Per anni la Blizzard ha puntato quasi ogni risorsa su tre pietre miliari dell’universo videoludico: Starcraft, Diablo e Warcraft. Ambientati in tre universi differenti con diverse ambientazioni (rispettivamente: fantascientifica, demoniaca e fantasy) e con due diversi stili di gioco (strategia in tempo reale il primo e il terzo, gioco di ruolo d’azione il secondo), questi tre titoli hanno fatto e continuano a fare la fortuna dei loro sviluppatori.
Starcraft e Diablo hanno proseguito il loro percorso con i capitoli successivi senza stravolgere le meccaniche del gioco originario, mentre Warcraft si è evoluto nel primo MMPORG (ovvero Massively multiplayer online role-playing games) da milioni di utenti: World of Warcraft. Un intero mondo da esplorare con missioni da portare a termine in singolo o in cooperazione con amici e semplici conoscenti.
Nel 2013 si è aperta una nuova fase per la Blizzard con l’introduzione di Hearthstone, un videogioco di carte collezionabili in stile Magic ma totalmente online, con personaggi e ambientazioni di World of Warcraft. Poi, nel giugno 2015, la Blizzard ha presentato ufficialmente, dopo alcuni mesi di beta-testing, Heroes of the Storm. Il secondo titolo della nuova era è la risposta della casa statunitense all’esplosione mediatica dei MOBA (Multiplayer Online Battle Arena) come Dota2 e League of Legends, che nel frattempo hanno monopolizzato il fiorente mercato degli eSports.
Heroes of the Storm era stato progettato per diventare protagonista nel mondo dei MOBA: stesso modello di business free-to-play con contenuti in gioco da acquistare; identico scopo (distruggere la base nemica) ma con strumenti a volte diversi; cinque giocatori per squadra. L’elemento in più che avrebbe dovuto attirare milioni di appassionati era la possibilità di impersonare in un unico videogioco tutti i protagonisti dei tre mondi Blizzard: la non-morta Sylvanas di Warcraft, l’arcangelo Auriel di Diablo e il soldato Raynor di Starcraft si affrontano contemporaneamente nella stessa arena, insieme agli altri personaggi delle saghe narrative degli universi Blizzard.
I tre mondi della Blizzard riuniti su Heroes of the Storm.
Eppure, nonostante l’ottimo feedback iniziale e la rapida apertura di un circuito eSportivo, Heroes non decolla, non arriva al pubblico di la massa, con un numero di minuti giocati bassissimo rispetto a League of Legends e Dota2.
Heroes of the Storm, insomma, ha mancato il bersaglio. Per questo al Blizzcon 2015 - la convention annuale di presentazione delle novità targate Blizzard - è stato presentato un nuovo videogioco: Overwatch.
Indubbiamente diverso rispetto a quello del suo immediato predecessore, nel primo weekend di Open Beta, in appena tre giorni, sono addirittura 9,7 milioni i giocatori a provarlo. Per spiegare quanto grandi siano questi numeri, PC Gamer a maggio 2016 propose un paragone più che indicativo: “Affermare che la Beta è stata un successo equivale a dire che Breaking Bad è un show abbastanza carino e che Stephen Hawking ha una mente particolarmente brillante”.
Con 81 milioni di ore di gioco e 37 milioni di partite disputate, il mondo dei videogiocatori ha espresso in maniera immediata e incontrovertibile il proprio verdetto, confermando l’intuizione della Blizzard sul tipo di titolo che gli appassionati attendevano.
Overwatch viene lanciato sul mercato ufficialmente il 24 maggio 2016 raggiungendo immediatamente la prima posizione tra i videogiochi più trasmessi su Twitch TV, la piattaforma di streaming più utilizzata nel mondo.
Che gioco è?
Un primo modo per definire Overwatch sarebbe quello di inserirlo nel genere FPS (First Person Shooter) uno sparatutto in prima persona, cioè: la visuale riprende l’arma del proprio personaggio e lo scopo è eliminare gli avversari.
C’è subito una differenza con gli altri titoli dello stesso genere, come Counter-Strike e Call of Duty: mentre questi mantengono la parvenza di una simulazione di guerra o di uno scenario terroristico, OW è più simile a giochi come Team Fortress 2 o Unreal, con un’ambientazione fantasy e un’ampia varietà di armi a disposizione. Non solo pistole e fucili, insomma, ma anche spade, archi e armi magiche, come gli spiriti di drago.
Si può invece iscrivere Overwatch tra i MOBA per tutti gli altri aspetti. Ogni personaggio di OW possiede un’abilità caratteristica passiva e quattro abilità uniche, di cui una utilizzabile solo ed esclusivamente dopo aver inferto una certa mole di danni ai nemici. Come negli altri MOBA gli eroi si dividono in classi a seconda del loro scopo in partita: non solo i personaggi infliggono danni agli avversari ma possono anche curare se stessi e gli alleati o preservare i punti vita con scudi al plasma e cupole infrangibili.
Negli sparatutto in prima persona i personaggi si distinguono esclusivamente in base all’arma e spesso due o più giocatori per squadra utilizzano la stessa. Gli eroi di Overwatch sono invece riconoscibili in modo assolutamente peculiare: ognuno di loro ha i propri punti di forza e debolezza e la bravura dei giocatori risiede nello sfruttarli al momento giusto. Se durante un match l’esito sembra compromesso, ogni membro della squadra può decidere di cambiare personaggio in corsa, modificando la strategia e adattandola agli avversari.
Questa è una differenza sostanziale anche rispetto ai MOBA come League of Legends, dove la team composition è invece stabilita all’inizio del match e dura per tutto l’incontro. Un processo che invece in Overwatch non si interrompe mai e costituisce un flusso continuo e dinamico.
Presentazione di Zarya, uno dei principali eroi di Overwatch.
Facciamo un esempio, anche se in pochi rischiano di capirlo nel dettaglio dovrebbe essere utile a chiarire questo punto del discorso. Se gli avversari hanno schierato Zarya per attirare il vostro team nella Bomba Gravitonica, la miglior contromossa sarà utilizzare Lucio e la sua Barriera Sonora, per ottenere uno scudo che assorba i danni di tutto il team.
Questa caratteristica è stata inizialmente criticata (perché, fondamentalmente, riduce il talento individuale nell’utilizzare un certo personaggio) ma, come detto, rappresenta il tratto distintivo di Overwatch e lo scopo primario della Blizzard: realizzare un titolo che anteponga l’importanza del gruppo senza eliminare del tutto l’incisività dell’abilità del singolo.
Eliminare il talento individuale significa mettere in discussione l’idea stessa di eSport, ed è quello che è accaduto con Heroes of the Storm. Il pubblico ha bisogno di riconoscersi nei giocatori migliori, di affezionarsi a loro e di osannarli al di là della squadra per cui si tifa: un fattore imprescindibile che accomuna tutti gli sport, tradizionali o elettronici che siano (League of Legends non avrebbe avuto il successo attuale senza personaggi come Enrique “xPeke” Cedeno Martinez o Lee “Faker” Sang-hyeok).
Le modalità, ovvero qual è lo scopo del gioco?
Il secondo fattore fondamentale per il successo di un eSport è rappresentato dall’intuitività del titolo: ovvero il grado di comprensione del videogioco e delle sue modalità per i neofiti. La sfida che ogni grande azienda di sport elettronici deve affrontare è rendere il gioco talmente semplice da essere fruibile a tutti. Al tempo stesso, però, deve permettere una differenziazione abbastanza grande da fare in modo che solo i migliori possano competere ai livelli più alti. Così anche uno spettatore che non abbia mai provato il videogioco avrà la possibilità di seguire i tornei senza troppe difficoltà, ammirando le giocate qualitative dei giocatori più importanti.
L’obiettivo su Overwatch è stato raggiunto proponendo delle modalità di gioco facilmente riconoscibili e intuibili per gli spettatori anche casuali: per vincere la partita un team deve partire da un punto A e arrivare a un punto B.
In partite di sei giocatori contro sei, i team si sfidano su tre semplici modalità più una quarta ibrida ma su diverse mappe, ognuna con le proprie caratteristiche e peculiarità. Nella modalità “Conquista” una squadra prenderà il ruolo di attaccanti e l’altra di difensori: i secondi dovranno mantenere per più tempo possibile il controllo su determinate zone della mappa mentre i primi dovranno conquistarla prima delle scadere del tempo a disposizione. Finito il primo round, si ricomincia a parti invertite.
Il trailer di Overwatch.
Nella modalità “Trasporto”, invece, una delle due squadre dovrà scortare un carico da un punto iniziale a un punto d’arrivo: per fermare il convoglio, la squadra avversaria dovrà eliminare tutti i membri della scorta.
In quella “Controllo”, infine, entrambe le formazioni devono impegnarsi in un match al meglio dei tre round: in ciascun round ogni squadra dovrà mantenere il controllo di un territorio fino a raggiungere il 100% di punteggio.
L’ultima modalità viene definita “Conquista/Trasporto”: le squadre si dividono nuovamente in Attaccanti e Difensori. La missione degli Attaccanti è quello di conquistare un punto di controllo per poi scortare per un breve tratto un carico dal punto catturato fino a un altro punto. Compito dei Difensori sarà quindi arrestare l'avanzata degli Attaccanti, riuscendo a rallentarli sufficientemente da far scorrere tutto il tempo a disposizione.
La Coppa del Mondo di Overwatch
Ma l’intuitività e la consacrazione del talento naturale non possono garantire da soli il successo di un eSport. Era necessario che la Blizzard - così come aveva già fatto Riot Games con LoL, e Valve con Dota2 - scendesse in campo in prima persona per organizzare un torneo che attirasse i migliori giocatori sulla piazza, creando un circuito professionistico di alto livello competitivo.
Il principale circuito esistente che organizza tornei di Overwatch, l’OGN APEX, non è sufficiente ad assicurare uno sviluppo sostenibile della scena internazionale, nonostante attiri puntualmente squadre da tutto il mondo e sia tra le competizioni più seguite con i più importanti team al mondo: Fnatic, Misfits, Cloud9, EnVyUS, Afreeca Freecs, MVP e Kongdoo.
Il primo esperimento ufficiale, ad appena sei mesi dall’uscita ufficiale del gioco, è stata la Overwatch World Cup, tenutasi in occasione del Blizzcon 2016, con 100.000 spettatori e moltissimi voti giunti a Blizzard per scegliere i giocatori. Per questa prima edizione, non avendo ancora un circuito ufficiale, la Blizzard aveva organizzato una competizione fra nazioni, con le varie rappresentative divise in regioni continentali. I giocatori delle rispettive formazioni sono stati scelti dagli stessi utenti direttamente sul sito della competizione: 3,1 milioni i voti espressi in tutto il mondo (su un totale di circa 20 milioni di videogiocatori). Una cifra decisamente indicativa dell’interesse che la scena competitiva di Overwatch suscita nell’utente medio.
La Overwatch World Cup 2016.
Anche l’Italia ha partecipato, sfiorando l’impresa di qualificarsi per la fase finale del Blizzcon e arrendendosi solo contro la fortissima Russia, arrivata poi in finale per soccombere di fronte alla solita Corea del Sud. Quest’ultima, arrivata con qualche mese di ritardo sulla scena, ha recuperato terreno con una rapidità sconcertante compiendo agilmente il sorpasso sui team europei che fino a quel momento avevano dominato i primi eventi internazionali.
L’Overwatch World Cup non è stato solo un ottimo successo sotto il profilo mediatico ma anche sotto quello professionistico. Come detto, uno dei fattori alla base del successo di un eSport è la presenza di professionisti del settore (videogiocatori, o se preferite cyberatleti) che riescano a fare della propria passione un lavoro. La Coppa del Mondo è stata, quindi, anche un’occasione per le scuderie multigaming già affermate in altri titoli (come Cloud9, Luminosity Gaming e Team Liquid) di ingaggiare i migliori talenti di Overwatch.
A febbraio 2017 il sito specialistico Dot Esports ha raccolto in una classifica i migliori sei giocatori di Overwatch. Ci sono ben tre coreani (scelta quasi obbligata, considerata la vittoria della Overwatch World Cup) che eccellono per abilità meccaniche. Ryu “Ryujehong” Je Hong, giocatore dei Lunatic-Hai e abilissimo nel tenere vivi i propri compagni di squadra con l’utilizzo di eroi come Ana o Zarya: la prima è un cecchino con un arsenale versatile a seconda delle occasioni che le consente di curare e potenziare gli alleati da lontano, mentre i colpi letali del suo fucile neutralizzano le minacce; la seconda è invece più approntata sul ruolo di tank che attiva potenti barriere per convertire i danni subiti in energia per il suo massiccio Cannone a Particelle. Gong “Miro” Jin Hyuk, professione tank e riconosciuto come il miglior Winston al mondo, un gorilla-scienziato facilmente irascibile . Jeong "ArHaN" Weon Hyeop, uno dei pochi a saper sfruttare al massimo il potenziale aggressivo e letale di Genji, un ninja supertecnologico tra i più complessi personaggi del gioco, magistralmente utilizzato nella prima stagione di tornei organizzati dalla OGN Overwatch Apex, con la squadra Afreeca Freecs Blue.
Poi c’è Timo "Taimou" Kettunen, finlandese ma capitano del team americano EnVyUs, che ha dimostrato di essere un leader affidabile e fidato, oltre che un ottimo shotcaller (cioè il giocatore che prende le decisioni strategiche durante la partita). Dal grilletto sensibilissimo, è un fenomeno con Widowmaker come ha dimostrato nella seconda stagione OGN Apex. D’altronde è necessaria una delicatezza fuori dalla norma per maneggiare una signorina così letale: mine che rilasciano un gas velenoso, visori termici che forniscono una vista potenziata anche agli alleati e un potente fucile di precisione che può essere impiegato anche in modalità automatica.
Gli ultimi due cyberatleti citati da Dot Esports sono lo svedese Oliver "Vonethil" Lager, capace di rendere Lucio un eroe divertente da vedere; un personaggio dalle chiare origini brasiliane con la musica nel sangue: può suonare due canzoni diverse, cambiandole a piacimento, per curare la squadra o aumentarne la velocità. Infine lo statunitense Christopher "GrimReality" Schaefer, che si è guadagnato l’entrata nei Top 6 grazie alle sue giocate con McCree durante il Next Generation Esports' Overwatch Winter Premiere, uno dei principali tornei del Nord America organizzati dalla Blizzard e aperti a chiunque, professionisti e non. Apparentemente semplice, McCree è un pistolero che richiede molta pratica per essere utilizzato alla massima efficacia.
Tra i talenti italiani i tre i nomi più popolari della scena competitiva sono Giorgio "POW3R" Calandrelli, già icona di Call of Duty; Edoardo "carnifex" Badolato, capitano del Team Italy con cui ha partecipato alla prima Overwatch World Cup; Thomas "HAL" Avallone, probabilmente il miglior talento che abbiamo attualmente, anche lui nel Team Italy (fratello di Alessandro “Stermy” Avallone, pluricampione di Quake III a Halo, passando per Painkiller e Shootmania).
Ma chi è in cima, oggi, non è detto che lo sia anche domani: data la giovinezza del gioco la scena di Overwatch è in continuo divenire, sia a livello internazionale che italiano.
Il futuro: un modello tipo Nba?
Nonostante il successo, la Overwatch World Cup andrà probabilmente in pensione a partire dal 2018, alla luce di quanto trapelato dagli ambienti Blizzard in questi ultimi mesi. Per il Blizzcon di quest’anno il modello sarà probabilmente riproposto per la seconda e ultima volta, prima di inaugurare il progetto più ambizioso degli ultimi anni: la Overwatch League.
Di cosa stiamo parlando.
Si tratta di un circuito competitivo mondiale in cui ogni squadra non rappresenterà una nazione ma una capitale mondiale. Un classico per gli sport tradizionali, in cui le squadre si identificano ognuna con una città ben precisa, ma una novità assoluta per gli le competizioni eSportive, che fino ad adesso avevano deciso di rappresentarsi, al massimo, per continenti.
La Lega ideata dalla Blizzard si allargherà col tempo inglobando sempre più regioni: l’ispirazione è nel modello sportivo statunitense, dove le franchigie, una volta accettate, non possono retrocedere in leghe minori, per conferire stabilità alle squadre e permettere loro di crescere. Un vantaggio non solo per i proprietari dei team ma anche per i giocatori professionisti che potranno concentrarsi sulla loro carriera senza aver paura di finire nel dimenticatoio una volta perduto il posto nella lega. Una garanzia determinata dai contratti che ogni giocatore dovrà firmare, con annessi compensi e benefici.
Un’altra novità importante rispetto allo stato attuale degli eSports è che (come recentemente riportato da Sports Business Daily e rilanciato da The Score eSports) la Overwatch League non sarà accessibile a chiunque. Le stime realizzate sul volume finanziario che il campionato potrebbe realizzare sembrano indicare che il costo per ottenere uno slot nella Lega si aggiri tra i 2 e i 5 milioni di dollari per le città periferiche, salendo di almeno tre volte invece se si parla di città come Los Angeles (sembra che le fonti siano interne alla Blizzard stessa, tra cui Nate Nanzer, global director della sezione eSportiva di Overwatch).
In ogni caso sarà una scommessa rischiosa per Blizzard, perché se è vero che si tratta di un costo fisso per un posto permanente (non essendoci retrocessioni) è anche vero che un ritorno economico così ingente per le squadre non è ancora facilmente pronosticabile. Senza dimenticare che non è ancora chiaro se si tratti di un costo d’ingresso una tantum o annuale. L’idea corrente è che sia richiesta una tale cifra come garanzia dell’affidabilità economica della proprietà senza chiedere ulteriori spese, imputate interamente alla Blizzard stessa.
La Overwatch League è stata presentata ad appena sei mesi dall’uscita del gioco, per questo è verosimile che il gioco sia nato con un percorso da compiere già predeterminato: un’impostazione, cioè, che ne farebbe il primo vero titolo nato direttamente come eSport. Non un videogioco che vuole intrattenere gli utenti e poi adattato alla competizione; ma una disciplina elettronica pensata appositamente per permettere ai migliori di esprimere tutto il proprio talento, e agli spettatori - in streaming o in TV - di fare il tifo per il proprio idolo o per la propria squadra del cuore. Che, appunto, potrebbe essere la squadra della propria città o nazione. Se la Blizzard ci dovesse riuscire, sarebbe un ulteriore passo in avanti per il mondo degli eSports, e forse sarà difficile da trascurare anche per chi fatica ancora a riconoscergli la dignità che meritano.