Dal 1992 a oggi, ventisei sono i giocatori che hanno debuttato in Premier League con una doppietta. Tra questi ci sono fuoriclasse assoluti da oltre 200 gol in carriera, da Alan Shearer al Kun Aguero passando per Van Nistelrooy, ma anche stelle cadenti tipicamente agostane e non estranee al calcio italiano: Mido, Stuani, persino l'ex napoletano Michu da noi sbeffeggiato e memizzato per un clamoroso - unico - errore contro l'Athletic Bilbao. Un solo giocatore nella storia della Premier League ha fatto di più, ha fatto meglio, ha fatto hat-trick e si è portato il pallone a casa: Fabrizio Ravanelli, Middlesbrough-Liverpool 3-3, 17 agosto 1996.
Come avesse fatto Ravanelli a passare nel giro di 48 ore dal sollevare la Coppa Campioni a progettare un gelido inverno nella brughiera del Nord-Est inglese è questione tuttora non pienamente comprensibile. Idolo e simbolo della prima Juventus lippiana insieme ai Torricelli e ai Di Livio, insomma a tutti coloro che con la corsa e l'agonismo sopperivano a un talento non cristallino, "Penna Bianca" (soprannome ereditato da Roberto Bettega, collega di canizie precoce) aveva avuto l'onore di segnare il gol del vantaggio bianconero in finale di Champions contro l’Ajax, con una giocata squisitamente ravanelliana, traboccante di quella caparbia che in due anni l'aveva portato da un'onesta serie B allo status di numero 11 della squadra più titolata d'Italia.
Per quella tifoseria che da 21 anni aspetta ancora oggi una gioia all'altezza, la sua corsa a perdifiato a coprirsi il volto con la seconda maglia - quella blu con le grosse stelle gialle all'altezza delle spalle - è una madeleine di difficile digestione.
La goffa uscita a vuoto di Van der Sar nello stadio della Lazio e della Roma è un fosco presagio delle sventure juventine a cavallo del Duemila…
L'Inghilterra, nel frattempo, si interrogava su come accelerare i tempi di una svolta calcistica e culturale che non poteva farsi troppo attendere. Dalle macerie degli anni Ottanta era nata la nuova Premier League, macchina da soldi ambiziosa e spettacolare attraverso cui il football cercava di recuperare il tempo perduto. A causa del ranking deprimente cui l'avevano costretta i cinque anni di esilio post-Heysel, l'Inghilterra in Europa era poco più di una pura espressione geografica: solamente tre squadre (una per competizione) fino al 1993, e qualche limitato exploit a cura del Man Utd (Coppa Coppe 1991) e dell'Arsenal (Coppa Coppe 1993); molte di più le figuracce, contro squadre come Galatasaray, IFK Goteborg e Legia Varsavia.
I pochi stranieri di valore, dal danese Schmeichel al francese Cantona, arrivavano dai Paesi vicini con pochissime eccezioni (aveva fatto scalpore Klinsmann, una sola stagione al Tottenham 1994-95); la Liga era ancora off-limits come d'altra parte la serie A, unico campionato straniero di cui venivano riportate le gesta grazie agli ambasciatori Paul Gascoigne e David Platt - l'appuntamento era il sabato mattina su Channel 4 con "Football Italia", che arrivava anche a 3 milioni di spettatori. Nulla da segnalare, se non le dodici trascurabili presenze di Andrea Silenzi con la maglia del Nottingham Forest nella stagione ’95-‘96. La Nazionale aveva clamorosamente fallito la qualificazione a USA '94 e nel 1996 stavano ancora smaltendo la delusione della solita eliminazione ai rigori subita da parte dei tedeschi, in un Europeo casalingo che tutti, per motivi imprecisati, erano convinti di vincere.
Questi mondi paralleli si incontrano improvvisamente grazie alla figura di Steve Gibson, piccolo genio dell'imprenditoria del Nord Est inglese: partendo da sole mille sterline, a 23 anni aveva fondato la Bulkhaul Limited, compagnia specializzata nel trasporto di liquidi e diventata un gigante mondiale. A 36 anni aveva messo le mani sul 90% delle azioni del Middlesbrough e aveva subito centrato la promozione in Premier dando carta bianca all'allenatore-giocatore Bryan Robson, gloria del Man Utd e della Nazionale approdato al Boro per chiudere la carriera.
L'estate del 1995 era stata estremamente eccitante per tutti i tifosi di questa squadra dalla bacheca vuota come la cassetta di sicurezza di Begbie alla fine di Trainspotting (1996). I colpi da novanta erano arrivati nientemeno che dal Brasile, e si trattava di due campioni del mondo: l'imbolsito terzino sinistro Claudio Branco, che raccatterà appena 10 presenze in due mezze stagioni, e soprattutto l'elegante fantasista Juninho Paulista, nel giro della Seleçao e campione del mondo con il San Paolo appena due anni prima. Addio anche al vecchio stadio, il vetusto Ayresome Park (teatro nel 1966 della tetra Italia-Corea del Nord al Mondiale 1966), e benvenuto Riverside Stadium, gioiellino da 30 mila posti tutti a sedere verniciati di un rosso accecante. Usando le parole di Omar Saleem, che ha rievocato sul Guardian quella stagione, “era come se una partita di Football Manager avesse improvvisamente preso vita”.
Sogni di gloria che si erano scontrati con la dura realtà che aveva visto il Boro vivacchiare a metà classifica, dodicesimo posto e terzultimo attacco della lega. Furono tratte conclusioni impegnative: per puntare all'Europa ci voleva una punta esperta, un cannoniere di razza, un bomber da almeno 5 milioni di sterline. Perché no, un italiano.
White Feather
La trattativa è rapidissima, almeno nelle sue fasi conclusive. È possibile che Moggi avesse già iniziato a lavorarci nell'ombra da mesi grazie alla longa manus di Pino Pagliara, ex pizzaiolo emigrato a Londra e divenuto suo grand commis per quanto riguarda il mercato d'oltre Manica. Ma mercoledì 3 luglio, di buon mattino, il direttore generale del Boro Keith Lamb recapita alla Juventus un'offerta da 19 miliardi di lire (7 milioni di sterline), che fa di Ravanelli il secondo giocatore più costoso della storia del calcio inglese dopo Stan Collymore, pagato dal Liverpool un milione e mezzo di sterline in più.
Convocato d'urgenza da Perugia assieme al procuratore Beppe Bonetto, Ravanelli si trova dinanzi alla Triade al gran completo col ghigno delle migliori occasioni, praticamente di fronte al fatto compiuto: un modus operandi che verrà brillantemente ripetuto l'estate successiva con Bobo Vieri - ceduto a sorpresa all'Atletico Madrid nonostante i dinieghi dell'Avvocato Agnelli - e poi chissà quante altre volte. Il Boro elargirà a Penna Bianca un ingaggio di 2,8 miliardi all'anno, oltre il doppio di quanto gli avrebbe garantito la Juventus fino al 1998.
Ma Ravanelli, nei commenti a caldo, non si dimostra particolarmente sensibile al vil danaro: «È stato un fulmine a ciel sereno. Mi sono sentito scaricato, uno di troppo. Non rientravo più nei piani della Juve e rimanendo, magari puntando i piedi come avrei potuto fare, rischiavo di dare fastidio a qualcuno, forse a tutta la squadra». Qualcuno parla di litigi con Lippi, anche dopo la finale di Champions; altri accomunano la sua vicenda a quella di Gianluca Vialli, capitano in scadenza di contratto non rinnovato e lasciato partire per il Chelsea. Il tridente magico della Juventus 1994-95, Baggio-Vialli-Ravanelli, non c'è più. "E dire che, fino all'altro ieri, pensavo di diventare il capitano della Juventus".
In Inghilterra l'affare Ravanelli verrà oscurato nel giro di poche settimane da un altro trasferimento ancora più clamoroso, il passaggio di Alan Shearer dal Blackburn al Newcastle per 15 milioni di sterline che terremota i pronostici dei bookmaker. Ma sulle lavagne compare anche il Middlesbrough, quotato a un rispettabilissimo 40 (molto più probabile del Leicester di vent'anni dopo). Ravanelli forma una coppia d'alto bordo con Juninho, l'anno prima uno dei centrocampisti migliori del campionato, e in riva al Tees è arrivato anche un terzo brasiliano, Emerson Moises Costa, cagnaccio di centrocampo prelevato dal Porto. Vista con gli occhi di oggi, la tipica squadra scriteriata del calcio inglese anni Novanta: attaccanti talentuosi messi in campo alla rinfusa, difensori alti e legnosi incapaci di resistere a improvvise intemperie.
