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Innamorati di Phil Foden
23 nov 2017
Abbiamo aggiunto ai nostri preferiti il giovane talento inglese del Manchester City.
(articolo)
11 min
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Lo scorso 20 luglio a Houston subito dopo il fischio finale di Manchester United – Manchester City, conclusasi con la vittoria dei “Red Devils” per 2-0, Pep Guardiola viene interrogato sull’esordio di un ragazzo classe 2000, schierato a centrocampo a fianco di De Bruyne. «Siete fortunati, voi siete coloro i quali hanno visto la sua prima partita con la prima squadra del Manchester City», afferma il tecnico in modo altisonante. «Non ho parole, vorrei avere le parole per descrivere quello che ho visto. È da tempo che non vedevo una cosa del genere. La sua prestazione è stata di un altro livello. Ha 17 anni, è un giocatore del City, è cresciuto nell’Academy, ama il club, è un tifoso del City e per noi è un dono».

Se ad esprimersi in questi termini riguardo al talento di Phil Foden è l’allenatore più influente del ventunesimo secolo, nonostante non sia proprio una persona avara di complimenti, allora si può star certi di non essere di fronte al solito ragazzino delle giovanili a cui viene dato spazio nelle amichevoli estive mentre i titolari lavorano per entrare in forma. Già a dicembre dello scorso anno, in occasione della gara di Champions League con il Celtic, era diventato il terzo più giovane convocato nella storia del club.

Alle aspettative generate dalle dichiarazioni del catalano e dalla prestazione del 17enne nel derby amichevole, è seguito un periodo di relativa normalità, in cui Foden si è allenato stabilmente con la prima squadra, segnando 2 gol e 2 assist in 4 partite del campionato riserve e una rete ed un assist nelle due partite disputate in Uefa Youth League. Ma non c’è voluto molto perché tornasse a far parlare di lui in termini più che entusiastici, generando ancor più clamore a livello mediatico.

New golden generation

Dopo questo breve inizio di stagione, il centrocampista di Stockport è volato in India con la Nazionale inglese, per disputare il Mondiale Under-17. Esattamente come accaduto lo scorso maggio, quando Inghilterra e Spagna si sono affrontate nella finale dell’Europeo U-17, la finale della competizione si è disputata tra la Nazionale dei "Tre Leoni" e le “Furie Rosse”. Nella gara decisiva Foden, che già nell’ultimo atto del torneo continentale aveva segnato il gol del 2-1, prima che la Spagna riuscisse ad agguantare il pareggio per poi vincere ai rigori, ha deciso di prendersi la scena e, almeno stavolta, di portarsi a casa il trofeo. La doppietta di Sergio Gomez sembrava aver indirizzato la gara, ma l’Inghilterra si è prodotta in una spettacolare rimonta. Ristabilito l’equilibrio con i gol di Webster e Callum-Gibbs, Foden ha prima segnato il gol del sorpasso con un inserimento sul secondo palo ed infine ha chiuso definitivamente la gara, marcando la rete del definitivo 5-2 e guadagnandosi anche il premio come miglior giocatore del torneo.

Gli highlights della finale di Calcutta. A 1:09 e 1:34 le due reti decisive firmate da Foden.

La doppietta che ha portato il Mondiale U-17 in Inghilterra ha fatto di Foden l’uomo del momento e quello che già era visto come una delle principali promesse del calcio inglese è immediatamente diventato il simbolo della “new Golden generation”, come l’ha prontamente ribattezzata su Twitter Gary Lineker.

La prima Golden generation degli anni 2000 non riuscì mai a portare a casa nessun trofeo a livello di Nazionale maggiore e il paragone non è piaciuto a tutti, ma rimane il fatto che nell’anno solare 2017 le Nazionali giovanili dei "Tre Leoni" hanno sfiorato un clamoroso cappotto, conquistando un secondo posto all’Europeo U-17 e vincendo in sequenza il Torneo di Tolone, il Mondiale U-20, l’Europeo U-19 e appunto il Mondiale U-17.

Nel commentare la vittoria al Mondiale, Frank Lampard, che ha fatto parte della generazione originale, c’è andato invece decisamente più cauto: «Devono sapere che non sono neanche lontanamente arrivati. Celebrate, divertitivi e postate la coppa su Instagram, ma il vero lavoro comincia adesso». Ovviamente sono in molti a volere vedere Foden esordire in prima squadra il più presto possibile, ma per ora Guardiola, nonostante gli slanci di entusiasmo dell’estate, ha deciso di proteggere il suo pupillo, proprio per evitare di bruciarlo. L’allenatore del City ha persino posticipato il suo esordio, inizialmente previsto per la gara di Carabao Cup contro il Wolverhampton, per consentirgli di rimanere India con la Nazionale.

