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Paolo Montero non è l'allenatore che vi immaginate
17 mag 2024
Del tecnico uruguaiano si parla come possibile traghettatore in caso di esonero di Allegri.
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4 min
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IMAGO / Gribaudi/ImagePhoto
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Sin dal suo ritorno in bianconero, Paolo Montero è stato un pensiero fisso dei tifosi della Juventus. A volte sussurrato, a volte espresso, ma sempre presente. Le prime voci che lo volevano come traghettatore risalgono addirittura al settembre del 2022, poche settimane dopo il suo arrivo. Anche se poi non se ne fece nulla la suggestione è rimasta, messa in disparte ma comunque visibile: un totem conservato sotto vetro con la scritta “rompere nei momenti di difficoltà”.

Dopo che le voci di un possibile esonero di Allegri hanno iniziato a rimbalzare, il suo nome è tornato subito di moda, e oggi come allora l’impressione è che l’uruguaiano sia acclamato non tanto per l’allenatore che è, ma per quello che rappresenta per il mondo Juventus. Montero è visto e raccontato come il simbolo di un calcio conservatore, sulla scia dei buoni maestri della sua esperienza juventina, al riparo dalle contraddizioni della modernità. In molti vedono nell’allenatore la propagazione del giocatore che fu, spesso a sproposito, perché l’idea di calcio mostrata dal Montero allenatore in questi anni è molto diversa dal calcio che ha rappresentato da calciatore.

Quanto visto in questi anni alla Juventus Primavera non è molto diverso da quanto fece vedere già nella sua prima esperienza da allenatore in Italia, alla Sambenedettese in Serie C. Una squadra che coraggiosa e intraprendente, a tratti spregiudicata, che giocava con l’intento di dominare il campo e controllare il possesso, applicando i principi del gioco di posizione. Vedere la squadra che aveva costruito in quei mesi e sentire il servizio fatto in quel periodo dal canale ufficiale della Serie A, dove viene descritto come un «credente del sacro culto del catenaccio», è un’esperienza dissonante, e racconta più di mille parole la pervasività del personaggio Montero, che spesso ha finito per oscurare l’immagine dell’allenatore.

C’è da dire che Montero non ha mai fatto nulla per smarcarsi da queste etichette. Quando lo intervistai, cinque anni fa, mi disse che «il calcio è calcio, non c’è mistero», che poi è un'altra declinazione del concetto per cui il calcio è semplice, senza sovrastrutture. Una frase che in questi anni ha ripetuto altre volte, in forme diverse, come a volersi inserire nel solco di Massimiliano Allegri. Montero non vede una contrapposizione tra calcio di ieri e di oggi, ma una rielaborazione continua di idee e concetti, che danno vita a forme nuove e sempre diverse. Per il tecnico uruguaiano il calcio moderno non è invenzione, ma rielaborazione.

Tra i suoi ispiratori Montero ha citato spesso i suoi ex allenatori, come Capello, Lippi e Menotti, ma nella sua squadra si trovano elementi del calcio posizionale di matrice spagnola, uniti a una fase di non possesso molto aggressiva, orientata sull’uomo, di scuola sudamericana.

La Primavera di Montero è una squadra che cerca sempre una costruzione pulita, partendo ordinatamente e palla a terra, per attirare l’avversario e creare spazi, e una volta consolidato il possesso attacca in modo posizionale, occupando tutti i canali offensivi, per sfruttare gli uomini nei mezzi spazi, creare situazioni di vantaggio in ampiezza o scoprire la profondità. L’assetto dei bianconeri, 3-4-1-2, li porta naturalmente a fare arrivare almeno cinque giocatori sulla linea offensiva, con i quarti di centrocampo a dare ampiezza e i tre davanti a dividersi profondità e mezzi spazi.

La costruzione parte spesso con un 4+2, con il terzo centrale di destra che scivola come terzino, e il quarto a sinistra basso; se la squadra è chiusa si abbassa uno degli attaccanti, con un altro giocatore a prendere lo spazio lasciato libero davanti. Questo gol alla Sampdoria è significativo: la Juventus parte col 4+2, ma la Samp è alta e marca uomo su uomo; Florea, attaccante numero 22, viene incontro per dare un’altra soluzione, mentre il quarto a destra (il numero 15, Savio) sale sulla linea offensiva. Il giro palla difensivo libera un po’ di spazio per il centrale Martinez, che avanza e serve in verticale proprio Savio, che manda Pugno davanti alla porta.

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Certo, il lavoro in una squadra Primavera è diverso: il tecnico uruguaiano allena la squadra più giovane del campionato, con l’obiettivo di formare calciatori per l’Under 23 e la prima squadra. Questo gli dà una grande libertà di manovra, che permette di rischiare e sperimentare. Montero ha un approccio molto aperto verso il suo ruolo, e mette sempre al centro l’aspetto formativo: in un’intervista pubblicata sui canali sociali della Juventus ha raccontato di coinvolgere abitualmente i ragazzi nelle riunioni video, tanto che in un’occasione l’intervento di un ragazzo gli ha convinto a modificare il piano gara in una partita. Quando giocava l’aveva visto fare a Lippi, perché lui no? Nella stessa intervista ha aggiunto: «Ai ragazzi, scherzando, dico sempre che nel contratto mio non c’è scritto che devo sapere più di loro».

Questa umiltà è anche la forza di Montero, un personaggio così grande che non teme di farsi piccolo, né mettersi al servizio, perché non ha nulla da dimostrare. Il suo approdo in prima squadra come traghettatore in quest'ultimo scampolo di stagione non è ancora certo, e in ogni caso non durerà a lungo, ma se mai avverrà a nessuno sembrerà strano che sia proprio lui a sedersi sulla panchina della Juventus.

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