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Cosa ci dice il lungo travaglio del nuovo Stadio della Roma
02 apr 2019
Tutti i problemi che hanno ostacolato il progetto del nuovo impianto del club giallorosso.
(articolo)
18 min
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L’urgenza di un nuovo stadio, a Roma, ha sempre accompagnato momenti di profondo ripensamento urbanistico. Lo Stadio Olimpico, che da circa mezzo secolo ospita la Lazio e la Roma, nacque ad esempio come conseguenza del sogno nazionalista del fascismo di trasformare Roma in una grande metropoli moderna.

Mentre i Fori Imperiali venivano sventrati per far spazio a una grande via di collegamento dal Colosseo a Piazza Venezia e tutta la città subiva una politica haussmaniana per una radicale trasformazione, il Governatorato di Roma approvava la variante all'allora vigente piano regolatore per adibire l'area alle pendici di Monte Mario, compresa tra Villa Madama e il Tevere, a complesso multisportivo.

Il progetto del Foro Mussolini, poi ribattezzato Foro Italico, venne affidato a un promettente architetto carrarese che già da qualche anno si era messo in mostra nella capitale. Enrico Del Debbio, fedele al gusto del regime per i grandi volumi e le prospettive monumentali, consegnò nel 1927 il progetto per il nuovo Stadio dei Cipressi, inaugurato nel 1932, che era il fiore all'occhiello del nuovo complesso. Le vicende del nuovo stadio accompagnarono nel Dopoguerra la rinascita di un’intera città fino alle Olimpiadi del 1960, con tanto di progetti fantasma mai realizzati, lavori interrotti e poi ripresi a distanza di anni, fino al progetto definitivo che vide finalmente la luce nel 1953.

Circa 60 anni dopo la stessa esigenza, all’interno delle forme privatistiche e capitalistiche del nostro tempo, ha spinto la dirigenza statunitense della Roma a tentare di costruire un nuovo stadio di calcio a Roma.

L’avvio del progetto

Nel 2012, quando la cordata di imprenditori statunitensi inizialmente guidata da Thomas di Benedetto rileva la Roma, il momento per avviare un progetto di un nuovo stadio sembra essere più che favorevole.

Siamo in prossimità delle elezioni comunali e, per i candidati sindaco, far leva sull'opinione pubblica dichiarando il proprio assenso al progetto può rivelarsi una mossa vincente. Il 12 Giugno 2013 Ignazio Marino viene proclamato Sindaco di Roma e il 9 Dicembre incontra James Pallotta nel suo ufficio in Campidoglio. In quella stanza ci sono anche, fra gli altri, il costruttore Luca Parnasi e l'architetto Dan Meis. Il neo-sindaco Marino si dice colpito dal "progetto davvero avveniristico" di un impianto con una capienza che varierà dai 52mila ai 60mila posti a sedere e che «dal punto di vista tecnologico è certamente lo stadio più avanzato che possa essere immaginato nel nostro continente».

Foto LaPresse

In quel periodo arriva anche l’inserimento nel settembre del 2013 della famosa “Legge sugli stadi” all’interno della legge di stabilità dal deputato del Partito Democratico Dario Nardella, forse anche in vista della sua candidatura alle elezioni amministrative di Firenze che avverrà di lì a poco. Legge che poi verrà approvata il 27 dicembre di quello stesso anno.

La nuova normativa prevede che il soggetto interessato a proporre la realizzazione di un nuovo impianto sportivo possa procedere tramite la presentazione di uno studio di fattibilità valevole come progetto preliminare, corredato da un piano economico-finanziario e dall'accordo con una o più associazioni sportive identificate come utilizzatrici prevalenti. Qualora la proposta si riveli di pubblico interesse (entro 90 giorni dalla presentazione dello studio di fattibilità), il proponente dovrà presentare all'amministrazione comunale il progetto definitivo. Viene così disposta una conferenza dei servizi, cui prendono parte tutti i soggetti titolari di competenze in ordine al progetto presentato (i cosiddetti stakeholders), i quali possono chiedere modifiche al progetto purché strettamente necessarie e deliberare poi in via definitiva. Tale procedura deve concludersi entro 120 giorni dalla presentazione del progetto, a meno che lo stesso non comporti atti di competenza regionale. In questo caso, la conferenza dei servizi è convocata dalla Regione e deliberata entro 180 giorni.