Martedì sera Foden ha esordito con la maglia della prima squadra, sul palcoscenico luminoso della Champions League. È entrato a un quarto d'ora dalla fine della sfida contro il Feyenoord: «Ha significato tanto per me. Lo aspettavo da tantissimo tempo e alla fine è arrivato. È bellissimo avere attorno giocatori come David Silva o Kevin De Bruyne e imparare ogni giorno da loro. È un onore essere in questa squadra. Il turbine di aspettative che il centrocampista di Stockport è riuscito a generare si spiega non solo alla luce del suo indiscutibile talento, ma anche alle recenti difficoltà che il City ha avuto a produrre talenti in casa propria. I 200 milioni investiti nell’Ethiad Campus nel 2014 non hanno ancora dato i frutti sperati, tanto che l’ultimo prodotto del vivaio capace di guadagnarsi un posto in prima squadra rimane Micah Richards, che esordì nel lontano 2005, quando in panchina c’era ancora Stuart Pearce.

Prodotto locale

Gli allenatori degli “Sky Blues”, chiamati a dover sempre portare a casa il risultato, hanno tralasciato lo sviluppo dei talenti locali che, stanchi di aspettare la loro opportunità, hanno deciso di andare a giocare altrove. L’ultimo caso di questo tipo ha riguardato Jadon Sancho, altro brillante talento del calcio inglese, protagonista al pari di Foden nei trionfi delle Nazionali giovanili, passato al Borussia Dortmund perché convinto di trovare più spazio con la maglia giallonera (convinzione non lontana dalla realtà dei fatti). Uno dei compiti di Guardiola come nuovo allenatore del City era quello di contribuire all’autosufficienza del club per quanto riguarda la produzione del talento e con Foden il tecnico catalano non sembra voler dare nulla per scontato, soprattutto dopo quanto accaduto con Sancho. Dando uno sguardo al profilo Twitter del ragazzo, i due sembrano avere già un bel rapporto.

Comunque il caso di Foden sembra essere diverso da quello dell’ex compagno. Nato e cresciuto insieme ai due fratelli a Stockport, uno dei distretti metropolitani della Greater Manchester, Foden ha giocato in tutte le giovanili del club a cominciare dall’U-9. Ancora prima aveva giocato con i Reddish Vulcans, una delle squadre satelliti del City che lo accolsero all’età di 6 anni. Già da bambino si aveva l’impressione di trovarsi davanti ad un giocatore di un altro livello.

Qui gli aneddoti si sprecano: pare ad esempio che durante un torneo in Galles, in cui Foden aveva dominato in lungo e in largo, il suo allenatore decise di schierarlo in difesa. Per tutta risposta, lui si fece dare palla dal suo portiere, e segnò dopo aver dribblato l’intera squadra avversaria, come una specie di Jimmy Grimble. Di sicuro ha lasciato il segno nella memoria di chi l’ha visto giocare coi Vulcans, che lo salutarono con un eloquente biglietto d’addio: «Ricordatevi questo nome…un equilibrio e un sinistro da non credere». Joe Makin, autore di quel biglietto, nonché attuale recruitment coordinator dell’Academy del Manchester City è sicuro che non ci siano rischi sul fatto che Foden voglia lasciare il club. «Quando giocava con i Vulcans c’erano sempre osservatori di altre squadre, ma non c’è mai stato alcun dubbio sul fatto che avrebbe firmato per il City».

Lo stesso Makin, intervistato dal Daily Mail, ha voluto sottolineare il basso profilo tenuto da Foden, paragonandolo a Scholes: «È un Manc e questo è tutto. Si allena tutti i giorni e poi cammina fino a casa. È il più silenzioso del gruppo anche se è quello che si allena con la prima squadra». Ma se Makin ha azzardato il paragone con Scholes dal punto di vista della personalità e del legame con la città, è difficile trovare un giocatore inglese che assomigli a Foden. In effetti vedendolo giocare si stenta quasi a credere che si tratti di un prodotto del calcio inglese.

È evidente come non faccia del fisico la sua arma migliore: brevilineo (è alto 1,71) e non particolarmente strutturato muscolarmente, non possiede certo il corpo del prototipo del calciatore di Premier League. Trattandosi di un 17enne potrebbe ancora sviluppare la propria costituzione fisica, ma comunque Foden è in grado di compensare queste mancanze con la propria consapevolezza tecnica e con l’intensità che riesce a mettere in campo. È molto mobile e, nonostante la sua costituzione, non ha paura di lanciarsi nei contrasti, anche se il suo adattamento ai ritmi e alla fisicità della Premier League è tutto da verificare.

