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N'Zonzi moltiplica i pani e i pesci
28 mar 2017
Steven N'Zonzi sta finalmente raccogliendo i frutti di tanti anni di gavetta.
(articolo)
14 min
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Al centro sportivo del PSG, un bambino di 13 anni guarda con ammirazione Ronaldinho e Anelka allenarsi: anche lui ha la tuta dei parigini, gioca nelle giovanili già da due anni. È il 2001, gli emiri qatarioti sono oltre ogni possibilità di immaginazione, meno di un sogno. Più o meno la stessa probabilità di avverarsi del sogno del tredicenne Steven, che guardando quei due grandi giocatori divertirsi, pensa: “perché non io?”.

Circa 10 anni dopo, un fondo qatariota acquista il PSG e Steven, che di cognome fa N’Zonzi, è un calciatore professionista del Blackburn, in Premier League. Gli inglesi sono stati acquistati pochi mesi prima da Venky’s, controllata del gruppo indiano VH, colosso dell’industria del pollame, sbandierando un sogno che potrebbe già in qualche modo chiudere il cerchio: nel mercato invernale si favoleggia infatti l’acquisto di Ronaldinho (e Beckham). Nel frattempo, però, la nuova proprietà aveva esonerato Allardyce a metà stagione, una mossa apparentemente illogica. Non arrivano i grandi giocatori promessi, c’è un’aria strana intorno alla squadra, e il mercato estivo del 2011 sarà soprattutto ricordato per un assurdo spot in cui i giocatori del Blackburn mangiano pollo Venky’s nello spogliatoio. È l’inizio della fine per i Rovers, che retrocederanno rovinosamente a fine stagione, e una brutta battuta d’arresto per Steven.

Il sogno di diventare calciatori professionisti è di per sé estremamente difficile da realizzare, e diventare grandi giocatori, come Ronaldinho e Anelka, è quasi ai limiti dell’impossibile: Steven si può accontentare di quello che ha fatto e può essere orgoglioso del suo percorso tortuoso e di aver superato molte difficoltà. Ma il suo sogno non è ancora pienamente realizzato: non è ancora al livello dei campioni che vedeva da bambino.

L’inglese

Il 19 maggio 2015 N’Zonzi dovrebbe ricevere il premio di giocatore dell’anno alla festa di fine stagione dello Stoke City: non si presenta, adducendo motivi personali. Non può presentarsi, in realtà: quel giorno infatti era stato trattenuto dalla polizia per accertamenti, a seguito dell’accusa di aver aggredito la moglie. In quel momento tutti i sacrifici di una carriera sembrano poter svanire nel nulla: ma spesso nella vita di N’Zonzi gli eventi sono ingannevoli, le conseguenze mutevoli.

Di sacrifici, in effetti, ne aveva fatti molti. A 14 anni è stato mandato via dal PSG perché troppo alto e magro, e per lo stesso motivo ha cominciato a giocare da attaccante, nel suo girovagare per le giovanili delle squadre francesi: la questione del fisico che inganna (definizione di Monchi, Ds del Siviglia) rimarrà centrale nella sua carriera. L’ingresso nel calcio professionistico passa per Amiens: dopo due anni giocati nella seconda squadra, in quinta divisione, Steven ha esordito tra i professionisti, in Ligue 2, a 19 anni, raccogliendo solo 3 presenze, e poi ha firmato il primo contratto da professionista: niente che facesse pensare a un grande giocatore, non almeno un predestinato.

Un goffo N’Zonzi, alle prime presenze estive nel Blackburn, si fa rubare il pallone da Okaka.

Tutto il tempo perso quando il suo fisico si stava sviluppando, riesce a recuperarlo in pochi anni: diventa titolare nell’Amiens, e vari club inglesi si interessano alle sue qualità (si parla subito di “nuovo Viera”: un paragone sballato ma che arriverà fino ad oggi). La spunta il Blackburn: a soli 21 anni, e con la sola esperienza della Ligue 2, l’allenatore Allardyce lo ritiene già pronto per giocare da titolare.

Utilizzato davanti alla difesa in un doble pivote, o da interno di centrocampo, i tre anni di N’Zonzi a Blackburn scorrono senza highs and lows: è fisicamente prestante, dall’alto del suo metro e novanta, ma non è dominante, perché poco muscolare; è intenso a sufficienza, ma non estremamente dinamico; è tecnicamente valido, ma non ha la costanza nel servire assist dalla trequarti. Un utile mestierante di centrocampo, ed è così che viene acquistato dallo Stoke City, in seguito alla retrocessione dei Rovers, per 3,5 milioni di sterline: in ogni caso una bella plusvalenza per il club che aveva speso solo 500mila sterline per il suo trasferimento dalla Ligue 2.