Se i termini vengono superati, il Presidente del Consiglio può assegnare ulteriori 30 giorni per adottare i provvedimenti necessari. Per impianti con oltre 20.000 posti scoperti (ed è ancora una volta il nostro caso), decorso inutilmente anche questo termine, interverrà direttamente il Consiglio dei Ministri che potrà esprimere, previo parere entro 30 giorni del Consiglio superiore dei lavori pubblici, i provvedimenti necessari entro il termine di 60 giorni. Sommando tutte le tempistiche previste (90+180+30+60), teoricamente in un anno si arriverebbe quindi alla conclusione del percorso burocratico, nonché all'attuazione di tutti quei provvedimenti necessari alla realizzazione del progetto.

Nel caso del nuovo Stadio della Roma, Eurnova s.r.l., società di scopo del Gruppo Parsitalia della famiglia Parnasi, presenta il 29 maggio 2014 lo studio di fattibilità del progetto: lo stadio sorgerà nel quadrante sud-ovest della città, nel sito del vecchio ippodromo per il trotto, tra il GRA e l'autostrada Roma – Fiumicino.

Prima di andare oltre è necessario fermarsi un attimo sul background della famiglia Parnasi, che tanto conterà poi nelle vicende giudiziarie che la riguarderanno in seguito. I Parnasi rappresentano una delle due grandi famiglie che ha dominato il mercato immobiliare a Roma insieme ai Caltagirone, e quando si tratta di costruire qualcosa a Roma il più delle volte si tratta di aziende legate a uno di questi due nomi. In particolare, la famiglia Parnasi deve gran parte delle sue fortune prima a Sandro e poi a suo figlio Luca, che da soli hanno scalato le gerarchie romane del mattone grazie a uno spiccato senso degli affari.

Nei primi anni ‘90 la famiglia Parnasi rilevò all’asta la Sogene (un’importante ditta edilizia) dopo le vicende che videro protagonista lo storico proprietario Michele Sindona (“faccendiere, banchiere e criminale italiano” secondo la sua pagina Wikipedia) e che portarono la società al fallimento. Ma il vero colpo di Sandro Parnasi fu l’acquisto per pochi spiccioli dei terreni dell’Eur. In questo caso da Gaetano Graci e Francesco Finocchiaro, due imprenditori catanesi noti perlopiù per la definizione “i quattro cavalieri dell’apocalisse mafiosa” che di loro diede Giuseppe Fava in un editoriale del 1983 nel quale viene citato anche lo stesso Sindona.

Su quei terreni i Parnasi costruirono il mega centro commerciale di Euroma 2 e la Torre Eurosky disegnata dall’architetto Purini, che risulta oggi la più alta costruzione residenziale di Roma, e ancora la Torre Europarco (del gruppo BNP Paribas) che è stata per poco tempo la sede della Provincia di Roma.

Il nuovo stadio della Roma dovrebbe essere l’ultimo grande progetto a completare il rinnovamento di quel quadrante urbano, nonché l’affare che avrebbe dovuto riassestare la situazione economica della famiglia.

Di Eurnova, società della famiglia Parnasi, è il 50,4% della superficie del nuovo complesso, pari in totale a 1.085.520 mq, l’8% è di proprietà pubblica e il 41,6% di proprietà di altri privati. Sono cifre che assumono una loro rilevanza in relazione a quanto dice la legge sugli stadi riguardo al project financing, quell’operazione per la quale è possibile considerare ai fini della sostenibilità economica di un progetto il flusso di cassa e l’indotto economico che l’intervento stesso genererà, basando la copertura finanziaria dell’investimento non solo sulla semplice capacità d’indebitamento del proponente.

E secondo la nuova normativa questa procedura è prevista esclusivamente nel caso in cui l'area di intervento comprenda almeno in parte terreni di proprietà pubblica, come in questo caso. Quindi, Eurnova, proprietaria di oltre il 50% dei terreni, potrà giovare di un rischio economico molto minore grazie alla realizzazione del Business Park, che dovrebbe ospitare uffici di banche e altre aziende, che potrà così risultare funzionale ai fini del raggiungimento del complessivo equilibrio economico-finanziario dell’intervento.

Il progetto originale, presentato per la prima volta nel giugno 2015, è estremamente ambizioso: oltre allo Stadio, sono previsti edifici direzionali e un complesso commerciale, ampie aree verdi e connessioni con la viabilità già esistente, con tre torri alte tra i 195 e i 220 metri a firma dello Studio Libeskind.

Le reazioni sono contrastanti: da un lato, l'entusiasmo per la volontà di investire di nuovo sulla città, con un complesso che rimanda a contesti internazionali e un intervento architettonico che conferirebbe a Roma un nuovo volto moderno. Dall'altro, dai 620 allegati di progetto, emergono anche diverse criticità: il delicato equilibrio idrogeologico dell'area, la totale indifferenza nei confronti della struttura dell'Ippodromo, da demolire senza rimorsi, la necessità di ingenti investimenti per la realizzazione delle necessarie infrastrutture di mobilità, nonché dubbi più o meno leciti sull'eccessiva cubatura prevista per le strutture complementari a quella sportiva.

