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In area non si pensa
08 nov 2018
Ritratto di Paco Alcacer, l'attaccante che ha avuto il miglior inizio di stagione in Europa.
(articolo)
6 min
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“A natural fighter with a predisposition for non-conformity”. Sul sito ufficiale del Barcellona, Francisco Alcácer García detto “Paco” viene presentato così. Agile e minuto (176 cm per 71 kg), è il tipo d'attaccante istintivo che ama gettarsi sul pallone e giocare d'anticipo: “In area devi pensare veloce” ha detto nel 2016, evoluzione della più radicale dichiarazione di due anni prima: “In area non si pensa, tutto va troppo veloce”.

Un opportunista, insomma, consapevole dei propri limiti (“Non provo i dribbling, perché cadrei dopo aver toccato il pallone”) e devoto alla tempestività: “Se non giochi per venti giorni, il ventunesimo devi essere pronto”.

11 gol nelle prime 9 presenze di questa stagione, tra club e nazionale. Uno ogni 43,4 minuti di gioco. Paco is on Fire, il bomber più in forma d'Europa. “Forse è il momento migliore della mia carriera” ha ammesso a inizio ottobre. Il fuoco che pareva averlo bruciato, è diventato un'arma.

Da anni il Borussia Dortmund accoglie fuoriclasse smarriti e giovanissimi dalle prospettive importanti. Paco Alcácer in questo senso è un'anomalia: non più un ragazzino in cerca di esperienza né una stella deve ritrovarsi. Non è Pulisic o Jadon Sancho, ma nemmeno Götze o Kagawa.

Ha 25 anni e 151 presenze in Liga, ma non si è mai affermato davvero. Il rischio è di restare prigioniero dell'indefinitezza e del marchio di bluff. Questi primi mesi a Dortmund gli hanno dato un'identità, liberandolo.

A segno nella finale degli Europei U19 del 2011, vinta dalla Spagna contro la Repubblica Ceca di Krejčí e Kadeřábek. A guidare la selezione era Julen Lopetegui, che avrebbe scelto Paco come titolare anche negli Europei U19 del 2012 (vinti) e l'avrebbe fatto esordire poi in Under-20 e in Under-21. Sarà invece il CT dell'esclusione dalla nazionale maggiore. (Foto di Daniel Mihailescu / AFP / Getty Images).

Il 10 aprile 2014, al Mestalla arriva il Basilea di Yakin, per la gara di ritorno dei quarti di Europa League. Gli svizzeri hanno vinto 3-0 all'andata. Alcácer trascina i suoi compagni ai supplementari, e alla vittoria, con una tripletta decisiva per il 5-0 finale. Nella storica rimonta di quella notte, Paco compie un salto importante.

Avrebbe potuto essere la bandiera del suo territorio. Figlio della Comunità Valenciana, è nato da una famiglia di agricoltori (30 agosto 1993) nella cittadina di Torrent a pochi chilometri da Valencia. Prima di approdare alle giovanili dei Murciélagos, si è formato in piccole realtà dei dintorni (lo stesso Torrent e il Monte-Sión, come anche i concittadini Pedro López del Levante e Guaita del Crystal Palace).

Era un crack che spiccava anche in un vivaio prestigioso, una stella delle nazionali giovanili spagnole (19 reti in 14 gare con Under-17 e Under-18). Aveva debuttato in prima squadra con Unai Emery a soli diciassette anni (in Coppa del Re contro il Logroñés, al fianco di Isco e Jordi Alba).

Nel Valencia ha fatto 6 stagioni in prima squadra e indossato la fascia di capitano. Ha lottato per trovare spazio, accettato il prestito annuale al Getafe (2012/13) e le panchine con Djukić. All'Estadi Ciutat de València ha realizzato il suo primo gol in nazionale (all'esordio dal primo minuto, nelle qualificazioni a Euro 2016 contro la Macedonia).

Aprile 2014, l'esultanza dopo uno dei gol contro il Basilea. (Foto di Jose Jordan / AFP / Getty Images).

Tra 2014 e 2016 si impone finalmente come titolare. Mette insieme 24 gol e 12 assist in 66 partite di Liga, abbastanza per guadagnarsi l'attenzione e ricevere offerte lusinghiere.

