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Cosa sta succedendo a Paquetá
16 dic 2019
Dopo una prima stagione brillante, il centrocampista brasiliano sta vivendo una momento difficile.
(articolo)
9 min
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Foto di Emilio Andreoli/Getty Images
(copertina) Foto di Emilio Andreoli/Getty Images
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Lucas Paquetá è arrivato al Milan a 21 anni dal Flamengo e fin dalla prima partita è sembrato pronto a giocare in un contesto competitivo completamente diverso rispetto a quello del campionato brasiliano, senza il periodo di adattamento che di solito ci si aspetta dai giocatori che non vengono dai cinque principali campionati europei, ancora di più se così giovani e alla loro prima esperienza in Europa.

Il primo anno con Gattuso

Gennaro Gattuso lo ha schierato titolare alla prima occasione disponibile, in Coppa Italia contro la Sampdoria, la prima partita del Milan nel 2019, e non lo ha fatto uscire dall’undici iniziale fino a un’altra sfida contro la Samp, in campionato a fine marzo, quando per la prima volta Paquetá è finito in panchina e ha giocato solo gli ultimi venti minuti.

Il centrocampista brasiliano si è insomma inserito nel Milan e adattato alla Serie A molto velocemente. I primi mesi restano anche quelli in cui ha toccato il picco più alto di rendimento, forse anche perché arrivando in Italia senza essere molto conosciuto non era ben chiaro cosa aspettarsi. Giocando da mezzala nel centrocampo a tre, a sinistra (soprattutto) e a destra, Paquetá si è distinto subito per la tecnica notevole nello stretto, l’abilità nel conservare la palla, dare continuità al possesso e associarsi ai compagni, migliorando il palleggio del Milan in modo sensibile anche se forse in maniera meno appariscente di quanto ci si aspettasse.

In una squadra dai meccanismi offensivi bloccati - a dicembre di un anno fa il Milan non aveva segnato in campionato per quattro partite di fila - Paquetá era un riferimento in zone intermedie che aiutava la manovra a scorrere, capace con la sua tecnica di conservare la palla in situazioni difficili e di portarla avanti coinvolgendo i compagni.

Quanto fosse importante per il possesso del Milan il contributo di Paquetá si era visto in particolare nella partita contro l’Atalanta, vinta brillantemente dalla squadra di Gattuso a metà febbraio. In quel caso Paquetá aveva assorbito l’aggressività della squadra di Gasperini come un cuscinetto, attirava la pressione e poi riusciva a restituire la palla con precisione nello spazio che nel frattempo avevano liberato i giocatori dell’Atalanta. Imponendosi come riferimento per far avanzare l’azione, Paquetá aveva avuto un ruolo decisivo nella vittoria del Milan, pur senza contribuire con un gol o un assist.

Gattuso aveva comunque provato a coinvolgerlo di più nei momenti conclusivi dell’azione. In alcune occasioni, pur schierandolo mezzala, gli chiedeva di alzarsi sulla trequarti per avvicinarsi alla punta. Contro l’Udinese, a inizio aprile, lo aveva schierato da trequartista del centrocampo a rombo. In quella partita Paquetá si è fatto male poco prima dell’intervallo e dopo l’infortunio ha giocato solo altre due volte, contro il Torino e il Bologna, rimediando in quest’ultimo caso un’espulsione che gli ha fatto perdere le ultime giornate di campionato. La sua produzione offensiva è così rimasta bassa: due assist per Piatek - uno in Coppa Italia contro il Napoli e uno in campionato contro la Roma - e un gol al Cagliari.

Il primo, e finora unico, gol di Paquetá con la maglia del Milan.

Come sono cambiate le cose con l'arrivo di Giampaolo

In estate, mentre il Milan passava a Marco Giampaolo, Paquetá ha partecipato alla vittoria della Copa América della Nazionale brasiliana, anche se con un ruolo marginale. È tornato più tardi dalle vacanze estive rispetto ai suoi compagni, quindi, e ha iniziato a prendere confidenza con i principi di gioco di Giampaolo in ritardo, saltando buona parte della preparazione estiva.

