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«Tutto mi sembra un sogno. È accaduto tutto molto in fretta. Ho solo 18 anni ma voglio migliorare. L'età non è un problema, perché penso che la qualità non abbia età. Non serve aspettare per sfruttare le qualità che si hanno».
Amadou Diawara non è uno a cui piace pazientare più di tanto. Per capire la sua decisione di restare in Guinea fino a quando non sarà ceduto dal Bologna è utile ripercorrere i passi che lo hanno portato a giocare in Italia. Un percorso che ha un minimo comun denominatore: la ferma determinazione che gli ha permesso di arrivare in un baleno da una squadra parrocchiale alla Serie A.
Senza tentennamenti
Diawara è nato il 17 luglio del 1997 a Conakry, dove ha vissuto fino al 2014 nel Bloc de professeur, quartiere dei genitori insegnanti. In famiglia non volevano che giocasse a pallone e questo probabilmente spiega anche perché non si sia iscritto a una scuola calcio prima di compiere i dieci anni di età. Sira, la maggiore delle tre sorelle, era l’unica che assecondava il suo sogno di diventare calciatore comprandogli le scarpette di nascosto, così come lui di nascosto andava ad allenarsi: per non farsi scoprire faceva addirittura la doccia a casa di un amico.
A 14 anni Amadou decise di prendere di petto la situazione e rivelare le sue ambizioni al padre, che per tutta risposta gli mollò un ceffone. Ma di lì a poco anche lui dovette arrendersi di fronte al talento e al carattere del figlio.
Senza il supporto dell’unico genitore rimastogli (la madre è scomparsa prima del suo trasferimento in Italia), Diawara ha trovato una sorta di padre calcistico in Numeku Tounkara, il talent scout africano che lo segnalò all’osservatore Robert Visan, il quale, dopo averlo visto giocare durante un torneo giovanile, si mosse subito per portare in Italia “l’africano con i piedi da brasiliano”, grazie all’aiuto dell’agente FIFA Mauro Cevoli e all’avvocato Martina Montanari, nominata tutrice del 16enne al momento del suo arrivo.
Giunto nel nostro Paese, Diawara fu provinato per una settimana della Corvino Soccer Academy, il centro di formazione di Pantaleo Corvino in Salento. Nemmeno l’allora direttore sportivo del Bologna è rimasto indifferente di fronte alle doti di Diawara e al termine dei sette giorni di prova, ha promesso al ragazzo che l’avrebbe portato con sé appena possibile. Intanto Visan “parcheggiò” il suo pupillo alla Virtus Cesena, società dilettantistica, per la stagione 2013/2014, ma consapevole delle potenzialità di Diawara, ha iniziato ad allacciare i contatti con il San Marino, che dopo due provini convincenti, ha ingaggiato il 17enne per la stagione 2014/2015.
Nella sua prima stagione tra i professionisti, Diawara ha collezionato 15 presenze, attirando su di sé l’attenzione di tutte le big italiane per la grande personalità e qualità dimostrata in un campionato in cui è raro vedere emergere giocatori così giovani. Le pretendenti non mancavano, Juve su tutte, ma alla fine la spuntò per 600mila euro il Bologna di Corvino, che così manteneva la promessa fatta al ragazzo all’alba della sua avventura italiana.
Diawara ha esordito in A alla prima giornata dello scorso campionato, subentrando a Crisetig al 82esimo minuto di Bologna – Lazio, per poi prendersi definitivamente i gradi da titolare già alla quarta giornata. Anche dopo l’arrivo di Donadoni, subentrato in corsa all’esonerato Delio Rossi, Diawara ha mantenuto il proprio posto davanti alla difesa, nonostante la traballante classifica dei rossoblù. Di fatto, salvo in occasione delle quattro giornate di squalifica complessive rimediate durante la stagione, Diawara ha sempre giocato, tra l’altro senza essere praticamente mai sostituto: niente male per un 18enne con alle spalle una sola stagione di professionismo.
La prepotenza con cui Diawara si è imposto in Serie A ha rianimato l’interesse di tutte quelle squadre che erano piombate su di lui appena un anno fa e tutte le richieste che sono pervenute per il giocatore hanno compromesso il rapporto con la società, incrinatosi già ad aprile con la questione rinnovo (Diawara ha un contratto fino al 2020 a 75mila euro a stagione, il Bologna offriva 600mila di rinnovo, ma le richieste dell’agente erano da un milione). Diawara ha deciso di voler lasciare il Bologna e se c’è una cosa che insegna la sua vita fin qui, è che niente lo ferma quando prende una decisione. Pur di realizzare il suo sogno ha prima sfidato i genitori, poi è venuto in Italia ancora minorenne e ora, consigliato da Tounkara e dall’agente Daniele Piraino, ha deciso di non presentarsi al ritiro del Bologna per forzare i tempi della sua cessione. L’unica traccia di Diawara pervenuta nel ritiro di Castelrotto è il fax del certificato medico per stress con cui il giocatore ha giustificato la sua permanenza in Guinea.
