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Perché il calcio turco è in fissa con i giocatori della Serie A
10 apr 2025
Intervista a Cenk Ergün, ex direttore sportivo del Galatasaray.
(articolo)
7 min
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Foto di Giuseppe Romano
(copertina) Foto di Giuseppe Romano
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Negli ultimi anni ci siamo abituati a pensare al Galatasaray quasi come a una ventunesima squadra della Serie A. La squadra turca è sembrata attrarre giocatori e allenatori che avevano significato qualcosa per il nostro campionato, persino dopo essersene andati, come se volesse prendersi una fetta del suo immaginario. È successo con Mauro Icardi, diventato un semi-dio a Istanbul dopo aver fatto un giro di giostra al PSG, ma anche a Dries Mertens, Lucas Torreira, Nicolò Zaniolo, Alvaro Morata e, ovviamente, Victor Osimhen. E questo considerando solo gli ultimi anni.

Quello che apparentemente sembra un processo naturale, una forza di gravità che fa scendere determinati giocatori per i gradini della piramide verticistica del calcio europeo, in realtà è frutto dell'operato di persone che hanno idee, relazioni e storie diverse. Nel caso del Galatasaray, per esempio, del lavoro di Cenk Ergün. Direttore sportivo della squadra turca dal 2012 al 2018, e poi di nuovo dal 2022 fino alla fine di settembre dello scorso anno. Ergün ha cominciato a interessarsi all’Italia dopo aver vinto una borsa di studio alla Koç University di Istanbul che, come ha spiegato lui stesso in un’intervista alla Gazzetta dello Sport del 2023, collaborava con la famiglia Agnelli per gestire gli impianti della FIAT nella città turca di Bursa. «Imparai la lingua grazie a un Erasmus a Siena, ascoltando le canzoni dei Nomadi e leggendo la Gazzetta dello Sport».

Incontro Ergün al bar dell’hotel di Madrid dove si sta svolgendo l’ECA Club Connect. Il suo italiano effettivamente è quasi perfetto.

La registrazione integrale dell'intervista. La versione testuale che trovate qui è stata tradotta, editata e rimaneggiata per esigenze di chiarezza.

Volevo iniziare chiedendoti il perché della connessione fra Galatasaray e i giocatori della Serie A, e in generale del campionato turco con i giocatori sia italiani che della Serie A.

In questi ultimi anni in Turchia abbiamo avuto tanti giocatori, soprattutto italiani, o comunque giocatori che hanno giocato in Italia. Secondo me il campionato turco è competitivo… E gli italiani e i turchi siamo come si dice? “Una faccia e una razza”: molto vicini. Conosco una parte delle comunità italiane che vivono e lavorano in Turchia, e sono tante. Siamo molto vicini anche per via delle aziende internazionali, i ristoranti, e così via.

Il calcio turco ha capito che avere giocatori italiani o che hanno avuto un'esperienza in Italia è una buona cosa perché tatticamente sono fortissimi. Da quello che ho visto anche io, è difficile trovare un giocatore che conosce il calcio tatticamente meglio di chi ha giocato in Serie A. Poi sono giocatori molto duri, che sanno come giocare in un campionato competitivo. Secondo me questo è il motivo.

Poi è anche perché siamo fisicamente molto vicini: fare avanti e indietro con gli aerei è molto facile. Ed è così che abbiamo cominciato tanti anni fa, con vari giocatori, come Morgan De Sanctis, Muslera, Felipe Melo, Wesley Sneijder… Più recentemente c’è il lavoro di alcuni club come il Karagumruk con Andrea Pirlo. Secondo me continuerà così e siccome questi due Paesi organizzeranno anche insieme gli Europei questa relazione diventerà ancora più stretta.

E a proposito di giocatori della Serie A, ci puoi raccontare com'è andata la trattativa per Osimhen?

Sai, nel calciomercato il timing è troppo importante. Il Napoli ha messo Victor fuori lista quando tutti i grandi mercati europei erano chiusi, e solo in Turchia eravamo aperti per un’altra settimana. E quindi è emersa una grande opportunità per noi, ma anche per il Napoli e per il ragazzo.

D’altra parte non c'era un altro campionato più importante di quello turco dove avrebbe potuto giocare Osimhen e il Galatasaray stava costruendo una squadra per cercare di vincere il campionato, giocando nelle coppe europee. Era forse la soluzione migliore.

Abbiamo subito avviato i contatti e forse siamo stati i primi a cercare di sfruttare questa opportunità. Il ragazzo conosceva il Galatasaray, ovviamente, conosceva Dries [Mertens, ndr]. E ha accettato subito l’idea di venire qua, di giocare a un livello alto per poter vincere il campionato e anche per essere presente nelle coppe europee.

Questo tipo di operazioni non capitano spesso: forse una volta ogni 10, 20 anni. È stato un grande acquisto, anche se solo per quest’anno. Per fortuna è capitato a noi e noi abbiamo avuto la bravura di reagire subito. Victor ha fatto una videochiamata con il nostro mister, Okan Buruk (anche lui ha giocato in Italia, come sapete), e poi abbiamo chiuso. Lui sta facendo benissimo.

