di portarlo alla Lazio, convincendo un presidente parsimonioso a investire su di lui 12 milioni di euro: il giocatore più prezioso del mercato estivo. Finora è stato in difficoltà ad adattarsi a un contesto più complesso, impensabile rispetto al punto da cui era partito. Ma ha anche trovato il modo di essere già decisivo, per esempio con il gol al Genoa che ha sbloccato una partita difficile. Un gol di cui si è parlato soprattutto per la cavalcata di Nuno Tavares, ma di cui invece dobbiamo parlare soprattutto per il pericolo che Noslin ha creato dal nulla. Nonostante sia stato assegnato l’assist al portoghese, Noslin riceve palla all’ingresso dell’area con palla ferma e difesa schierata. Salta Sabelli con un tunnel e poi mette a terra Vogliacco con una finta.
Sono questo tipo di accensioni ad aver attirato l’attenzione su di lui. Baroni ha visto in Noslin un potenziale attaccante, nonostante abbia uno stile tecnico da esterno. Vuole formarlo come una punta nonostante non giochi affatto bene spalle alla porta e non sappia bene come aiutare la squadra in zone centrali; nonostante la sua tecnica nel primo controllo e nell’uso del corpo sia più che approssimativa. Però c’è qualcosa in Noslin che Baroni ha, appunto, riconosciuto, che è questa capacità di trovare un’azione vincente, di muoversi bene in area, di avere una certa predisposizione al gol.
Ieri, in Coppa, ne ha fatti tre molto diversi. Il primo leggendo prima di tutti la sponda di Gigot su calcio piazzato, staccandosi dal difensore andando verso la porta. Il secondo attaccando l’area a rimorchio e beneficiando del tacco geniale di Pedro. Noslin, però, non si limita a trovarsi nel posto giusto, la piccola esitazione con cui manda fuori tempo il difensore e prepara la conclusione è da giocatore che mantiene il sangue freddo in area. Il terzo è un altro bellissimo movimento sul secondo palo su un cross. Sono tre gol che sottolineano un istinto notevole negli smarcamenti in area di rigore.
Per una squadra verticale come la Lazio un giocatore del genere, che pensa il calcio solo fronte alla porta e senza intermezzi, è perfetto. Nella squadra di Baroni la punta è coinvolta pochissimo, anche un centravanti associativo come Castellanos (il giocatore della Lazio che tocca meno palloni per novanta minuti, per distacco). Il gioco si sviluppa in verticale, preferibilmente passando per le catene laterali. Per questo Noslin è perfetto: ama defilarsi dal centro verso l’esterno per raccogliere la palla che ha risalito il campo e puntare il diretto marcatore; è bravo in area di rigore per concludere, forse più bravo anche di Castellanos in questo; e in più senza palla lavora come un mulo, pressando moltissimo.

Quello che abbiamo visto evoca quello che Noslin sembra poter dare alla Lazio. È un giocatore ancora molto discontinuo e che tende a spegnere l’interruttore nelle partite. La squadra di Baroni, però, vive delle accensioni improvvise dei suoi giocatori più intensi e verticali. Noslin è uno di questi: per ora è quasi solo potenziale.
Ha 25 anni ma è come se andasse considerato appena un ventenne, vista la sua storia: un giocatore ancora tutto da scoprire, nel bene e nel male.