Questa risposta è stata pubblicata per la prima volta domenica scorsa in "Stili di Gioco", la newsletter settimanale dell'Ultimo Uomo a cui potete iscrivervi qui.
Gentile redazione,
Ho una domanda relativa alla conversion rate della Roma di quest’anno. È evidente che uno dei maggiori problemi della squadra giallorossa sia quello di convertire in gol la grande mole di occasioni che crea.
Siamo secondi per xG ma abbiamo una conversion rate di quegli expected goal peggiore solo a quella del Sassuolo e del Genoa! (dati dell'8 di Aprile, fonte:understat.com). Non posso che concludere tristemente che la qualità dei nostri attaccanti è talmente scarsa da essere inferiore anche a quella di squadre come le due veronesi, il Crotone o il Benevento, evidentemente più brave di noi a mettere in rete le occasioni che si creano. È davvero la qualità l’unica causa, o c’è dell’altro?
Grazie in anticipo, il vostro fedelissimo lettore,
Luciano
Risponde Dario Saltari
Ciao Luciano,
spero che tu non sia quel Luciano, quello seduto sulla panchina dell’Inter, perché sarebbe un colpo basso che da tifoso romanista non vorrei ricevere. In ogni caso, la tua domanda centra in pieno uno dei principali difetti della Roma di quest’anno (e quindi uno dei suoi principali margini di miglioramento, se vuoi essere ottimista in vista della prossima stagione) e mi permette di riprendere il ragionamento sulla squadra di Di Francesco adesso che stiamo quasi alla fine della stagione, dopo averlo già affrontato qualche settimana fa con questo pezzo scritto alla luce del periodo nerissimo che aveva attraversato tra dicembre e gennaio.
Da quel momento la Roma è arrivata ad un passo dalla finale di Champions League e si è ripresa il terzo posto in classifica, ma la radice di quel problema non è del tutto scomparsa.
Attualmente, secondo il modello sviluppato da Alfredo Giacobbe per l'Ultimo Uomo, la Roma risulta seconda in Serie A per Expected Goals creati (56.38) dietro al Napoli (56.52) ma, come giustamente fai notare, non riesce a convertire le occasioni create in gol come le altre squadre in cima alla classifica. Nonostante i dati si siano leggermente normalizzati rispetto ad un mese fa, la Roma rimane l’unica squadra tra quelle che attualmente occupano le prime cinque posizioni della classifica a non essere riuscita a segnare un numero di non-penalty goals (cioè le reti ad esclusione di rigori e autogol a favore) superiore rispetto agli Expected Goals creati: la squadra di Di Francesco al momento ne ha segnati 52, con uno scarto quindi di oltre 4 gol rispetto a quanto era lecito attendersi vista la pericolosità delle occasioni create.
Per fare un confronto diretto: l’Inter ne ha segnati 51 (da 49.58 xG creati), il Napoli 61, la Lazio e la Juventus addirittura 74 (rispettivamente da 48.99 e da 46.51 xG creati). Per trovare una performance realizzativa simile a quello della Roma bisogna scendere in fondo alla classifica, a squadre come il Cagliari (27 npg da 29.85 xG) o il Benevento (29 npg da 32.47 xG).
Adesso, escludendo l’ipotesi che il potenziale offensivo della Roma sia del livello di quelli di Cagliari e Benevento per semplice evidenza (forse non c’è bisogno di sottolinearlo ma Dzeko è quinto nella classifica marcatori di questa edizione della Champions League), bisogna per forza di cose scavare più a fondo, e questo non vuol dire negare il problema realizzativi degli attaccanti della Roma. A parte Dzeko, che rimane la punta dell’iceberg di questo tema (16 non-penalty goals da 15.46 Expected Goals) e di cui parleremo più approfonditamente più avanti, anche il resto del parco attaccanti della Roma ha reso meno delle aspettative in termini realizzativi quest’anno, a partire da El Shaarawy (7 npg da 8.83 xG), Schick (2 npg da 3.28 xG), Defrel (0 da 1.29 xG) e, in misura minore, Perotti (3 npg da 2.36 xG). L’unica eccezione è Cengiz Ünder (6 npg da 3.81 xG), che non a caso ha ravvivato l’attacco della Roma nella seconda parte di stagione.
