Il fatto che al 10 dicembre si sia già giocato il terzo derby d’Italia della stagione cestistica tra Olimpia Milano e Virtus Bologna è significativo di quale sia la rivalità principe della pallacanestro italiana odierna. Dopo la prima vittoria della squadra di Luca Banchi - subentrato all’improvviso al partente Sergio Scariolo - ai danni quella di Ettore Messina in semifinale di Supercoppa Italiana, i bianconeri avevano servito il bis davanti ai propri tifosi nel confronto in Eurolega di metà novembre. Gli uomini dell’Olimpia, dunque, erano chiamati a una vittoria al Mediolanum Forum contro la nemesi bolognese, in una domenica senza troppe nuvole dopo settimane di tempesta: cinque sconfitte consecutive tra campionato (contro Pistoia e Sassari) e Europa (contro Zalgiris Kaunas, Bayern Monaco e Partizan Belgrado) avevano fatto addensare cattivi pensieri attorno alla squadra campione d’Italia in carica.
Ad Assago si è vissuto un turbinio di emozioni particolari. Innanzitutto per il ritorno di Luca Banchi da rivale, nove anni dopo aver riportato lo Scudetto all’ombra della Madonnina. Poi per quell’abbraccio con Ettore Messina e il sorriso stampato sul volto del grossetano dopo che, alla Segafredo Arena, il coach della Virtus aveva deciso di scendere in campo insieme con l’allenatore di Milano, una volta trattato come Walter White ed ora alla stregua di Heisenberg da parte del suo ex pubblico bolognese. Sugli spalti un’atmosfera sommessa, con pochi e spaiati fischi alla gestione della squadra, andati rapidamente persi in una serie di applausi di incoraggiamento. E un’ansia leggibile sui volti di tutti: tifosi, staff tecnico, giocatori.
Alla fine è stata una partita fatta di tira e molla, con Milano capace di mettere la testa avanti nel terzo quarto grazie a cinque punti consecutivi di Maodo Lo. I primi tre, con la difesa che collassa sulla penetrazione di Shavon Shields e il suo scarico immediatamente successivo, si inerpicano sul ferro una, due, tre volte. Da quel +12, però, il blackout. Andando in ordine cronologico: era già successo a fine ottobre con l’ALBA Berlino (peggior squadra dell’intera Eurolega per rating offensivo secondo Hack a Stat, con solamente 104.9 punti segnati su 100 possessi), andando in vantaggio con il medesimo scarto nello stesso momento della partita, e buttandolo via al vento gelido della capitale tedesca. Era successa sostanzialmente la stessa cosa contro il Partizan nell’infuocata Belgrado, che si era spenta e poi riaccesa con un 37-9 di parziale da parte dei padroni di casa. «Le persone che mungono il latte e lo versano nel secchio, poi, quando si alzano, danno un calcio al secchio e lo buttano via tutto. Noi siamo dei professionisti nel fare questo: mettiamo tanto latte nel secchio, ma poi lo buttiamo via con nonchalance» aveva detto Ettore Messina dopo l’amarissima sconfitta in terra serba, parafrasando l’iconico Aza Nikolic.
Questa volta, complice anche una Virtus Bologna sulle gambe dopo il back-to-back in Eurolega con vittorie pesanti contro Barcellona e Maccabi Tel Aviv, l’Olimpia si è rialzata, trascinata dai tiri pesanti di uno Shields «in difficoltà: anche lui è umano», come sottolineato da coach Andrea Trinchieri nel commento tecnico di DAZN nel bel mezzo della rimonta bianconera, che ha toccato anche il +5 a inizio quarto quarto.
L’ex Trento e Baskonia, però, si è rimesso i panni del leader dopo aver sparato in aria una tripla in transizione, finita lontana anni luce dal ferro. Nel quarto quarto, invece, ha realizzato 8 punti fondamentali, riportando uno spiraglio di luce per uscire da un tunnel apparentemente infinito. Eppure la paura di vincere è tornata a farsi sentire ancora una volta, puntuale come l’incolonnamento in autostrada al rientro dal ponte dell’8 dicembre. Un sentimento riassunto in maniera ineccepibile dallo stesso Ettore Messina in conferenza stampa dopo il derby d’Italia. «Quando andiamo in difficoltà tiriamo subito o siamo passivi, su questo bisogna lavorare. Ci è chiaro dov’è il problema, dobbiamo riuscire a risolverlo. Non è facile, ci vuole mente fredda. Quei quattro minuti ci hanno messo in un’ansia enorme». Lo ha chiamato “spettro della sconfitta”. Ma come si è arrivati ad una situazione tale? Come ha fatto la squadra campione d’Italia in carica a iniziare a temere tanto la sconfitta da scappare dalla vittoria?
