Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Il miracolo Oumar Solet
01 apr 2025
Da parametro zero dell'Udinese a uno dei migliori difensori del campionato in pochi mesi: com'è potuto succedere?
(articolo)
9 min
(copertina)
IMAGO / Nicolo Campo
(copertina) IMAGO / Nicolo Campo
Dark mode
(ON)

I suoi primi quattro passaggi in Serie A sono tutti molto corti, verso il centrale difensivo alla sua destra, o l’esterno sulla sua fascia. Quando gli attaccanti del Verona lo pressano sembra ancora timido, vuole andare sul sicuro. La quinta volta che gli capita la palla tra i piedi, però, si prende il tempo di riflettere. Sono passati tre minuti dall’esordio di Oumar Solet con la maglia dell’Udinese.

L’avversario che ha davanti, Casper Tengstedt, prende quella piccola pausa per un’incertezza e quando Solet si gira verso il portiere prova a tagliargli la linea di passaggio. A quel punto Solet si gira su se stesso usando la suola e Tengstedt finisce a fare una spaccata provando a frenare. Solet avanza con calma ancora qualche metro e la passa a Thauvin sulla linea di centrocampo.

È durato appena quattro passaggi, facendo le cose normali, come tutti. Poi ha dovuto fare una cosa che, per quanto piccola, metteva in mostra qualità che non tutti i difensori hanno. Forse gli sono bastati quei pochi tocchi per capire di essere superiore al contesto dove, diciamoci la verità, è finito un po’ per caso.

Oumar Solet è al tempo stesso uno di quei giocatori di “prospettiva” che ci si aspettava arrivassero ad alto livello fin da subito - Nazionale francese dall’Under 17 in poi, per dire - ma anche un giocatore che ha fatto un salto molto grande in età non più giovanissima, dal Laval in terza divisione al Lione, e che poi per tre stagioni non ha praticamente giocato. Non ha fatto il percorso solito e naturale dei fenomeni francesi: non è passato dal centro di formazione di un club di prima fascia e a vent’anni è dovuto andare in Austria, alla squadra Red Bull con sede a Salisburgo, pur di giocare. A Lione, anche per via della competizione interna, Bruno Genesio non gli ha dato fiducia e lui ha detto che avrebbe voluto «sentirsi più amato».

In mezzo c’è stato anche un infortunio ai legamenti che, dice lui, gli ha permesso di riflettere e prendere una decisione di quel tipo, andarsene dalla Francia. Col Salisburgo ha giocato in Champions League e il suo nome ha iniziato a circolare ma, nonostante ciò, dopo quattro anni, lui e il club hanno deciso di rescindere il contratto con un anno di anticipo sulla durata prestabilita. La dirigenza voleva mandarlo in squadre che a lui non piacevano e non hanno trovato l’accordo, ma allora perché non gli hanno offerto un prolungamento di contratto, o quanto meno non hanno aspettato che il contratto finisse? Questo neanche Solet sa spiegarselo: «Se fossero stati un po’ più furbi», ha detto all’Equipe, «mi avrebbero tenuto».

In ogni caso, a stagione già iniziata arriva all’Udinese - una squadra che lo scorso anno si è salvata a un quarto d’ora dalla fine del campionato, con il gol di Keinan Davis a Frosinone. Magari a Solet erano bastate le prime partite di Kosta Runjaić (quattro vittorie nelle prime sette) per subodorare la stagione tutto sommato buona che sta facendo adesso la squadra friulana, dall’esterno però sembra che non avesse molte richieste.

A gennaio Solet esordisce e, appunto, è chiaro già dopo tre minuti che è sovradimensionato per il contesto di gioco in cui è finito. In senso letterale, perché come i suoi compagni di squadra Solet è sensibilmente sopra la media del campionato per altezza e peso, sembrano una squadra di pesi massimi in un campionato di pesi welter (qui per chi volesse approfondire la questione), ma anche in senso metaforico.

Dopo undici minuti, sempre contro il Verona, Solet salta di nuovo Tengstedt in conduzione, stavolta semplicemente allungando il passo, porta palla fino a trequarti di campo e prova un filtrante per Lucca: palla respinta e alzata in campanile dalla difesa, Solet arriva sotto al pallone e calcia al volo dal limite dell’area. Il tiro è svirgolato ma insomma, sembra che debba fare tutto lui.

