Telex: sistema di comunicazione a distanza tra due utenti
attraverso un terminale molto simile a una macchina da scrivere.
Di fatto, un'evoluzione del telegrafo.
“Ti devo parlare. Non ci ho dormito tutta la notte”. Ricardo Fujca entra senza farsi annunciare nell'ufficio di Pierpaolo Marino, direttore sportivo dell'Avellino giovane e brillante, già afflitto da un'incipiente pinguedine. “Diego non viene, non verrà. Forse non giocherà mai più in Spagna”. Marino annuisce, contrariato, ma annuisce. “Ascolta Pierpaolo, sei ancora giovane, rimarrai molti anni nel calcio. Se hai delle amicizie, questa è l'occasione per farlo andare via dal Barcellona”. Il telefono a rotella è lì sotto il naso, Marino alza la cornetta e telefona a Giampiero Boniperti, proponendogli di comprare Maradona.
Aneddoto su Maradona raccontato a Mixer dall'Avvocato in persona.
Flashback
Il 5 maggio 1984 il periodo catalano di Diego Armando Maradona, “il giocatore più forte del mondo”, va definitivamente in malora. Al Bernabeu c'è la finale di Copa del Rey tra Barcellona e Athletic Bilbao, violentissima classica filo-indipendentista dei primi anni '80. È il nuovo incontro tra Diego e il suo boia, el Carnicero Andoni Goikoetxea che a settembre aveva brutalizzato la caviglia sinistra del Pibe, ricevendo diciotto giornate di squalifica. Vince 1-0 l'Athletic di Javier Clemente e a fine partita Maradona si guarda febbrilmente intorno alla ricerca di scalpi. La vittima è José el Chato Nunez, centrato da una testata che dà il via alla furibonda pelea finale davanti agli occhi inorriditi di re Juan Carlos. Quando il campo di battaglia si acquieta, il verdetto ha il suono dell'esilio: tre mesi di squalifica e la riprovazione generale di quel Paese che, dal Mondiale 1982 in avanti, gli ha riservato soltanto amarezze, compresa la scoperta di quella Dama Bianca che sarà la prima responsabile della sua rovina.
Sarebbe ancora possibile una cosa così oggi?
Mentre il mentore Menotti abbandona la scena e il presidente Nunez, quasi come estremo sberleffo, punta a un allenatore inglese, Maradona raduna il suo cerchio magico: “Yo quiero irme”, ovviamente in Italia. La serie A è Bengodi, El Dorado, dove anche le più piccole riescono ad accaparrarsi giocatori come Zico o Socrates, appena comprato dalla Fiorentina.
Il 6 maggio 1984, al fischio finale di uno Juventus-Avellino terminato con un salomonico 1-1 che vale il ventunesimo scudetto per la Juve e l'aritmetica salvezza per gli irpini, Marino inizia subito a darsi da fare per una bella festa di inizio estate. Marino ama i grandi sogni: punta a un'amichevole col Barcellona, magari da organizzare al San Paolo. Il gancio è Fujca, intermediario e buon conoscente destinato poche ore dopo a essere l'ambasciatore che porta pena: Maradona non ci sarà, addio grandi incassi, addio notte di gala, tanto vale comprare Diego. Ma Boniperti risponde che no, il ragazzo non è da Juve, e poi abbiamo già Platini; e anche Paolo Mantovani della Sampdoria balbetta che Maradona costa troppo, “faccio già fatica a prendere Vialli e Mancini”. Inizia qui la cosiddetta Operazione San Gennaro, destinata a durare 52 giorni e 52 notti, dall'11 maggio al 1° luglio 1984, e quello che parte da Avellino direzione Barcellona, per annullare quest'ormai inutile amichevole, è solo il primo di un'infinita serie di telex.
Il Napoli è a caccia di un secondo straniero, ma non può ignorare un debito che secondo fonti ufficiose è a nove zeri (Oliviero Beha e Andrea Di Caro, nel loro Il calcio alla sbarra, fisseranno la cifra a 8 miliardi e 600 milioni). Da buon olandese Ruud Krol batte cassa e Socrates, uno dei tanti obiettivi, è ormai sfumato. Eppure, dieci giorni dopo, nella sala di un lussuoso hotel di Zurigo dove si stanno festeggiando gli 80 anni della FIFA, il presidente del Napoli Corrado Ferlaino confida al consigliere federale Carlo De Gaudio il suo sogno al limite dell'indecenza.
