Massimo Ferrero si è avvalso dei metodi più disparati per inimicarsi i tifosi della Sampdoria, ma le dichiarazioni d'amore verso altre squadre sono da sempre il suo miglior colpo. Se la sua passione per la Roma ormai è nota a tutti, però, l'infatuazione verso il Palermo è qualcosa di più recente. Ci avrà anche girato "i miglior film della carriera", come lui stesso ama definire titoli del calibro di Ragazzi Fuori e Mery per sempre, ma perché il Palermo dovrebbe finire tra le mani di Ferrero? E perché Ferrero ha comprato una bottiglietta d'acqua a Ballarò mentre una trentina di palermitani lo acclamava come se fosse il Messia? Prima bisognerebbe capire perché il Palermo sia finito in Serie D, al termine di una lunga agonia che ha posto definitivamente fine all'era Zamparini.
Quando Preziosi è stato vicino all’acquisto del Palermo
Che il Palermo potesse fare questa fine, in realtà, era tutt'altro che una sorpresa. Lo avevamo lasciato in mano a Daniela De Angeli, dirigente storica dell'era Zamparini, che insieme a Rino Foschi (divenuto presidente) aveva preso il controllo delle quote dopo il disastroso periodo inglese targato Sport Capital Group. Un salvataggio d'emergenza per scongiurare l'incombente penalizzazione per il mancato pagamento di stipendi, ritenute e contributi. «Eravamo in un tunnel senza uscita» è quanto ammesso da De Angeli nella sua prima intervista da proprietaria al Giornale di Sicilia «e il Palermo sarebbe fallito». Doveva però trovare i soldi necessari non solo al saldo degli emolumenti, ma anche alla sopravvivenza stessa della società. Per questo motivo, lo scorso 3 maggio, il Palermo è stato ceduto alla Sporting Network rappresentata da Salvatore Tuttolomondo, che però non è riuscito ad evitare il peggio, materializzatosi nella notte tra il 24 e il 25 giugno. In Lega B non arriva la fideiussione, la domanda per l'iscrizione è incompleta. È l'inizio della valanga che porta alla scomparsa del Palermo, ratificata dalla Figc il 12 luglio, confermando il verdetto della Covisoc sulle inadempienze di Tuttolomondo.
Le trattative per portare a Palermo un nuovo proprietario dopo i guai giudiziari di Zamparini iniziano con Enrico Preziosi. Il patron del Genoa, consapevole di non poter avere tra le mani una società di A (a rischio retrocessione) e una di B (con l'obiettivo promozione), manda però in avanscoperta un imprenditore pubblicitario palermitano. Dario Mirri, tifoso del Palermo e titolare della Damir Srl, propone un accordo alla nuova società: i 2,8 milioni necessari per saldare gli stipendi dei giocatori in cambio della gestione quinquennale della pubblicità e dell'opzione sull'acquisto delle quote. Se si firma, il Palermo può respirare almeno per un altro mese. Il primo incontro tra le parti avviene nel giorno di Palermo-Brescia, sfida al vertice del campionato di Serie B, con un "Barbera" che risponde come ai vecchi tempi. Non tanto perché arriva la capolista dell'amato ex Corini, ma perché l'incubo inglese è terminato e ci si avvia verso una nuova era.
Poco prima del calcio di inizio, però, Mirri e De Angeli non trovano un accordo. La società ritiene economicamente svantaggioso il contratto proposto da Damir, considerando le cifre che ha ottenuto nei precedenti anni in Serie A: gli stessi diritti, ceduti a Infront, in massima serie fruttavano 2,5 milioni vuoto per pieno all'anno. Un dislivello che fa saltare il tavolo e i 22.329 rimasti gelati dallo splendido pallonetto di Tremolada allo scadere, una volta lasciato lo stadio, cadono nello sconforto. Restano due giorni per trovare 2,8 milioni e Foschi prova a riaprire la trattativa con Mirri. L'accordo arriva poco dopo le 23 di domenica, sulla base della stessa cifra, ma per quattro anni di contratto. Lunedì mattina vengono disposti i bonifici e già nel pomeriggio i giocatori hanno gli stipendi. Il Palermo è salvo e Mirri disporrà per un mese di un'opzione d'acquisto "per sé o persona da nominare".