Con Tony Pulis continua l’addestramento a un calcio molto fisico, e N’Zonzi impara a usare il proprio corpo, spesso impiegato da interno di centrocampo, ruolo che preferisce ma per il quale è richiesta un’intensità fisica sopra la norma in Premier. Ormai non c’è più traccia del paragone con Vieira, è evidente a tutti che N’Zonzi non ha quel dominio fisico, con e senza il pallone. N’Zonzi è un false friend in Premier League: viene usato in sistemi che ne sfruttano solo le caratteristiche fisiche evidenti, che sono allo stesso tempo le sue minori qualità.

La sua specialità è ricevere tra le linee: qui poi ci mette anche uno splendido tiro da fuori area, nell’ultima partita di Gerrard con il Liverpool.

L’unico ad accorgersene è Mark Hughes, che sostituisce Pulis alla guida dello Stoke e decide di cambiare la squadra: da un calcio fisico al passing game. Si parla addirittura di “Stokelona”, per evidenziare il cambio culturale, e viene acquistato anche un giocatore made in Barcelona come Bojan. Nel nuovo sistema, N’Zonzi finalmente fiorisce: nessuno come lui è in grado di aprire linee di passaggio in ogni zona di campo, preferibilmente dietro la linea di centrocampo avversaria.

La sua vera natura non è quella del centrocampista difensivo, ma del giocatore taglialinee: con i suoi passaggi, con le conduzioni palla al piede e con la sua abilità nel posizionamento. Insomma, il centrocampista perfetto per ridurre la velocità di gioco dello Stoke: paradossalmente, grazie al cambio di sistema, N’Zonzi comincia a correre di più, tanto da risultare a fine 2014 il giocatore con più miglia percorse in Premier. Si tratta del percorso di chi è sempre in movimento per garantire una linea di passaggio al compagno, muovendosi in verticale e in orizzontale su una vasta zona di campo. In questo video, tutti i pregi e i difetti di N’Zonzi nello “Stokelona” in poco più di un minuto: si fa trovare due volte libero dietro la linea di pressione avversaria, conduce bene palla al piede e scende ad aiutare la costruzione bassa. Ma non ha molta intensità fisica e si impegna poco nella chiusura delle linee di passaggio, tanto che trotterella mentre il passaggio di Fabregas gli scorre a lato.

Finalmente le qualità di N’Zonzi vengono sfruttate, e anche la sua fisicità non viene più storpiata: addirittura Hughes lo posiziona spesso fuori area in occasione dei calci piazzati, e gli concede grande libertà di movimento, senza chiedergli troppo lavoro in fase difensiva. C’è sempre un holding midfielder a proteggergli le spalle, permettendogli di pressare più in avanti. Proprio quando sembrava essere ormai nel sistema più adatto alle sue qualità, N’Zonzi decide di lasciare: da tempo cercava una squadra con maggiori ambizioni, e nonostante l’impegno di Hughes nel trattenerlo, nell’estate 2015 decide di trasferirsi al Siviglia.

Lo Spagnolo

Le lacrime del Ds Monchi, sul pullman del Siviglia appena uscito dal King Power Stadium di Leicester, nascondono varie storie, sintetizzate dall’eliminazione dalla Champions League agli ottavi di finale. Appena prima, però, Monchi si era diretto al centro del campo, a partita finita, guardando nel vuoto: e chissà se in quel momento pensava che a chiudere il suo sogno europeo da tifoso sevillista era stato un suo pupillo. Monchi aveva firmato la sua condanna europea quasi due anni prima: quando aveva acquistato N’Zonzi, l’uomo che ha sbagliato il rigore a 10 minuti dalla fine della partita di ritorno.

N’Zonzi non è un duro: basta guardarlo in questa intervista surreale (con domande tipo “Qual è il miglior paese per rimorchiare?”) per capire la sua normalità.

Il Siviglia era una destinazione bizzarra per un centrocampista ormai radicato nella Premier: ma nessuna delle grandi squadra inglesi credeva in N’Zonzi (probabilmente perché troppo poco “inglese” per quel campionato). Monchi invece sì: lo seguiva dai tempi del Blackburn, secondo lo stesso giocatore, se non addirittura dai tempi dell’Amiens. Nel giorno della presentazione del nuovo acquisto, il Ds sottolineò subito che N’Zonzi “tiene mucho fútbol”, non è il giocatore solo fisico da piazzare davanti alla difesa.

Appena arrivato a Siviglia, durante l’estate vive momenti durissimi: non si adatta al clima andaluso, arrivando quasi a svenire per il caldo, e contrae la salmonellosi (“ho pensato che fosse la fine”), e viene espulso nella partita d’esordio: il quotidiano El País ad ottobre 2015 titola già “El calvario de N’Zonzi”. Emery ha raccontato che N’Zonzi non riusciva ad abituarsi alla città e chiedeva di essere ceduto, e di averlo mandato via per tre giorni per chiarirsi le idee. Almeno viene assolto dall’accusa di aver aggredito la moglie: insomma, tempi difficili.

