Quando Patrick Vieira atterra all’aeroporto “Cristoforo Colombo” di Genova non c’è nessuna folla di tifosi ad aspettarlo. Lui e l’entourage che lo scorta sembrano le uniche altre persone lì, oltre a giornalisti e impiegati dell’aeroporto. L’unica foto in cui posa con i colori del Grifone, la fa con due signore anziane sorridenti e entusiaste, ma che sembrano trovarsi lì per caso.
Certo, sono le 9 del mattina di un mercoledì, la gente ha da fare, ma quest'accoglienza tiepida stona con la grandezza di un personaggio come Vieira. Fosse arrivato come giocatore, una decina di anni fa, probabilmente i tifosi a dargli il benvenuto sarebbero stati decisamente di più e Patrick ci avrebbe messo ben più del minuto che ci ha messo per mettersi in macchina e dirigersi a Villa Rostan per iniziare la sua avventura da allenatore del Genoa.
Il tempismo con cui Vieira arriva a Genova non è dei migliori. La società gli ha affidato l’incarico dopo aver aspettato che finisse la pausa per le nazionali per esonerare Gilardino. Il suo arrivo ha i connotati dell’effetto sorpresa in negativo. Eppure la presenza di Vieira in Italia come allenatore dopo aver costruito una legacy indimenticabile da calciatore sarebbe interessante.
Se si pensa a un leader del centrocampo nel calcio contemporaneo, non si può non pensare a Patrick Vieira. È stato un calciatore generazionale. La prepotenza con cui sradicava il pallone dai piedi degli avversari indossando l’iconica maglia dell’Arsenal dei primi anni 2000 è sempre stata tangibile. Un centrocampista difensivo duro, che non ha risparmiato scivolate pericolose o colpi al limite a nessuno (a Roy Keane in particolare); al contempo un calciatore elegante - nonostante quelle gambe interminabili.
In grado di coniugare dominio fisico, tecnica e visione di gioco, alternando giocate di classe a entrate in scivolata ruvide. Vieira era sì un maestro nell’arte dei recuperi e degli intercetti, ma sapeva sfruttare il suo stile di gioco superbo anche quando c’era da attaccare, tra cavalcate palla al piede da far fare una pessima figura ai difensori e tiri dalla distanza in grado di piegare le mani dei portieri. Non ha segnato tanto in carriera (45 gol in 456 presenze con i club), ma all'occorrenza sapeva trasformarsi in un centrocampista box-to-box.
I 33 gol di Vieira per l’Arsenal.
Se abbiamo bene in mente com’è andata la carriera di Vieira da giocatore, bisogna fare uno sforzo in più per inquadrarlo come allenatore, visto che il suo impatto con il ruolo si sta dimostrando più tortuoso rispetto a quando stava in mezzo al campo a pulire palloni per Henry e Bergkamp.
COME VUOLE GIOCARE VIEIRA ALLENATORE?
Dopo aver concluso la carriera da giocatore al Manchester City, Vieira ha cominciato la sua carriera da allenatore partendo proprio dalle giovanili dei Citizens. E pensare che quando ha dovuto cominciare a capire cosa avrebbe voluto fare una volta smesso di giocare con il Manchester City, non voleva sedersi in panchina.
«So che non voglio fare l'allenatore. Non esiste che io voglia fare l'allenatore. Semplicemente non potrei farlo» avrebbe detto a Simon Wilson, strategy and performance manager dei Citizens in quel periodo, che stava cercando di convincerlo a mantenerlo all’interno del club dopo il ritiro, mal che vada come ambassador. Ma poi la mancanza del campo si è fatta sentire, e Patrick scelse di lavorare con le giovanili del club, incuriosito dall’idea di sviluppare il talento dei giovani.
Ma come vuole giocare il Vieira allenatore? Nonostante il suo compito principale in campo fosse soprattutto quello di distruggere, il Vieira allenatore vuole invece dominare il campo utilizzando il pallone e imprimendo una mentalità offensiva. Appena arrivato al Crystal Palace, per esempio, ha spiegato di "voler vedere la squadra nella metà campo avversaria”.
La filosofia di Vieira allenatore ha cominciato a prendere forma ispirata, ovviamente, da Pep Guardiola. Nonostante non si fossero incrociati al City pochi mesi, l’allenatore catalano per Vieira è stato importante nello schiarirsi le idee: mentre ancora stava prendendo il patentino da allenatore l’ex Arsenal è riuscito a farsi ospitare da Guardiola al centro di allenamento del Bayern Monaco per studiarlo.