È la prima estate della legge Bosman e, come tutti i grandi campionati europei, anche la Premier si sta riempiendo di stranieri poco commendevoli a causa perlopiù della dabbenaggine di allenatori e dirigenti. Incredibile quello che per esempio accade a novembre, quando il manager del Southampton Graeme Souness riceve una telefonata da George Weah per proporgli di comprare suo cugino Ali Dia, che gioca nel PSG e ha già oltre dieci presenze nella Nazionale della Liberia. Souness si fida e gli sottopone un contratto di prova di un mese, durante il quale Dia debutta addirittura in campionato. Peccato che non sia vero niente: Dia non ha mai giocato nel PSG né in Nazionale né tantomeno è un calciatore professionista, ma un semplice studente di Portsmouth con trascurabili esperienze nella "non-league", il calcio amatoriale. D'altra parte, al telefono con Souness non c'era Weah, ma un amico di Dia che si era finto Weah. Gli incommentabili 53 minuti giocati in campionato contro il Leeds, prendendo il posto addirittura di sua Maestà Matt Le Tissier, sono uno dei momenti cult degli anni Novanta della Premier League.
Il video è oggettivamente esilarante, così come il coro "Ali Dia/is a liar, is a liar". Come epitaffio della sua carriera in Premier, le parole di Le Tissier: "Uno spettacolo imbarazzante da guardare, correva sul campo come Bambi sul ghiaccio”.
Tornando all'attesissimo "White Feather", il Riverside Stadium si veste a festa per l'esordio in campionato, il 17 agosto 1996 contro il Liverpool di Steve McManaman e Robbie Fowler, molto accreditato per la vittoria finale. Su una nave ormeggiata nel fiume Tees compare lo striscione "Watch Ravanelli on the telly" (Guardate Ravanelli in tv); le aspettative non vanno disilluse. In vantaggio con il norvegese Bjornebye, i Reds vengono raggiunti una prima volta su calcio di rigore, per un contatto veniale tra Juninho e McAteer punito col rigore dall'arbitro Alcock (che un anno dopo passerà alla storia come oggetto dell'ira funesta di Paolo Di Canio). Ravanelli pareggia con una classica stangata di sinistro e la sua esultanza sembra già quella dell'attaccante in trance agonistica che cerca con insistenza la sintonia empatica con un pubblico forse un po' freddino: "Come on!", urla ripetutamente.
L'immediato secondo vantaggio del Liverpool, con John Barnes che sfrutta uno svarione di Nigel Pearson, getta una luce sinistra sulla fase difensiva del Boro. Ma quella del Liverpool non è da meno, visto che almeno in tre si dimenticano Ravanelli al limite dell'area piccola, situazione in cui certamente Penna Bianca non avrebbe mai avuto il piacere di trovarsi in serie A. L'esultanza - maglia sopra la testa, corsa a braccia spalancate, high five con gli spettatori delle prime file, mimica smodata per supplire alle carenze di una lingua di cui non parla neanche una parola - è identica alla precedente e per questo suona un po' grottesca, come se in quel momento di estasi stesse comunque pensando "Ma dove diavolo sono finito?".
Nel secondo tempo arriva il terzo vantaggio del Liverpool con Fowler, seguito dall'immancabile replica del nostro eroe, culmine di un'azione molto caotica con almeno tre momenti di rimpallo e per questo molto inglese. I movimenti, il senso del gol, l'astuzia di calciare sul secondo palo sono pezzi di repertorio di un grande attaccante. Ravanelli sembra emotivamente sfinito, ciondola con la bocca spalancata, annuisce all'arbitro che gli dice qualcosa proprio come un italiano all'estero fa finta di capire delle indicazioni stradali. Ma poco dopo ha addirittura la palla per un clamoroso 4-3 che proietterebbe il suo nome nell'iperuranio. A fine partita ha l'imprudenza di dichiarare che avrebbe preferito segnare un gol in meno e vincere la partita, non cogliendo - abbagliato come tutti dal sogno Middlesbrough - l'importanza di un 3-3 contro una squadra così forte.
Il pareggio è al minuto 5:25, il secondo gol di Ravanelli è al minuto 7:30, il terzo a quello 11:10.
Mentre Ravanelli mette a ferro e fuoco la difesa del Liverpool, in quegli stessi minuti viene segnato uno dei gol più iconici della storia degli anni Novanta: David Beckham beffa da centrocampo il portiere del Wimbledon Neil Sullivan, teaser trailer di una nuova ondata di coolness inglese contraddistinta da un'insolita gioia di vivere e una pulsione un po' cafona verso il glamour, sintetizzato in musica dal video di "Wannabe", il singolo di debutto delle Spice Girls, cinque ragazze londinesi di cui almeno il 20% si mostrerà in futuro molto interessato alle cose del calcio. In Italia in cima alle classifiche c'è la rassicurante "Più bella cosa" dello juventino Eros Ramazzotti: apparentemente, l'addio di Ravanelli non ha prodotto particolari scossoni culturali.
Alla seconda giornata il Boro perde il derby italiano contro il Chelsea di Vialli e Di Matteo (gol di quest'ultimo), poi infila dieci punti nelle successive quattro partite e a metà settembre è sesto in classifica col secondo miglior attacco della lega: il contributo di Ravanelli è di sei gol in sei partite, tutte giocate per 90 minuti senza risparmiarsi. Il massimo delle polemiche sui tabloid riguarda la liceità della sua esultanza in cui, sollevandosi la maglia sopra la testa, espone al pubblico il torace nudo. Dopo una breve discussione la Federazione non prende provvedimenti, purché lo mostri solo per pochi secondi.
Il momento di grazia prosegue anche in maglia azzurra, dove segna tre gol in due partite contro Moldova e Georgia, in un girone di qualificazione mondiale che vede l'Italia opposta proprio all'Inghilterra. Ma il vento del Nord Est cambia in fretta: dal 21 settembre al 14 dicembre il Boro entra in un buco nero in cui racimola appena quattro pareggi in 12 partite, precipitando in zona retrocessione.
Nei primi mesi di Premier Ravanelli trova terreno fertile per la sua giocata migliore: protezione della palla e sinistro forte e preciso dal limite dell’area. Qui sopra contro il Coventry.
The team who wasn't there
Il 21 dicembre il Middlesbrough è atteso a Ewood Park in casa del Blackburn, in uno scontro-salvezza prenatalizio già drammatico, con i Rovers - campioni d'Inghilterra appena due anni prima - che languono in quartultima posizione. Com'è noto, in Premier l'ordine delle partite non segue pedissequamente la sequenza completa andata-ritorno: così nel match precedente il Boro si è ritrovato ad affrontare il Liverpool appena quattro mesi dopo quel memorabile esordio e ne è uscito suonato 5-1. Nei giorni successivi, un clamoroso virus influenzale si abbatte sulla ciurma già depressa, provocando defezioni a catena. Con ventitré giocatori a letto con la febbre, infortunati o squalificati, Bryan Robson getta clamorosamente la spugna.
Le parole al Guardian di Tony Parkes, allora manager del Blackburn: "Venni a sapere della cosa il venerdì, appena terminato l'allenamento per la partita del giorno dopo. Uno dei miei giocatori era già tornato a casa e mi telefonò: 'A Sky hanno appena detto che il Boro non si presenta perché hanno tutti l'influenza'. Non avevo mai sentito una cosa del genere. Così chiamai la Premier League per chiedere spiegazioni e loro mi risposero 'Ma figurati, verranno lo stesso, al limite con la squadra Riserve'. Mi sarei aspettato una telefonata da Bryan Robson, ma non mi chiamò mai. Da manager ogni tanto devi far fronte a situazioni del genere, ma di solito risolvi mandando in campo le riserve o i giovani. Ormai i giocatori guariscono dall'influenza in due giorni, sono giovani atleti in perfetta forma. Onestamente, la scusa del Middlesbrough non stava in piedi. Non so chi avesse consigliato Robson, ma qualcuno avrebbe dovuto parlargli prima che lui agisse in quel modo".