Nel Siviglia, forse N’Zonzi si aspettava di trovare un calcio più aperto e simile alle sue inclinazioni: invece non solo Emery lo utilizza immediatamente per le sue doti fisiche, posizionandolo sulla trequarti per i rinvii dal fondo in modo da sfruttarne le doti aeree (diventa così il terzo miglior saltatore della Liga, con 3.4 duelli aerei vinti per 90 minuti), ma lo spinge a lavorare molto sulle sue capacità difensive, mai davvero sviluppate. Lo sistema nel doppio pivote, una barriera umana in cui svetta Krychowiak, vero centrocampista difensivo. N’Zonzi ha più libertà di muoversi, ma non troppa: le tre mezzepunte dettano i passaggi tra le linee, e in caso di difficoltà non è lui a salire, per creare una linea di passaggio, ma Banega ad abbassarsi nella propria metà campo. Con Emery, insomma, N’Zonzi non è il riferimento principale nella propria metà campo, né con la palla né senza. In una squadra che non fa del possesso la sua cifra stilistica, il centrocampista francese è poco coinvolto sia nel far salire la palla che nel cercare soluzioni sulla trequarti (così come il suo compagno di zona, Krychowiak), ma più a garantire la compattezza e l’equilibrio della squadra. Pressione, bloccare le linee di passaggio, ritorno in linea: questi i tre concetti principali difensivi per Emery, e in questo aspetto N’Zonzi migliora notevolmente, passando da 0,81 (allo Stoke) a 1,96 passaggi intercettati per 90 minuti

Completo

E alla fine arriva Sampaoli, e con lui un sistema di gioco finalmente improntato al controllo della partita e al dominio del pallone. La fissità dei ruoli e dei moduli comincia ad evaporare (Whoscored ne elenca ben 11 diversi), e contano i princìpi. Uno di questi è la costruzione dell’azione dal basso, con il pallone che deve uscire pulito (ma se possibile, anche velocemente) dalla propria metà campo. L’obiettivo fondamentale è quello di trovare l’uomo dietro la linea avversaria, in ogni zona del campo.

Con la difesa a tre, N’Zonzi diventa il vertice alto del rombo di costruzione: nella pratica si crea una sorta di doppia regia con Nasri, il vero fulcro del gioco (via @11tegen11).

Tra le varie formazioni adottate da Sampaoli, possiamo distinguere fondamentalmente tra la difesa a 4 e la difesa a 3, per identificare il ruolo di N’Zonzi. Nel primo caso, è spesso costretto ad abbassarsi tra i due centrali per iniziare l’azione: non il suo compito preferito, e per questo viene aiutato da Iborra e soprattutto dagli abbassamenti di Nasri. La sua distribuzione del gioco è infatti piuttosto lineare nella propria metà campo, tende a non rischiare e a non accelerare la verticalizzazione, preferendo lo scarico laterale.

Con un centrale aggiunto nella linea difensiva, invece, N’Zonzi diventa il regista della squadra, è in posizione più avanzata e può collegarsi meglio con i compagni sulla trequarti, senza doversi abbassare troppo, e può sfruttare la sua capacità di tagliare le linee avversarie, tanto da diventare il centrocampista con più passaggi giocati in avanti della Champions League.

Ad esempio, in questa occasione contro il Malaga, si guarda intorno e avanza: così Nasri può servirlo in zona centrale. N’Zonzi sembra quasi incespicare, attrae l’uscita di un avversario, si ritrova la palla sul sinistro e serve una verticalizzazione perfetta per Vietto.

La fluidità posizionale del sistema di Sampaoli, che preferisce sorprendere l’avversario anche a costo di concedere molta libertà ai suoi interpreti, sempre all’interno di un sistema codificato, ha permesso lo sviluppo della special partnership tra N’Zonzi e Nasri, che spesso si sovrappongono e si rincorrono. Nel corso di questa partita contro il Celta è ben evidente. N’Zonzi evidenzia tutta la sua intelligenza e propriocezione: si fa trovare come sempre smarcato in zona centrale per ricevere il passaggio di Nasri, sente arrivare la pressione alle spalle ma con un solo tocco si libera di due giocatori del Celta. Poi conduce in modo perfetto, ma non avendo una verticalizzazione pericolosa (Vázquez gli chiude la linea di passaggio), si ferma e passa a Nasri che lo rincorre da dietro.

È nella metà campo avversaria che N’Zonzi evidenzia le sue migliori qualità: sia per la capacità di trovare soluzioni in fasi di gioco complesse, sia per la sua abilità di trovare la posizione giusta per la ricezione di un passaggio. Contro il Villarreal che si abbassa e si compatta per chiudere la zona centrale, il centrocampista francese prima serve un passaggio taglialinee per Vázquez, poi si fa trovare completamente solo al centro e regala una palla filtrante magica per l’inserimento di Mariano (che spreca).