La filosofia di gioco di Vieira prende ispirazione da quella di Guardiola. Vuole giocare 4-3-3 in cui si gioca tanto la palla e ci si affida agli uno-due per creare rapide transizioni sugli esterni. Principi evidenti durante la sua prima esperienza al New York City, la prima squadra/operazione del City Football Group. Quella squadra costruiva con efficacia partendo dal portiere, potendo anche contare su le ultime gocce del talento di Andrea Pirlo, e mandava i terzini in supporto degli attaccanti esterni. Una squadra allenata tenendo in conto l’accettazione del rischio, grande diktat di Guardiola, che Vieira vorrebbe riprendere anche in maniera estrema. «Correre rischi per segnare più gol possibili è qualcosa che sono pronto a fare».
Ma Vieira, per quanto affascinato dalla rivoluzione di Pep, è stato modellato da Capello e Wenger. In fase difensiva le squadre si schierano in un 4-1-4-1 in grado di pressare alto, in cui chiede un lavoro dispendioso agli attaccanti.
I paragoni con Guardiola e Wenger, sono un’ombra che Vieira ha sempre dovuto affrontare nelle interviste. Quando nel 2018 accetta la panchina del Nizza, ha parlato così della propria filosofia di gioco: «Cercherò di imporre uno stile di gioco offensivo, con molti uno-due, mantenendo un blocco difensivo compatto. Ciò che conta per me è ottenere il massimo dai miei giocatori giocando bene. Non credo che ci sia un sistema o uno stile di gioco migliore di un altro. Grandi allenatori come Mourinho, Wenger o Guardiola hanno filosofie diverse, ma hanno tutti vinto, come ha fatto Antonio Conte al Chelsea». Una risposta che l’Equipe ha definito vaga.
NIZZA E CRYSTAL PALACE
Finora Vieira è stato sempre messo al comando di squadre giovani con talenti da valorizzare. La sua stagione però si rivela positiva soprattutto per la fase difensiva. La linea guidata da Malang Sarr e Dante disputa una grande stagione che chiude subendo solo 35 gol. Tanti quanto il PSG primo in classifica e solo due in più del Lille, secondo con la miglior difesa. Un dato notevole, accompagnato però dal terzo peggior attacco del campionato con soli 30 gol fatti e solo un settimo posto.
Il Nizza di Vieira gioca buone partite, ma fa una fatica immane a segnare, aggrappata al talento dribblomane di Saint Maximin sull’esterno. Non abbastanza per fare la differenza. Dopo una manciata di partite arriva l'immancabile litigio con Mario Balotelli. Da giocatore Vieira non era certo uno che si tirava indietro quando c’era da alzare la voce, e così è anche da allenatore. Dopo la sconfitta in coppa contro il modesto Le Mans, si è presentato ai microfoni furioso, dicendosi «sbalordito, deluso e infastidito» dal risultato. Durante l’intervallo di una partita pare abbia detto ai suoi giocatori: «Abbiamo avuto un primo tempo catastrofico sotto ogni aspetto. Se potessi, vi sostituirei tutti tranne tre di voi. Non me ne frega niente del punteggio».
E intanto nel Nizza le cose sembrano cambiano in fretta e in continuazione. Il presidente Jean-Pierre Rivère, l’uomo che più gli dava fiducia, si dimette. Sarr va al Lens, Saint Maximin al Newcastle, Cyprien al Parma e non vengono sotituiti. Poi la società viene acquistata da Ineos (quelli che hanno rilevato anche il Manchester United).
L’esperienza a Nizza di Vieira non si può definire negativa. In due anni e mezzo la squadra gioca bene e trova la qualificazione europea, ma ha dovuto affrontare cambi di proprietà e strategia nell’area tecnica. Il tutto influisce sul lavoro di Vieira, che viene esonerato dopo una sconfitta in Europa League contro il Leverkusen.
Dopo il Nizza, ha subito l’occasione di potersi affermare in Premier League accettando la panchina del Crystal Palace. «Tutti vogliono allenare in Premier League». Gli viene affidato un progetto triennale con l’obiettivo di massimizzare il giovane talento a disposizione e affermarsi stabilmente in Premier League senza rischiare la retrocessione.