La relazione tra i due è sembrata difficile da subito. Per il nuovo allenatore Paquetá era troppo istintivo e doveva essere disciplinato. Dopo la vittoria alla seconda giornata contro il Brescia, Giampaolo lo aveva criticato attingendo al luogo comune che associa ai brasiliani il piacere per la giocata spettacolare ma inutile: «Deve imparare a essere meno brasiliano alcune volte, più concreto e meno giocherellone».

Curiosamente, questa divisione semplicistica tra il narcisismo senza scopo dei brasiliani e la concretezza del calcio europeo era stata utilizzata anche da Gattuso in un’intervista, ma in senso opposto rispetto a Giampaolo, per sottolineare l’intelligenza tattica di Paquetá: «È un giocatore sveglio, con caratteristiche ben precise. Sembra un giocatore europeo, non brasiliano».

Nella partita contro il Verona, alla terza giornata, Paquetá aveva poi risposto sul campo alle frecciatine del suo allenatore. Il centrocampista brasiliano si era esibito in un dribbling geniale in mezzo a due avversari - una specie di elastico al contrario, con la palla toccata prima con l’interno del piede sinistro e poi subito con l’esterno - e su Instagram aveva pubblicato il video del dribbling con un commento: «Orgoglioso di essere brasiliano». A quel punto il rapporto con l’allenatore sembrava compromesso e per quattro partite di fila Paquetá è rimasto escluso dai titolari (nel mezzo c’è stato anche un piccolo infortunio).

Nel secondo tempo della partita contro il Genoa, con la squadra in svantaggio di un gol e Giampaolo vicino all’esonero, l’ingresso in campo di Paquetá e Rafael Leão, proprio i due giocatori che l’allenatore aveva dichiarato di voler disciplinare, è stato decisivo per ribaltare il risultato. Paquetá ha prima innescato il gol di Theo Hernández battendo velocemente una punizione (l’unico assist della sua stagione, finora) poi ha partecipato all’azione conclusa con il rigore causato da Biraschi (e trasformato da Kessié) con una giocata magnifica, una giravolta con cui ha spostato la palla con la suola del piede sinistro per poi passarla con il tacco del piede destro.

La vittoria per 2-1 non ha comunque salvato Giampaolo, il cui esonero è stato vissuto come una liberazione da Paquetá: «Penso che con Pioli la squadra sia più a suo agio. Prima qualcuno non era nella posizione giusta, qualcun altro in una posizione che non gradiva. Se un giocatore viene utilizzato nella posizione che preferisce, rende di più», ha detto dopo il successo sulla SPAL.

Paquetà con Pioli

Dall’arrivo di Stefano Pioli, Paquetá è stato titolare in sei partite su nove: ha saltato la trasferta a Parma per un problema fisico e poi è partito dalla panchina contro il Bologna e il Sassuolo. È anche vero che ha giocato tutti i 90 minuti solo in un’occasione (contro il Napoli). Insomma, anche Pioli, così come Giampaolo, sembra aspettarsi di più e infatti gli ha chiesto di essere «più incisivo».

Paquetá ora gioca stabilmente sulla destra: in qualche occasione, come ad esempio all’esordio di Pioli contro il Lecce, dalla posizione di mezzala avanzava stabilmente sulla trequarti in fase di possesso, in altre partite si è mosso in maniera più classica da mezzala, alzandosi sulla trequarti solo in un secondo momento, in base allo sviluppo dell’azione. Spostandolo sulla fascia destra, Pioli voleva probabilmente occupare meglio il corridoio interno e alzare il livello del palleggio in quella zona del campo. Da mancino che gioca a destra, Paquetá è infatti portato naturalmente a girarsi verso il centro del campo con la palla, a sinistra invece gli riusciva meglio girarsi verso l’esterno, appoggiandosi al compagno aperto in ampiezza.

È probabile che tenendolo più stabilmente al centro del campo Pioli pensasse anche di stimolare la parte più creativa del talento di Paquetá, alzando il suo contributo nelle fasi conclusive della manovra. Le difficoltà a partecipare al gioco in modo più determinante sembrano comunque una questione di caratteristiche più che di posizione in campo.

Se è vero che la qualità che più lo distingue è infatti la tecnica in spazi stretti, è anche vero che Paquetá la usa in modo particolare. Ama invitare la pressione, entrare a contatto con l’avversario, infilarsi in situazioni difficili e poi uscirne con un gioco di prestigio, trovando il compagno nello spazio che nel frattempo si è liberato. Non sono molti i centrocampisti in Serie A che hanno un rapporto così speciale con la palla, e sanno proteggerla così bene con l’avversario alle spalle, utilizzando ogni parte del piede, ma è difficile cambiare le partite contando solo sull’abilità in queste situazioni.

Paquetá non riesce ancora a mettere la sua tecnica al servizio della manovra in zone più pericolose, ad esempio vicino all’area avversaria, dove un giocatore così bravo a gestire la palla in spazi ridotti e circondato da avversari potrebbe davvero fare la differenza.

Lontano dalla porta, e soprattutto contro squadre aggressive, la sua capacità di conservare la palla e dare continuità alla manovra è preziosa. Paquetá trova facilmente l’intesa con i compagni, crea spazi per loro attirando la pressione, sa smarcarsi per facilitare la circolazione ed è preciso anche quando gioca a un tocco.

In altri aspetti, però, il suo talento non brilla allo stesso modo. Ad esempio non ha una gran visione di gioco: sceglie spesso la giocata più semplice appoggiandosi ai compagni vicini e non vede linee di passaggio più complesse, oppure non trova il momento giusto per passare la palla, perché la tocca una volta di troppo o vede con un attimo di ritardo il movimento del compagno. E quando dribbla, lo fa più che altro per conservare la palla e spostarla sul sinistro per preparare la giocata successiva. Con il dribbling, cioè, non riesce a lasciarsi l’avversario alle spalle e ad aprirsi il campo, per rifinire l’azione o andare al tiro. E quando arriva a concludere raramente è pericoloso.

La partita in cui ha tirato più volte (6) è stata finora quella contro la SPAL, ma in quel caso è riuscito a centrare lo specchio solo in un’occasione. Su un rinvio di Donnarumma allungato di testa da Piatek si è inserito bene dietro la linea difensiva, non ha tirato subito con il destro, scegliendo invece di saltare Tomovic con un tocco verso l’interno, e quando ha concluso, con il tocco successivo e sempre col destro, ha centrato Berisha.

Successivamente ha una buona occasione almeno per centrare la porta, ma il suo tiro, sul passaggio all’indietro di Kessié, finisce molto alto.

I cambiamenti portati da Pioli lo hanno messo nelle condizioni di inserirsi più spesso e tirare di più - ha una media di 2,5 conclusioni per 90 minuti - ma Paquetá non è ancora riuscito a segnare un gol. E anche se il suo contributo in rifinitura si è leggermente alzato, la frequenza con cui crea occasioni resta bassa: 1,3 per 90 minuti.

Al momento Paquetá sembra troppo poco portato a gestire il ritmo della manovra, a vedere il gioco in anticipo per affermarsi come mezzala di possesso, e al tempo stesso è ancora poco continuo nei momenti decisivi dell’azione per imporsi come trequartista, secondo molti la sua posizione naturale.

All’inizio per Pioli era un titolare, adesso invece Paquetá sembra scivolato indietro nelle gerarchie a centrocampo. Soprattutto dopo il rientro in campo di Bonaventura, che ha tecnica e intelligenza per raccordare il gioco in zone intermedie, ma sa essere molto più presente nei momenti decisivi (in 5 partite da titolare ha già segnato 2 gol).

Dopo essersi inserito nel Milan con una naturalezza sorprendente appena arrivato dal Brasile, solo in questa stagione Paquetá ha fatto i conti con il lato più duro del nostro calcio, che richiede un adattamento continuo per emergere e resistere ai livelli più alti. Ora sembra che le aspettative attorno a lui si siano abbassate, forse però questa stagione può comunque essere importante, per capire in quale forma verrà modellato il suo talento, e se riuscirà a cambiare per riprendersi un ruolo decisivo nel Milan.

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