Gli highlights della sofferta vittoria nel derby d’Italia.
Da dove nasce la crisi di Milano
Come detto in precedenza, la sconfitta per mano del Partizan di Zeljko Obradovic era stata la terza consecutiva in campo europeo dopo quelle contro Zalgiris Kaunas (in casa, 83-70) e Bayern Monaco (in trasferta, 91-84). La nona in totale, per un record di 4-9 che significa 15^ posizione in ex equo con la Stella Rossa, davanti solamente ad ASVEL ed ALBA Berlino, entrambe con un record di 2-11. Se qualcuno avesse ipotizzato uno scenario simile alla vigilia della stagione, probabilmente l’avrebbero preso per pazzo.
Dopo il secondo Scudetto consecutivo vinto ai danni della Virtus Bologna, Milano aveva puntato tutte le sue fiches su un mercato da protagonista in campo europeo, cercando di archiviare la sciagurata stagione 2022-23 solamente come un brutto sogno, parzialmente interrotto dall’effetto inebriante portando dall’aggiunta a stagione in corso di Shabazz Napier. Oltre alle conferme di figure solide come capitan Nicolò Melli, Shavon Shields, Billy Baron (ancora fuori per un infortunio al gomito destro e mai sceso in campo in questa stagione), Devon Hall, Johannes Voigtmann e Kyle Hines, nella scuderia meneghina si erano aggiunti un Nikola Mirotic conteso da mezza Europa, il campione del mondo Maodo Lo e un mix di atletismo e fisicità sulla carta imponenti come Alex Poythress. Il tutto corredato dalla permanenza di Kevin Pangos, confermato nonostante l’impiego a corrente alternata dell’anno precedente, e dall’arrivo del giovane Ismael Kamagate, ennesimo talento francese in rampa di lancio.
Una squadra chiamata a competere per un posto tra le prime sei, con l’obiettivo di qualificarsi direttamente per i playoff. Nonostante un sostanziale equilibrio com’è tipico in Eurolega (otto squadre dal Partizan sesto al Bayern tredicesimo sono distanti una sola vittoria), l’allarme era già scattato nelle occasioni sopra citate, senza considerare l’occasione persa al Mediolanum Forum contro il Maccabi Tel Aviv che arrivava da settimane compromesse dalla distanza da Israele - si stanno allenando e giocando le partite casalinghe all’Aleksandar Nikolic Hall di Belgrado - e da una pesantissima sconfitta nel Principato di Monaco.
Quello che manca maggiormente a questa squadra è la continuità in termini di prestazioni e, soprattutto, di risultati. Dopo una schiacciante vittoria contro Valencia, all’epoca tra le migliori compagini difensive dell’intera Eurolega, non si è capitalizzato nel derby d’Italia in salsa europea in casa della Virtus Bologna. Dopo due convincenti successi ai danni di Efes e Stella Rossa, ecco le già citate tre sconfitte consecutive contro lituani, bavaresi e serbi. Un’incertezza che si tramuta anche nell’incostante solidità nell’arco dei quaranta minuti da parte dei biancorossi. La partita contro gli ex Kevin Punter e Zach LeDay è stata particolarmente sintomatica in tal senso: avanti di 15 dopo un giro in lunetta di Shields a 4:10 dalla fine del terzo quarto, l’Olimpia si è sciolta come neve al sole. «Non mollate adesso», diceva Ettore Messina in un timeout durante l’ultimo quarto, nel pieno del blackout Olimpia. «Continuiamo a tirare», gli faceva eco il suo numero 31, unica fonte di brillantezza offensiva a gioco rotto.