Il braccio armato dell'Ingegnere è Antonio Juliano, ex capitano convertitosi a uomo mercato. Il rapporto tra i due non è idilliaco, ma Juliano è un direttore sportivo perfetto per l'immediata sintonia che sa stabilire anche con giocatori all'apparenza irraggiungibili. L'incontro con Maradona e con il suo manager Sylvio Cyterszpiler dura lo spazio di un battito d'ali: l'accordo, un miliardo e 300 milioni l'anno per sei anni più ulteriori bonus e altri ammenicoli, viene subito trovato. Il 25 maggio si sparge la voce di un incontro tra Ferlaino, Juliano, il consigliere Antonio Tagliamonte e Joan Gaspart, luogotenente del presidente Nunez. Nella biografia maradoniana dell'inglese John Ludden Maradona: A Southern Wind, molto romanzata ma molto ben documentata, si citano con precisione il ruolo occulto di raccordo della Camorra in tutta l'operazione e poi anche l'ordine impartito in quei giorni da Nunez a Gaspart: “Prosciuga il Napoli”. L'offerta sembra irricevibile: 11 miliardi di lire, che il Barcellona peraltro gradirebbe pagati in dollari, valuta meno a rischio svalutazione.
Ferlaino trascorre giorni interi a fare il giro delle sette chiese, alias le sedi delle banche che gli dovranno garantire la copertura necessaria per il colpaccio: Banco di Napoli, Banco di Roma, BNL, Monte dei Paschi. La regia è del sindaco Vincenzo Scotti, vicesegretario della Democrazia Cristiana, gratificato dell'affettuoso soprannome di Tarzan. Il 31 maggio l'Ingegnere sale a Milano, dov'è in corso al Castello Sforzesco la Festa dell'Amicizia, il meeting della DC, e ottiene il via libera da Scotti. Il deficit non c'è più, Ferlaino se ne esce con una delle sue perle di cerebrale fantasia: “Il Napoli potrà fare una pazzia ragionata”.
L’aneddoto del whisky.
Giugno
Il mercato chiude il 30 giugno alle ore 20. Il Barcellona non crede a una virgola di quel che gli raccontano da Napoli: hanno letto i reportage, hanno sentito le interrogazioni parlamentari dei consiglieri comunali della città (in particolare uno, il radicale Marco Pannella) che si chiedono come faccia a permettersi Maradona un club che non paga l'affitto del San Paolo da dieci anni. All'ottimismo fa seguito l'ostruzionismo, la frenesia partenopea è scambiata per disperazione. Gaspart fa il riottoso: “Abbiamo ricevuto la delegazione napoletana solo per educazione”. In città si mangiano i gomiti, Maradona – solitamente incline alle sceneggiate – ci aggiunge il carico con conferenze stampa a raffica dalla sua villa di Pedralbes, la Beverly Hills barcellonese: “Quest'attesa mi sta uccidendo”.
“Un gruppo di tifosi in zona Ferrovia si è autotassato. Hanno rintracciato una persona che conosce lo spagnolo. Si sono procurati i numeri di telefono della sede del Barcellona, dei giornali spagnoli, del manager di Maradona. Le ininterrotte intercontinentali sono costate più di centomila lire. Intorno alle 22 le linee urbane sono andate in tilt. Alle 23 si è sparsa la voce maligna che il Barcellona aveva dichiarato il giocatore incedibile. Molti tifosi sono stati colti da malore”
da la Stampa del 9 giugno: una città in stato pre-bellico.
Ma si riapre tutto, naturalmente, in un tira e molla estenuante gestito sadicamente da un Barcellona squassato dalle lotte intestine tra Nunez, che detesta Maradona e ne è cordialmente ricambiato, e il delfino Gaspart, che vorrebbe fare le scarpe al boss nelle imminenti elezioni societarie puntando proprio sulla permanenza di Maradona. Ferlaino e Juliano hanno il grande merito di mantenere la calma anche di fronte ai telex sempre più provocatori che arrivano dalla Catalogna. Il 12 giugno, mentre Diego se la spassa al Roland Garros tifando per il suo idolo McEnroe, il Barça chiede ufficialmente un anticipo di un miliardo di lire solo per firmare un pre-contratto. Con uno sforzo di buona volontà il Napoli acconsente, ma gli spagnoli rilanciano con la richiesta di garanzie bancarie sulla copertura dell'intera somma.
Ferlaino prosegue la sua via Crucis tra Palazzo San Giacomo, sede del Comune, e via Toledo, sede del Banco di Napoli. Questi ultimi il 22 giugno accreditano 5 miliardi di lire sul conto intestato al Barça di una filiale della banca Mas Sarda. I soldi sono stati raccolti probabilmente con qualcosa di molto simile a una colletta, a patto che il trasferimento venga completato entro il 27 giugno. Mancano più o meno 7 miliardi che il Napoli cerca di dilazionare il più possibile. In una saletta privata dell'hotel Excelsior di via Partenope, con vista mozzafiato su Castel dell'Ovo, i delegati delle banche lavorano anche di domenica. Alla fine la nottata passa davvero: i soldi verranno versati in due tranches con scadenza luglio 1985 e luglio 1986; di questi, 720 milioni saranno sborsati dalla Cirio, sponsor degli azzurri. Si attende risposta del Barcellona.
