A inizio stagione il Manchester City di Guardiola era considerato dai bookmakers la favorita assoluta per la vittoria della Premier League. Dopo sei partite i “Citizens” hanno legittimato il proprio ruolo con sei vittorie su sei; la sorpresa, in rapporto alle previsioni della agenzie di scommesse, è invece il Liverpool di Jürgen Klopp, a inizio stagione quinta favorita e ora prima outsider per la vittoria del titolo.
Dopo sei giornate i “Reds” sono quarti in classifica con Arsenal (che li precede per la differenza reti) ed Everton, grazie ai 13 punti raccolti fin qui. Con 16 gol il Liverpool ha il secondo miglior attacco, secondo solo a quello del City, ma con 9 gol subiti condivide con il Chelsea il peggior record difensivo nella prima metà della classifica. Insomma, è messo bene in classifica ma il suo ruolino di marcia non sembra giustificare un tale balzo in avanti nei favori dei bookmakers e soprattutto degli scommettitori che, tramite le loro puntate, sono gli attori che effettivamente indirizzano il mercato in un verso o nell’altro. Dobbiamo davvero iniziare a pensare al Liverpool come a una seria contender?
L’assetto definitivo
Esaminando il calendario però, le motivazioni della fiducia sul campionato del Liverpool cominciano ad avere maggiore fondamento. In queste prime sei partite la squadra di Klopp ha vinto all’Emirates Stadium rifilando 4 reti all’Arsenal; ha tenuto testa al Tottenham guadagnando un altro punto nella trasferta di White Hart Lane; ha inaugurato la nuova tribuna di Anfield con un 4-1 ai campioni uscenti del Leicester; ha dato un dispiacere a Conte causando la prima sconfitta stagionale (e casalinga) del Chelsea; ha annichilito 5-1 l’Hull City. Un cammino entusiasmante per squadra e tifosi, condito da risultati roboanti contro formazioni che, fino a prova contraria, rientrano quasi tutte nel novero delle favorite alla vittoria della Premier.
Certo, il 2-0 subito dal Burnley alla seconda giornata ha fatto storcere il naso, tanto che qualche tifoso (e il Liverpool Echo) aveva persino cominciato a dubitare dei progressi fatti dalla squadra sotto la guida di Klopp, citando le difficoltà incontrate contro squadre chiuse fin dall’insediamento dell’allenatore tedesco nell’ottobre scorso. Il confine tra “solito Liverpool” e “imprevisto d’agosto”, insomma, sembrava labile.
Nel suo intervento al Monday Night Football Klopp ha dichiarato che i moduli non hanno grande importanza, ma intanto ha trovato nel 4-3-3 il sistema di gioco più adatto alla squadra. Con questo schieramento tutti gli undici in campo sembrano poter rendere al massimo e, pur con qualche compromesso (ad esempio Milner terzino sinistro), il tedesco ha raggiunto il risultato tattico che ha sempre cercato: sfruttare al massimo le qualità dei singoli in un contesto di squadra.
Nell’ultima partita giocata, quella contro l’Hull, Karius ha fatto il suo esordio da titolare dopo i guai fisici che lo avevano colpito poco dopo il suo approdo nel Merseyside. L’ex portiere del Mainz è più giovane di Mignolet di 5 anni, ma sembra poter dare maggiori garanzie rispetto al belga, spesso goffo nelle uscite alte e non altrettanto freddo nella gestione del pallone con i piedi. Davanti all’estremo difensore tedesco, Klopp ha principalmente ruotato tre difensori centrali, Matip, Klavan e Lovren e contro il Leicester ha persino usato Lucas Leiva, troppo poco dinamico per giocatore a centrocampo, ma molto bravo nel far ripartire l’azione da dietro.
Lucas avrà pur regalato un gol al Leicester ma la sua abilità nel verticalizzare il gioco è stata fondamentale durante il match ed ha anche innescato la prima rete di Firmino (superbo anche il movimento a portare via l’uomo di Sturridge).
Anche Matip e Klavan, arrivati rispettivamente dallo Schalke 04 e dall’Augsburg, sono stati comprati proprio per la loro abilità nel giocare sotto pressione e verticalizzare il gioco fin da subito, mentre Skrtel è stato bocciato per il motivo opposto, oltre che per i ripetuti errori della passata stagione.
Clyne è ormai a pieno titolo uno dei migliori terzini della Premier e il gioco di Klopp, che gli richiede un costante contributo offensivo, ne esalta la fisicità. Clyne non ha ancora saltato una partita, a differenza di Alberto Moreno: la prima partita contro l’Arsenal ha confermato la sua inaffidabilità difensiva. Visto che nemmeno il suo contributo in avanti era tale da permettergli di conservare il posto, Klopp lo ha messo da parte, testando con successo Milner da terzino sinistro.
Klavan è diventato idolo dei tifosi soprattutto per aver marcato Messi alla grande nel 4-0 con il Barcellona, ma è prezioso per il suo contributo nella fase di uscita e nelle verticalizzazioni. Qui pesca Milner nel suo nuovo ruolo di terzino sinistro.