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A tal proposito, questo è un altro nodo da sciogliere nell’annata storta di Milano. In troppe occasioni, la fluidità dell’attacco meneghino è risultata limitata, con svariate azioni che sono finite in mano a Mirotic e Shields chiedendo loro di inventarsi qualcosa in isolamento. Nelle prime cinque partite (quattro sconfitte e una vittoria, in casa contro l’Olympiacos) della regular season, il duo realizzava quasi 40 dei 78 punti segnati di squadra. Quando si è riacutizzato un vecchio problema al tendine d’Achille sinistro per l’ex giocatore dei New Orleans Pelicans e Chicago Bulls - un infortunio che può tenerlo fuori per tante settimane, «forse di più» a detta di Messina -, le cose non sono certamente migliorate. Se l’aggiunta del Play-In (mini torneo a cui accedono le quattro squadre dal 7º al 10º posto in classifica per decretare le ultime qualificate ai playoff) in un’Eurolega già molto competitiva non aiuta in questo momento d’incertezza, la situazione più preoccupante - ma maggiormente risolvibile nel lungo periodo - è in campionato.
Nonostante il ritorno alla vittoria contro la squadra di Banchi, l’Olimpia Milano rimane a rischio di rimanere fuori dalla prossima Final Eight di Coppa Italia, visto che si trova in ottava posizione in campionato con sei vittorie e cinque sconfitte. Queste ultime sono arrivate tanto in casa (contro Pesaro e la neopromossa Pistoia) quanto in trasferta (contro Napoli, Scafati e Dinamo Sassari). L’inizio della sfida ai sardi è una piccola sinossi del romanzo stagionale dell’EA7 Emporio Armani, con un 12-0 di parziale subito senza grossi patemi né sorprese, il che risulta ancor più problematico visto che poi la stessa Sassari, mentre andava in scena la partita di cartello al Mediolanum Forum, usciva sconfitta da Brescia con uno scarto di 45 punti (110-65).
Le azioni della sconfitta subita in Sardegna.
La gestione del roster da parte di Messina
In LBA, inoltre, sta emergendo una costante già tipica delle precedenti annate a guida Ettore Messina: alcuni elementi del roster, risparmiati in campo europeo per lasciar spazio a giocatori più pronti, non trovano minuti nemmeno contro compagini sulla carta decisamente inferiori ai campioni d’Italia. Ismael Kamagate, per esempio, reduce da un’annata da 9.2 punti, 8.4 rimbalzi e 1.5 stoppate di media in Eurocup con Parigi, ha totalizzato otto minuti nelle trasferte di Scafati e Sassari; Guglielmo Caruso, centro rivelazione del campionato 2022-23 a Varese con 9.2 punti di media (67.1% da due e 40.6% dall’arco), non è mai sceso in campo contro Tortona, Scafati, Pistoia e Sassari; Giordano Bortolani, miglior giovane della Basketball Champions League 2021-22 e richiamato alla base dopo tante stagioni in prestito, ha totalizzato una ventina di minuti nelle sconfitte contro Scafati, Pistoia e Dinamo. Eppure, dopo i suoi 10 punti in 20 minuti nella vittoria contro la Reyer Venezia del 19 novembre, il coach l’aveva definito «un ragazzo che a parte i punti ha un buon trattamento di palla [...], che sta crescendo sul fronte difensivo».
La mancanza di opportunità per giovani e non solo - vedi il caso di Giampaolo Ricci, tornato in fondo alle rotazioni dopo due annate significative in uscita dalla panchina per questa squadra - crea due sostanziali conseguenze allarmanti: poco ritmo-partita nelle gambe e un eccessivo utilizzo di figure necessariamente chiamate a degli sforzi extra anche in Eurolega. Gli unici giocatori con più di 200 minuti totalizzati in campo dall’inizio della stagione italiana, infatti, sono Shavon Shields (292), Nicolò Melli (252), Stefano Tonut (241) e Devon Hall (218): tutti e quattro, manco a dirlo, sono presenze fisse anche durante la settimana, giocatori di cui Messina non può fare a meno contro le squadre migliori d’Europa. Contro la Virtus Bologna, si è forse iniziata ad intravedere una tendenza diversa: tanto Giordano Bortolani (10’) quanto Giampaolo Ricci (22’) - campione d’Italia sia con la Virtus Bologna (2021) che con Milano (2022 e 2023) - hanno avuto più tempo del solito sul parquet, e durante il secondo quarto si è visto un quintetto “molto italiano” con Flaccadori, Bortolani, Ricci e Melli insieme a Hall.