29 giugno
È in programma il Consiglio Direttivo del Barça, laddove i nodi tra Nunez e Gaspart vengono clamorosamente al pettine. Che facciamo con Dieguito? Il verdetto è un incredibile schiaffo alla pazienza del Napoli: un altro miliardo e mezzo in più rispetto ai 12 miliardi pattuiti, o non se ne fa niente. Juliano comunica la bella notizia a Ferlaino. L'Ingegnere noleggia un aero-taxi con cui parte da Napoli alle 15,30, con la ferma volontà di non scucire una lira di più. Sembra si stia andando verso la rottura, e invece in soccorso del Presidente arriva Diego in persona: insieme a Cyterszpiler raggiunge Ferlaino in albergo e accetta di limare di qualche milione la percentuale del 15% spettante al giocatore sull'intera somma del trasferimento.
A quel punto Nunez non si fa trovare; Gaspart, che vuole trattenere Maradona, prorompe in un celeberrimo “Nada! Nada!” ai giornalisti accampati che gli chiedono se si è sbloccato qualcosa. Una presa in giro in piena regola. Furibondo, Ferlaino medita di portare ugualmente il contratto preliminare e chiedere i danni con una mega-vertenza all'UEFA; intanto, in silenzio, avvisa il comandante Plaga, pilota del suo aerotaxi privato: “Domattina a Milano, poi subito ancora a Barcellona”.
30 giugno
Ferlaino vola a Milano e approda in Lega Calcio, dove consegna a una guardia giurata un plico vuoto, facendo finta che contenga il contratto di Maradona; poi riparte di slancio. Nell'ennesima conferenza stampa da casa sua, Maradona promette di diventare il peggior incubo del Barcellona: “Perché mi ostacolano? Nemmeno i tifosi vogliono che io rimanga. Ma se rimarrò, sarò sempre ammalato e non potrò mai giocare bene”.
L'empasse va avanti fino alle 15, a meno di cinque ore dalla chiusura del mercato. In un tentativo estremo e coraggioso di bluff, Juliano inizia a far circolare il nome di Hugo Sanchez dell'Atletico Madrid, eventuale obiettivo del Barça in caso di cessione di Maradona. Come in una recuperata versione di The Big Kahuna vergata da Eduardo De Filippo, Ferlaino raggiunge Juliano, il dirigente Dino Celentano, il consigliere Isaia, il ragionier Pinelli e l'intermediario Minguella nella stanza 1715 dell'Hotel Princesa Sofia, e iniziano tutti insieme a friggere. Poco dopo le fatidiche cinque della sera, arriva la telefonata: Nunez vuole incontrare Juliano. “Sì, i tredici miliardi e mezzo ci sono. Ci sono tutti”.
Alle 20,25 il Tg1 parla di “trattativa riaperta”. Centinaia di tifosi si radunano nei luoghi sacri della napoletanità oppure sotto la sede del Mattino in via Crispi. Alle 22 i giornalisti italiani a Barcellona confermano tutto, e Napoli esplode. Parte una fiaccolata spontanea in direzione Mergellina. Vengono riesumate le magliette già stampate da settimane, così come un inno composto all'impronta. Sulle emittenti locali le scoppiettanti edizioni straordinarie interrompono i film polizieschi e neomelodici.
Ma Corrado Ferlaino non può ancora festeggiare, sta atterrando in quei minuti alla Malpensa e, armato del vero contratto firmato, deve tornare in Lega a sostituire il plico-pacco depositato di mattina. Porte sbarrate, è mezzanotte passata e forse anche di più. Ma c'è ancora una guardia giurata (la stessa del mattino? Implausibile, ma a questo punto tutto è plausibile). “Ho sbagliato una procedura, mi faccia passare”. Tante righe si scriveranno sulle origini e sulla natura di quella guardia giurata che è fa da vero e proprio passepartout di questa storia. Negli anni si è fantasticato soprattutto sulla sua provenienza geografica. La leggenda vuole che fosse napoletana, e che avesse successivamente indicato a Ferlaino un impiegato napoletano delle Poste in grado di inoltrare a tempo di record la raccomandata alla Lega contenente il contratto. In realtà Ferlaino fece tutto da solo: come Phileas Fogg, in ritardo ma non troppo, Ferlaino sostituisce il primo plico con quello buono e poi corre via, nella notte milanese.
Maradona sbarca in Italia il 4 luglio. Alloggerà al solito Excelsior, stanza 223, Castel dell'Ovo sarà una meraviglia. Ma ancora in aereo, agli ambasciatori napoletani a cui in quel momento ridono anche le ginocchia, ha solo una domanda. La riporta Furio Zara nel suo libro sullo scudetto del Verona, Ma è successo davvero? Una domanda incredibile nel suo candore, che sembra uscita da un film di Paolo Sorrentino: “Me li fate mangiare gli spaghetti?”. Il giorno dopo, esattamente 32 anni fa, Maradona incontra per la prima volta i tifosi napoletani al San Paolo.