In un primo momento sembrava essere il Chelsea la sua prossima destinazione, tanto che si vociferava che Diawara non fosse in Guinea, ma a Londra a casa di Tounkara, per tenersi pronto a firmare con i Blues. Antonio Conte ha poi virato su N’Golo Kanté e ora pare che ci sia la Roma in prima linea per il suo acquisto. Poco ma sicuro, indipendentemente da quale sarà la sua prossima squadra, non lo vedremo vestire nuovamente la maglia numero 21 del Bologna, che come detto agirà probabilmente per vie legali. Da Donadoni a Di Vaio (che alternandosi con Taider e Mbaye lo accompagnava agli allenamenti, visto che è senza patente), passando per Gastaldello, tutti sono rimasti delusi dal comportamento del giovane centrocampista e anche il Valencia pare essersi ritirato dalla corsa al suo ingaggio per questo motivo.
Solo un giocatore con così tante pretendenti e dalle grandi doti fisiche e tecniche quale è Diawara, può permettersi, ancora così giovane, di gettare un ombra così importante sulla propria professionalità, senza compromettere il proseguimento della propria carriera.
Piovra
Sia a San Marino che a Bologna, Diawara ha sempre giocato da regista davanti alla difesa: sebbene sia in grado di offrire un grande contributo in tutte le fasi, è l’aspetto difensivo ad essere il più appariscente del suo stile di gioco. Nel 4-1-4-1 di Donadoni, la copertura offerta dalle due mezzali gli permetteva di sganciarsi dalla sua posizione per aiutare l’attaccante nel pressing o cercare in maniera piuttosto aggressiva di intercettare i palloni vaganti. Le sue statistiche difensive sono impressionati: nei 2731 minuti giocati la scorsa stagione, Diawara ha compiuto 3,0 intercetti e vinto 2,5 contrasti ogni 90 minuti.
Sebbene le sue letture dell’azione siano ottime e possieda un buonissimo senso della posizione, sono le sue doti fisiche ad essere determinanti nel suo contributo difensivo.
Una delle letture perfette di Diawara, che nell’esempio si getta sul passaggio di Pjanic per Perotti, anticipando persino Rossettini e verticalizza immediatamente su Floccari.
Diawara è alto un metro e 83 e pesa 75 chili, il suo fisico è asciutto e molto naturale: non è particolarmente muscoloso, ma probabilmente non è nemmeno al massimo del suo sviluppo. La sua abilità nell’intercettare i passaggi e nel vincere i contrasti dipende principalmente dalle lunghe leve di cui dispone. Le gambe lunghe gli permettono di coprire uno spazio più ampio quando si frappone tra l’avversario e la palla, ma Diawara le usa molto anche nel tackle, tentando di arpionare il pallone con il piede, piuttosto che cercare di prevalere sul rivale diretto utilizzando la parte superiore del suo corpo.
L’arpione di Diawara in azione.
Vince la gran parte dei suoi contrasti quando ingaggia l’avversario in corsa, mentre il non completo sviluppo muscolare dal bacino in su lo rende non ancora insormontabile in situazioni più statiche.
Quando arriva in corsa Diawara moltiplica la sua forza, utilizzando sempre le leve inferiori in tutta la loro lunghezza allo scopo di vincere i contrasti.
Un incremento della massa muscolare di torso e braccia potrebbe aiutarlo nel migliorare ulteriormente la notevole percentuale di contrasti vinti della scorsa stagione (68,8%). Pare che abbia già lavorato in questo senso, rimanendo ad allenarsi anche dopo il “rompete le righe” della scorsa stagione.
Nella Serie A 2015/2016 si è visto sventolare davanti 11 cartellini gialli e 2 rossi (uno per doppia ammonizione), pur commettendo 1,6 falli ogni 90 minuti, un ammontare accettabile per il ruolo che ricopre. Lo stile di contrasto per cui stende il più possibile la gamba di certo non lo aiuta con gli arbitri. Inoltre, seppur sia generalmente prudente nello scegliere di entrare in scivolata, è a volte ancora un po’ troppo irruento e di conseguenza falloso o superabile troppo facilmente.
Diawara perde il contrasto di spalla con Siligardi e poi si lancia in una scivolata di frustrazione.
Diawara è dotato anche di una grande accelerazione che gli permette di coprire rapidamente la porzione di campo che lo separa dall’avversario o dal pallone e che molto spesso gli consente di prevenire transizioni pericolose, recuperando nel minor tempo possibile la posizione oppure risolvendo in prima persona situazioni decisamente rischiose.
Quando scatta mette il corpo leggermente all’indietro.