La persona da nominare, chiaramente, è Preziosi, che però non ha ceduto il Genoa e non trova a chi cederlo. Cronache genovesi raccontano di una trattativa saltata proprio con Tuttolomondo, che poi sbarcherà in Sicilia per il canto del cigno del Palermo. Per un paio di settimane, Mirri attende che sia Preziosi a dargli qualche input. Nel frattempo, organizza iniziative per far entrare quanti più soldi possibili nel Palermo: sponsor di maglia diversi a seconda delle partite, coinvolgimento dei tifosi e persino un crowdfunding che però non partirà mai. Il progetto #iotisalverò non piace granché a Foschi, che di fatto lo boccia senza mezzi termini: «Non abbiamo la necessità di portare avanti delle collette per il pagamento dei prossimi stipendi». Mirri incassa il colpo, ma l'attesa per un segnale da parte di Preziosi è logorante. Quando è chiaro che l'imprenditore irpino non può rilevare il Palermo, torna l'ansia.
L'opzione d'acquisto di Mirri scade senza che nessuno rilevi il Palermo, sebbene lui stesso abbia provato a contattare altri soggetti e a raccogliere manifestazioni di interesse. Foschi e De Angeli però evitano la penalizzazione, incassando dalla famiglia Zamparini 2,8 milioni di euro: è la cifra che Alyssa, holding lussemburghese che ha rilevato la società detentrice del marchio del Palermo (Mepal Srl), avrebbe dovuto versare nelle casse del club il 30 giugno 2018 per completare il saldo annuo di 20 milioni. Un'operazione che ha portato la Guardia di Finanza in sede e a casa del patron friulano, che ha fatto avviare una procedura fallimentare (respinta dal Tribunale palermitano) e che ha portato il Palermo sull'orlo del crac. È evidente, infatti, che per salvare la società sia necessario far rientrare quel credito da 40 milioni entro la scadenza prevista, ovvero entro il 30 giugno 2019. In questo modo, metà del credito è tornata a casa. L'altra metà? Dovrà saldarla l'acquirente, perché in vendita non c'è solo il Palermo, ma il Palermo e Mepal, che nel frattempo si è accollata il debito.
Altre due piste complicate
Saltato Preziosi, al Palermo restano due strade per evitare il peggio. La prima porta al fondo americano York Capital Management, che aveva già avviato una due diligence nelle battute finali dell'era inglese, ma che con l'interregno di Mirri si è defilato. La seconda, invece, porta il nome del giovane operatore finanziario palermitano Vincenzo Macaione, in passato vicino all'imprenditore Calabrò (che tentò la scalata al Genoa) e amministratore delegato di Primus Capital, fallita giusto qualche mese prima. Complice l'uscita allo scoperto dell'hedge fund statunitense, l'opinione pubblica palermitana tira la volata ad un affare che giunge a pochi metri dalla conclusione. È un giovedì mattina quando, presso la sede del Palermo, si iniziano a discutere le clausole dei contratti. L'entusiasmo si raffredda ben presto: York Capital vuole un'opzione d'acquisto da esercitare il 15 maggio, dunque a campionato concluso, ma dall'altro lato deve fare i conti con la richiesta del saldo di quel debito da 20 milioni, che porterà Zamparini a processo nei primi di luglio. La trattativa prima subisce una frenata e, dopo un consulto dei legali di York Capital con un pool di penalisti italiani, si arena definitivamente.
La pista Macaione, a quel punto, rimane l'unica in piedi. Al suo fianco si è schierato Fabrizio Lucchesi, precedentemente advisor di Raffaello Follieri in due trattative andate male (una con Zamparini e l'altra con Sport Capital Group), nonché dirigente in alcuni dei più recenti disastri del calcio italiano: il Pisa di Petroni salvato in extremis da Corrado, il Latina fallito dopo la retrocessione in C e la Lucchese di Grassini durata giusto il tempo di una bocciatura da parte della Covisoc, venendo iscritta poi dalla vecchia proprietà. Tutto in meno di tre anni. Lucchesi e Macaione lavorano per il passaggio delle quote ad Arkus Network, un "gruppo polifunzionale" specializzato in ristrutturazioni aziendali che di recente aveva piantato la propria bandierina nel campo del turismo. Il nome di punta alle spalle di Arkus è quello di Salvatore Tuttolomondo, che non risulta proprietario né amministratore (nel Cda è presente invece il fratello Walter) e sul proprio curriculum porta due medaglie non certo lusinghiere: il fallimento della società Sia Sud Italia con conseguente arresto e il fallimento della finanziaria Fiscom con conseguente arresto.
