Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Quando Pirlo e Baronio incantavano alla Reggina
24 ago 2020
Vent'anni dopo si ritroveranno come allenatore e collaboratore della Juventus.
(articolo)
9 min
Dark mode
(ON)

Roberto Baronio e Andrea Pirlo si ritroveranno dopo vent’anni sulla panchina della Juventus nove volte di fila campione d’Italia. Allenatore e collaboratore, come a riformare la coppia di giovani predestinati che visse una stagione di culto alla Reggina nel 1999/2000. In mezzo, due decenni in cui il talento apatico di Flero è diventato uno dei centrocampisti più apprezzati della storia del gioco e il regista di Manerbio si è dovuto accontentare, si fa per dire, di oltre 220 presenze in A e una cinquantina in B. A vederli ora, e a rivalutare col senno di poi il corso della carriera di entrambi, a Pirlo spettano i galloni di Batman, con Baronio costretto a essere Robin. Ma vent’anni fa, nella prima stagione ai vertici della storia della Reggina, i due non erano così distanti.

Baronio era quasi un predestinato, padrone del centrocampo, coi capelli lunghi e biondi e lo sguardo dritto e aperto nel futuro. Correva per il campo con i calzini arrotolati in cima, a formare una sorta di arco che assecondava la sagoma dei parastinchi. Era elegante, non velocissimo. Lasciava che a correre fosse il pallone, colpito con quel suo calcio pulito che gli permetteva di raggiungere i compagni distanti 50 metri senza il minimo sforzo. Sembrava quasi non sudasse, tanto gli veniva naturale tenere le redini del gioco dalla sua postazione privilegiata.

Pirlo aveva il profilo del talento tormentato, difficile da collocare. Lampi di classe accecanti, punizioni calibrate al millimetro sopra la barriera. Poi lunghe pause, momenti di astensione dal gioco che sapevano di disobbedienza civile. Colomba lo spostava per il campo, la sua collocazione diventerà un romanzo, ma certo nessuno poteva aspettarsi che tra i due quello che avrebbe dominato la zona davanti alla difesa sarebbe stato lui e non il compagno.

C’è un’istantanea che ci racconta di quanto fossero simbiotici. Baronio corre verso il pallone fermo, lo supera, inganna la barriera che si aspettava la sua conclusione. Alle spalle arriva Pirlo. Calcia lui, a giro, sopra il muro e sotto la traversa, perché nel calcio come nella vita è tutta una questione di prendere le misure. Corrono ridendo verso la tribuna, il braccio di Baronio cinge la schiena del compagno, poi si guardano e si abbracciano, felici come possono essere soltanto due ventenni che giocano in Serie A e che sperano di poter avere presto tutto il mondo ai loro piedi.

La Reggina era salita in Serie A al termine di una stagione tormentata, con Lillo Foti che aveva silurato Elio Gustinetti con lo striscione del traguardo in vista: il tecnico aveva già trovato l’accordo con l’Empoli per la stagione successiva, mandando su tutte le furie il presidente, preoccupato per il finale di stagione. A condurre la barca in porto ci aveva pensato quindi “Maciste” Bolchi: una pacca sulla spalla per la promozione e testimone passato a Franco Colomba, che a Reggio aveva già allenato nella stagione 1997-98.

Foti gli consegna una formazione con tanti elementi destinati all’esordio in Serie A, proprio come la Reggina, al suo primo giro nella massima categoria. Il debutto, tutt’altro che comodo, in casa di una Juventus teoricamente già in buonissima forma a causa dell’inizio anticipato della stagione, causa Intertoto. Alla vigilia del torneo, dalle pagine della Stampa, il commissario tecnico dell’Under 21 Marco Tardelli lancia un appello: «Vedo ventenni italiani che non hanno un posto in squadra o hanno dovuto lasciare i grandi club per avere uno spazio. Penso a Baronio, che è andato alla Reggina, quando poi quegli stessi club comprano i giovani dall’estero».

