Nonostante i nostri pregiudizi, e l’effettiva arretratezza, negli ultimi anni il calcio nordamericano ha prodotto diversi talenti interessanti che sono riusciti ad affermarsi nel calcio europeo di alto livello. Molti di loro sono passati dalla Germania. I due esempi più eclatanti sono quelli di Alphonso Davies e Christian Pulisic, ma la Bundesliga sembra essere un trampolino ideale per gli americani (anche meno giovani), come nei casi di Josh Sargent, Gio Reyna, Leon Bailey (giamaicano) e Weston McKennie. Quest’ultimo è da poco diventato il primo statunitense della storia della Juventus, dopo un percorso particolare che lo aveva portato in Germania, a Kaiserslautern, dai sei ai nove anni al seguito del padre, militare presso la base aerea di Ramstein.
Arrivato in Germania come giocatore di football americano, McKennie scopre di avere un talento naturale per il calcio e decide di proseguire la sua carriera anche in patria, nelle giovanili del Dallas, prima di fare ritorno in Germania grazie allo Schalke 04.
L’arrivo di McKennie a Torino è stata una notizia sorprendente, sia perché arrivata senza alcuna anticipazione, sia per i costi relativamente contenuti. Di recente la Juventus non aveva chiuso operazioni simili per la prima squadra, privilegiando il mercato interno per quanto riguarda l’inserimento di profili “complementari” più giovani, e spendendo generalmente cifre più alte (di cartellino o stipendio). McKennie, però, al di là della giovane età, ha già raggiunto un certo status nel campionato tedesco ed è ormai un regular anche dell’USMNT, dove ha già segnato 6 reti, tra le quali una all’esordio contro il Portogallo.
Non sappiamo ancora nulla di come sarà la Juventus di Andrea Pirlo, abbiamo solo un’idea generica della sua filosofia, che ci siamo formati grazie a qualche intervista qua e là negli scorsi mesi e alla conferenza di presentazione della stagione, in cui Pirlo ha concesso relativamente poco alle domande più specifiche su un possibile sistema di partenza, ma ha rimarcato più volte la necessità di instaurare un’identità basata sul ritmo e sull’intensità in entrambe le fasi. Si tratta di una fase di transizione molto delicata per i Campioni d’Italia in carica, che verosimilmente cambieranno ancora molto nel corso del calciomercato. A causa delle contingenze dovute al COVID e alla sosta nazionali, probabilmente dovremo attendere ancora qualche settimana per avere indicazioni credibili dal campo. Dalle poche frasi di Pirlo, però, potremmo ritenere McKennie un acquisto coerente per la composizione della rosa, nonostante qualche incognita.
Nel contesto caotico dello Schalke post Domenico Tedesco (che lo aveva promosso in prima squadra nel 2017), McKennie si è ritagliato un ruolo di rilievo attraverso la duttilità: mediano, mezz’ala, terzino destro e persino difensore centrale e punta in situazioni di estrema emergenza. La sua formazione di base rimane però quella di centrocampista centrale, ed è lì che McKennie ha trovato continuità e prestazioni. Si tratta di un giocatore abbastanza esplosivo e dinamico, che pare adattarsi bene alle situazioni in cui bisogna coprire tanto campo. Potremmo definirlo, in maniera sommaria, un giocatore da transizioni: McKennie può essere sia colui che le avvia, recuperando il pallone per poi appoggiarsi a un compagno o partire in conduzione, sia colui che le assorbe, grazie alla sua buona reattività in zona palla ma anche alla capacità di correre all’indietro.
Contatto visivo costante e reattività gli permettono di recuperare un buon numero di palloni.
Il suo stile difensivo è basato sulla capacità di anticipo: nelle partite giocate da centrocampista, McKennie ha numeri buoni sugli intercetti p90 (2.3, terzo in classifica) e sui recuperi palla (7.7, nono). La sua utilità in fase di pressing è poco tangibile dalle statistiche a disposizione: anche nelle partite in cui parte da posizioni più arretrate, McKennie è abbastanza puntuale e preciso negli angoli di pressione e non è raro vederlo accompagnare gli attaccanti sulla prima linea o attivarsi sul trigger specifico. Insomma, può essere una risorsa per garantire una certa costanza all’aggressività della squadra e cercare di alzare il baricentro in maniera compatta, anche senza recuperare in maniera diretta il pallone, per disturbare la costruzione avversaria forzando un lancio lungo o facendola indietreggiare.
Nella sua prima uscita ufficiale, Pirlo ha insistito molto sulla necessità di avere giocatori capaci di sacrificarsi per garantire un recupero palla immediato. McKennie può rientrare in questi parametri, dato che la parte migliore del suo gioco è legata alla reattività ad alti ritmi e alla mobilità.
Nella faticosa manovra offensiva dell’ultimo Schalke, McKennie è stato utile anche come riferimento per la creazione di seconde palle grazie ai suoi colpi di testa (duelli aerei vinti p90 1.7, 14esimo), specialità che fa valere soprattutto sui piazzati, difensivi e offensivi. Il suo apporto qualitativo alla creazione di occasioni è prevalentemente legato a queste situazioni o alle azioni in cui riesce a partire palla al piede nello spazio. La sua tecnica in conduzione non è elegante né particolarmente tecnica, ma è efficace, soprattutto grazie alla sua capacità di coprire palla e spostarla con entrambi i piedi; ma ha anche una buona rapidità sia sulla corta che sulla lunga distanza, oltre alla lucidità che riesce a mantenere.
Alcune progressioni su lunga distanza.
Non si tratta però di un giocatore implacabile nel dribbling, anzi, non ha grandi numeri nella perdita del possesso (0.9 p90, 29esimo) e nei cattivi controlli (1.5 p90, 30esimo). Le sue possibilità di creazione di superiorità numerica sembrano essere limitate alle situazioni in cui c’è più spazio e può far valere le sue doti fisiche. È forse anche per questo motivo che McKennie sembra essere un riferimento offensivo più temibile in Nazionale che nello Schalke; quando non è asfissiato dai difensori, riesce a mostrare più qualità, sia nel calcio del pallone che nella visione periferica, e in generale il livello competitivo delle selezioni che affrontano gli Stati Uniti è ancora lontano dagli standard che è abituato ad incontrare in campionato.
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McKennie ha delle buone intuizioni nella lettura delle linee di passaggio, anche se non frequenti. Il gioco della Juventus potrebbe aiutarlo a migliorare, ma anche esporne i limiti.
Alla Juventus però si troverà ad affrontare ad attaccare tipicamente difese schierate e compatte o comunque avversari molto aggressivi sul portatore. Sebbene McKennie possa sembrare adatto a un calcio ad alti ritmi in fase difensiva, la stessa intensità in possesso palla potrebbe costargli qualcosa. Le aspirazioni della Juventus sono quelle di proporre un calcio di possesso efficace e rapido, che per funzionare necessita di centrocampisti capaci di gestire la palla ma anche i tempi, le pause, attirando la pressione per generare spazi senza andare in affanno. Al momento, McKennie non sembra questo tipo di giocatore, non sembra avere il talento associativo, né quello tecnico, per gestire il possesso in una squadra come la Juventus; anche se la fiducia con cui sfrutta le sue conduzioni potrebbe essere una risorsa per attirare il pressing e generare spazi.
Finché non lo vedremo alla prova con continuità nei contesti di gioco abituali per la Juventus rimarrà il dubbio di quanto sia efficace McKennie, da interno di centrocampo o da mediano in coppia, nell’accompagnamento attivo dell’azione. Rispetto alla composizione del reparto della scorsa stagione, l’intenzione dei bianconeri sembra essere quella di aggiungere dei giocatori più dinamici in entrambe le fasi, e che dunque siano capaci sia di reagire in maniera migliore alla palla persa, sia abili a buttarsi negli spazi (non solo quelli interni all’area di rigore avversaria) per agevolare il gioco agli accentratori di possesso che preferiscono ricevere sulla figura e puntare l’uomo. In questo senso, il lavoro quantitativo di McKennie potrebbe rivelarsi utile, magari sfruttando e raffinando anche gli inserimenti in area.
Trovandoci nel campo di ragionamento più teorico e ipotetico possibile, mi concedo una teoria forse cervellotica. Le qualità di McKennie col pallone sembrano richiedere spazi e tempi ampi, che stonano col tipico contesto in cui attacca la Juve. Forse allora l’ideale per beneficiare delle doti di McKennie potrebbe essere arretrarne il raggio di azione, con l’intenzione di sfruttarne le conduzioni e la capacità di partire da lontano per attirare pressioni. E allora forse lo scenario più intrigante potrebbe essere quello in cui McKennie, almeno in fase di possesso palla, parta sulla linea dei difensori, magari da braccetto di destra, una posizione in cui potrebbe sia far valere le sue corse con e senza palla, attirando la pressione e prendendosi però più tempo per le giocate. Considerando l’infortunio di de Ligt e la poca continuità di Chiellini, se Pirlo volesse costruire la sua Juve partendo da una difesa a 3, McKennie potrebbe essere un candidato credibile nelle rotazioni.
Oggi, in ogni caso, McKennie arriva alla Juventus come mediano e lì dovrà giocarsi le sue possibilità con compagni competitivi e, sulla carta, più bravi di lui: i nuovi arrivati Arthur e Kulusevski (che potrebbe accentrare il suo raggio d’azione), Bentancur proveniente dalla miglior stagione in carriera, un Rabiot che ha chiuso in crescendo il 19/20. Non è escluso che possa migliorare il suo gioco col pallone, ma per emergere dovrà affidarsi soprattutto alla sua duttilità e generosità.