Il ruolo di centrocampista davanti alla difesa era uno dei punti interrogativi della scorsa stagione. Per ora Klopp lo ha affidato a Henderson, non abituato a giocare in quella posizione (era un esterno di centrocampo ad inizio carriera), ma che nelle ultime uscite sembra aver cominciato a capire i compiti e ad assumersi le responsabilità di regista. Dopo la partita con il Burnley, “Hendo” fu oggetto di critiche: aveva fornito una prestazione non all’altezza, mostrando diverse difficoltà nel farsi trovare libero e nel supportare i difensori centrali. Già dalla successiva gara con il Tottenham ha mostrato netti miglioramenti e in questo momento è l’unico giocatore che può occupare stabilmente quel ruolo nello scacchiere di Klopp. Sarà interessante vedere cosa accadrà quando Emre Can sarà completamente recuperato: il ruolo ideale del tedesco è tuttora un rebus, (in pratica gli manca di giocare solo in porta), ma in molti vedono in lui le qualità per consolidarsi come regista arretrato.
Ai lati di Henderson giocano Wijnaldum e Lallana, due giocatori molto dinamici e che amano svariare sul fronte offensivo scambiandosi anche con gli altri giocatori d’attacco, fornendo grande fluidità alla manovra dei “Reds”, proprio quello che Klopp cercava dal mercato. L’olandese è tecnico, abbastanza creativo e in grado di spaccare le difese con un inserimento centrale mentre Lallana, non abbastanza dribblomane per essere impiegato da esterno, sembra aver trovato un ruolo ibrido tra interno e esterno che gli si addice molto sia per spirito di sacrificio che per caratteristiche tecniche.
In avanti Klopp ha quattro giocatori per tre maglie. Solitamente la fascia sinistra è di competenza di Coutinho, che grazie alle discese di Milner ha la possibilità di venire spesso in mezzo al campo senza il timore di intasare la trequarti o lasciare vuoto il proprio settore di competenza. Certo, il brasiliano non ha perso il “viziaccio” di calciare da fuori ogni volta che ne ha l’occasione (5,6 tiri per 90 minuti, di cui 3,6 da fuori) ma per ora viaggia a 2,7 passaggi chiave per 90, media mai tenuta nella sua carriera con la maglia dei “Reds”. Al centro Klopp alterna indifferentemente Firmino, un po’ il jolly del reparto offensivo, e Sturridge a seconda della partita e dell’approccio che vuole proporre. Il primo si fa apprezzare per il preziosissimo contributo nel pressing (in pochi scelgono il tempo e l’angolo di pressione come lui) e svaria molto per il campo, mentre il secondo è chiamato in causa quando la squadra necessita di un attaccante più classico.
A destra si è imposto in brevissimo tempo Sadio Mané, il giocatore in grado di vincere sistematicamente i duelli individuali (per ora 3,6 dribbling riusciti per 90, il 60% del totale) che era mancato la scorsa stagione.
L’importanza di un giocatore come il senegalese si è vista nella sconfitta con il Burnley. La formazione allenata da Sean Dyche formava un blocco centrale molto compatto che i “Reds”, pur tentando 26 tiri (ma solo 5 in porta), non sono riusciti a scardinare.
Visto quanto erano corte e strette le linee del Burnley, il Liverpool cercava di aggirarle passando dalle fasce, ma senza un esterno rapido e diretto come Mané, non è riuscito a disorganizzare le linee avversarie.
In partite di questo tipo, in cui molto spesso il pallone veniva giocato in fascia per cercare di aggirare lo schieramento avversario, avere un giocatore rapido nell’esecuzione e molto forte nell’uno contro uno può fare la differenza e l’ex giocatore del Southampthon è proprio quello che mancava alla squadra di Klopp. Mané (3 gol e 3 assist in 6 partite) si è integrato immediatamente in un contesto offensivo mutevole, quasi liquido, che il tecnico tedesco sta cercando di costruire sin dallo scorso anno, in cui non importa chi è dove, ma piuttosto l’occupazione degli spazi e di tutti i corridoi del campo in modo da fornire sempre un opzione al portatore di palla e dopo il primo passaggio, la possibilità di innescare le letali combinazioni offensive che sono sempre più il marchio di fabbrica di questo Liverpool.
Il Liverpool corre
Il gol di Mané contro il Liverpool è la sublimazione di quello che l’ex allenatore del Borussia Dortmund ha costruito ad Anfield. Lui stesso lo ha analizzato insieme a Jamie Carragher durante Monday Night Football in uno dei passaggi più interessanti del suo intervento, sottolineando ancora una volta quanto per lui sia importante non solo avere calciatori con determinate abilità, ma anche metterli in condizione di farle emergere.