Un buon punto di partenza per capire i problemi realizzativi della Roma di Di Francesco è quello di confrontarla con quella di Spalletti, che la scorsa stagione chiuse il campionato con il secondo miglior attacco (ancora una volta dietro al Napoli). La differenza più evidente tra le due squadre è ovviamente Salah che, com’è ancora più chiaro oggi a Liverpool, non è solo un gran finalizzatore ma anche un portatore sano di entropia, in grado di creare spazi per i propri compagni tra le linee e in ampiezza con il suo tempismo nei movimenti senza palla e la sua esplosività. Ma, anche alla luce della stagione spaziale dell’ala egiziana, spiegare la riduzione della capacità realizzativa di una squadra di un terzo (la media gol a partita della Roma è passata da 2.37 a 1.62, con un calo di circa il 32%) solo con il talento di un giocatore taglierebbe fuori buona parte della complessità di questo tema. Potremmo metterci dentro anche la sfortuna, perché la squadra di Di Francesco quest’anno guida la classifica dei pali e traverse presi in Serie A (addirittura 22), ma sarebbe ancora troppo poco.
La Roma in estate non ha venduto solo Salah ma ha anche cambiato di molto la sua proposta di gioco. L’anno scorso, con Spalletti, i giallorossi amavano giocare su un campo lungo, cercando di arrivare anche con i lanci al gioco aereo di Dzeko e alle corse di Salah, e lasciando molte più libertà ad alcuni dei suoi giocatori migliori, a partire da Nainggolan, che era deputato a riciclare le seconde palle sulla trequarti e a trasformarle in azioni offensive. Con Di Francesco, invece, la Roma cerca di difendersi sempre in avanti, comprimendo lo spazio nella metà campo avversaria con un pressing alto continuo e il più delle volte efficiente, che è diventato anche la sua principale fonte di gioco.
L’allenatore abruzzese chiede alla sua squadra di svuotare il centro e di risalire il campo con i triangoli che si vengono a creare tra terzino, mezzala e ala. Una strategia, questa, che permette alla Roma di andare direttamente in porta solo quando l’avversario è disordinato, magari nel tentativo di recuperare in alto il pallone, e che invece, in caso di difesa schierata, tende a isolare gli esterni della Roma vicino alla linea del fallo laterale.
La prima conseguenza di questo tipo di gioco è che la sua principale risorsa offensiva è diventata il cross, sia dalla trequarti sia dal fondo. In Serie A solo l’Inter crossa più della Roma (27 a partita contro 25.8), che è anche la squadra che fa più passaggi chiave da cross (3.8) e che tira più di testa (2.9). Non è un caso che uno dei giocatori più influenti nel gioco della Roma sia diventato un terzino dalla grande tecnica di calcio come Kolarov: il serbo è il primo assistman della squadra e 6 dei suoi 8 assist realizzati in questa stagione di Serie A sono arrivati da cross.
Il problema principale del cross è che è un’arma statisticamente poco efficace (in media con un colpo di testa si creano 0.127 Expected Goals, contro i 0.149 di un tiro normale), e lo è ancora di più quando in squadra non si hanno grandi colpitori di testa. La difficoltà della Roma nel trasformare i cross in gol è ancora più evidente sui calci piazzati: la squadra di Di Francesco è infatti quella che tira di più da palla inattiva (4.3 a partita) ma è solo ottava in Serie A per gol realizzati su gioco da fermo (11).
La fatica della Roma a trasformare i cross in gol si lega a doppio filo con le caratteristiche tecniche di un attaccante atipico come Edin Dzeko. Il centravanti bosniaco è un maestro nel dominare le difese avversarie tecnicamente e fisicamente sulla trequarti ma non sempre attacca bene l’area e non ha una grande tecnica nel colpo di testa (paradossalmente, se si pensa alla sua stazza fisica). Dzeko è un attaccante che tende a monopolizzare le manovre offensive della sua squadra, agendo non solo da finalizzatore ma anche da creatore, uscendo spesso dall’area sia con movimenti incontro che verso l’esterno. Un lavoro preziosissimo, che spesso nasconde i difetti della Roma in fase offensiva, ma che porta la squadra di Di Francesco ad occupare l’area con le ali (non ispiratissime in fase di finalizzazione, come abbiamo visto) e le mezzali. Riassumendo e semplificando: la Roma cerca di attaccare la porta avversaria principalmente con i cross, e lo fa riempendo l’area di finalizzatori mediocri e poco abili di testa, e senza il suo attaccante principale.
Trovare una soluzione tattica a questa inefficienza dovrà essere uno dei temi principali dell’estate romanista. La Roma farà bene a continuare a puntare anche l’anno prossimo su Dzeko, che mai come quest’anno ha legittimato il suo status di giocatore migliore della squadra, ma dovrà affiancargli qualcuno che possa condividere con lui l’incombenza di trasformare le occasioni in gol. Potrà sperare nella crescita di Ünder e Schick, magari passando ad un attacco a due o cercando semplicemente risorse alternative al cross, oppure tornare nuovamente sul mercato. Alla fine, riconoscere di avere un problema è sempre il primo passo per poterlo superare.