Nelle fasi di attacco posizionale del Bologna, Diawara si è dimostrato fondamentale in riaggressione, calamitando i palloni vaganti e rilanciando immediatamente l’azione offensiva, cosa che in generale fa ogniqualvolta riconquista il pallone cercando di verticalizzare immediatamente.
Grande capacità di anticipare le linee di passaggio avversarie.
Diawara infatti possiede un’ottima visione di gioco ed è sempre pronto a giocare un pallone in verticale, seppur difficilmente si attardi sul pallone quando non trova la giusta opzione per un passaggio in profondità. Di solito gioca a due tocchi: tra le altre cose Diawara è ambidestro e la sua tipica gestione del pallone consiste in uno stop con il sinistro prima di un passaggio con il piede destro.
Questo non vuol dire che Diawara non porti mai palla, anzi quando ne ha l’opportunità avanza sempre palla al piede, sfruttando il suo sprint per superare gli avversari in slancio, o percorre con rapidità porzioni di campo senza avversari. Diawara è molto bravo anche sotto pressione, dove fa valere tutta la sua tecnica individuale e la capacità di usare entrambi i piedi, che spesso usa per eludere l’avversario.
Finte di corpo, la “croqueta”, la “rouleta”, il colpo di tacco sono alcune delle modalità con cui abbiamo visto Diawara liberarsi del suo diretto avversario con la maglia del Bologna.
Oltre ad essere molto sicuro dei propri mezzi tecnici è anche estremamente freddo con il pallone tra i piedi, qualità essenziale per svolgere il suo ruolo nel calcio moderno. È raro vederlo perdere palla più di una volta a partita (sbaglia 0,8 controlli e viene spossessato 0,6 volte ogni 90 minuti).
La sicurezza con cui Diawara gestisce la palla può far sudare freddo gli allenatori.
È assodato che questo 19enne (ha compiuto gli anni proprio pochi giorni fa) non difetti certo di personalità e lo ha dimostrato anche durante Genoa – Bologna, quando ha reagito agli ululati del pubblico facendo il verso del gorilla in direzione della curva di Marassi, costatogli una dibattuta espulsione e di conseguenza una squalifica di una giornata.
Difficilmente Diawara sbaglia un passaggio corto (89,9% di successo la scorsa stagione) anche se alcune volte, specie quando lo gioca orizzontalmente o in diagonale, fa rimbalzare troppe volte il pallone, rallentando eccessivamente il passaggio e pregiudicando lo sviluppo di azioni potenzialmente pericolose. Nel 2015/2016 ha completato circa la metà dei lanci lunghi che ha tentato (46,5%), giocandoli solitamente in direzione degli esterni, oppure per la punta centrale come nel caso dell’assist servito a Destro alle spalle della difesa del Napoli nel 3-2 del Dall’Ara.
Notevole soprattutto la sensibilità della prima verticalizzazione.
Lui stesso ha dichiarato che i consigli di Donadoni durante la stagione hanno riguardato il posizionamento in diagonale al momento di ricevere palla, che effettivamente è migliorato partita dopo partita (così come è aumentata la frequenza con cui si fa trovare smarcato) e il fatto di dover verticalizzare ancora di più.
Diawara è stato più volte paragonato a Yaya Touré e lui stesso ha dichiarato di ispirarsi al centrocampista del Manchester City, per lui un vero e proprio idolo. In effetti potrebbe ricordarlo per alcune caratteristiche e per il ruolo che ricopre, ma oltre ad avere una struttura fisica non paragonabile a quella dell’ivoriano (nel confronto paga circa 15 chili), Diawara, anche per questioni tattiche, non è un giocatore particolarmente presente in area di rigore (l’anno scorso un solo tiro da dentro l’area) né in fase realizzativa e per quanto visto con le sue 20 conclusioni del 2015/2016 deve ancora lavorare sulla meccanica di tiro. In stagione ha calciato spesso col corpo troppo all’indietro e non ha praticamente mai trovato la giusta coordinazione per trovare la porta, visto che ha inquadrato lo specchio una sola volta. Comunque, vista anche la rapidità con cui sembra apprendere, il tempo per lavorare su questo fondamentale e più in generale per evolvere in un regista più box-to-box, non gli manca.
La combinazione di caratteristiche tecniche, tattiche, fisiche e mentali rendono Diawara un giocatore preziosissimo, che incarna perfettamente il profilo del centrocampista totale richiesto dal calcio moderno. Ha solo bisogno di migliorare nell’ultimo quarto di campo, e di levigare alcuni aspetti del suo gioco ancora grezzi. Ma Diawara sembra essere destinato a fare grandi cose, a patto che chiusa questa brutta pagina della fuga in patria, torni ad essere un professionista vero, quel ragazzo umile e corretto che, come conferma Andrea Galassi, ex direttore sportivo del San Marino, “non chiedeva mai nulla per paura di disturbare”.