Lui però non è preoccupato: «La taglia non conta nulla. Se lavori duro non fa alcuna differenza». E probabilmente ha ragione. Il baricentro basso gli fornisce un equilibrio fuori dal comune, che gli permette di competere anche con giocatori decisamente più forti. Inoltre è estremamente agile e fluido nei movimenti nello stretto, dimostrando un controllo del corpo tutt’altro che scontato per un giocatore così giovane. Il resto lo fa il suo straordinario tocco di palla: mancino naturale, sempre a detta di Makin, Foden ha dedicato molto tempo anche allo sviluppo del suo piede debole, dotato ormai di una sensibilità che farebbe l’invidia a molti destri.

Il fatto di essere praticamente ambidestro gli permette di orientare il controllo con facilità da qualunque direzione arrivi la palla, consentendogli spesso di guadagnare subito un tempo di gioco sull’avversario.

Foden riceve palla da Walker sul piede destro, orienta il controllo girandosi verso la porta, opera una finta di corpo su Pogba che gli permette di guadagnare abbastanza spazio per una conclusione di sinistro che sibila a lato della porta di De Gea.

Può inoltre passarsi il pallone da un piede all’altro quando porta palla, cambiando piede per superare il proprio avversario, un tratto che ne definisce lo stile negli uno-contro-uno, anche se nel dribbling è ancora portato ad usare con più frequenza il sinistro. Una tendenza che può dipendere anche dalla sua attitudine a convergere verso il centro del campo anche quando gioca da esterno. Le finte di corpo sono uno dei suoi pezzi forti tanto che a volte non ha nemmeno bisogno di spostare il pallone per disorientare i difensori.

Altro fondamentale in cui Foden eccelle è quello del tiro. Oltre al fatto di poter calciare indistintamente con entrambi i piedi, è dotato di un’ottima coordinazione e non calcia praticamente mai con il corpo all’indietro, ma anzi accompagna sempre la conclusione, solitamente tesa ed indirizzata verso gli angoli della porta. Il suo acume tattico è sorprendente: non solo dimostra consapevolezza nei movimenti senza palla ma gioca sempre a testa alta, tenendo d’occhio i movimenti dei compagni, altro particolare che gli consente di essere un passo avanti all’avversario diretto.

È intrigante la questione del ruolo, visto che per ora in Nazionale ha sempre giocato in posizione di ala destra, mentre con le giovanili del City ha fatto sia il trequartista che il centrocampista centrale. Il cambio di ruolo non ne influenza certo il rendimento: da ala destra conta 25 presenze, 14 gol e 3 assist tra l’Under-17 e l’Under-18 inglese, mentre la scorsa stagione, giocando in posizione più centrale con l’Under-18 del City ha servito 7 assist e segnato 14 reti.

Questa sua duttilità lo rende un giocatore particolarmente adatto ad inserirsi nella formazione di Guardiola, dove il ruolo è un’etichetta priva di significato, soprattutto a centrocampo. Nella strabiliante amichevole contro lo United ad esempio, Guardiola lo aveva schierato da mezzala sinistra.

Mentre il City vinceva con il West Bromwich facendo registrare la migliore partenza nella storia della Premier League, Foden segnava la sua doppietta alla Spagna e nel post-partita l’allenatore del City ha scherzato sulla questione del ruolo: «In che posizione ha giocato in finale? Lo schiereremo lì appena torna a Manchester». Certo, considerato come sta giocando il City al momento, sembra difficile ipotizzare un cambio nella formazione titolare, soprattutto per dare spazio a un 17enne. Foden è veloce e gli bastano pochi metri per accelerare (e nei tornei giovanili inglesi lo spazio non manca), ma probabilmente la sua rapidità di esecuzione sarebbe più utile nel breve che nel lungo.

È possibile dunque che qualora approdi definitivamente in prima squadra, sia impiegato da interno di centrocampo. La sua confidenza nel gioco di prima, la sua sviluppata visione di gioco e la sua attitudine a combinare nello stretto sembrano delinearne un futuro in mezzo al campo, dove effettivamente il City non possiede tutte queste alternative: Silva e soprattutto De Bruyne sono due certezze, ma la precaria salute di Gündogan e la carta d’identità di Fernandinho e Yaya Touré potrebbero accelerare l’inserimento di Foden, anche se ad ora persino Bernardo Silva sta faticando a trovare spazio.

Guardiola era un ammiratore di Foden quando ancora allenava il Bayern Monaco e probabilmente questo talento che poteva tranquillamente essere un prodotto della Masia (giova ricordare che Guardiola non è l’unico ex-Barcellona che lavora nel settore tecnico del City), non poteva essere in mani migliori, ma ci vorrà pazienza, per lui e per noi. Solo il tempo potrà dirci se Foden sarà realmente la gemma della seconda Golden generation del calcio inglese, o un'altra occasione sprecata di uno dei paesi più bravi a bruciare i propri talenti.

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