Arkadiudz Milik arrivava a Euro 2016 con le credenziali di uno dei giovani più quotati e interessanti della competizione, anche se era ancora poco chiaro se fosse un potenziale giocatore di prima fascia o solo un buon attaccante.
Una questione che un paio di mesi fa avevo provato a sciogliere in un “Preferiti”, uno di quei pezzi che dedichiamo ai giocatori giovani che ci rubano il cuore. Personalmente avevo iniziato a innamorarmi di Milik quando lo avevano accostato alla mia squadra (la Roma) qualche mese fa: mi piaceva la sua aria austera, il suo tiro mancino secco, quel rassicurante misto di potenza e tecnica. Avere un giocatore del genere dalla propria parte è sempre un bel placebo.
Quando però ho iniziato a scrivere l’articolo, e ho guardato tante partite di Milik, i suoi difetti hanno cominciato a sembrarmi sempre più ingombranti, fino ad assumere una proporzione quasi superiore ai pregi. Provavo a non farci caso: a concentrarmi sulla compostezza della sua tecnica di tiro, alla facilità con cui finalizzava i cross dalle fasce. A un certo punto però, quando non potevo più ignorare tutti quei primi controlli sbagliati, quell’autismo sul piede sinistro, mi sono rassegnato al fatto che Milik forse era meno forte di quanto sperassi. Il mio articolo viaggia un po’ su questo filo di disillusione.
Da quell’articolo Milik ha giocato anche un Europeo, dove l’Ajax aveva intravisto la vetrina ideale in cui esporre il proprio gioiello e massimizzare il profitto. Un piano riuscito solo a metà, visto che anche l’Europeo ha lasciato risposte ambigue e agrodolci sul valore assoluto di Milik, che ha fatto tutto quello che non avrebbe dovuto fare un attaccante che ha bisogno di gonfiare il proprio valore di mercato: giocare complessivamente bene ma sbagliare occasioni clamorose davanti alla porta, prendendosi le copertine per i motivi sbagliati.Un turning point dell’Europeo di Milik, quello in cui aveva deciso di prendersi la sua “hero ball” contro il Portogallo, non servendo Lewandowski.
Nonostante non avessi scritto un articolo elogiativo, i miei amici e conoscenti durante l’Europeo mi hanno preso come punto di riferimento per discutere o criticare le prestazioni di Milik. La questione ha cominciato ad andarmi sempre più a cuore. Così quando un nostro lettore ha commentato sulla pagina di Ultimo Uomo scrivendo “Milik non è fico per niente”, con un tono infantile che non si capiva quanto fosse ironico, mi sono intristito. Anche perché nel frattempo avevo visto le partite di Milik, e mi era piaciuto davvero! Non so quanto fossi condizionato da tutta l’altalena di giudizi, ma non avrei creduto che Milik potesse giocare così bene in un contesto di così alto livello. Una situazione che ha finito per esasperarne pregi e difetti, mostrando però in modo un po’ più definito di che giocatore si tratta.
Poi tutto precipita. Condizionato forse in parte dall’ansia di mettere un tampone mediatico veloce alla ferita aperta da Higuain, il Napoli spende 25 milioni e si compra Milik. L'attaccante è sbarcato in Italia con al collo la sciarpa del Napoli, spaesato, il naso adunco, gli occhi incavati. L’aria di un monaco malvagio del Nome della Rosa. Per dargli il benvenuto gli hanno subito perso il bagaglio.
Mi è venuto il magone. Un attaccante serio, un gran lavoratore, calcisticamente ancora in costruzione, sbarcato in una della piazze emotivamente più instabili del campionato, con alle spalle una tradizione di numeri nove passionali ai limiti del patologico.
Con Milik il Napoli abbandona l’epoca della magia e sbarca in quella del realismo. E non è detto che sia un male.
Terapia d’urto in tre piccoli passi
Innanzitutto però bisogna ripetere il concetto che Milik NON può in nessun modo sostituire Higuain. I tifosi del Napoli dovranno buttare la mistica di Higuain fuori dalla finestra e riabituarsi a giocare con un centravanti terreno. Un problema che si sarebbe presentato anche senza Milik, passando a qualsiasi attaccante al mondo che non fosse Suarez, Lewandowski o Benzema. Ora quindi un po’ di terapia d’urto. Tre cose a cui i tifosi del Napoli farebbero bene ad abituarsi.