Uno dei primi render del progetto, con le discusse torri di Libeskind.

Inizia così un lungo iter di richieste di integrazioni e osservazioni da parte degli enti preposti, con la stesura, tra il 2014 e il 2017, di ben 5 progetti definitivi.

I cambiamenti con la giunta Raggi

Così, quello che sarebbe potuto essere un processo rapido e chiaro si è rivelato un intricatissimo processo burocratico, complicato ancor di più dalle tribolate vicende politiche romane. Il primo ostacolo al progetto è sorto nel momento in cui è caduta la giunta Marino, che aveva approvato la delibera per l’interesse pubblico dell’impianto, e l’elezione al Campidoglio nel giugno 2016 del candidato del Movimento 5 Stelle, Virginia Raggi, sostenuta anche da diverse figure politiche fortemente contrarie al progetto.

È utile ricordare che la delibera del 22 dicembre 2014 con cui la Giunta Marino dichiarava il pubblico interesse dello Stadio era basata sulle opere di compensazione legate al nuovo assetto urbanistico di Tor di Valle. In particolare, con una spesa di quasi 200 milioni di euro a carico del proponente, si prevedeva il potenziamento del trasporto pubblico su ferro e un ponte pedonale di collegamento con la Stazione FL1 Magliana (58 milioni), il potenziamento della Via del Mare fino al Grande Raccordo Anulare (38,6 milioni), il collegamento dell’area di Tor di Valle con la Roma-Fiumicino tramite un ponte sul Tevere (93,7 milioni), nonché la messa in sicurezza dell’area e la mitigazione del rischio idraulico legata alla presenza del Fosso di Vallerano (10 milioni).

Con l’arrivo di Virginia Raggi in Campidoglio, però, molte cose sono cambiate. Il vero nodo della questione sembrava essere legato alle cubature: la polemica contro la Giunta Marino verteva infatti proprio sul presunto favore che si sarebbe fatto ai costruttori autorizzando l’edificazione di oltre un milione di metri cubi, comprensivi anche di un premio di cubatura legato all’assunzione, da parte del privato, dell’onere della realizzazione delle opere pubbliche.

La Giunta Raggi, schierandosi contro quella che veniva definita come la cementificazione di un vuoto urbano, decise di ridurre la cubatura, portandola a poco più di 500.000 metri cubi, riducendo però anche le opere pubbliche a carico del proponente, tagliando sia la realizzazione del ponte sul Tevere che il prolungamento della Metro B e andando invece a prevedere ampi contributi per la realizzazione di percorsi ciclopedonali e di un parco fluviale. Una decisione per certi versi masochistica, considerando il non proprio efficiente sistema di trasporto pubblico della Capitale, che sembra più che bisognoso di un intervento di potenziamento.

La revisione del progetto da parte della Giunta Raggi, con la diminuzione delle cubature previste e la decisione di tagliare alcune delle infrastrutture, ha influito negativamente sulle tempistiche dell’iter burocratico, costringendo alla revisione delle delibere comunali e alla ridefinizione degli accordi con il proponente. Tutto nel nome di una sostenibilità ambientale che è subito sembrata di corto respiro, soprattutto alla luce del taglio delle opere pubbliche che avrebbero alleggerito il traffico su gomma, di gran lunga la principale fonte di inquinamento a Roma.

Una sostenibilità che, tra l’altro, era in parte già prevista nel precedente assetto. La Giunta Marino aveva infatti previsto sia la realizzazione di percorsi ciclopedonali che un parco fluviale e tra l’altro non specificando per quest’ultimo le cifre da investire, che sarebbero comunque dovute derivare perlopiù dal contributo del costo di costruzione. La giunta Raggi ha invece definito la cifra da investire in queste infrastrutture prevedendo quasi 15 milioni di euro per la realizzazione di percorsi ciclopedonali e oltre 10 milioni per il parco fluviale.

Ma la differenza che più salta all’occhio tra i due progetti è la famosa riduzione delle cubature, consistente in sostanza nella decisione di realizzare, al posto delle famose tre torri Leed Gold progettate dallo Studio Libeskind, ben 18 edifici da sette piani ognuno. Oltre a penalizzare il segno architettonico a favore di un intervento meno caratterizzato e meno valorizzante, viene meno il concetto del risparmio di suolo, prediligendo un’espansione orizzontale a quella verticale. Se poi prendiamo in considerazione quanto avvenuto per la City Life di Milano, in cui i tre grattacieli di Isozaki, Hadid e Libeskind sono diventati sede rispettivamente di Allianz, Generali e PwC, l’eliminazione dei grattacieli ha fatto perdere alla città di Roma la possibilità di attirare importanti società che avrebbero forse spostato la propria sedi nelle torri.