Quest'ultima vicenda è divenuta tristemente nota alle cronache nazionali perché ad indagare sui legami tra la finanziaria andata in bancarotta e la Banda della Magliana fu il giudice Paolo Adinolfi, scomparso 25 anni fa. Per entrambi i fallimenti, Tuttolomondo non subisce condanne definitive perché i procedimenti vanno in prescrizione. La fitta rete di società poste a capo di Arkus, però, porta ancora una volta in Inghilterra. La controllante è infatti una società di diritto britannico, la Gepro, a sua volta controllata dalla italiana F.Imm. Group (con Tuttolomondo sempre dentro), ma rappresentata dal director Stefano Pistilli, membro di Forza Nuova e segretario del partito belga Coalition pour la vie et la familie.
Il gelo con York Capital, accusata da De Angeli di «voler comparare il tempo per decidere se acquistare il Palermo», accelera la trattativa con Tuttolomondo. Una trattativa da chiudere entro i primi di maggio, perché nel frattempo la Figc ha deciso di richiedere al Tribunale di Palermo l'avvio di una procedura per il commissariamento della società, temendo un possibile conflitto di interessi.
L'udienza è fissata per il 3 maggio e il closing deve giungere prima di quella data per evitare la nomina di un curatore. Il 24 aprile arriva l'annuncio: Arkus Network ha un accordo per rilevare il Palermo tramite il veicolo Sporting Network. Due giorni dopo, la Procura federale fa scattare i deferimenti nei confronti di Zamparini, dell'ex presidente Giammarva e dell'ex presidente del collegio sindacale Morosi per irregolarità in quattro bilanci, col Palermo deferito per responsabilità oggettiva e diretta. La richiesta del procuratore capo Pecoraro è la retrocessione diretta e immediata in Serie C, ma questo non spaventa Tuttolomondo. Il 3 maggio arriva l'atteso closing, l'udienza per il commissariamento è rinviata al 31 maggio e la prospettiva di un declassamento viene definita una "boutade" dal rappresentante della nuova proprietà, che affida la presidenza del club ad Alessandro Albanese, presidente di Sicindustria e della Camera di Commercio di Palermo e Enna.
Foto di Tullio M. Puglia.
Intanto c’è una promozione da giocarsi
In tutto ciò, il Palermo sul campo si gioca ancora la Serie A. Dopo le vittorie negli scontri diretti con Benevento e Verona, però, al "Barbera" arriva un inaspettato pareggio col Padova virtualmente già retrocesso, che permette al Lecce di consolidare il secondo posto. Rino Foschi, che ha fatto i salti mortali per tenere in vita squadra e società, entra appieno nel personaggio del presidente del Palermo: con una mossa alla Zamparini, esonera Stellone e chiama in panchina Delio Rossi, otto anni dopo la finale di Coppa Italia persa con l'Inter alla guida dei rosanero. L'esordio è di quelli che tagliano le gambe: altro pareggio con una squadra in lotta per non retrocedere, il Livorno, mentre il Lecce batte il Brescia e allunga ulteriormente. Il ritorno di Rossi al "Barbera" è anche peggio: ancora un pareggio, stavolta con lo Spezia, che regala ai salentini il match ball. Gli uomini di Liverani giocano consapevoli del risultato del Palermo e, proprio come i rosanero qualche giorno prima, affrontano in casa un Padova ormai derelitto. I veneti, però, portano a casa un altro scalpo eccellente, vincendo per 2-1 al "Via del Mare". Il Palermo è nuovamente in corsa, perché alla penultima giornata va in casa di un Ascoli ormai fuori da ogni tipo di lotta e il Lecce è chiamato al turno di stop. Con tre punti la squadra di Rossi andrebbe a -1 e lo fa, rendendo l'ultima giornata cruciale per la promozione diretta. Il Lecce sblocca subito il risultato con lo Spezia, il Palermo butta via un 2-0 e chiude con un altro pareggio, stavolta per 2-2, contro il Cittadella. Sarà l'ultima partita nella storia dell'U.S. Città di Palermo.