In un sistema di gioco molto aggressivo e che punta alla riconquista immediata del pallone, anche senza il pallone N’Zonzi è una sorta di ancora che stabilizza la nave: è lui a garantire l’equilibrio di una squadra che spesso si ritrova in fase di riaggressione con un 2-4-4.

Gli avversari del Siviglia puntano molto sulle transizioni, approfittando di eventuali buchi nella pressione: qui il Villarreal è a un passaggio dal mettere Castillejo davanti al portiere, ma N’Zonzi in zona centrale ha già capito tutto e blocca l’assist con un intervento difficile anche dal punto di vista fisico.

Le sue doti fisiche sono molto oltre la media nella Liga, rendendolo difficile da attaccare e da dribblare. Allo stesso tempo, queste caratteristiche lo rendono adatto a questo ruolo particolare di dominus difensivo della zona centrale. In questo video, il Siviglia pressa alto ma con scarsa precisione: qui il Real può servire CR7, che a centrocampo riceve ed ha come unico avversario Rami. Lo salta con un tunnel, ma N’Zonzi gli toglie la palla da dietro con un colpo dello scorpione: aveva iniziato a correre appena vista la situazione di difficoltà. Questa azione spiega il motivo per cui Sampaoli lo ha soprannominato “el pulpo”.

Il francese?

Fino al momento del rigore sbagliato contro il Leicester, N’Zonzi stava disputando la migliore stagione della sua carriera. Un centrocampista talmente completo da saper fare tutto e in grado di poter giocare in qualunque posizione; fondamentale in entrambe le fasi; in grado di usare il proprio corpo con piena consapevolezza. L’unico difetto su cui non è riuscito a lavorare è quello del suo contributo realizzativo: mai sopra i 3 gol in campionato, nonostante l’ottima tecnica di calcio.

Il giocatore che stiamo osservando è l’esito di una maturazione lenta ma costante, dovuta però anche alle caratteristiche specifiche del sistema in cui gioca. Con 77,5 passaggi in media ogni 90 minuti, N’Zonzi è dietro al solo Roque Mesa tra i centrocampisti della Liga: e davanti a Iniesta, Kroos, Modric, Busquets. Ma N’Zonzi non è un regista naturale, è in qualche modo un moltiplicatore di qualità altrui: ha bisogno di un playmaker vicino che gli crei un sistema di appoggi e ricezioni, e l’ha trovato in Nasri. Non è neppure un pivote difensivo, e il fatto che il Siviglia difenda molto spesso in avanti gli evita errori in difesa posizionale. In questo video, contro il Real Madrid, si nota la sua aggressività nella metà campo avversaria: prima attacca la profondità in zona centrale, poi prova subito una pressione sulla palla persa, spinge Carvajal sulla fascia e riconquista palla: il cross è perfetto, se non fosse per il difensore del Real Madrid Nacho.

Forse queste considerazioni e la mancanza di un’eccellenza visibile hanno pesato nella sua storia con la Nazionale francese, che si limita a poche partite con l’Under 21: sufficienti però a impedirgli di essere convocato dalla Nazionale inglese, durante il breve interregno di Allardyce, che era stato il suo primo allenatore al Blackburn e che l’avrebbe volentieri convocato.

È difficile pensare che l’ostracismo di Deschamps possa durare a lungo: come sempre per N’Zonzi, i suoi difetti e le sue qualità sono inestricabilmente legate. Nel calcio delle Nazionali si ha bisogno di giocatori così completi, in grado di giocare in qualunque sistema con un sufficiente grado di consapevolezza. Ma se, come dice lo stesso giocatore, in Francia neppure sanno che N’Zonzi è francese, nella Repubblica Democratica del Congo sono perfettamente a conoscenza delle sue origini: la Nazionale è lanciatissima, e in lotta con la Tunisia per la qualificazione ai Mondiali del 2018. N’Zonzi non si è esplicitamente espresso, ha solo detto che gli piacerebbe giocare un Mondiale.

Nonostante la delusione per il rigore sbagliato contro il Leicester (era la sua prima volta in carriera nei 90 minuti: prima aveva segnato in un Birmingham-Stoke di Coppa di Lega del 2013, finita appunto ai rigori), a 28 anni, N’Zonzi è un giocatore completo, che non può più aspettare: dopo una carriera in cui ha seminato, questo è il tempo della raccolta. L’anno scorso la vittoria dell’Europa League, quest’anno la definitiva consacrazione nel grande calcio europeo, l’anno prossimo magari il Mondiale: finalmente Steven sta vivendo il sogno che immaginava da bambino.

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