Da quando Klopp siede sulla panchina dei “Reds” nessun’altra squadra di Premier League ha segnato altrettanti gol (71). Dopo sei partite nessuno tira quanto il Liverpool (19,6 conclusioni a partita) e dato ancora più sorprendente, visti i 49 gol subiti da ottobre e i 9 incassati fin qui, nessuna squadra ha subito meno tiri di media (8,2). Il fatto è che il possesso medio della formazione del Merseyside sfiora il 60% durante la gestione del tedesco e lui stesso ha definito la sua una “squadra di possesso”. Certo, nel caso di Klopp non possiamo certo parlare di “tikinaccio”, ma il fatto di tenere il pallino del gioco limita il tempo a disposizione degli avversari per rendersi pericolosi. Se poi ci aggiungiamo che il pressing e il gegenpressing stanno funzionando come non mai ecco che le ragioni per lo scarso numero di conclusioni subite sono delineate.
Fin dal suo esordio con il Tottenham, Klopp è riuscito a far difendere la squadra in avanti, portando pressione sulla squadra avversaria in zone alte di campo e cercando di recuperare la palla ogniqualvolta veniva persa, applicando una riaggressione con una folta presenza di uomini in zona palla. Con l’allenamento e la pratica ha potuto affinare sempre di più i propri principi di gioco, implementando una serie di meccanismi di innesco del pressing (i cosidetti “pressing triggers”) che avevo già descritto nella passata stagione. Il Liverpool cerca sempre di chiudere le linee di passaggio centrali e sugli interni, in modo da indirizzare la costruzione avversaria sulla fascia. Una volta riusciti in questo, gli obiettivi cambiano e dipendono anche da come è strutturato l’avversario. Ad esempio i “Reds” possono cercare di forzare una perdita di possesso immediato da parte del terzino, provando a farlo calciare lungo, oppure lasciare volutamente aperta una linea di passaggio diagonale che dall’esterno vada verso l’interno, dove organizzare una trappola che permetta un recupero di palla in una zona strategicamente più determinante.
Vertonghen è costretto ad allargarsi: l’unica opzione concessagli è Eriksen ma il danese è immediatamente circondato dai giocatori del Liverpool che creano una grande occasione non finalizzata da Coutinho
I giocatori del Liverpool sono cresciuti di partita in partita, affinando le proprie capacità di comprensione e di lettura della situazione di gioco, assimilando sempre meglio gli schemi del proprio allenatore. Il fatto che Klopp abbia potuto guidare la preparazione estiva è stato un vantaggio notevole e, nonostante una serie di infortuni, la squadra si è ormai abituata ai metodi di allenamento del tedesco ed è ora in grado di mettere in campo un’intensità impensabile quando in panchina sedeva Brendan Rodgers. Sempre considerando il periodo post-insediamento di Klopp, il Liverpool è la squadra che compie più sprint di media (559), nonché quella che vince più contrasti a partita (22,4).
Le ultime cose da aggiustare
Come è naturale, con un atteggiamento così aggressivo gli errori rischiano di essere costosi. Contro il Burnley il Liverpool è stato clamorosamente colpito in contropiede e rimane il problema dello spazio davanti alla difesa, a volte pericolosamente sguarnito.
Wijnaldum e Lallana si alzano in pressione, ma poi lasciano sguarnito il centrocampo e la squadra perde di compattezza verticale, concedendo una palla gol a Vardy
Anche i calci piazzati sono un punto debole dei “Reds”, che al 25 agosto erano 15esimi per altezza media in Premier League. L’assetto difensivo viene sistemato da partita a partita e di solito c’è un mix di marcature a uomo e a zona, ma rimane il fatto che 15 sui 49 gol totali subiti dal Liverpool siano originati da un calcio da fermo, compreso l’ultimo segnato da Meyler dell’Hull City sugli sviluppi di un corner.
Oltre a questi, che potremmo definire problemi strutturali, la fragilità della difesa del Liverpool dipende anche da scelte ed errori individuali che non sono all’altezza di una squadra di questo livello e lasciano spesso in apprensione i tifosi. Il Liverpool di Klopp si è guadagnato la fama di squadra imprevedibile dal punto di vista difensivo, il tedesco ha cercato di fare del suo meglio mettendo da parte gli elementi più “pericolosi” da questo punto di vista, ma rimangono dei dubbi sull’affidabilità difensiva.
La questione delle difficoltà contro le squadre che “parcheggiano il bus” rimane irrisolta. Ma l’incremento nella fluidità offensiva e la sottrazione dei punti di riferimento che è in grado di mettere in campo questa seconda versione del Liverpool di Klopp può far bene sperare i tifosi. In questo senso la prossima partita con lo Swansea sarà già un test importante.
Se i “Reds” avranno risolto questo tipo di problemi e guadagnato maggiore sicurezza difensiva, i primi tre posti potrebbero essere tranquillamente alla portata. Se è difficile sbilanciarsi dopo solo sei giornate in un campionato che ad inizio stagione aveva almeno sette pretendenti al titolo, è pur vero che il fatto di non dover affrontare le coppe europee potrebbe essere un vantaggio notevole, vista la forma fisica necessaria per proporre un calcio di questo tipo. Comunque si concluderà la lotta al titolo, le basi per un progetto pluriennale ci sono tutte. L’età media della squadra (25,5) è superiore solo a quella del Tottenham (e i 39 anni del terzo portiere Alex Manninger sballano il computo): la qualificazione alla Champions League potrebbe essere il giusto trampolino di lancio per una squadra che ha ancora notevoli margini di miglioramento.