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Perché il Milan ha scelto Pavlovic
30 lug 2024
30 lug 2024
Con Pavlovic il Milan si assicura un centrale dal talento evidente tanto quanto i suoi difetti.
(foto)
IMAGO / GEPA pictures
(foto) IMAGO / GEPA pictures
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L’Italia doveva essere nel destino di Strahinja Pavlović, prossimo difensore centrale del Milan. Nel nostro campionato il serbo ci arriva in ritardo di cinque anni. Nel 2019 Igli Tare aveva ottenuto un accordo sia col giocatore che col suo club di allora, il Partizan, per portarlo alla Lazio. Alcuni problemi cardiaci durante le visite mediche, però, avevano fatto saltare il trasferimento.

Pavlović aveva solo diciotto anni. Oggi ne ha ventitré, età ancora verde per un difensore centrale. Nonostante ciò, di squadre nel frattempo il serbo ne ha girate parecchie e la sua strada verso un club d’élite come il Milan è stata poco lineare. Dopo il mancato trasferimento alla Lazio, infatti, era riuscito ad accaparrarselo il Monaco a giugno del 2020. Nel principato, però, nel ruolo di centrale sinistro di era già affermato un prodotto della casa come Badiashile e allora Pavlović aveva dovuto cercare fortuna in prestito, al Cercle Bruge. Nemmeno i mesi in Belgio, però, erano riusciti a convincere i monegaschi a puntare su di lui. Così, dopo altri mesi in panchina, a gennaio 2022 aveva tentato la fortuna con un altro prestito, al Basilea.

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Il RB Salisburgo, da sempre attento al vicino campionato svizzero, deve essersi convinto in quei mesi ad acquistarlo. Dopo un iniziale periodo di ambientamento, Pavlović ha chiuso in crescendo l’esperienza al Basilea e così in estate è arrivato l’acquisto a titolo definitivo da parte del club della Red Bull. Il Monaco, difatti, non gli ha mai dato un’opportunità, a posteriori un bene per Pavlović, che in Austria ha incontrato un’idea di gioco perfetta per esaltare le sue caratteristiche.

Nelle ultime due stagioni il serbo si è tolto la soddisfazione di partecipare ai Mondiali del 2022 e agli Europei di quest’estate con la sua Nazionale e si è affermato come uno dei centrali più interessanti del continente. La sua aggressività, lo sguardo truce, la testa rasata e i trascorsi nel Partizan, non potevano non suscitare paragoni con Nemanja Vidić. Il punto di riferimento di Pavlović, però, è un altro: Giorgio Chiellini, a dimostrazione di come, in qualche modo, in Serie A prima o poi avrebbe dovuto arrivarci.

Come il suo idolo, anche Pavlović è un marcatore puro che aveva iniziato da terzino sinistro. Anzi, a dirla tutta nelle giovanili era stato provato anche da centrocampista, viste le sue doti atletiche. È stato chiaro a tutti, però, come la sua posizione ideale fosse nel cuore della retroguardia e oggi il Milan si ritrova un difensore mancino che può giocare senza problemi in una linea a quattro o in una linea a tre.

Ma quali sono le caratteristiche di Pavlović? Quanto è pronto per un campionato tanto esigente con i difensori come la Serie A? Quali sono i rischi di puntare su un profilo del genere?

Un difensore veloce ed aggressivo
Come è facile intuire, visto che si tratta di un difensore esploso nel RB Salisburgo, le migliori qualità di Pavlović si potrebbero riassumere in due parole: velocità e aggressività. Il pressing alto e la volontà di difendere con tanti metri di campo alle spalle sono i principi cardine delle squadre della Red Bull ed è per questo che Pavlović è parso subito a proprio agio nella squadra austriaca.

Il primo aspetto che balza all’occhio di chi lo osserva, comunque, è la sua stazza. Pavlović è alto un metro e novantaquattro e pesa quasi novanta chili. Di solito i centrali così alti sono lenti e farraginosi, Pavlović invece ha tutte le caratteristiche del centrale contemporaneo e la velocità per lui non è di certo un problema.

In generale, le leve lunghe sono il suo punto di forza, ciò che gli permette di imporsi nei duelli. Le situazioni in cui si esprime meglio sono le uscite in avanti e i recuperi all’indietro.

Nel RB Salisburgo Pavlović spesso era chiamato a rompere la linea per tamponare l’avversario che riceveva alle spalle del centrocampo. Il serbo esce con velocità e impeto e se prende contatto con l’uomo riesce a mandarlo facilmente fuori equilibrio. Il fatto di avere gambe chilometriche, poi, gli permette di insinuare il piede tra l’avversario che prova a proteggere palla e la palla stessa. Insomma, un difensore spigoloso, in senso figurato e in un certo senso anche letterale, vista la forma acuminata della sua testa e gli angoli del suo corpo, resi evidenti dal fisico asciutto.

Quando poi gli avversari riuscivano a far saltare il pressing e costringevano il RB Salisburgo a rientrare, Pavlović non faticava a coprire tanti metri in pochi secondi, con un ottimo passo in allungo. La velocità, peraltro, gli tornava utile non solo nelle transizioni difensive, ma anche nelle scelte.

Il RB Salisburgo spesso gli lasciava poche protezioni. Il terzino del suo lato magari si alzava in pressing e se gli avversari riuscivano a giocare alle sue spalle il serbo doveva scegliere il momento giusto in cui aprirsi per coprire il compagno: in poche falcate Pavlović si allargava e metteva una pezza a una situazione potenzialmente pericolosa.