La situazione non ha precedenti, e non ne avrà. Tutto sembra andare nella direzione del 3-0 a tavolino per il Blackburn, ma a gennaio la commissione disciplinare della Premier sceglie a sorpresa la via della ripetizione della partita (a metà maggio!), con 3 punti di penalizzazione per il Boro e 50 mila sterline di multa. Dal ritiro di Palermo, dove Ravanelli è in ritiro con la Nazionale appena affidata a Cesare Maldini, rimbalzano parole tremende: "Non posso essere più incazzato. Abbiamo poche chances di salvarci e ci hanno dato tre giorni di riposo. Sono andato ad allenarmi ma era tutto chiuso. Mi dispiace ammettere che la situazione è veramente tragica. È un calcio strano, dove siamo costretti a mandare in campo il mister Robson che ha quarant'anni perché abbiamo troppi infortunati”.
In effetti è accaduto davvero: nella partita di Capodanno persa 2-0 contro l'Arsenal, Bryan Robson ha ciondolato a centrocampo per 90 minuti a velocità rivedibile.
Blackburn-Middlesbrough si rigiocherà quattro giorni prima dell'ultima giornata: con una vittoria il Boro ha la possibilità di superare il Sunderland, portarsi al quartultimo posto e rigettare nella mischia il Blackburn. Ma Nemesi vuole che finisca 0-0, con un netto rigore negato al Boro per fallo di Hendry su Juninho.
Ci sono scarse probabilità che Ravanelli conosca l'opera omnia di William Shakespeare, ma per riassumerne l'umore quale miglior citazione de "l'inverno del nostro scontento"? D'altra parte Middlesbrough dista solo un'ora di macchina da York, dove il Bardo aveva ambientato il suo Riccardo III. A gennaio e febbraio non passa giorno senza che trapelino brontolii e malumori di Penna Bianca, tartassato senza ritegno dai micidiali tabloid.
Il Sun scrive che il Middlesbrough gli ha disattivato il telefonino a causa di una bolletta non pagata di 5mila sterline (12 milioni di lire), per via di un cellulare regalato dallo sponsor che lui usava in totale libertà supponendo che fosse tutto gratis. Quindi - prosegue il quotidiano più odiato dai tifosi del Liverpool - si è dovuto concentrare sugli altri due apparecchi di famiglia, usati principalmente per parlare con il suo nuovo procuratore Alessandro Moggi cui chiede quotidianamente di tornare in Italia ("Ravanelli passa più tempo a telefonare che ad allenarsi"). Il Daily Mirror, al termine di una panoramica generale sulle gesta di Ravanelli, chiosa con britannico understatement: "In Italia hanno una sola parola per definire l'attaccante: cretino".
Interpellato prima di Inghilterra-Italia in scena a Wembley a febbraio (vinceremo 1-0 con un gol dell'altro esule Zola), Penna Bianca confessa seraficamente che non ha ancora imparato una parola d'inglese ("Sono molto pigro, mi manca l'istruzione di base"), ma si sta appassionando alle freccette e si gode la sua casa enorme, con un giardino grande come un campo di calcio. Intanto Robson intuisce finalmente che in difesa le cose potrebbero andare meglio e opta per una seconda iniezione di acume italico, rinforzando gli ormeggi con Gianluca Festa, in quel gennaio orribile in cui Ravanelli rimedia anche un'espulsione contro lo Sheffield Wednesday.
(Non solo potenza e "garra" declinata all'inglese: guardate questo gol allo United, in cui legge benissimo l'assist di Juninho e infila Schmeichel con grande intelligenza e tocco soave).
A un crollo verticale in campionato fa da contraltare, piuttosto incredibilmente, una marcia trionfale nelle due coppe nazionali. Ribellandosi al proprio destino, nel giro di due mesi il Boro riesce a inerpicarsi fino a entrambe le finali, grazie anche a due tabelloni autostradali. In Coppa di Lega, dopo aver eliminato il solito Liverpool, si ritrovano di fronte il non irreprensibile Stockport County in semifinale; Fabrizio, uomo di coppa se ce n'è uno, si occupa di aprire le marcature nella gara d'andata ed è capocannoniere della competizione con 8 gol.