Classifica alla mano, i rosanero dovrebbero giocare i play-off. A 48 ore dal fischio finale di quella sfida, invece, il Tribunale Federale Nazionale si pronuncia sul deferimento di poche settimane prima. La "boutade" si materializza davanti agli occhi di Tuttolomondo: la società che ha appena rilevato con la speranza di trovarla subito in Serie A è condannata alla retrocessione per direttissima in Serie C. I capi di accusa non lasciano scampo al Palermo: bilanci falsati al fine di ottenere l'iscrizione in tre campionati di fila (2015/16 e 2016/17 in Serie A, 2017/18 in Serie B) per mezzo della già citata operazione Alyssa, il cui credito è giudicato "fittizio" dal collegio presieduto da Cesare Mastrocola.
La Lega B prende la palla al balzo e decide di rendere esecutiva la sentenza di primo grado: i playoff si giocano col Perugia al posto del Palermo. Foschi, che a febbraio ha strappato la società dalle mani di Sport Capital Group e che successivamente ha trattato con Mirri per salvaguardare gli stipendi, è una furia. In una diretta su Sportitalia attacca direttamente il presidente della Lega B Balata e i componenti del consiglio direttivo che ha decretato l'esclusione del Palermo: «Andate a vedere chi sono i consiglieri che hanno preso questa decisione, senza aspettare il secondo grado di giudizio per estrometterci dai playoff, penalizzando cinquanta famiglie e tutta una città».
Riferimento per nulla velato ad un conflitto di interessi dei componenti: il presidente del Perugia ammesso al posto del Palermo, il presidente del Benevento e del Pescara che hanno goduto dello scorrimento in classifica, il patron della Salernitana salvatasi perché il Palermo viene considerato retrocesso d'ufficio e di conseguenza senza necessità di playout.
La sfilza di ricorsi presentati dal pool legale del Palermo (a cui è stato integrato l'avvocato Di Ciommo, scelto da Tuttolomondo) non porta ad alcun annullamento della delibera del consiglio direttivo della Lega B. Solo per quanto riguarda i playout, il Foggia riesce a far valere le proprie ragioni presso Collegio di garanzia dello sport del Coni e Tar del Lazio, riuscendo a far disputare lo spareggio per l'ultima retrocessione. Sì, ma tra chi? La decisione finale si avrà solo dopo la sentenza d'appello del Palermo in Corte federale, il 29 maggio, e il verdetto non è affatto favorevole per i foggiani. In secondo grado, infatti, i rosanero vedono ridotta la pena ad un -20 in classifica con multa da 500 mila euro, sebbene la corte riconosca le motivazioni del Tribunale Federale Nazionale. Il playout si disputa tra Venezia e Salernitana con la retrocessione dei lagunari di Joe Tacopina, che ostenta però una certa sicurezza nonostante il ritorno in Serie C: «Io mi sento in Serie B. Vedremo come si iscriverà il Palermo. Servono soldi veri, non quelli del Monopoli».
Tuttolomondo risponde a tono facendosi fotografare con lo sfondo del Monopoli sul proprio iMac e ironizzando sulle capacità finanziarie del suo gruppo: «Abbiamo venduto Parco della Vittoria». All'indomani della sentenza che ha salvato il Palermo, però, si tiene un consiglio di amministrazione decisivo per le prime scadenze Covisoc, previste per il 31 maggio. Viene approvata la trimestrale con 7 milioni di perdite e un capitale eroso per circa 10 milioni di euro, situazione che qualche giorno dopo porterà la stessa Covisoc a contestare un ripianamento patrimoniale di 8,3 milioni per poter ottenere la licenza. Nel frattempo, la società inizia a pensare anche al futuro sul piano tecnico: via Rossi (che aveva firmato un contratto di soli due mesi senza opzioni), dentro Pasquale Marino. Via tutti i pezzi pregiati, senza nemmeno intavolare trattative per rinnovare i contratti in scadenza di Jajalo, Rispoli e Aleesami. Il dg Lucchesi, inoltre, prende pieni poteri. Foschi, che ha parteggiato in maniera evidente per York Capital, diventa scomodo. La proprietà gli consegna una lettera di contestazione per giungere ad un licenziamento per giusta causa, ma di fatto il direttore sportivo torna a casa ed è "sospeso", pur risultando nell'organigramma.
Il Palermo non ha soldi
Parallelamente, le sorti del Palermo percorrono una strada in salita nelle aule del Tribunale palermitano. Perché la Procura federale ha perso la battaglia in sede sportiva, ma ha vinto quella in sede di giustizia ordinaria, ottenendo la nomina di un curatore speciale per la società. L'avvocato Massimo Fricano rinuncia alla carica per via di un possibile conflitto di interessi con Damir Srl, società difesa dallo studio legale per il quale è associato e attaccata direttamente da Tuttolomondo per il contratto siglato a febbraio col Palermo. Al posto di Fricano, viene nominato il messinese Fabrizio Guerrera, che sarà chiamato il 5 luglio a relazionare sullo stato di salute del club rosanero. Non tutti i documenti richiesti, però, gli verranno consegnati, complicando parecchio il suo lavoro. I vertici del Palermo, evidentemente, hanno casi più spinosi a cui pensare.
Il 24 giugno, di fatto, il Palermo ha un allenatore, un quadro dirigenziale chiaro e un ritiro organizzato tra San Lorenzo Dorsino e Sarnano. Gli manca solo l'iscrizione, ma le parole di tutti gli amministratori della società sembrano tranquillizzare tutti. Il presidente Albanese conta di avere entro i termini previsti "tutte le carte a posto per completare l’iscrizione al prossimo campionato", Lucchesi addirittura afferma al termine del Cda del 21 giugno che gli stipendi "sono in parte già pagati". Tuttolomondo affida invece ad un comunicato sul sito internet del club i vari adempimenti tributari e fiscali già osservati. Peccato che per la Covisoc non siano stati rispettati.
A questo elenco manca la fideiussione e mancherà anche alle 23.59 del 24 giugno, termine ultimo per presentarla brevi manu in Lega B. Il direttore generale Pedrelli, in passato dirigente del Palermo, attende fino all'ultimo l'arrivo a Milano di Lorenzo Farris, segretario del settore giovanile rosanero, protagonista di una vera e propria Odissea senza mai avere la fideiussione in mano. Tuttolomondo, con gli ultras inferociti sotto gli uffici del club, annuncia però di aver spedito tutto via Pec alle 23.59. In realtà, quanto inviato dal Palermo è solo una dichiarazione di un broker, tale Camilleri, che annuncia di avere un accordo per stipulare una polizza fideiussoria con i bulgari di Lev Ins Insurance Company AD, ma che la documentazione non è giunta in tempo per un imprevisto tecnico. Non arriverà nemmeno l'indomani, quando Tuttolomondo decide di presentare denuncia perché teme di essere truffato. Peccato che nel frattempo gli stipendi dei giocatori non siano stati saldati, la multa da 500 mila euro nemmeno e persino gli alberghi per il ritiro siano stati disdetti. Eppure, nonostante ciò, la versione della proprietà è quella di non aver adempiuto a questi obblighi per una sorta di "autotutela" e in una lunga lettera inviata alla Covisoc si dichiara pronta a presentare la fideiussione "in parola" e a saldare il tutto «non appena Federazione e Lega di B comunicheranno che attraverso tali adempimenti il Palermo potrà ottenere una piena disamina della sua richiesta di iscrizione». È il tentativo disperato di rovesciare il sistema: non più la società che paga per iscriversi, ma la Figc che ti iscrive per farti pagare.
La Covisoc, come prevedibile, non legge nemmeno quel documento di venti pagine. Il 4 luglio dà al Palermo la mazzata tanto attesa, con qualche colpo più duro del previsto. Perché gli omessi pagamenti degli emolumenti di marzo, aprile e maggio (con ritenute e contributi), così come il mancato saldo dei debiti sportivi e la mancata fideiussione, sono solo una parte di quanto contestato. Il Palermo non ha nemmeno saldato la penale da 400 mila euro per l'esonero di De Zerbi nel 2016 e questo non rientrava tra i pagamenti bloccati per "autotutela", in più la Banca Ifigest "documenta la non esecuzione delle disposizioni di pagamento per carenza di adeguate disponibilità pecuniarie". In parole povere, il Palermo non ha soldi. E non li ha nemmeno per il ripianamento patrimoniale di 8,3 milioni, che infatti viene effettuato per mezzo di crediti che secondo la Covisoc non sono documentati, dunque "non v'è prova alcuna dell'esistenza e dell'esigibilità".
Tuttolomondo decide di fare ricorso in ogni sede, pur non potendo sanare la propria posizione. Il presidente Albanese prova a farlo desistere, indicando la via di una liquidazione della società per poter garantire creditori e dipendenti, ma la reazione della proprietà non è certo favorevole. I consiglieri d'amministrazione di area Arkus (Walter Tuttolomondo, Roberto Bergamo e Attilio Coco) si dimettono, portando allo scioglimento dell'intero Cda e all'uscita di scena di Albanese e del vicepresidente Macaione. I tre dimissionari vengono nominati nel nuovo consiglio con Bergamo presidente, il cui primo atto ufficiale in questa veste sarà la partecipazione all'udienza in cui il curatore Guerrera depone le proprie memorie. Ad ogni pagina, l’avvocato messinese riserva uno schiaffo alla proprietà del club rosanero, evidenziando un "situazione di grave disordine amministrativo" con consiglieri definiti "dissidenti", lamentando inoltre "una conoscenza limitata delle variazioni della situazione economica, patrimoniale e finanziaria" perché non gli sono stati inviati i documenti richiesti. Il curatore speciale, nominato a tutela della società, chiede per la stessa un'ispezione dei conti. La Figc, invece, insiste sul commissariamento.
Dinanzi ad uno scenario del genere, il sindaco Orlando non sta certo con le mani in mano. Proprio come fatto per Sport Capital Group, non intende conoscere personalmente Tuttolomondo finché la Figc non darà il benestare definitivo all'acquisizione del Palermo. Non lo incontrerà mai, perché subito dopo il mancato deposito della fideiussione in Lega B, il primo cittadino palermitano si è attivato per la pubblicazione del bando previsto per indicare alla Figc e alla LND la nuova società da far ripartire dalla Serie D. Tuttolomondo, ovviamente, non la prende benissimo. Dopo essere scappato da Palermo per sfuggire alla furia della tifoseria, così come Bergamo e Lucchesi, denuncia un complotto ai danni del club e non le manda a dire né alla stampa, né al sindaco: «Il Palermo è tutt’ora vivo e vegeto, e lo sarà fino a quando noi saremo legittimi proprietari e interpreti del nuovo corso del Palermo Calcio».
In Serie D, ma con chi?
Parole al vento, perché Palermo è ormai proiettata a ripartire dalla Serie D. Ecco dunque che si torna al punto iniziale, ovvero Massimo Ferrero. Il primo ad esporsi più o meno pubblicamente per rilevare il titolo del Palermo è Er Viperetta, il cui rapporto con i tifosi della Sampdoria è ai minimi storici, complice un'inchiesta per truffa, appropriazione indebita e autoriciclaggio in merito alla cessione di Obiang al West Ham. Se la piazza blucerchiata sembra unita nel coro di contestazione, quella palermitana si spacca a metà. Da un lato quelli attratti dal folklore di Ferrero, giunto persino a Ballarò accompagnato da Pamela Conti, ex capitano della nazionale femminile e pietra miliare di un progetto parallelo a quello della rinascita del Palermo, ovvero la creazione della squadra femminile. Dall'altro lato, quelli che hanno vissuto l'era Sensi (tre anni in Sicilia con una promozione in B) e che non intendono correre nuovamente il rischio di far diventare il Palermo la succursale di qualcun altro. Persino Orlando, solitamente attento a non sbilanciarsi, si schiera apertamente: «Meglio partire dalla D senza essere satelliti, piuttosto che essere un bel satellite di una società che potrebbe non avere interesse nel Palermo».
Di sicuro, Orlando non avrebbe potuto pronunciare quelle parole senza avere alternative tra le mani. Infatti l'alternativa c'è ed è quel Dario Mirri che a febbraio ha messo 2,8 milioni in una società che quattro mesi dopo è riuscita a non iscriversi. Un esborso enorme, che però non intende gettare al vento, motivo per cui decide di manifestare il proprio interesse per il bando. Il sindaco ammette inoltre di essere stato contattato da un gruppo di Hong Kong, in corsa si è inserito un fondo degli Emirati Arabi e il fondo Zurich Capital Fundse; nel frattempo altri imprenditori (il palermitano Dragotto e l'italo-americano Di Piazza) hanno palesato la loro volontà di presentare un'offerta. In pole però al momento sembra esserci Nunzio Colella, proprietario di Alcott, che ha promesso "investimenti concreti per la rinascita". Per pubblicare il bando Orlando ha atteso il via libera della Figc, quello giunto nella serata di venerdì, dopo il ricorso di Tuttolomondo. Il Consiglio federale ha confermato il verdetto della Covisoc e ha escluso il Palermo dal calcio professionistico. Con Ferrero, con Mirri o con chissà chi altri, i colori rosanero scenderanno in campo per la prima volta nella loro storia in Serie D.