Vista questa sua capacità di correggere scompensi con le doti atletiche, Pavlović forse sarebbe stato un difensore più adatto per il Milan dell’anno scorso, dove i centrali dovevano sopravvivere con poco supporto. A Pioli sarebbe di certo piaciuto un centrale così.

Con Fonseca, però, Pavlović troverà un contesto diverso, dove forse dovrà temperare la sua attitudine a rompere la linea e dove dovrà lavorare più di lettura. Insomma, Pavlović in parte dovrà allontanarsi dalla sua zona di comfort e questo non può che fargli bene visto che al momento i suoi punti di forza mascherano difetti altrettanto grandi.

Un talento da sgrezzare
Pavlović è un difensore poco abituato a pensare, che non sempre valuta le conseguenze delle sue azioni.

Per esempio, gli piace tentare il tackle più di quanto dovrebbe. Anche in situazioni in cui è in controllo e gli basterebbe temporeggiare per poi accompagnare l’avversario all’uscita – sarebbe difficile saltare un difensore con quelle doti atletiche – preferisce mettere la gamba. A Pavlović piace fare la prima mossa e se è vero che spesso interviene correttamente, è vero anche che in questo modo dà ad avversari più scaltri di lui la possibilità di saltarlo: nel duello i margini d’errore per il difensore sono più ristretti rispetto a quelli dell’attaccante, basta farsi saltare anche una sola volta per concedere l’occasione decisiva, ma Pavlović sembra ignorare questo assunto. Il fatto che ami tentare le scivolate – ha una velocità nell’andare a terra davvero poco comune per essere un uomo di quasi due metri – non fa che peggiorare questa sua attitudine.

Aver giocato in un sistema estremo come quello del Salisburgo e senza affrontare, in campionato, avversari capaci di sollecitarlo nelle scelte, non lo ha di certo aiutato a sviluppare letture difensive più raffinate.

Fonseca avrà tra le mani materia prima di valore assoluto. Il suo gioco, però, è tutto da modellare. Le sue doti atletiche e di intervento sono innegabili, ma deve ancora imparare a incanalarle.

Gioca a suo favore l’età, visto che i difensori raggiungono il meglio intorno ai trent’anni e Pavlović di anni ne ha solo ventidue. Il dubbio più grande sulla sua crescita, però, potrebbe derivare dal fatto di provenire dalla galassia Red Bull: due difensori come Upamecano e Konaté non hanno sviluppato le doti da privilegiati che possedevano come ci si sarebbe atteso e sono rimasti dei centrali inclini all’errore.

Pavlović non dovrà adagiarsi sulle sue doti atletiche, dovrà imparare a pensare di più e meglio, due aspetti che poteva permettersi di trascurare in una squadra estrema come il RB Salisburgo e in un campionato del livello di quello austriaco.

A livello di tecnica difensiva, poi, potrebbe avere delle difficoltà per il fatto di essere un mancino puro. Quando lo attaccano sulla sua destra, infatti, spesso non se la sente di accompagnare gli avversari e sceglie di girarsi in maniera innaturale per tentare l’intervento con il piede forte: anche qui, può bastare un singolo errore per compromettere una partita e in Italia giocatori e allenatori impiegano poco a individuare i punti deboli. Anche sulla postura e sull’abitudine a difendere sul lato debole, comunque, ci si può lavorare.

Un po’ meno margine di miglioramento, invece, potrebbe esserci nel difendere sul corto contro avversari dal baricentro basso. Pavlović soffre i giocatori capaci di girarsi in un fazzoletto. Con gambe tanto lunghe i tempi di reazione sul breve si dilatano, non potrebbe essere altrimenti. Lo ha amesso lui stesso: «Ho problemi quando vengo attaccato dalle ali, giocatori con il baricentro basso, mobili e veloci. Ci sono state diverse situazioni a Lisbona (contro il Benfica nella scorsa Champions League nda) in cui era chiaro quanto fosse difficile difendere».

In fase di possesso Pavlovic ama accompagnare l'azione in conduzione, e anche cercare la verticalizzazione quando possibile. Ma non stiamo parlando di una caratteristica molto spiccata, come si può indovinare dal suo radar Statsbomb.

Insomma, i tifosi del Milan possono dirsi soddisfatti di aver acquistato un difensore di grande prospettiva. Di testa, poi, Pavlović è già da ora un difensore migliore di tutti quelli passati in rossonero negli ultimi anni, sia nella propria area che in quella avversaria. Al contempo, però, il pubblico di San Siro dovrà avere pazienza, perché l’ambientamento potrebbe non essere semplice. Fonseca pratica un tipo di difesa meno spregiudicata e istintiva di quella a cui era abituato il serbo. In più sollecita parecchio i suoi centrali con la palla. Pavlović non ha un cattivo mancino, ma non è un regista: il suo contributo, in fase di possesso, era qualche sgroppata o il lancio lungolinea per la punta che si apriva, non di certo un raffinato gioco di passaggi.

In più, bisognerà valutare la sua relazione con Tomori, che con Pavlović accanto finalmente potrà giocare in pianta stabile sul lato destro. Come sarà la convivenza con l’inglese? Tomori per larga parte della scorsa stagione è stato l’unica ancora di salvezza nella retroguardia del Milan, in una squadra in cui i difensori sembravano giocare senza alcun legame l’uno con l’altro. Quest’anno, in un sistema difensivo diverso, che prevede più movimenti di reparto, e con un compagno più acerbo e aggressivo, l’inglese sarà chiamato per la prima volta a fare da guida e dovrà riuscire a coordinare anche Pavlović.

L’investimento sul serbo comporta qualche rischio, ma se bisogna investire, in teoria ha senso farlo su profili del genere.

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