A gennaio parte l'FA Cup e il Middlesbrough si trova dinanzi un tappeto in tinta con il colore della sua maglia: asfalta il Chester e l'Hednesford, vince in casa del decaduto Manchester City, si libera ai quarti del Derby e pesca in semifinale il Chesterfield, che comunque va in vantaggio di due gol a Old Trafford prima di essere riacciuffato per la collottola sul 3-3 e regolato più comodamente al replay. Ravanelli è deus ex machina di tutta la produzione offensiva del Boro, andando a segno in entrambe le partite. Siamo ormai intorno ai 25 gol stagionali, segnati per una squadra che pencola da novembre in zona retrocessione. Se il ruolino di marcia di Alan Shearer non fosse così inesorabile, Penna Bianca potrebbe avanzare serie credenziali per il premio di Player Of The Year.
Il bel gol di Ravanelli che chiude il quarto di finale contro il Derby, unica squadra di Premier League incontrata dal Boro nella strada verso Wembley.
Anche in campionato si torna a sorridere. A marzo il Middlesbrough imbrocca quattro vittorie consecutive che lo rimettono in piena corsa per la salvezza; Juninho viene eletto Giocatore del mese e lo stesso onore tocca a Robson in qualità di manager. Anche se Ravanelli contribuisce alla causa con la seconda tripletta stagionale contro il Derby, è il brasiliano il vero idolo del Riverside Stadium, più sincero, talentuoso e uomo-squadra del mercenario italiano che ogni volta che mette piede oltre Manica non perde occasione per sparlare della sua nuova patria, regolarmente rintuzzato dai tabloid (a maggio dirà: "Non mi hanno ancora attribuito un'amante, ma sono riusciti a scrivere che mia moglie è scappata dall'Inghilterra perché nostro figlio è intossicato dall'inquinamento di Middlesbrough").
Ad aprile ecco il primo appuntamento con la storia, le due finali di coppa di Lega con il Leicester, dove si intuisce che la stagione sta prendendo una piega sgradevole. Gara 1, a Wembley: si va ai supplementari e Ravanelli segna alla Ravanelli il gol della storia, della gloria, dei 39 scalini. Sembra fatta, ma al minuto 119 un orrendo mischione a due metri dalla porta si conclude con un gol di Emile Heskey, il centravanti più inglese che ci sia, del quale si tramandano i sani principi alimentari: ogni mattina fa colazione ingurgitando dodici uova crude (benvenuti nella Premier degli anni Novanta).
Il replay si gioca dieci giorni dopo a Sheffield e si prolunga nuovamente ai supplementari, quando arriva il beffardo 1-0 di Claridge.
Finale di League Cup, gara-1: a 2:35 il gol di Ravanelli che illude il Boro di aver finalmente vinto un trofeo. A 3:40 il pareggio di Heskey, probabilmente il gol più brutto della storia di Wembley.
Le coppe impongono al Boro un ritmo infernale che lo costringe a giocare ogni tre giorni, a discapito della classifica che torna a peggiorare. A causa di due sconfitte di misura contro Sunderland e Tottenham, a inizio maggio il Middlesbrough è costretto a giocarsi la salvezza in una delirante roulette russa fatta di quattro partite in otto giorni, tra cui il famigerato recupero contro il Blackburn. L'obiettivo è fare almeno 10 punti e pregare che qualcun'altra tra le pericolanti rivali faccia peggio.
Un primo snodo cruciale arriva già nella prima gara del filotto senza ritorno: contro l'Aston Villa il Boro va avanti 2-0, prima che i soliti disastri difensivi riportino i Villans sul 2-2. Al 90' Hignett si guadagna un calcio di rigore che, come sottolinea con enfasi il commentatore inglese, "potrebbe essere la differenza tra la Premier League e la First Division". Penna Bianca, come sempre, opta per la stangata centrale. Ancora vivi.
Tre giorni dopo si va a Old Trafford, in casa di un lanciatissimo Manchester United a cui serve una vittoria per festeggiare il secondo titolo consecutivo. Il Middlesbrough non può assolutamente lasciarci le penne e s'impegna in una partita di straordinaria gagliardia in cui il capobanda è ovviamente Ravanelli, capace di spaventare Schmeichel con un gran sinistro che colpisce il palo. Con i suoi in vantaggio, al 35' del primo tempo, uno scatto fatale gli costa uno stiramento alla gamba sinistra e in definitiva la stagione. Il Boro riesce a portare a casa un miracoloso 3-3 che ne prolunga l'agonia per almeno un'altra settimana.