1. Piegare la realtà
Questo è Higuain quando si mette in testa di fare gol piegando la realtà alla sua volontà di potenza.
Qui invece è quando ci prova Milik. Meh.
2. Fallibilità
Higuain è un giocatore così eccezionale che faceva notizia soprattutto quando commetteva degli errori. Con Milik gli errori dovranno rientrare dentro la dimensione dell’ordinarietà perché, ricordiamolo, sbagliare umano e persino Higuain sbaglia - sebbene molto meno di tutti noi umani.
3. Correre in mezzo a scintille di fuoco e lava
Ultimissimo passo. Ricordiamo un attimo quando Higuain volava verso la porta su scivoli di lava che abbattevano i difensori. Ecco, per esempio quando ha fatto giocare Hoedt a calcio saponato. Qui la corsa del ‘Pipita’ dovrebbe fare il rumore sferragliante di una locomotiva.
Ecco invece Milik. Guardate com’è bravo ad attaccare la profondità ma non corre come un carrarmato come Higuain, non difende il pallone allo stesso modo, non ha la stessa qualità nella conduzione. E si lascia sverniciare da Hummels, che ok: non è Hoedt, ma ci capiamo lo stesso.
Premessa
Ora che siamo pronti a ripartire da zero, tipo Brad Pitt rasato in Sette anni in Tibet, possiamo anche cominciare ad apprezzare cose che Milik sa fare.
Innanzitutto perché Milik non sarà sempre chiamato a dover fare cose eccezionali. Il Napoli di Maurizio Sarri è una delle squadre offensivamente più organizzate, che ama ripetere movimenti e meccanismi in maniera ossessiva. Milik troverà un sistema che lo farà giocare dentro binari rassicuranti. Molto più rassicuranti del 4-3-3 piatto e anarchico dell’Ajax. Se in Olanda Milik giocava punta centrale, in un sistema in cui le distanze fra i giocatori erano abissali, costringendo ciascuno a giocate complicate, nel Napoli Milik sarà chiamato a svolgere compiti chiari e precisi, dentro cui potrà più facilmente mascherare i propri difetti ed esaltare i propri pregi.
Ora quindi vediamo quali sono questi pregi.
Quintali di movimenti senza palla
Pochi attaccanti possiedono il bagaglio di movimenti senza palla di Milik. La punta centrale del 4-3-3 di Sarri deve: 1. venire incontro o smarcarsi in orizzontale per offrire una traccia verticale ai centrocampisti; 2. attaccare la profondità alle spalle della linea avversaria; 3. muoversi negli spazi sulla trequarti in situazioni di difesa schierata, quando gli esterni si accentrano e la mezzala si avvicina; 4. Chiudere i cross dalle fasce. Tutte cose che Milik fa con grande costanza e naturalezza.
Questa invece è una situazione in cui invece viene incontro sfilando il centrale nel cui spazio si inserisce il centrocampista. Fate uno sforzo e provate a immaginare Callejon e Allan nella situazione.
Mentre qui attacca da solo la linea difensiva della Germania. È marcato da Hummels, che adesca con un finto movimento verso il centro che gli apre un corridoio esterno che suggerisce a Lewandowski. Tutto molto bello, a parte il piede destro di Milik, il suo principale punto debole.
Milik all’Europeo però si è distinto soprattutto per gli errori sottoporta, capaci di oscurare anche la qualità complessiva delle sue prestazione. Eccone un esempio, una di quelle azioni per cui la gente mi scriveva sms delusi.
Okay, ancora fatico a capire come abbia fatto a non impattare la palla, ma osservate bene quanto è pragmatica la sua azione. Pazdan gli lancia uno straccio bagnato, lui fa un grande primo controllo - persino superiore alle sue teoriche qualità - allarga bene il gioco, poi attacca l’area con una scelta di tempo non banale.
Uno dei pregi più evidenti che Milik ha mostrato in questi Europei è un dinamismo eccezionale, fuori dal comune per un centravanti così fisico. Ma se questo era per certi versi più prevedibile (ne avevamo scritto anche nel Preferiti, paragonandolo a Klose in questa attitudine) meno lo era la sua capacità di correre mantenendosi lucido nelle scelte.
Sia Fabio Barcellona che Daniele Manusia hanno sottolineato la capacità di Higuain di elaborare le informazioni attorno a sé per scegliere sempre la soluzione più efficace, con e senza palla. Sebbene Milik non riesca a farlo al livello da computer di Higuain - e con neanche metà della sua precisione tecnica - possiede comunque ottime letture, una grande capacità di processare lo spazio e gli uomini che lo circondano. Una qualità che Milik non sembrava possedere all’Ajax, ma che ha mostrato in buone quantità all’ultimo Europeo.
In questa situazione attacca lo spazio con grande velocità, la palla che gli arriva da Lewandowski lo avrebbe costretto a spezzare il flusso del contropiede. Allora la lascia sfilare per Grosicki, sente l’attacco del primo palo di Lewa e fa qualche passo all’indietro per defilarsi e ricevere. Una serie notevole di letture intelligenti e sincronie da balletto classico. Poi niente, si inceppa perché è umano.
Freddezza (giuro!)
Se avete visto l’Europeo insomma vi sarete fatti l’idea che Milik è uno sciupone, uno che sbaglia gol davanti alla porta con una frequenza patologica. Una pippa. Un caso umano. E devo dire che questa cosa mi ha davvero sorpreso. Se non immaginavo che Milik possedesse un tale bagaglio di movimenti e letture tattiche, allo stesso modo non lo potevo pensare capace di sbagliare così tanto davanti alla porta.
«Ad Euro 2016 Milik si è preso 18 tiri, di cui 6 da fuori area, prendendo la porta una volta su tre. Nonostante l’ottimo volume di tiro l’attaccante del’Ajax ha segnato un solo gol, ovvero ha convertito solo il 5,55% dei suoi tentativi.» ha scritto Flavio Fusi, che però ci ha anche ricordato: «La sua percentuale di conversione senza rigori (17,9%) con il club, di fronte ad un volume di tiro che in media coincide con quello generato agli Europei, ce lo fanno vedere sotto un’altra luce e ci ricordano ancora una volta quanto, in sede di mercato, le società non dovrebbero farsi influenzare dalle prestazioni nei tornei internazionali».
Sono d’accordo con Flavio. La mia teoria è banale ma ci credo: all’Europeo Milik ha sbagliato tanto per una questione di pressione psicologica (ha 22 anni!), e anche perché la quantità di movimenti senza palla che il 4-4-1-1 di Nawalka gli richiedeva lo portava sfinito a finalizzare.
La sua percentuale di conversione è invece abbassata dal fatto che, giocando più lontano dalla porta, tendeva a prendersi tiri più difficili del solito. Il Napoli è una delle squadre in Europa che produce più volume offensivo, e questo consentirà a Milik una selezione di tiri migliore. Il Napoli è la squadra che ha tirato di più in Serie A - 17 tiri a partita, uno e mezzo più della Juventus - e se questo è condizionato in parte proprio dalla voracità di Higuain, che da solo ne prendeva 5 e mezzo ogni novanta minuti, d’altra parte è il gioco stesso del Napoli ad essere una straordinaria macchina da tiri in porta. 8 tiri a partita infatti, più di un terzo, arrivano da dentro l’area. E da dentro l’area Milik è forte, se escludiamo il fatto che non sa usare il destro.
Possiede un istinto naturale a smarcarsi quando va ad attaccare i cross, ed è particolarmente efficace quando chiude gli assist che arrivano da sinistra, la catena su cui il Napoli ha costruito la maggior parte dei suoi attacchi (il 39%).
Nel video qui sotto il primo gol viene da un cross basso che Ghoulam lo scorso anno ha dato in automatico. Il secondo gol invece è un’azione alla Higuain che fareste bene a dimenticare per non farvi illusioni.
Flessibilità
Finora abbiamo scritto considerando Milik il sostituto naturale di Higuain. Colui che lo rimpiazzerà da punta centrale del 4-3-3 di Sarri. Ma in tutti questi discorsi c’era sullo sfondo un grande convitato di pietra: Mauro Icardi, che a quanto pare De Laurentiis sta cercando di prendere a costo di farlo partecipare al film più brutto della storia del cinema.
Ma non è detto che Milik sia arrivato per fare la riserva di Icardi. Il mercato del Napoli sta battendo una strada ancora tutta da interpretare: è arrivato Giaccherini, un giocatore duttile che offre a Sarri diverse soluzioni. Forse arriverà Diawara che magari darà la possibilità a Sarri di provare il doble-pivote con Jorginho. L’acquisto di Milik allora potrebbe andare in questa direzione: offrire al tecnico più alternative tattiche al dogma del 4-3-3, che soprattutto nell’ultimo scorcio di stagione aveva mostrato limiti di prevedibilità.
Milik all’Europeo ha giocato in attacco insieme a Lewandowski, dimostrando di saper giocare in funzione di un attaccante più puro e più forte. I due si sono scambiati posizione spesso, alternandosi nei ruoli di prima e seconda punta. Hanno regalato elasticità al modulo della Polonia, defilandosi sulla fascia, abbassandosi o attaccando la profondità con grandi letture e scelte dei tempi.
In questo Milik ha dimostrato una duttilità e una completezza che nell’Ajax sono un po’ limitate dalla staticità del ruolo in cui è imbrigliato. Icardi da parte sua è un giocatore che non ama rimanere isolato in attacco, con uno spettro di possibilità di dialogo con la squadra inferiore sia a Higuain che a Milik. Se lo prendesse il Napoli dovrebbe soprattutto preoccuparsi di mettere Icardi nelle migliori condizioni per sfruttare le qualità in cui è uno dei migliori al mondo: i movimenti in area di rigore, la finalizzazione. Milik gli farebbe da ottima spalla per aprirgli spazi, togliersi pressione, accorciare le distanze tra lui e il resto della squadra.
Se è molto difficile che Sarri possa tornare in pianta stabile alle due punte, in alcune circostanze potrebbe riprovare quello che era il suo modulo di base ad Empoli, il 4-3-1-2. Del resto se la scorsa stagione ha dimostrato qualcosa è che nel gioco di Sarri i principi sono più importanti dei moduli. Il dubbio principale del ritorno alle due punte riguarda l’importanza tecnica di Insigne. Sarebbe infatti necessario tornare all’uso di un trequartista centrale, ruolo in cui “Lorenzo il Magnifico” è apparso piuttosto svilito.
Ad Empoli le punte di Sarri facevano un gran lavoro a svuotare l’attacco, venendo incontro, spesso defilandosi sulle fasce. Un lavoro che Milik sa fare molto bene. Però a quel punto il trequartista deve essere bravo a infilarsi in quello spazio aperto, una cosa che Insigne non può fare per caratteristiche e che non rende forse del tutto improbabile un ritorno di fiamma per Riccardo Saponara.
Benvenuti nel nuovo Napoli realista
Arkadiusz Milik è nato a Tichy, Slesia, uno degli angoli più grigi d’Europa. Dove è nato Milik la vita è dura, c’è ancora l’industria pesante, nei dintorni c’è la fabbrica della Fiat che fa le Panda. Anche per questo ogni anno Milik viene in vacanza in Italia, lo scorso anno a Roma, questo a Capri, a godersi un po’ di leggerezza mediterranea. È difficile immaginarlo raccogliere l’eredità emotiva di una città che tende ad affidare un ruolo messianico ai propri giocatori offensivi. Come avevamo scritto nel Preferiti, Milik sa fare tante cose bene ma niente in modo eccezionale: un modo di giocare che di solito non esalta i tifosi ma fa contenti gli allenatori.
Sarà interessante vedere come Napoli entrerà in questa nuova fase di realismo, quella in cui il loro numero 9 non potrà più essere in grado di raddrizzare le linee curve, risolvendo nel modo più semplice e diretto una realtà che è sempre complessa e contraddittoria. Un passaggio delicato, di cui Milik è un buon simbolo e Maurizio Sarri ancora la migliore garanzia possibile.