Nell'estate 2016 chiede così un incontro al presidente, in cui annuncia di volere andar via. Può suonare come ingratitudine o come fiducia nei propri mezzi, a seconda di dove si vuole porre l'accento. Di sicuro Paco sa che le occasioni vanno aggredite, perché le cose possono finire di colpo.

13 agosto 2011. Il Valencia ospita l'AS Roma per un'amichevole. Lui è un ragazzino ma gioca e segna una rete. All'uscita dallo stadio, suo padre ha un infarto e muore sul colpo. “Non ho neanche potuto dirgli addio” si dispera il figlio. Pochi giorni dopo, lui compie diciotto anni e prende il via la stagione che lo farà esordire in Liga.

Foto di Jospep Lago / AFP / Getty Images.

Il richiamo del Barcellona dev'essere più forte di tutto. E poi ci sono le orme fresche del suo idolo, David Villa, da seguire. Perché da tempo aleggia tra loro un testimone che passa di mano. Hanno fatto un allenamento insieme a Valencia, uno solo, l'ultimo del Guaje e uno dei primi di Paco (sedicenne) in prima squadra. Villa ha lasciato la nazionale alla fine dei Mondiali 2014, e poche settimane dopo Alcácer ha ricevuto la sua prima convocazione. Approdare in blaugrana dopo tanti anni a Valencia, perciò, è il segno ulteriore di una staffetta.

Paco arriva a Barcellona circondato dallo scetticismo per i 30 milioni del suo cartellino. Il suo rendimento a Valencia è stato buono e in crescita ma non sensazionale.

Non ci riesce, a disperdere i dubbi. Schiacciato dalla concorrenza, viene usato come un rincalzo che non può ambire a niente più di qualche spezzone di gara. Si immalinconisce, non dev'essere quello che sognava. Nella seconda stagione al Barça, riesce a giocare solo 4 partite per intero (segnando in ciascuna).

Quando lascia il club, perciò, è comprensibile che dica di farlo “per essere felice”. Un tema che ritorna nelle sue interviste. Per esempio già a ventun anni sosteneva che la cosa più bella, più che il gol in sé, fosse il festeggiamento del gol con i compagni: “Perché il gol è frutto del lavoro di tutti e l'allegria è condivisa, non soltanto mia”.

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Mucho que aprender de ellos. Dos leyendas del Valencia. @davidvilla #mario kempes!

Un post condiviso da Paco Alcacer (@paco93alcacer) in data: Mag 27, 2015 at 5:58 PDT

Con Mario Kempes e David Villa. Pur di metterla sulla sua pagina Instagram, l'ha messa sfocata.

La scorsa estate ha scelto i gialloneri della Ruhr: prestito oneroso (2 milioni) con diritto di riscatto. L'ambientamento è stato immediato, nutrito dai gol e agevolato dalla disponibilità dei compagni che Alcácer sottolinea sempre. Parallelamente, con Luis Enrique ha ritrovato la nazionale maggiore dopo ben due anni e mezzo (dalla gestione del Bosque, che lo paragonava a Raúl). Ha segnato 3 reti nei due spezzoni di gara in cui è stato impiegato.

Atleta vero, è sempre tra i primi a presentarsi al campo d'allenamento e spesso si trattiene dopo per lavorare individualmente (compensazione di una certa pigrizia adolescenziale). A detta di Vicente Mir, che lo ha cresciuto nella cantera del Valencia, Paco conduce “una vita monastica”.

Spiegando la scelta di Dortmund, ha dichiarato: “Non voglio disperdere i miei sforzi”.

La bussola che si è tatuato a Valencia sembra essere stata di buon auspicio: Paco non si è perso, ha trovato il modo di orientarsi nonostante le difficoltà.

Magari tornerà a essere un giocatore normale che il mercato aveva sovrastimato e che merita palcoscenici soltanto buoni. Ma magari dimostrerà di poter giocare a livelli importanti e restare stabilmente in nazionale. Il Dortmund sembra aver già deciso di riscattarlo, senza aspettare il prossimo giugno. La cifra dell'accordo col Barcellona, 23 milioni, è un po' come lui, una via di mezzo: poco per un giocatore importante, tanto per un fuoco di paglia.

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