A partire dalla sconfitta interna di Halloween contro il Maccabi, in più, è venuto a (ri)presentarsi l’elefante nella stanza che aveva condizionato la striscia di nove sconfitte consecutive - iniziata, guarda caso, a fine ottobre - arrivata nella passata stagione europea: la mancanza di certezze nel ruolo di playmaker. Sulla carta, all’indomani dell’addio del Chacho Rodriguez, il vuoto lasciato dallo spagnolo doveva essere colmato da Kevin Pangos - secondo quintetto Eurolega con lo Zalgiris Kaunas nel 2017-18 e primo quintetto Eurolega con lo Zenit San Pietroburgo nel 2020-21 -, che però ha vissuto un rapporto complesso con la guida tecnica all’ombra della Madonnina. Bocciato e sostituito da Shabazz Napier, la mancata conferma dell’ex Washington Wizards aveva riaperto le porte del Forum al canadese, che da quella sconfitta contro gli israeliani è però un corpo estraneo nell’universo Olimpia.
Mai più visto nel roster a disposizione di Messina - né tantomeno sugli spalti a supportare i compagni -, è stato scaricato senza troppi panegirici in un’intervista congiunta al “Foglio” e al “Corriere della Sera”: «Non abbiamo il pilota adatto per la nostra auto. Pangos non è l'uomo che può far giocare questa squadra. [...] Ammetto di aver sbagliato io la scelta. Forse dovevo capirlo quando è passato dall'essere il secondo play di Cleveland a finire fuori squadra». I soli Maodo Lo e Diego Flaccadori, con tutti gli sforzi del caso (lo show da 32 punti messo in atto dal tedesco in casa della Stella Rossa o tutte le palle vaganti su cui si fionda l’ex Trento), non possono rappresentare le uniche due alternative in cabina di regia di una contender, quantomeno in un’Eurolega dove il gioco viene orchestrato dai vari Facundo Campazzo (Real Madrid), Mike James (Monaco), Nicolas Laprovittola (Barcellona), Lorenzo Brown (Maccabi Tel Aviv), Shane Larkin o Darius Thompson (Efes) e via discorrendo. Oltre a una solidità difensiva lasciva (secondo Hack a Stat, tra le squadre che non avevano raggiunto i playoff nella scorsa stagione europea Milano era la migliore per rating difensivo con 111.7 punti concessi su 100 possessi, mentre quest’anno è decima con 113.7), il problema è anche stato comunicativo.
La sorprendente estensione di contratto di Messina
Dopo la sconfitta della scorsa domenica al PalaSerradimigni e con una doppia sfida impegnativa all’orizzonte contro Bayern Monaco e Partizan Belgrado, avevano iniziato a veleggiare voci sulle dimissioni da parte dell’ex assistente di Los Angeles Lakers e San Antonio Spurs, a Milano non solo nelle vesti di allenatore ma anche di President of Basketball Operations. Nella giornata di lunedì, invece, il presidente Pantaleo Dell’Orco, storico braccio destro di Giorgio Armani, aveva messo a tacere ogni tipo di allontamento di Ettore Messina con un comunicato lungo solo qualche parola, spendendo sul nascere ogni voce: «Il contratto del signor Ettore Messina è esteso fino al 30 giugno 2026».
Conviene fare un giro nelle risposte a questo tweet per comprendere lo stato d’animo dei tifosi dopo l’annuncio.
Una presa di posizione forte da parte della società, forse con le modalità non appropriate considerando anche il doppio ruolo ricoperto dallo stesso Messina. Se si fosse dimesso sarebbe rimasto in società? Si sarebbe aperto un capitolo totalmente nuovo? Al momento, non è dato saperlo, considerato che al termine di una settimana sfiancante è arrivata la tanto agognata vittoria contro la Virtus. Chiamata a un tour de force di fine 2023 che la vedrà impegnata su campi abbordabili ma ostici come Varese e Cremona e a sfide impegnative in Eurolega contro Barcellona, Panathiniakos e Baskonia, oltre al ritorno di Gianmarco Pozzecco con l’ASVEL e la sfida all’attuale capolista Brescia, l’Olimpia Milano ha perlomeno messo la tessera di una vittoria pesante in un puzzle ancora troppo disgregato per essere completato.
Vincere aiuta a vincere, pare si dica. Aver paura della vittoria, però, non può essere contemplato. Scalciare il secchio dopo aver munto la mucca, d’altronde, non ti porta il latte a colazione.