La nuova City Life di Milano. La torre al centro, attualmente in costruzione, è stata progettata dallo stesso Studio Libeskind e sarà la nuova sede di PwC Italy.

La scelta della Giunta Raggi ha quindi depresso la valorizzazione della sperimentazione architettonica, incentivando una mobilità ciclabile che però rischia di essere un’oasi nel deserto in una città che non è mai stata in grado di creare una rete di piste ciclabili all’altezza delle altre grandi metropoli europee.

L’inferno dell’iter burocratico

A circa 40 mesi dall'approvazione dello studio di fattibilità, il 5 dicembre 2017 la seconda Conferenza dei servizi indetta per esprimersi in merito all'intervento denominato “Stadio della Roma a Tor di Valle” si conclude con esito favorevole, anche se nuovamente subordinato ad alcune osservazioni e prescrizioni avanzate dagli enti preposti, che hanno posto l’attenzione sulla necessità di maggiore chiarezza o modifiche su determinati aspetti strategici o progettuali (sistema della mobilità, aspetti paesaggistici, tutela delle preesistenze). In questo modo, nonostante la conclusione della Conferenza dei Servizi, entro il 22 dicembre 2017 Eurnova ha dovuto integrare e adeguare il progetto sulla base delle indicazioni contenute nei pareri dello Stato, della Regione e della Città Metropolitana di Roma Capitale.

Alle integrazioni di Eurnova è quindi seguito il lavoro degli enti pubblici. A partire dal 2 gennaio 2018 si è aperto un iter burocratico che ha visto lo Stato e la Città Metropolitana di Roma Capitale, con gli innumerevoli ministeri e dipartimenti coinvolti, impegnati nella verifica delle integrazioni e modifiche presentate dall’azienda del gruppo Parnasi sulla base delle osservazioni avanzate durante la Conferenza dei Servizi.

Successivamente è stata inviata ufficialmente al Campidoglio una copia della Determinazione di conclusione della Conferenza dei Servizi, che ha dato il via all'iter di adozione di variante urbanistica e, contestualmente, alla redazione del testo della Convenzione, ovvero il contratto tra il Comune e i proponenti che regolerà l'intervento. Tutto sarebbe dovuto poi essere nuovamente inviato in Regione, per l'emissione della Delibera definitiva in merito alla variante urbanistica.

Il 12 aprile 2018 è stata pubblicata la Variante Urbanistica propedeutica alla realizzazione dello Stadio, in merito alla quale era possibile presentare osservazioni e opposizioni entro l'11 giugno. Al termine dei 60 giorni previsti dalla normativa, il 12 giugno 2018, Virginia Raggi ha dato notizia tramite i propri canali social del ricevimento di 31 osservazioni in merito al progetto, annunciando che la realizzazione dello stadio era sempre più vicina.

I problemi politici e giudiziari

Nonostante i proclami, però, ancora una volta il processo ha subito un nuovo schock. Il 13 giugno vengono arrestate nove persone nell’ambito di una grande operazione contro quella che viene definita “una corruzione sistemica e pulviscolare”, e tra questi c’è anche Luca Parnasi (oltre all’avvocato Lanzalone e vari altri esponenti della scena politica romana e laziale). Al centro dell’inchiesta c’è anche un processo di facilitazione per l’approvazione del progetto di Tor di Valle nella versione rivista dalla giunta del Movimento 5 Stelle, con la riduzione delle cubature e delle infrastrutture pubbliche.

Al di là delle vicende giudiziarie, che in ogni caso secondo il procuratore aggiunto Paolo Ielo non toccano l’iter amministrativo riguardante lo stadio, ciò che più interessa ai fini di questo discorso è come le modifiche apportate al progetto lo abbiano reso più vulnerabile ai tentativi di corruzione, invece di migliorarlo.

Ben prima delle recenti vicende giudiziarie, infatti, risultavano poco limpide alcune sottigliezze burocratiche che sembravano poter permettere in futuro un cambio di destinazione di parte degli immobili direzionali in residenziali, in contrasto con quanto prescritto da tutte le amministrazioni coinvolte. Anche se su questo aspetto tra le risultanze della Conferenza dei Servizi era contenuto un invito al Comune a inserire, nel testo della Convenzione, specifiche clausole che escludessero la possibilità di insediare anche in futuro residenze all’interno del complesso. Cosa che poi, però, non è successa.