Colomba costruisce la mediana attorno al talento proveniente dalla Lazio, il primo undici amaranto in A lo vede nel cuore del centrocampo a 5 messo in piedi dal tecnico, con Brevi e Pralija ai lati, Bernini e Morabito sulle corsie. Davanti ci sono Possanzini e Mohamed Kallon, numero 2 sulla maglia: l’attaccante della Sierra Leone svetta su un corner da destra di Baronio e gela il Delle Alpi, che dopo il vantaggio di Inzaghi si aspettava una goleada. Pirlo fa il suo esordio solamente a gara in corso alla terza di campionato, a Bologna, appena arrivato in prestito dall’Inter. È proprio lui, entrato in campo per Kallon, a innescare l’azione conclusa magistralmente da Possanzini con il sinistro che vale la prima vittoria della Reggina in A.

Reggio vive un sogno, con la squadra di calcio imbattuta dopo tre giornate (in mezzo anche il 2-2 con la Fiorentina) e la Viola, la squadra di basket appena tornata in A1, che al PalaCalafiore batte la Virtus Bologna trascinata dai 23 punti di un argentino di Bahia Blanca che avrebbe fatto parlare a lungo di sé: Manu Ginobili. Foti ha registrato il record di abbonamenti: 24.671 tessere, gran parte delle quali in cascina già dalla stagione precedente, con tantissimi abbonati pronti a sottoscrivere a scatola chiusa, senza ancora sapere la categoria di appartenenza. Il 26 settembre arriva in premio anche il primo successo interno (1-0 al Piacenza, gol di Cirillo), poi i ko con Perugia e Lecce, con i salentini costretti a giocare gli ultimi 4 minuti più recupero schierando tra i pali Francisco Govinho Lima detto “Duracell” a causa dell’espulsione di Chimenti.

Pirlo deve ancora esordire da titolare, Colomba sta giocando con le varie soluzioni a disposizione: ogni tanto lo getta nella mischia da mezz’ala, a volte alle spalle di un’unica punta. Contro il Parma, al Granillo, tocca finalmente a lui dal primo minuto. Parte in mediana con Baronio in regia e Pralija a correre per tutti, davanti il tandem Possanzini-Reggi.

Fa strano, per chi è abituato a vedere Pirlo calciare ogni tipo di piazzato, vedere che nella Reggina è Baronio il tiratore principale. Il regista colpisce due pali facendo diventare matto Buffon e va a segno al terzo tentativo, stavolta con la complicità del portiere. Crespo riporta subito avanti il Parma, la rete del 2-2 porta la firma di Pirlo: se non vederlo occuparsi delle palle inattive vi ha sorpreso, chissà quali sensazioni vi accompagneranno vedendolo sbucare sul secondo palo sugli sviluppi di un corner calciato ancora una volta da Baronio.

L’unica partita dell’anno in cui vanno a segno entrambi.

«Giocare qui sarà difficile per tutte le grandi», afferma Malesani. Inizia in realtà un periodo molto complicato, perché la Reggina non vince più fino alla fine del 1999, pur trovando punti preziosi qua e là: su tutti, il 2-2 in casa del Milan campione d’Italia, in cui è Pirlo, schierato ancora una volta mezz’ala, ad aprire le marcature, anticipando l’arrivo dell’amico Baronio per battere Abbiati. Nel mercato di riparazione arrivano solamente due rinforzi: l’albanese Bogdani per l’attacco e, soprattutto, Massimo Taibi per la porta, con Colomba che aveva utilizzato fin lì sia Orlandoni che Belardi.

La macchina amaranto si rimette lentamente in moto, le prestazioni di Pirlo e Baronio non passano inosservate: Cragnotti si prepara a riaccogliere il regista in biancoceleste alla fine della stagione, preannunciando il riscatto della comproprietà per 10 miliardi di lire, dopo aver venduto in estate la sua metà alla Reggina per soli 2,5 miliardi. Pirlo segna il gol vittoria contro il Bologna il 6 febbraio, giocando una partita eccellente. Colomba se la ride quando gli chiedono se la Reggina deve qualcosa a Pirlo: «Oggi è stato bravo, credo che anche lui debba qualcosa alla Reggina». Due settimane dopo è Baronio a siglare l’1-1 contro il Perugia. Sono le due anime di una squadra che ha in Kallon il cannoniere principe – undici reti a fine stagione – ma che macina calcio soprattutto grazie a due centrocampisti che rappresentano un lusso per la zona salvezza.

Ne è tornato a parlare qualche giorno fa proprio Franco Colomba, intervistato dalla Gazzetta: «Pirlo aveva vent’anni, Baronio ventidue: eppure lavoravano già con superiore qualità a saggezza. Con loro avevo due fonti di gioco, uno più geniale, Andrea, e l’altro più dispensatore e anche incontrista: nel tempo, poi, Pirlo ha imparato ad andare incontro, completando la propria maturazione calcistica. […] Facevano la gara delle punizioni. Seduta finita e loro restavano lì ancora minuti e minuti. Dovevo mandarli via dal campo oltre a dover stare attento che non si facessero male».

La fantastica stagione della Reggina si chiude con la permanenza in A, arrivata con un turno di anticipo, in un finale di stagione nel quale prende a brillare anche la stella di Ciccio Cozza, dimenticando qualche infortunio di troppo con i gol pesantissimi segnati nelle trasferte contro Roma e Cagliari. Del rientro in biancoceleste di Baronio abbiamo già scritto, mentre Pirlo, tornato all’Inter, sarà nuovamente girato in prestito, lì dove Carletto Mazzone gli cambierà la carriera facendolo giocare per la prima volta davanti alla difesa.

C’è però un ultimo passaggio, l’appendice del 2000 da sogno vissuto da Baronio e Pirlo fianco a fianco. È l’Europeo Under 21, nel quale Tardelli libera Andrea da ogni legaccio tattico e lo fa giostrare alle spalle di due punte già nell’esordio continentale contro l’Inghilterra: finisce 2-0, segnano “Sentenza” Comandini e proprio Pirlo, su calcio di rigore. Con la Slovacchia timbra Baronio ma il fantasista azzurro si fa cacciare al 9’ della ripresa e contro la Turchia tocca a Vannucchi fare il trequartista: 1-3 per l’Italia con i gol di Ventola, Spinesi e Baronio (su rigore). È una vittoria che permette agli azzurrini di chiudere in testa il girone e di volare in finale con la vincitrice dell’altro raggruppamento, la Repubblica Ceca. In palio, oltre alla vittoria continentale, c’è un posto alle Olimpiadi di Sydney. Un’azione personale incredibile di Comandini porta al rigore del vantaggio, trasformato non senza qualche ansia da Pirlo, e ci ricorda quanto siano illusori i ragionamenti che facciamo sui giovani talenti. Non avremmo più rivisto Comandini volare in quel modo, stritolato dagli infortuni che ne hanno frenato la carriera.

A 9’ dalla fine, sull’1-1, c’è una punizione per l’Italia da 25 metri. Baronio si allontana e si va a mettere in barriera ma la sua azione di disturbo serve a poco, l’esecuzione di Pirlo ha vita propria, non ha bisogno di supporti esterni. Il numero 10 azzurro inizia a correre come avrebbe fatto sei anni più tardi dopo il rigore di Fabio Grosso contro la Francia ed è incredibile pensare che dei quattordici giocatori scesi in campo in quella finale europea, solamente lui e Gattuso avrebbero poi preso parte alla spedizione trionfale di Germania 2006.

«Pensavo tirasse Baronio», confessa Arrigo Sacchi, seconda voce per Mediaset di quella finale. Per Pirlo è una notte allo stesso tempo bellissima e di rottura, uno degli ultimi atti della sua prima parte di carriera da talento impossibile da incasellare prima di vivere il secondo, lunghissimo e brillante atto da regista illuminato. Non avrebbe più incrociato la strada di Baronio se non da avversari, perché la vita e il calcio avrebbero scelto per loro imbarchi diversi. Alla fine si sono ritrovati. Due buoni compagni di viaggio non dovrebbero lasciarsi mai.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura