C’è qualcosa nel modo in cui si parla di Totti che non rende giustizia allo stesso Totti. In un certo senso non sono all’altezza di quello che sta facendo neanche le dichiarazioni d’amore più assolutiste che si sentono il giorno dopo partite come Roma-Sampdoria: “Amo quest’uomo”; a cui spesso segue un aggiunta del tipo: “Ma ti sembra normale che ci deve pensare ancora lui?”. Quando una lettera firmata da Totti ha cominciato a circolare su Facebook in molti hanno pensato, prima di leggerla, che Totti avesse dato l’addio (era infortunato alla caviglia, niente di che); eppure una settimana dopo, a due dal compiere 40 anni, Totti entra in campo ed è ancora in grado di cambiare una partita. La dimensione simbolica si confonde con quella reale, Totti non è magico solo per quello che rappresenta ma è a tutti gli effetti capace di compiere magie.
Mettevi nei panni di chi ha aspettato quasi un’ora che la partita con la Sampdoria riprendesse, che lo ha visto scaldarsi quando il temporale era già cominciato e la Roma perdeva e che, poi, per l’ennesima volta, lo ha visto irradiare il campo di filtranti e segnare il rigore della vittoria nell’ultimo secondo di gioco disponibile. Difficile non sentirsi bambini, letteralmente, di fronte alla grandezza di Totti. Difficile non credere a Babbo Natale quando effettivamente c’è un signore vestito di rosso che ogni domenica entra dalla finestra e lascia un sacco pieno di regali in salotto.
Anche Luciano Spalletti nel post-partita sembra riferirsi a qualche capacità intangibile di Totti: quello che gli ha permesso di influire in maniera così forte sulla partita - quindi, implicitamente, la ragione per cui lo ha fatto entrare in campo per recuperare una situazione disperata, dopo quei 45’ in cui la grandine ha allagato l’Olimpico prendendo la decisione inaspettata di sostituire Perotti, che aveva fatto un assist e mezzo, e cambiare modulo - è che Totti è un giocatore capace di “prendere delle iniziative importanti”, perché “è uno che fa le cose per voler cambiare le cose”. Poi c’è l’indubbio effetto psicologico: il modo in cui Totti cambia l’atteggiamento di compagni e avversari (e il pubblico, come ha sottolineato Nainggolan giusto ieri) che Spalletti sintetizza parlando di fiducia, della sua influenza sulla “condizione mentale” dei compagni.
Ci sono così tante possibili narrazioni di Totti che è difficile scegliere. C’è l’eternità di certi suoi gesti, ad esempio, il fatto che già dieci anni fa faceva assist come questo:
Che somiglia molto all’assist per Dzeko che ha portato al gol del pareggio:
Ma la dimensione simbolica non spiega tutto. Anzitutto, in questo modo passa in secondo piano la continuità di medio periodo di Totti, che collega la partita con la Sampdoria e il pazzesco finale della scorsa stagione. Diciamo da aprile, dall’assist con il Bologna per il pareggio di Salah, a quello per Pjanic contro il Chievo, passando per il gol all'Atalanta e la doppietta al Torino.
Per il modello di Expected Goals di Alfredo Giacobbe, in quei 7 spezzoni di partite (un campione ridotto che amplifica il valore di ogni giocata, ma non per questo meno significativo dell’impatto avuto come sostituto di lusso, sfruttando anche l’effetto del cambio offensivo, la cui efficacia è statisticamente provata) Totti aveva un valore xG di 1 e uno di xA (expected assist) di 0,53. Praticamente un gol e mezzo assist ogni 90’ totalizzati. E il rendimento effettivo di Totti è stato superiore alle attese con 2 gol (più 1 su rigore) e 2 assist in 158’ totali. Nella differenza tra i valori probabilistici (comunque alti) e la realtà dei risultati sta anche il valore di Totti.
Così come non sarebbe giusto aspettarsi che Totti effettui un assist vincente o un gol ogni volta che mette piede in campo (perché non si tratta davvero di magia), gli va riconosciuto uno stato di forma eccezionale su un periodo di tempo non brevissimo. Certo, una sola partita è un po’ poco per dare valutazioni più certe, ma la cosa sicura è che parlando di superpoteri si evita in partenza la riflessione su che tipo di contributo può continuare a dare Totti alla Roma.
Leggendo i numeri di Totti, sembra quasi un'ingiustizia che sia cresciuto in un'epoca in cui il suo talento non poteva essere misurato almeno in parte e confrontato a quello dei suoi coetanei senza una retorica partigiana di qualche tipo. In un certo senso Totti è stato svantaggiato dalla cultura calcistica degli anni passati, il paradosso è che oggi il suo reale valore è oscurato dal suo passato più o meno glorioso (a secondo di chi lo giudica).
Tra le cose che ha detto Spalletti (decisamente in forma) dopo la partita con la Sampdoria, però, c’è anche la spiegazione del cambio di modulo e uomini, dal 4-3-3 con tre attaccanti rapidi al rombo di centrocampo con Totti vertice alto dietro due punte vicine. Spalletti voleva giocatori “che andassero oltre la linea di difesa avversaria” ma, contro il pressing organizzato della squadra di Giampaolo, la Roma ci è riuscita solo per 20’.
E chi sa giocare alle spalle della difesa avversaria meglio di Totti?
Dopo 13’ dal momento del suo ingresso in campo, Totti crea una prima occasione per Dzeko. Solo 3’ minuti dopo Totti realizza l’assist per il gol del 2-2.
Poi passano altri 12’e Totti prima manda al tiro Dzeko, poi Salah. E questa è un’occasione più o meno equivalente a quella del gol.
Anzi, con xG 0,24, questa occasione è leggermente migliore rispetto allo 0,21 xG dell’assist concretizzato da Dzeko. Anche la prima occasione mostrata (il tiro dal limite di Dzeko) ha un xG di 0,24 e in totale, nei 45’ giocati, Totti ha creato occasioni per un xA totale di 0,86 (con una proiezione sui 90’ che lo porta a xA 1,76). O se preferite vedetela così: la somma dei suoi passaggi ha creato una probabilità di segnare un gol superiore a quella di un calcio di rigore (xG 0,78).
Spalletti ha insistito dall’inizio, da quando è tornato sulla panchina della Roma cioè, sull’importanza di giocare alle spalle della difesa avversaria, un concetto che lega a quello di “coraggio” e che è l’essenza stessa della sua idea di calcio. In generale ricade all’interno della questione del “lato cieco”, che coinvolge la percezione e la coordinazione degli avversari e in estrema sintesi si basa sul fatto che un calciatore non può guardare al tempo stesso la palla e l’avversario in movimento. L’aspetto psicologico di un gioco di questo tipo, però, è evidente: i filtranti (rasoterra o sopra la testa dei difensori) corrono un rischio superiore di venire intercettati ai passaggi normali senza avversari da tagliare fuori.
Spalletti ha ragione a sottolineare l’importanza di un atteggiamento più intraprendente nel secondo tempo contro la Sampdoria: la Roma è passata da un xG di 0,75 a uno di 2,26, anche grazie a occasioni che non comprendevano Totti (tipo quella di Strootman). Ma questo significa anche che quel tipo di palla che dà Totti, dal centro verso il centro, dal centro verso le fasce, o viceversa, è indifferente, e che noi siamo abituati a considerare come una cosa che fa Totti, in realtà è un ingranaggio fondamentale per un gioco di questo tipo.
Per capire cosa cambia Totti dal punto di vista tecnico rispetto a Perotti (che di fatto ha sostituito) bisogna andare più nel dettaglio. E non è una questione di coraggio, quanto di caratteristiche diverse tra i due, che li porta ad effettuare assist diversi, anche se magari di qualità quasi equivalente.
Per fortuna quando si parla delle qualità tecniche di Totti, specialmente nei filtranti, si può dare per scontato che tutti sappiano quanto siano rare in senso assoluto, ma ai fini del mio discorso è bene sottolineare quanto sia importante, in una squadra capace di sbagliare cose semplicissime, avere un giocatore con quella qualità in grado di vedere e tentare un numero elevato di passaggi chiave.
Contro la Sampdoria, come ha detto Spalletti, il problema era uscire dal pressing a metà campo e mettere in condizione il tridente offensivo di attaccare con la fronte alla porta. La Roma di Spalletti sta diventando una squadra sempre più verticale, che ama attaccare in campo lungo, e la Sampdoria riduceva quel campo al minimo con lo scivolamento del rombo in fascia.
Spesso le connessioni romaniste erano interrotte prima che si arrivasse ai tre giocatori offensivi (colpa anche di distanze spesso lunghe tra i vari giocatori), e quando la Roma riusciva a salire palla al piede nella metà campo avversaria, lo faceva così lentamente che gli spazi si riducevano. Con due conseguenze: ogni giocata diventava più difficile (nel primo gol c’è un passaggio di De Rossi niente affatto banale che taglia in due il rombo) e le fasce diventavano lo sfogo più naturale del gioco romanista.
Ma dalle fasce, e negli spazi stretti, è più difficile segnare.
Per capire la differenza tra Totti e Perotti abbiamo messo su un grafico il punto di partenza dei passaggi chiave dell’uno e dell’altro (Totti è in giallo e abbiamo preso in considerazione i passaggi chiave dallo scorso aprile; Perotti è in blu e ci sono tutti i passaggi chiave dallo scorso gennaio). Totti fa partire i propri passaggi in una fascia di campo che va da pochi metri dopo la metà campo a pochi metri prima dell’area di rigore; Perotti galleggia intorno all’area di rigore. La distanza media dalla riga di fondo a cui gioca questo tipo di passaggi Totti è di 30,13 metri; quella di Perotti (che però gioca anche da esterno) è di 19,13 metri.
Va da sé che Perotti è un giocatore più a proprio agio in spazi stretti, contro squadre che difendono basse, e negli ultimi metri di campo. Totti può sfruttare il campo alle spalle delle difese troppo alte anche da zone di campo molto profonde, costringendoli a difendere in un campo lungo e semplificando la rete di passaggi della Roma (che non deve più arrivare fino a trequarti di campo). Paradossalmente, dato che parliamo di un giocatore che compirà 40 anni tra due settimane, Totti velocizza il gioco della Roma e ne acuisce la tensione verticale.
Magia a parte, considerando il carisma di Totti come un valore aggiunto ma non come ragione prioritaria, sarà bene tenere conto di queste sue caratteristiche la prossima volta che Totti entrerà in campo. Spalletti dovrà valutare anche il rendimento di un giocatore che, a 40 anni, può essere considerato come un cambio offensivo di spessore nelle partite in cui la Roma fatica a costruire con fluidità una rete di passaggi (in questo senso, si sente anche l’assenza di Pjanic).
Calcisticamente parlando, Totti sembra una figura già storicizzata, che viene dal passato, ma Spalletti ha a disposizione un giocatore vero e proprio, con caratteristiche specifiche e un contributo da offrire alla sua squadra. Totti non deve giocare perché è Totti, ma perché la Roma ne ha bisogno.