Quindi è stato facile?

Più che facile è stata veloce, diciamo così. Nessuna trattativa è facile.

E voi avete la speranza che lui possa rimanere in qualche modo?

Tutti i tifosi del Galatasaray vogliono che lui rimanga con noi. Però non è facile con un giocatore così importante, a queste condizioni, dopo solo un anno di prestito. Acquistare Victor Osimhen, averlo sotto contratto con noi per tanti anni, è un'altra storia (io dico sempre “noi”, ma in realtà non lavoro più per il Galatasaray). Non so cosa succederà.

Dobbiamo vedere come andrà il mercato, come si muoveranno le altre squadre che vogliono acquistare Victor, perché è un giocatore che può giocare in ogni squadra nel mondo. Sarà complicato anche perché alla fine di questa stagione c’è il Mondiale per club e bisogna vedere chi cercherà un attaccante così forte. Noi siamo sempre in contatto e lui è contento. Dobbiamo vedere alla fine della stagione.

Però ci sono delle possibilità.

Niente è impossibile nel calcio.

Foto di Giuseppe Romano

È una stagione molto accesa in Turchia, stanno succedendo un sacco di cose. Certo, il clima lì è sempre caldo, però questo campionato in particolare… È passato quasi un anno da quando il Fenerbahce ha ufficializzato Mourinho e sono successe tante cose. Secondo te, al netto di tutto, è stata una buona notizia per il campionato turco?

Certo. Mourinho è uno dei più grandi nomi nel calcio attuale. Noi tutti conoscevamo il suo curriculum: ha vinto quasi tutto. Un allenatore come Mourinho che lavora in Turchia è una cosa importante.

Però il Galatasaray negli ultimi due anni ha vinto due campionati consecutivi, con giocatori importanti e una comunità [di tifosi, ndr] abbastanza motivata. Lo stadio è sempre pieno, il board ha venduto tutti gli skybox per tre anni. C'è una grande spinta al Galatasaray e non è facile cambiare le cose.

Poi il Fenerbahce non sta andando male: abbiamo visto quello che ha fatto nelle coppe europee, fino alla partita contro i Glasgow Rangers. E non dimentichiamo che l'anno scorso il Galatasaray ha vinto il campionato con 102 punti e il Fenerbahce è arrivato secondo con 99 punti.

Insomma, hanno fatto una grande stagione, solo che Galatasaray ha fatto meglio di loro. Non è facile cambiare le cose, soprattutto per un allenatore straniero. Se non mi sbaglio negli ultimi vent’anni non c’è stato nessuno allenatore straniero che ha vinto il campionato. Dopo Zico con il Fenerbahce, sono stati tutti allenatori turchi. Non dico che questa è la verità, però questa è una statistica che fa riflettere. Non è così facile adattarsi al campionato turco, serve del tempo. Arrivare e vincere subito è una cosa meravigliosa, però non si canta sempre [ovvero: non si può sempre vincere, ndr].

Ti sei fatto un'idea sul perché, nonostante le squadre turche siano spesso molto forti come organico, nelle coppe europee fatichino sempre un po’? Il Galatasaray è l'ultima squadra turca che è riuscita a vincere una coppa europea, tanti anni fa ormai.

L'unica e l’ultima… Secondo me in questo momento abbiamo bisogno dell’aiuto di calciatori e allenatori stranieri. Quando ero al Galatasaray, io ho lavorato con Roberto Mancini e Cesare Prandelli. E ho visto come insegnano ai propri giocatori come essere tatticamente forti, pronti.

Noi dobbiamo lavorare un po' di più. Perché non perdiamo contro le grandi quando giochiamo in Europa. Perdiamo contro le squadre che sono più organizzate come lo Sparta Praga, il Molde, il Copenhaghen, l’AZ Alkmaar. È questo che alla fine fa la differenza. Loro magari hanno un budget minore rispetto al nostro ma sono più organizzati, sanno come difendere. Tutte le squadre turche più forti sanno benissimo come attaccare, forse però gli manca qualcosa in fase difensiva. Non possiamo giocare attaccando 90 minuti.

Questo per me è un periodo di transizione e ci serve ancora un po' di tempo per essere al livello delle coppe europee.

Dentro il Galatasaray vi siete dati un obiettivo in questo senso? Per esempio: tornare a vincere l'Europa League entro…?

Il più presto possibile. Quando ero più giovane, allo stadio, tutti i tifosi cantavano che un giorno avremmo giocato una finale di una coppa europea. E alla fine l’abbiamo giocata e abbiamo vinto. Adesso noi vogliamo di nuovo vincere una coppa europea. Vincere la Champions League forse è ancora troppo difficile, però con il nuovo format vincere in Europa League o in Conference League penso che non sia inarrivabile per una squadra turca.

Secondo me può succedere. Magari la prossima stagione o nei prossimi due, tre anni. Però non siamo lontani.

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