La prima stagione al Palace è la migliore di Vieira allenatore. Il 4-3-3 che mette in piede è una delle squadre più fastidiose da affrontare, intensa palla al piede e solida dietro. Guaita è un portiere affidabile, Joachim Andersen e un giovane Guehi formano una delle coppie più solide del campionato. Tyrek Mitchell mette in mostra il suo talento sulla fascia. A centrocampo Conor Gallagher, in prestito dal Chelsea, gioca la stagione della consacrazione, protetto da Kouyate e Schlupp. Zaha davanti è ancora il perno della squadra. E in più ci sono due talenti locali che scalpitano per lasciare un segno: Eberechi Eze e Michael Olise. Il Crystal Palace non si eleverà mai dalla metà classifica, ma è una squadra che gioca in maniera convincente e che è in grado di battere chiunque. Anche il Manchester City e l’Arsenal (3-0)
Il Palace conclude il 2021/22 al dodicesimo posto ed è una delle migliori stagioni della storia del club. Una squadra in grado di non subire gol per 4 partite consecutive e di finire per la prima volta nella storia della Premier League con una differenza reti in positivo (50 gol segnati, 46 subiti). Sembra tutto in linea con il progetto e infatti Vieira predica pazienza, ma la stagione successiva le cose smettono di funzionare.
Con il ritorno al Chelsea di Gallagher, Vieira perde il suo miglior giocatore e non riesce a sopperire alla sua assenza. Il suo obiettivo era portare Eze (che aveva saltato gran parte della prima stagione con lui per un infortunio) a muoversi come mezzala di sinistra, intuendo le sue potenzialità come strumento per facilitare l’uscita del pallone. Una soluzione che è fallita: avendo alla sua sinistra un giocatore autosufficiente come Wilfred Zaha, Eze si è trovato ingabbiato nel ruolo di appoggio per la squadra in costruzione, dovendosi allontanare molto dalla porta e non potendo incidere come Gallagher l’anno precedente. La squadra sembra in regressione e quando questa tocca anche Zaha (7 gol contro i 14 dell’anno prima) arrivano problemi di risultati. Senza i suoi gol il Palace fa molta fatica a rendersi pericoloso, Edouard e Jordan Ayew sono troppo poco davanti.
La compattezza difensiva è diventata così l’unica cosa con cui il Palace poteva ottenere punti in campionato, ma spesso la squadra dopo una prima ora di gioco disputata con grande intensità finiva per calare fisicamente e concedere il campo agli avversari. A partire da gennaio 2023 il Palace incappa in una serie drammatica di partite senza vittorie, che la posizione stabile di metà classifica non riesce più a mascherare. Alcuni giocatori cominciano a porre delle perplessità sulla qualità del suo lavoro. Quando la striscia senza vittorie arriva a undici partite, il Palace decide di esonerare Vieira. Una scelta, va detto, molto sofferta.
Dopo l’esperienza al Palace, è stato scelto dal BlueCo, il gruppo proprietario del Chelsea, per guidare lo Strasburgo, con l’obiettivo di sviluppare ulteriormente un nucleo di giocatori giovane e con una campagna acquisti da 60 milioni. Lo Strasburgo ha concluso la stagione 2023/24 al 13° posto nella Ligue 1, con dieci punti di vantaggio sulla zona retrocessione ma lontano undici punti dai posti per la qualificazione europea raggiunti l’anno prima. Tra le quindici squadre che non sono retrocesse, lo Strasburgo ha avuto la seconda peggiore differenza reti nella divisione e solo quattro squadre in campionato non sono riuscite a segnare più dei 38 gol dello Strasburgo. In estate è arrivata la separazione consensuale con il club. Se guardiamo i dati quella di Vieira era una squadra profondamente reattiva, che si difendeva bassa, non pressava, teneva poco il pallone.
Dopo 3 stagioni in Europa possiamo farci un’idea migliore delle capacità di Vieira come allenatore, ma anche dei suoi limiti che si sono visti in ogni squadra che ha allenato. Se Vieira si è dimostrato in grado di innestare una filosofia di gioco spesso solida, ha poi dovuto fare i conti una sterilità offensiva che ha mostrato il suo lato riluttante nel mettere in discussione il sistema di gioco. Quando ha proposto per un paio di partite la difesa a 3, è più sembrata una scelta presa dal panico più che dal cercare soluzioni concrete. Il peccato più grande, per un allenatore chiamato in ogni squadra a sviluppare talento, è non aver capito come sfruttare Eze e Olise, cosa su cui Roy Hodgson (tornato dal ritiro per sostituirlo dopo che gli aveva lasciato il posto) ha esaltato in breve tempo salvando quella stagione del Palace egregiamente.
C’è poi il discorso della comunicazione. Lo status che Vieira ha ottenuto in carriera lo ha portato ad avere un rapporto umile e diretto con i giocatori, ma nelle difficoltà è andato in crisi. Zahah, con cui Vieira ha sempre avuto un buon rapporto, ha messo in dubbio le scelte tattiche del Palace dopo un pareggio contro il Brentford. Il fatto che Vieira non abbia rimproverato il suo giocatore di punta, secondo The Athletic, avrebbe offeso una parte dello spogliatoio.
Vieira ha scelto un percorso ambizioso per diventare un grande allenatore, smarcandosi da quell’idea di calcio tutta ruvida e fisica che lo hanno reso un centrocampista generazionale. Ha fatto vedere molte cose interessanti e gode di profondo rispetto e reverenza da parte di tutti nel mondo sportivo. Per ora ha scelto squadre con gruppi giovane da far crescere, e pregi e difetti sono da copiare e incollare per ciascuna delle sue esperienze. Forse è stato un po’ sfortunato nelle situazioni, trovandosi a Nizza durante un cambio societario e con i migliori giocatori che se ne andavano dopo il primo anno con lui sia in Francia che a Londra. Di sicuro sta scoprendo la difficoltà di essere un allenatore. Ospite di Gary Neville, Jamie Carragher, Roy Keane e Ian Wright mentre parlava dei suoi esoneri ha detto «A volte la politica fa parte del gioco. Faccio fatica a comprendere come vengono prese determinate decisioni dai dirigenti».
Gilardino è stata una figura importante per la recente rinascita del Genoa. Un allenatore in grado di guidare la squadra alla promozione in Serie A e poi alla salvezza che è stato allontanato in un clima di dissapori. Dopo la vittoria con il Parma, Gilardino nel post-partita aveva deciso di sfogarsi con la società. «Quest’anno siamo chiamati all’impresa per come è stato l’inizio e per come si sta evolvendo tutto ciò che succede al di fuori del campo. Bisogna dare atto ai ragazzi, sono solo con loro ma non mi interessa, andiamo a combattere fino alla fine, li difenderò alla morte. Manca il supporto: questa è la realtà, le sensazioni che un allenatore sente in settimana sono queste. Non voglio entrare nei particolari, penso a lavorare sul campo con la squadra isolandoli da altre situazioni. Non è stato un periodo semplice ma questo dimostra che la squadra è attaccata alla maglia e ad un percorso lavorativo che facciamo da tempo, questo è fondamentale». È noto che il gruppo 777 Partners proprietario del "Grifone" stia attraversando delle difficoltà.
Per tutto questo contesto, a Genova Vieira trova la sfida più difficile della sua carriera da allenatore. Prende una squadra in corsa per la prima volta e non è una squadra con poche pretese di classifica come il Crystal Palace; una squadra con un gruppo di giovani talentuosi da valorizzare. Troverà una squadra confusa, spaventata e con mezzi limitati. Non può permettersi di pensare al lungo periodo ma deve trovare il modo di salvarsi.
Come se non bastasse ritrova Balotelli, con cui si era scontrato a Nizza. Una cosa su cui i media lo tormenteranno. E poi ci sono gli interrogativi tattici. Il Genoa non è costruito per la difesa a 4. E se scegliesse di usarla ha molta più scelta sugli esterni tra i giocatori difensivi che quelli offensivi.Tra Sabelli, Zanoli e Martin, nessuno ha nelle corde un ruolo da esterno alto in un 4-2-3-1 o 4-3-3. E anche tra i giocatori offensivi dovrebbe inventarsi qualcosa. Non è il caso di fare previsioni su che cosa vedremo a Genova con lui.
Vieira, comunque, non è solo una figurina, una leggenda del passato, ma un allenatore ambizioso e con già una buona esperienza in due campionati diversi, e in piazze anche complesse come quella del Palace. Non gli è andata sempre bene in carriera, e i suoi limiti sono emersi. La Serie A è un campionato complicato e i tifosi del Genoa hanno ragione a essere perplessi. Sarebbe un peccato non dare però un po' di credito a Vieira, che sa essere un leader: qualcosa di cui il Genoa in questo momento ha molto bisogno.