Non proprio un tiro normale per un difensore.

Un difensore che punta l’attaccante in pressione per dribblarlo, che rompe la linea in conduzione e guarda sempre in avanti anche quando deve passarla, al tempo stesso forte e tecnico nei corpo a corpo: merce preziosa per il calcio italiano così incentrato sui duelli, specialmente per una delle tante difese a 3 che decorano la scenografia tattica del nostro campionato.

Non esiste, però, qualcosa di veramente facile per nessuno, a un livello così alto. E Solet se ne accorge subito. Alla sua terza partita l’Udinese prende 4 gol dal Como, lui si fa portare a spasso per il campo da Strefezza (ogni tanto lo anticipa, ogni tanto lascia un buco dietro di sé che i compagni faticano a coprire, come nel caso del primo gol) e a metà del secondo tempo prende due cartellini gialli nel giro di tre minuti. La sua prima espulsione in carriera.

Solet ha bisogno di stare concentrato, di non rilassarsi troppo. Non deve avere troppa consapevolezza di quella superiorità per noi così visibile, che si può quasi toccare con mano quando gioca. Come Orfeo che non deve girarsi mentre esce dagli Inferi seguito da Euridice, col rischio di vederla svanire: se Solet forza la mano, per verificare la propria forza, gli dei del calcio lo puniscono.

I problemi di concentrazione non sono nuovi per lui. Quando era ancora più giovane di quanto non sia ancora oggi (ha appena compiuto 25 anni) e giocava in terza divisione, uno dei suoi primi allenatori decide di spostarlo dal centrocampo alla difesa. Jean-Marc Nobilo ricorda che: «Era molto a proprio agio a centrocampo, a volte sembrava quasi gli venisse facile. Allora l’ho messo in difesa per aumentare le sue capacità di concentrazione, lettura e anticipo. Perché in difesa anche un mezzo errore può portare a un gol avversario». Da quel giorno è Solet è rimasto in difesa. Era arrivato al Laval come centrocampista ed è partito a Lione come difensore.

Qualche mese fa si descriveva come «uno a cui piace giocare il pallone», alla rivista francese Onze Mondial. E diceva anche che pensava ancora di poter avere una bella carriera a centrocampo. «Ogni tanto penso: mi piacerebbe avere Guardiola come allenatore. Mi sembra incredibile quando mette Stones o Akanji a centrocampo. Mi dico che potrei giocarci anche io. Sarei un buon passatore, un buon dribblatore. Mi piace rompere la linea, partire in percussione».

Ma, appunto, una cosa è rompere la linea partendo dalla difesa, un’altra ricevere in spazi già stretti e doversi orientare in direzione dell’attacco. Solet francamente non sembra avere quel tipo di qualità - anche se, ovviamente, allenato potrebbe migliorare - e tende sempre un po’ ad allungarsi la palla. Ma diciamo che se ci sono due tipi di difensori - da una parte quelli che accusano Guardiola di aver rovinato il ruolo e dall’altra quelli che vorrebbero essere allenati da Guardiola - sappiamo da che parte si schiera Solet.

Classica situazione in cui un difensore pensa: adesso dribblo tre avversari e faccio un assist.

«Sono cresciuto così, sono cresciuto dribblando», ha detto ancora Solet. Anche i più distratti se ne sono accorti quando è tornato in campo contro il Venezia. Quando a sette minuti dalla fine è partito palla al piede da trequarti, ha saltato prima Nicolussi-Caviglia in pressione, poi ha sterzato verso l’interno dribblando anche Zerbin e infine si è allungato la palla alla destra di Kike Perez facendo il giro largo sulla sinistra (i francesi questo lo chiamano grand-pont, mentre il petit-pont sarebbe il tunnel). Poi, in equilibrio precario perché Kike Perez ha provato a buttarlo giù con le braccia, ha avuto la lucidità di vedere Iker Bravo qualche metro più indietro. Iker Bravo ci ha messo del suo con una trivela piuttosto incredibile e l’Udinese ha trovato il gol della vittoria, 3-2.

Una partita dopo, contro il Napoli, Solet ha messo in mostra le proprie doti puramente difensive, esaltandosi nei duelli con i suoi pari-peso Zambo Anguissa e Romelu Lukaku, reggendo bene anche le fasi di difesa nell’area di rigore, con letture di gioco non banali e la solita grande presenza negli interventi.

