Sono passate dieci stagioni esatte dall’esordio di Mesut Özil, un momento che ha pensato di celebrare facendo uscire un’autobiografia, una prima riflessione sulla sua carriera. Ormai sappiamo tutto di lui, dalle origini turche al rapporto con il padre, ora suo ex agente. Il percorso con la Nazionale tedesca, gli alti e bassi con il Real Madrid, il trasferimento all’Arsenal. Sappiamo che Özil è un talento differente, di quelli polarizzanti. Non è possibile avere di lui un’opinione neutrale e negli anni il giudizio su di lui è diventato persino più confuso.
Eppure la narrativa di Mesut Özil negli anni dell’Arsenal è rimasta tutto sommato immutata. È quella di un giocatore tanto sublime quanto indolente, decisivo a volte quanto marginale in altre. Quando è stato acquistato, nel 2013, doveva essere la pietra angolare del nuovo Arsenal, come Bergkamp lo era stato tre lustri prima.
Ma se in teoria Özil avrebbe la qualità per fare da erede all’olandese - nel senso che anche lui è un rifinitore ideale per la Premier League - l’Arsenal non è riuscito a raggiungere dei traguardi all’altezza delle ambizioni generate dal suo arrivo, quel tipo di risultati in grado di cementare il ricordo di un calciatore in una determinata squadra. Tre FA Cup in quattro anni non bastano a togliere la sensazione che l’Arsenal sia una squadra stagnante, incapace di fare il salto di qualità: paradossalmente, quello che si dice da sempre del calcio di Özil.
Eppure, nella scorsa stagione il tedesco ha mostrato di possedere ancora margini di miglioramento, che Wenger sembra aver capito come sfruttare. La sua annata può essere divisa in tre fasi scandite dalle prestazioni contro il Chelsea.
Quella iniziale, fino a dicembre, il cui picco è il gol al Chelsea nella vittoria per 3-0. Quella centrale, in cui la sua influenza sul gioco inizia a svanire fino a diventare impalpabile, culminata in una prestazione sbiadita nella sconfitta per 3-1 contro il Chelsea. Quella finale, con il cambio di modulo e il ritorno a una centralità che si è manifestata brillantemente nella finale di FA cup dominata contro il Chelsea.
Capitolo I. L’Özil ideale
Sull’onda dell’ottimo Europeo giocato con la Germania, in uno stato di forma fisica straripante, Özil inizia la stagione nel segno di un gioco aggressivo come non si era mai visto a Londra. Wenger sembra avergli fatto capire finalmente come sfruttare il suo potenziale in area di rigore, dove per letture e capacità tecniche potrebbe superare i dieci gol a stagione.
Non che arrivi alla conclusione più spesso di prima, Özil non è mai stato un giocatore da due tiri a partita, ma la posizione di Sánchez come prima punta gli permette di attaccare l’area con maggiore efficacia e convinzione. Leggendo lo spazio liberato dal compagno con i tempi giusti per essere poi servito, invece di aspettare che siano i compagni a farlo e sia lui a servirli. E in fase di finalizzazione Özil mostra la stessa freddezza che lo contraddistingue nell’ultimo passaggio.
Questo video riassume bene il diverso approccio di Özil.
La coppia dietro di lui, formata da Xhaka e Cazorla, si occupa di distribuire il pallone tra cambi di gioco e verticalizzazioni. Özil, quindi, può disinteressarsi della prima costruzione, muovendosi con libertà nel corridoio centrale con un occhio all’area di rigore. L’esempio perfetto è il gol che chiude la sfida contro il Chelsea all’andata, una partita in cui, muovendosi tra le linee, e con le spalle coperte, Özil ha torturato il centrocampo dei “Blues”. Una volta in vantaggio, l’Arsenal si è difeso più basso, permettendo all’attacco formato da due esterni veloci (Iwobi e Walcott) e alle due stelle, Özil e Alexis Sánchez, di sfruttare tutto il loro potenziale in campo aperto.
Özil fa leva sull’irruenza consueta di Kanté per scoprire tutto il sistema del Chelsea. Poi si mangia in conduzione il campo alle sue spalle e crea un triangolo con Alexis.
Le prestazioni di inizio anno sembrano poter rendere obsoleta la retorica di Özil come giocatore più bello che utile.
Non è più soltanto un creatore di gioco, ma si occupa anche di definirlo, e in questo si avvicina ulteriormente a Dennis Bergkamp per la capacità di conciliare bellezza estetica a freddezza in area di rigore. Il gol vittoria contro il Ludogorets nei gironi di Champions League, riassume ancora meglio il concetto.
Appena l’Arsenal recupera palla Özil si lancia nello spazio. Il primo controllo gli permette di aspettare il rimbalzo e di sfruttarlo per saltare il portiere. La palla sembra più leggera e il tocco fa sembrare l’intervento più maldestro di quanto non sia in realtà.
Capitolo II. La grande depressione
La fragilità di questa versione di Özil però si mostra poco tempo dopo, quando l’entrata in pianta stabile di Coquelin - dovuta al grave infortunio di Santi Cazorla - rompe il sistema pensato da Wenger. Özil entra in una regressione che durerà per tutta la parte centrale dell’anno.
Il punto focale di questa involuzione di Özil è ben inquadrato dalle due brutte partite contro Everton e Manchester City a metà di dicembre. Due sconfitte che fanno scivolare l’Arsenal dal secondo al quarto posto, proprio mentre prende forza la volata (poi vincente) del Chelsea. Özil sparisce letteralmente dal campo in queste due sconfitte, così come aveva fatto nelle altre grandi partite precedenti, il trittico fondamentale contro Tottenham, Manchester United e PSG.
Il motivo va forse ricercato in tre fattori principali concatenanti: l’esplosione di Sánchez come fuoco offensivo, il calo della forma fisica di Özil e, come anticipato, l’entrata nell’undici titolare di Coquelin, che rompe la rete in fase di possesso dietro di lui.
La forma straripante di Alexis tiene in piedi la baracca e Wenger sposta tutte le sue fiches sul suo numero 7, concentrandosi su come esaltare il cileno, anche a scapito di Özil, che contribuisce con una produzione offensiva sufficiente, ma non più ai livelli di inizio stagione. Forse, però, è soprattutto il calo fisico a non permettergli più di sfruttare tutto lo spazio offensivo che il modulo di Wenger gli metteva a disposizione. Non solo Özil non è più aggressivo quando la squadra è in possesso, ma corre poco in generale. Qualcosa di inaccettabile nel calcio britannico, dove lo sforzo fisico ha un valore morale, oltre che pratico.
A prova del suo atteggiamento indolente, il dato dei contrasti a partita, mai così basso in tutta la sua carriera (0.7). Martin Laurence sul Guardian prova una timida difesa dicendo che nel sistema di Wenger il trequartista deve solo mantenere la posizione e che a vincere i contrasti davanti devono essere la punta e i due esterni. Anche lui, però, finisce per ammettere che scansarsi e non seguire l’uomo non aiuta l’immagine del tedesco.
Un esempio dei video del giocatore che si sposta indolente per il campo invece di affrontare l’avversario, materia di discussione tra i tifosi “Gunners” per mesi.
Lo stesso Özil sente di doversi difendere quando parla ai giornali tedeschi, alla Sport BILD dice: «Non sono il tipo di giocatore che insegue il pallone tutto il tempo, lo sanno tutti. Il mio potenziale è più nell’aspetto offensivo del gioco. Devo creare pericolo, occasioni, segnare».
Per tutto l’inverno e la primavera, però, il gol non arriva. L’Arsenal non riesce a vincere più di due partite consecutive e a inizio febbraio il Chelsea si occupa di mostrare una volta per tutte l’inequivocabile.
Nell’analisi di quella partita Emiliano Battazzi aveva scritto: «Con il pallone gli uomini di Wenger non sapevano bene cosa fare: il blocco basso degli avversari, formato da 5 difensori e 4 centrocampisti, rendeva quasi impossibile trovare spazio tra le linee. La circolazione era esclusivamente perimetrale: la partita di Özil è apparsa da subito quasi impossibile, privo com’era di spazi e di rifornimenti; e con un doble pivote senza creatività, la gestione della palla per l’Arsenal era quasi una sciagura. Così, il 4-3-3 si è trasformato ben presto in 4-2-3-1, grazie ai movimenti dei giocatori: l’idea di sistemare Özil in fascia non ha funzionato, con Pedro e Moses in costante raddoppio».
Pochi giorni dopo, l’Arsenal subisce l’ennesima goleada contro il Bayern Monaco in Champions League. È il punto più basso della stagione e il momento più critico per Özil, che nelle grandi partite risulta sempre periferico.
C’è anche un problema tattico però: ormai è chiaro che senza Cazorla, Özil non può più permettersi di guardare solo in avanti, ma deve andare incontro alla giocata e farsi parte creativa anche nelle fasi iniziali. Senza la forma fisica iniziale e la conseguente aggressività nelle letture offensive il campo diventa improvvisamente troppo grande per lui, e l’area di rigore troppo lontana. Özil torna a essere il facilitatore del sistema, il giocatore che porta la palla nella trequarti avversaria, una macchina da passaggi chiave e assist (10 in quattro mesi). Ma scompare quando c’è da concludere l’azione.
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Questo grafico è stato fatto proprio al termine del periodo centrale della stagione e ha potuto quindi catturare dal punto di vista statistico tutta la stagione di Özil nelle prime due fasi senza essere condizionato dalla terza. Si può vedere come l’aspetto offensivo di Özil riguardi il suo ruolo facilitatore più che definitore. E, seppur di alto livello, i valori da rifinitore sono comunque inferiori a quelli incredibili dell’anno precedente: i filtranti, i passaggi chiave in area e gli xA sono tutti più bassi.
Wenger quando parla di Özil pubblicamente prova in tutti i modi a fargli capire che deve riprendere la forma di inizio stagione, deve tornare quello che punta la porta: «Penso che bisogna chiedergli di segnare gol. Certo pensiamo che ci sia ancora un margine tra quello che può fare (e cosa fa in campo). Penso si stia muovendo nella giusta direzione, ma con un talento del genere forse uno è un po’ ingiusto perché vuole sempre di più. Pensi che non c’è un limite nel suo calcio e provi sempre a spronarlo a fare di più». Ma è anche vero che il contesto di gioco, oltre alla forma fisica, non glielo permettevano più.
Capitolo III. La sintesi
A metà aprile Wenger decide finalmente di cambiare modulo cedendo alla moda del 3-4-2-1. Il motivo è evidente da subito, il nuovo modulo sembra il modo migliore per avere protezione centrale e gioco sulla trequarti avversaria senza perdere in ampiezza. Per l’Arsenal questo modulo permette anche di difendere più basso, e soprattutto di avvicinare nuovamente Alexis e Özil alla fascia centrale del campo, dando loro spazio per agire in libertà. L’Arsenal è portato a difendere meglio e ad attaccare come vogliono le caratteristiche delle due stelle.
Col nuovo modulo Özil parte nello spazio di mezzo a destra, con molto campo sulla destra per decidere dove ricevere e con chi associarsi pur rimanendo sempre a contatto visivo con Alexis. Un tentativo molto semplice di stabilire una connessione costante tra le due stelle della squadra, dando loro la libertà di muoversi dove vogliono.
Wenger non è certo mai stato un genio della tattica, ma si è sempre dimostrato bravo a capire dove gira il vento per rimanere comunque al passo con lo Zeitgeist. Questo basta all’Arsenal per essere una squadra che funziona tatticamente nel contesto della Premier, sebbene muovendosi in modo reattivo.
Il passaggio è stranamente troppo lungo, ma l’azione mostra la padronanza che ha Özil del gioco negli spazi di mezzo. La bellezza del suo gioco è racchiusa nel livello di dettaglio tecnico a cui può arrivare un suo stop.
L’utilizzo degli spazi di mezzo permette a Özil di esprimere il suo calcio senza portarlo in zone di ricezione troppo arretrate, lasciandogli poi la possibilità di attaccare l’area grazie ai movimenti senza palla dei due compagni di reparto, Alexis e Welbeck. In più, l’Arsenal difende ora stabilmente più in basso e a Özil è richiesto più che altro di schermare le linee di passaggio: è giustificato insomma a correre poco o nulla quando la squadra difende e può ricevere più alto e con spazio quando viene riconquistata palla. Il nuovo modulo pone le basi per una piccola rinascita, che non basta però ad assicurare la qualificazione in Champions League.
In compenso, arriva la conquista della FA Cup, con la soddisfazione supplementare di averla vinta battendo in finale il Chelsea. L’Arsenal ha dimostrato di poter competere alla pari contro i campioni d’Inghilterra, almeno nella singola partita, e Özil finalmente può essere considerato tra i migliori in campo anche in una partita decisiva. Il suo gioco può portare a risultati tangibili se messo nelle condizioni migliori. Una sintesi tra la tesi di inizio stagione con l’Özil offensivo ideale e l’antitesi di metà stagione, quando era più attento ad aiutare i compagni, ma più inefficace.
Londra è il miglior posto possibile?
Özil è in scadenza di contratto e vuole uno stipendio raddoppiato per rimanere a Londra. Per capirci: sopra i 12 milioni all’anno. La cosa strana di questa trattativa che va avanti da mesi è che non ci sono reali alternative di livello superiore, per l’Arsenal, ma anche per lo stesso Özil. Nessun altro grande club inglese si è fatto avanti; niente PSG, Juventus o Barcellona, sicuramente niente Bayern ora che ha preso James. In questo momento il valore di mercato di Özil è l’incontro tra la sua domanda e quello che l’Arsenal gli può offrire, o meglio, che è costretto a offrire anche solo per mantenere il suo status di club che non lascia più andare via le stelle.
Va detto che anche se il matrimonio tra Özil e l’Arsenal fosse solo un matrimonio di convenienza, dal punto di vista tecnico sarebbe comunque la migliore situazione possibile per tutti. Wenger può ancora metterlo nelle condizioni di rendere al meglio e l’Arsenal 2017/18 sarebbe costruito attorno a lui e alle sue caratteristiche.
La Premier League non concede il lusso del controllo, Wenger lo ha capito sulla propria pelle e ha costruito una squadra che non si vuole più ordinare con il pallone, che non vuole più governare la partita imponendo il proprio calcio, ma che preferisce partire da un blocco basso per sfruttare ciò che offre la Premier League: lo spazio.
Nell’arco di una partita in Premier League la richiesta di intensità toglie tempo alle giocate, ma in compenso apre degli spazi enormi: l’Arsenal è costruito per provare a sfruttare lo spazio con giocatori che, per natura, non necessitano che di un secondo per inventare la giocata.
Özil da parte sua ha un rapporto con lo spazio privilegiato: nessuno come lui legge il campo in transizione, pensando già due mosse avanti rispetto alla posizione del pallone. Se dal punto di vista tecnico è tra le migliori espressioni dell’idea che abbiamo oggi del rifinitore classico, il suo gioco è fatto per un calcio dinamico: Özil ha bisogno di muoversi e di vedere i compagni muoversi.
Avere Özil con spazio da attaccare e vederlo muoversi in una zona di campo dove le difese avversarie fanno fisiologicamente fatica a schermarlo (appunto lo spazio di mezzo) è la condizione ideale per il tedesco per esprimere la totalità del proprio potenziale offensivo.
Non bisogna dimenticare poi che Özil è anzitutto un talento associativo e non va giudicato (solo, né troppo) sui gol e sugli assist. Calciatori come lui vanno visti anche in base alle connessioni che creano con i compagni. Il suo rapporto con Cristiano a Madrid, con Klose con la Germania, con Giroud a Londra. Creare un contesto in cui Özil può muoversi in riferimento a un compagno ne innalza il valore e l’efficacia in rifinitura. In transizione il suo controllo della pausa, la sua visione di gioco e le sue letture offensive si esaltano. E il nuovo modulo lo mette alla distanza ideale da Alexis, permettendogli di connettersi con lui senza invadere la sua sfera d’influenza anarchica.
Al momento sembrano non esserci dubbi sul fatto che Alexis resti un altro anno, anche se in scadenza, e nell’Arsenal immaginato da Wenger il cileno rimane il leader tecnico offensivo della squadra; ma il 3-4-2-1 è stato pensato soprattutto perché lui e Özil giochino insieme. Se però l’Arsenal dovesse scendere a patti con le diverse ambizioni del giocatore, allora assumerebbe un’importanza ancora maggiore - per l’Arsena e per Özil - l’arrivo di Alexandre Lacazette. Il francese è freddo nelle conclusioni e creativo sulla trequarti, ma è soprattutto un giocatore intelligente nei movimenti, che tende al dialogo in scambi ravvicinati con i compagni di reparto, che adora insomma essere parte della giocata offensiva e non un mero esecutore.
La scelta di Wenger in fase di mercato non è stata casuale, sembra anzi dettata proprio dalla compatibilità che il francese sembra promettere con Özil. Se a Lacazette piace ricevere in area per scambiare il pallone e muoversi, Özil ama servire palloni in area e poi attaccarla nello scambio. L’idea di Wenger, allora, è di ricreare una coppia rifinitore-punta, ma con un giocatore veloce e e reattivo che assecondi meglio il dinamismo pensato per il suo attacco.
Considerando quindi la presenza di Lacazette e Sánchez, e il sistema immaginato da Wenger, non esiste un contesto migliore per Özil per esprimere al meglio un talento che ha già espresso molto, ma che sembra avere ancora tanto da dare.