Secondo le prime ricostruzioni degli inquirenti, inoltre, Lanzalone (allora presidente Acea, la società multiservizi controllata da Roma Capitale), tra il gennaio e il febbraio del 2017, portò avanti la mediazione fra l'amministrazione comunale e la Eurnova Srl che si concluse con la modifica del progetto consistente in una riduzione delle cubature e la cancellazione delle torri che sarebbero dovute sorgere in prossimità dell'impianto. In cambio, sempre secondo gli inquirenti, avrebbe ottenuto la promessa di consulenze per una cifra che si aggira intorno ai centomila euro.

Non è un caso che i vertici della Roma, finora estranei ai fatti, stiano provando a disfarsi di Eurnova, anche a costo di acquistare i terreni di proprietà della società di Parnasi per una cifra che potrebbe oscillare fra i 90 e i 120 milioni di euro. Un passaggio di consegne che sembrerebbe essere già in uno stadio molto avanzato, favorito dal beneplacito del nuovo amministratore delegato della società, Giovanni Naccarato, subentrato al vertice di Eurnova in seguito all’arresto dello stesso Luca Parnasi.

Nonostante gli sforzi del club per superare questo ennesimo impasse, però, la volontà politica della Giunta Raggi, che non è mai sembrata solidissima, sta mostrando crepe sempre più profonde. Ma proprio in quest’ultimo anno di indagini è emerso come nei primi mesi del 2017 la Raggi avesse richiesto un parere all’Avvocatura capitolina in merito alla possibilità di dire no alla realizzazione dello Stadio senza dover risarcire la Roma ed Eurnova. Il parere arrivò, confermando la possibilità di diniego, ma venne secretato, secondo quanto riportato da diverse testate.

Negli ultimi mesi anche il Comune di Roma era già corso ai ripari, prima congelando l’iter amministrativo e poi chiedendo al Politecnico di Torino una "due diligence" tecnica in merito alla viabilità di progetto. Il 5 febbraio 2019 è stata quindi presentata una "Analisi e valutazione degli aspetti di trasporto del progetto del nuovo stadio di Roma" che conferma sostanzialmente il parere positivo sull’opera ma sottolinea ancora una volta alcuni aspetti sul trasporto pubblico di non secondaria importanza. Per mitigare i fenomeni di congestione della viabilità, secondo la relazione del Politecnico, «risulta condivisa ed auspicabile l’approvazione formale e la tempestiva attuazione [...] di adeguate strategie di gestione della domanda, volte ad orientare la stessa verso il trasporto pubblico, opportunamente potenziato in termini di offerta, in termini di capacità, qualità ed affidabilità». Riassumendo, dunque, il parere del Politecnico di Torino è senz’altro positivo ma subordinato alla realizzazione degli interventi sul trasporto pubblico e la viabilità dell’area, ed è bene sottolineare che questo non riguarda in alcun modo la regolarità dell’iter amministrativo.

È di questi giorni, inoltre, la notizia che le Commissioni Urbanistica e Lavori Pubblici del lX Municipio, che comprende la zona del futuro stadio, hanno dato parere favorevole a una delibera che chiede l'annullamento dell'interesse pubblico approvato nel dicembre del 2017, che potrebbe far crollare in un colpo solo tutto l’impianto su cui si regge il futuro stadio della Roma.

Infine, si è ancora in attesa dell’approvazione da parte del Campidoglio della variante al Piano Regolatore Generale e della convenzione urbanistica, per le quali si parlava di una possibile votazione a maggio. Le recenti vicende giudiziarie, però, potrebbero costringere la giunta a prendere altro tempo, facendo slittare ulteriormente la discussione in aula.

Al di là di come andrà a finire, comunque, è chiaro dalla complessità della vicenda che il nuovo Stadio della Roma ha finito per rappresentare nel tempo uno specchio di quasi tutte le inefficienze che non permettono al nostro calcio di poter essere davvero competitivo nel contesto europeo, al di fuori di alcune isole felici. A causa della lentezza della nostra burocrazia, della corruzione o dei sospetti di corruzione, e dell’inettitudine di una buona parte della classe politica locale e nazionale, quella che sarebbe potuta essere un’occasione unica nel suo genere per Roma si è infatti rivelata l’ennesima conferma dei suoi peggiori difetti.

In una città così abituata ad accomodarsi sul suo glorioso passato da non riuscire ad accettare che qualcosa possa non essere eterno, lo stadio magari sarebbe potuto essere il primo passo verso un processo di rinnovamento, almeno architettonico. Per adesso, così non è stato.

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