
Il più umano dei robot. Si potrebbe definire così Kathleen Genevieve Ledecky, erede femminile del “Cannibale” Michael Phelps. Nata a Washington D.C. e cresciuta nel Maryland da una famiglia molto numerosa, molto religiosa (Sacro Cuore di Bethesda) e molto unita (la seguono sempre e fanno un gran tifo), Katie è venuta a Rio per vincere quattro medaglie d’oro. E con tutta probabilità ce la farà: con i 400 stile libero già archiviati con tanto di nuovo record mondiale, gli 800 in cui non ha rivali credibili e la 4x200 stile libero a portata di mano grazie a compagne fortissime. Con l’eventuale 4x100 potrebbe arrivare, senza contare che i 1500 non sono specialità olimpica.
Ledecky a diciannove anni compiuti solo a marzo detiene tre record mondiali (400, 800 e 1500) e ancora non conosce ancora il concetto di sconfitta. In bacheca ha già 15 medaglie, tutte d’oro, vinte tra Mondiali, Giochi Panpacifici e Olimpiade di Londra. Quattro anni fa si era presentata da più giovane atleta di sempre della rappresentativa Usa a prendere parte ai Giochi, a vincere una medaglia e a stabilire il record nazionale sugli 800 stile libero, che resisteva dal 1989.
Janet Evans ormai è solo un ricordo sbiadito.
«A Londra sono stata a vedere tutte le gare dei miei compagni, a tifare per loro, quattro anni dopo è tutto cambiato» ha dichiarato nella conferenza stampa del 3 agosto. Adesso a Rio sarà la favorita a nuotare per sei giorni di seguito per quattro gare, potrebbero diventare sette se decidesse di fare anche la 4x100. Per questo motivo ha saltato l’inaugurazione dei Giochi e questa volta saranno molti suoi compagni ad accomodarsi nello stadio del nuoto e fare il tifo per la più forte.
L’unico record che ancora le sfugge è quello sui 200 metri che appartiene ancora a Federica Pellegrini, che lo stabilì ai Mondiali di Roma del 2009, un 1’52’’98 da epoca dei super costumi ormai tramontata. Proprio la gara sulle quattro vasche sarà quella con più fascino e possibili colpi di scena. La favorita resta Katie ma quest’anno c’è la sorpresa Sara Sjöström che non ha alcuna intenzione di cedere in una specialità in cui non ha una storia e dove la psicologia da vincente conta molto.
La miglior prestazione stagionale Sjöström l’ha fatta a Norrköping.
Pellegrini a Rio cerca di riappacificarsi con le Olimpiadi dopo il naufragio di Londra, dove prima si era rifiutata di portare la bandiera all’inaugurazione e poi si era ritrovata con in mano due quinti posti sui 200 e 400 stile libero non degni della campionessa in carica (sui 200) e della detentrice dei record mondiali.
Stavolta il ruolo di portabandiera l’ha accettato, i 400 li ha rinnegati (dopo gli Europei 2014) e si presenta a Rio De Janeiro sicuramente più forte nella testa. A giugno ha nuotato le quattro vasche in 1’54’’55, terzo miglior crono dell’anno, 12 centesimi più lenta del simpatico robot Ledecky. Un’inezia. Si tratta di un tempo migliore di quello che a Pechino 2008 le valse il suo unico oro olimpico. Dice che sui 200 stile «sarà una battaglia all’ultimo millimetro, e io ci sarò».
Quest’anno Federica ha fatto il record italiano sui 100 stile libero, per dire la forma.
Federica lo scorso anno a Kazan è salita per la sesta volta consecutiva sul podio mondiale della specialità: dall’argento di Montreal 2005 all’argento russo 2015, nel mezzo anche due ori e un bronzo. Ha ragione quando dice che sarà una lotta perché la concorrenza è molto forte e renderà questi 200 femminili una delle gare più avvincenti del programma del nuoto.
Chi non ci sarà in finale invece è l’altra americana tutta sorrisi e (una volta) ultravelocità: Melissa (Missy) Franklin, che a 21 anni, cinque medaglie olimpiche vinte(4 ori) e 18 mondiali (11 ori) non è mai entrata in gara sin dalle batterie. Franklyn era un’incognita perché veniva da un 2015 da dimenticare a causa di un infortunio alla schiena rimediato ai giochi Panpacifici, ma era pur sempre la Missy capace di vincere 6 medaglie d’oro ai Mondiali 2013. Tre anni nel mondo del cloro sono un’eternità, ma si può sperare di vederla sorridere ancora: la storia di Pellegrini dimostra che tornare è possibile.
Missy c’è.
Per quanto visto ai Trials, una corsia di finale per “Missy" poteva starci. Ai Campionati statunitensi infatti si era presa questa specialità dopo aver fallito nel dorso. Ci saranno poi da tener d’occhio le due svedesi: la regina delle farfalle Sara Sjöström (già suo oro e nuovo record mondiale sui 100 qui a Rio) che quest’anno ha anche il miglior crono sui 200 stile, con 1’54’’34 e Michelle Coleman. Le giovanissime cinesi Yuo Shen e Yuhan Qiu, accreditate di tempi poco superiori all’1’55’’, non vanno sottovalutate come tutti gli atleti del Dragone quando si arriva a competizioni così importanti.
Da non dimenticare altre due espertissime atlete come l’ungherese Katinka Hosszú e l’olandese Femke Heemskerk che di sicuro sanno come ci si comporta quando si sente profumo di medaglie, per loro ruoli da outsider di lusso. Molta curiosità scatena la prima nuotatrice vietnamita dei 200 stile Nguyen Thi Anh Vien, che due anni fa vinse a sorpresa le Olimpiadi giovanili di Nanchino sui 200 misti. Occhio anche alla nostra Alice Mizzau, argento nella staffetta 4x200 a Kazan e che qui spera in un piazzamento in semifinale nel suo esordio a cinque cerchi.