La passione di Penna Bianca in tre atti. A 4:30 il palo che scuote Old Trafford dalle fondamenta; a 8:45 l'infortunio; a 10:06 l'uscita in barella con la mano sul volto, la sua ultima immagine in Premier League con la maglia del Middlesbrough.
Epilogo
Come detto, il recupero contro il Blackburn termina 0-0 e impone al Boro di giocarsi tutto a Elland Road, in casa di un Leeds già tranquillo. Ravanelli non c'è; assiste da casa all'ordalia finale dei suoi che vanno in svantaggio, pareggiano con l'ennesima perla di Juninho, sospinti dalla loro armata di tifosi col walkman per essere informati su quel che accade sugli altri campi. A salvarsi è il Coventry, inopinatamente vittorioso a White Hart Lane; il Middlesbrough retrocede con il sesto miglior attacco del torneo, per due soli punti, esattamente quelli che avrebbe risparmiato presentandosi a Ewood Park a dicembre con i ragazzini e perdendo con onore. A quel punto, con ogni probabilità, si sarebbe salvato per differenza reti.
Il Middlesbrough non va oltre l'1-1 e saluta la categoria. Immancabili le scene dei tifosi in lacrime che applaudono lo stesso i loro beniamini, come da stereotipo da videogame del calcio britannico nel mondo.
A salvare la stagione rimane ancora la prima storica finale di FA Cup, che vede però opposto al Chelsea "italiano" un Middlesbrough ormai a pezzi. Sono addirittura cinque i nostri connazionali tra campo e panchina; quello messo peggio è ovviamente Ravanelli, pronto a sacrificarsi per la causa su pressione di Robson. La partita di Penna Bianca è un penoso trascinarsi per venti minuti prima della resa. Il Chelsea è passato in vantaggio già al trentacinquesimo secondo con Roberto Di Matteo e controllerà senza patemi fino allo scadere, raddoppiando nel finale.
La finale di FA Cup 1997 in versione integrale: a Ravanelli è fatale uno scatto generosissimo al minuto 24:40 per inseguire un pallone difficilmente prendibile. Come mosso da un desiderio inconscio di farsi male e farla finita, Ravanelli chiede il cambio quando è ancora seduto per terra.
Dopo la finale, il Daily Star scrive che avrebbe fatto a pugni la mattina dopo la finale con il difensore Neil Cox, che lo aveva accusato di aver sparlato della società sui giornali italiani. Già rientrato a Perugia, Ravanelli smentisce: «È tutto falso, mi viene da ridere. Quel giorno io la prima colazione l'ho fatta in camera con Festa, e non con gli altri giocatori. Quello è un giornale che su 20 pagine, 19 le dedica alle donne nude... è dall'inizio della mia esperienza inglese che mi stanno tartassando». Malinconiche scaramucce da fine rapporto: l'ingaggio di Penna Bianca è insostenibile per una squadra di Championship, né naturalmente Ravanelli ha la minima intenzione di ingrigire vieppiù barcamenandosi tra Tranmere Rovers, Huddersfield e Crewe Alexandra.
Finisce così una delle prime grandi avventure di un italiano all'estero, un po' Braveheart un po' Fumo di Londra di Alberto Sordi. L'esperienza inglese di Ravanelli ha una coda sgradevole di un altro paio di mesi vissuti da separato in casa con Robson, poi arriva finalmente il Marsiglia a restituirlo al “calcio che conta” (citazione proveniente dal futuro, che però ci sta assai bene). Ma qualcosa si è fatalmente inceppato: i numeri in Ligue 1 sono ancora lusinghieri, arrivano 30 gol, un secondo posto, il ritorno in Champions e una finale di coppa UEFA (e anche l'etichetta tipicamente italiana di simulatore), ma l'eccellenza del pallone è altrove così come la maglia azzurra – a cui Ravanelli era attaccatissimo – che gli scivola lentamente via, con tanto di famosa imitazione di Gioele Dix a “Mai Dire Gol”, un Ravanelli incarognito contro il ct Dino Zoff che non lo chiama più.
Raro caso di attaccante da oltre 250 gol in carriera che non è mai stato neanche convocato a un Mondiale. Mentre Juninho, un Mondiale, l'ha addirittura vinto.