Uno su tutti. Al sessantottesimo Rrhamani lancia profondo per Lukaku, la difesa dell’Udinese è alta e Solet si trova al duello uno contro uno. La palla rimbalza e sbatte sulla schiena di Lukaku, che si gira fronte alla porta al limite dell’area. Solet temporeggia, anche perché non è chiaro dove stia andando la palla mentre Lukaku si sta ancora girando. Poi il belga se la sposta sul sinistro e si accentra per tirare. Solet inizialmente è ostacolato dal compagno di reparto Bijol e deve spostarlo per proseguire la corsa. Ha mezzo metro di distanza da Lukaku che dopo due tocchi carica il tiro: Solet si lancia in scivolata per annullare la distanza e devia il tiro in calcio d’angolo.

A dieci minuti dalla fine sembra stanco e forse anche la sua concentrazione sta calando - su un pallone lungo si fa spostare da Raspadori - e Runjaić decide di toglierlo per il finale di partita.

Ma quando Solet è in palla, fresco e concentrato, è semplicemente uno dei migliori difensori del campionato. Anche contro l’Inter, la scorsa domenica, prima del gol del vantaggio Solet cancella un gol già quasi fatto a Frattesi, scivolando a pochi metri dalla porta per respingergli il tiro a botta sicura. Certo non è onnipotente e contro uno degli attaccanti più fisici e tecnici d’Europa come Marcus Thuram ha faticato nei duelli in zone alte di campo, quando la punta andava incontro alla difesa per prendere palla portandoselo dietro. Ma insomma, trovatemi un difensore che non lasci nulla a un attaccante come Thuram.

Anche qui, però, quando si è trattato di difendere la porta Solet si è fatto trovare pronto. A fine primo tempo Thuram lo ha puntato sullo spigolo destro dell’area, è rientrato sul sinistro fintando il tiro e poi ha sterzato sul destro, ma Solet non ha abboccato, ha girato rapidamente su se stesso e ha accorciato la distanza murandolo, quando Thuram ha calciato davvero in porta di destro. Non è un caso che entrambi i gol dell’Inter siano arrivati dal lato opposto di campo rispetto al suo, oltre che per il fatto che da quel lato giocava Dimarco.

Nel secondo tempo è ulteriormente cresciuto, mangiandosi Arnautović e Correa su un paio di lanci lunghi, tra cui quello che stoppa di petto da cui nasce il gol. Un tiro preciso e forte quanto basta per superare Sommer ma, soprattutto, la dimostrazione dell’ambizione di Solet, che con la sua squadra sotto di due gol decide sul serio di fare tutto lui (e poi c’è quel dribbling su Barella che è proprio un suo marchio di fabbrica: rallentamento, esitazione e strappetto per lasciarsi dietro l’avversario che non se lo aspetta).

Adesso si parla di Solet proprio per l’Inter o per il Napoli. Così come per la Premier League. Il suo nome è arrivato senz’altro a Deschamps ma chissà che non faccia prima la Costa D’Avorio. Solet è passato nel giro di pochi mesi da svincolato senza troppe opzioni a potenziale oggetto del desiderio delle migliori squadre italiane ed europee. Le caratteristiche tecniche gli permetterebbero di adattarsi in una difesa a quattro, come è successo a Buongiorno, ad esempio, ma richiederebbe tempo.

Quelle fisiche non gli precludono nessun livello, anche se non è rapidissimo e soffre sempre un pochino i giocatori veloci. In generale è rarissimo avere un difensore così forte non solamente dal punto di vista fisico, un difensore che guarda la palla quando ce l’ha l’avversario e che quando ce l’ha tra i piedi non ha mai fretta. Solet è un altro piccolo miracolo di un campionato che deve ingegnarsi per avere giocatori di questo calibro, e, per quel che mi riguarda, se continua così è al livello del “miracolo Kvaratskhelia”, o se preferite di quello di Rüdiger di qualche anno fa (tra l’altro, Solet ha detto di sognare proprio il Real Madrid).

Troppo? Sognare non costa niente, purché la concentrazione resti alta e non ci si sieda troppo sulle proprie qualità. Staremo a vedere se questa è una lezione che Solet ha imparato oppure no.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura