Non so bene se è il fatto che l’Italia non sarà a Russia 2018 o se siamo così desensibilizzati alle polemiche continue (vi sfido a trovare un giorno in cui su una testata nazionale non ci sia la parola “scandalo” o “polemica”) ma ora, da qui, si riesce a guardare con un certo distacco alle notizie che dovrebbero recare scompiglio, come i grandi che vedono i bimbi litigare per un giocattolo.
Fieri di questa distanza, i problemi ci appaiono minori, alle volte già sentiti, oppure banali o serissimi, alcuni iper-contemporanei e altri senza tempo in un eterno ritorno di pazzie da Coppa del Mondo. Aspettando di poter vedere Simy con la maglia più bella della manifestazione (16 giugno, ore 21:00, ho già ordinato la pizza) ho raccolto le polemiche più assurde che precedono la Coppa del Mondo di Russia, con la speranza voyeuristica che quelle che la seguiranno saranno ancora più succose.
Nainggolan litiga col Belgio e non se la prende per niente
Radja Nainggolan non dev’essere un tipo difficile da fare innervosire. Fortunatamente il ct Martinez alza l’asticella così che lui sia perennemente arrabbiato per qualcos’altro e non possa arrabbiarsi per tutte le cose comuni che lo fanno innervosire.
Come tutti sapete, il commissario tecnico dei Red Devils ha deciso di non convocare il belga per l’avventura di Russia 2018; la giustificazione a suo dire è di carattere puramente tattico, perché negli ultimi due anni il Belgio ha giocato con un determinato modulo e determinati uomini. I tifosi del Belgio non l’hanno presa bene: hanno lanciato una petizione per riportare Nainggolan in Nazionale; hanno organizzato un sit-in sotto la sede della Federazione e hanno minacciato uno sciopero del tifo.
Il giocatore della Roma non aveva trovato spazio negli ultimi due anni del regno di Martinez se si escludono un paio di comparsate (6 settembre 2016, 6’, Cipro; 25 marzo 2017, 90’, Grecia; 9 giugno 2017, in panca, Estonia; 27 marzo 2018, 31’, amichevole con l’Arabia Saudita), e non è mai riuscito ad inserirsi nel 3-4-2-1 del tecnico, dove pure la sua capacità di coprire ampie zone di campo sarebbe stata preziosa.
Il risentimento di Nainggolan è gonfiato dalla sua età, oggi ha 30 anni ed era già stato escluso quattro anni fa da Wilmots. Dopo questa mancata convocazione è ufficiale: non ha potuto mettere i suoi anni di forma migliore al servizio della sua Nazionale. Nainggolan ha reagito con moderazione e in un post su Instagram ha dichiarato che la sua carriera col Belgio è finita. Pochi giorni dopo la sua esclusione il centrocampista della Roma ha rilasciato delle dichiarazioni a una tv belga; in sintesi a) Martinez l’ha escluso non tanto per la tattica ma per il suo stile di vita fuori dal campo b) ciò che succede in campo e fuori sono cose distinte, se avesse voluto essere un esempio avrebbe fatto l’insegnante c) momento hip hop in cui dice che gli piace il calcio ma che appena ci sono i soldi appaiono i parassiti e i falsi d) esistono i calciatori omosessuali ma non lo dicono perché lo stigma è troppo forte.
Per i primi due punti Martinez ha avuto sicuramente materiale, perché se dopo le sigarette coi tifosi per strada e la diretta instagram di capodanno con ebbrezza (che poi magari era solo la semplice ebbrezza di chi non regge l’alcol perché è troppo sportivo) e bestemmie Roma si è stretta comunque attorno al centrocampista perché, effettivamente, le sue prestazioni non sono mai mancate, il ct belga sembra di un’altra idea.
A fare il coro con questa esclusione ci sono le sue dichiarazioni su cosa farà dopo il ritiro (non gli interessa fare il team manager o l’analista, vuole uscire dal mondo del calcio) e delle nuove notizie su un suo approdo in Cina, che danno al centrocampista belga un’aria di declino un po’ mesta. Ma aspettiamo volentieri una smentita.
Raheem Sterling e la vera thug life
Per un po’ di mesi nel 1996 il fantasioso dizionario politico statunitense si è arricchito di un termine bizzarro: soccer mom. Il termine era sì curioso ma così preciso che gli analisti politici americani lo utilizzarono per indicare uno spicchio dell’elettorato a stelle e strisce (a cui, a loro dire, puntava Bill Clinton): la soccer mom è una donna sposata, medio-borghese, bianca, dei sobborghi, occupata per una grande porzione del suo tempo a scarrozzare i figli alle loro varie attività scolastiche e extra-scolastiche (una di queste appunto il calcio), magari con un SUV o una monovolume, spesso sacrificando il proprio tempo libero.
Con gli anni il termine è prima passato in disuso, poi è diventato dispregiativo, con l’immagine che va verso il reazionario e, più in generale, verso il campo semantico dei cosiddetti “genitori elicottero”, iperprotettivi e che cercano di edulcorare e filtrare il mondo esterno per far sì che non turbi la propria prole – pensate alla signora Lovejoy dei Simpsons.
Raheem Sterling è stato beccato da un’associazione chiamata Mothers Against Guns, e in particolare da Lucy Cope che dice che il nuovo tatuaggio di Sterling è disgustoso e inaccettabile, e chiedendone la copertura col laser o con un altro tatuaggio. L’ala inglese si è tatuata un mitra sul polpaccio e alla critiche delle madri contro le armi ha risposto con un messaggio così diretto e logico (nella logica di Raheem Sterling) che c’è pure poco da controbattere.
In una storia su Instagram ha risposto con la sua versione dei fatti. Quando aveva due anni il padre è stato ucciso in una sparatoria, questo gli ha fatto promettere di non toccare mai un’arma nella sua vita e che lui non è assolutamente pro-armi. Al contempo, in una spiegazione alternativa, ha anche detto che il tatuaggio è sulla gamba con cui “spara” (tirare e sparare in inglese sono pure la stessa parola, to shoot) e che comunque manco era finito. Sterling insomma non ha le idee chiarissime, però è un altro piccolo tassello del racconto della sua vita difficile da bambino, nei quartieri peggiori di Kingston.
Paolo Guerrero e la droga nel bicchiere
La storia di Paolo Guerrero ha in sé due o tre echi di tutte le narrazioni stereotipiche più o meno fantasiose del calcio sudamericano. Dentro ci troviamo giocatori eroi, compagini senza paura, droga, squalifiche, competizione e onore. Più nello specifico è bene capire di chi stiamo parlando: Paolo Guerrero, 34 anni, punta del Flamengo; in passato attaccante del Bayern di Monaco e dell’Amburgo, prima di tornare in Sudamerica. È soprannominato El Depredador o El Barbaro ed è un simbolo della sua Nazionale, il Perù, di cui è capocannoniere assoluto (34 reti) e leader morale. Guerrero l’ha guidata nei suoi terzi posti di Copa America nel 2011 e nel 2015.
Il Perù non ha una grande tradizione nel calcio e mancava dai Mondiali dal 1982. Quest’anno la Nazionale è riuscita a qualificarsi grazie a una grande organizzazione di gioco (è la squadra feticcio dei nerd di tattica) ma anche a un gol di Paolo Guerrero al 77’ contro la Colombia, che ha portato la squadra ai play-off con la Nuova Zelanda.
Dopo la partita con l’Argentina di ottobre 2017, pareggiata 0 a 0, a Guerrero viene fatto un test antidoping che lo trova positivo alla benzoilecgonina, un metabolita della cocaina. Viene squalificato per un anno, ma la FIFA a dicembre gli commuta la pena a sei mesi. L’attaccante è riuscito a dimostrare che la sostanza era in del “tè contaminato”, permettendogli di fatto di prendere parte ai Mondiali. Per farlo aveva portato in aula anche nelle mummie inca di 700 anni fa, che contenevano tracce di benzoilecgonina. La cocaina resta nel corpo umano tantissimo tempo, era la sua idea di difesa.
Sembrava tutto risolto, a maggio però il Tas (il Tribunale Arbitrale dello Sport) su intervento dell’agenzia mondiale contro il doping (la Wada) ricambia le carte in tavola portando la sua squalifica a 14 mesi. Mondiale compromesso. Se non fosse che i capitani della squadre del suo girone (Francia, Danimarca, Australia) hanno firmato una lettera per permettere a Guerrero di giocarsi quest’ultimo storico mondiale, e la corte suprema svizzera ha accettato di concedere un “congelamento” della pena al peruviano. Ora resta da chiederci: questo miracolo umanissimo, quest’altra storia da mondiale da tramandare ai posteri, come verrà onorato da Paolo Guerrero? Noi speriamo segnando tanto.
Wagner contro Gomez e contro Löw
La serie di “persone che prendono malissimo le decisioni dei commissari tecnici” si allunga grazie all’approdo di Sandro Wagner. L’attaccante, tornato al Bayern di Monaco nel mercato di gennaio, non ha preso bene la convocazione del suo rivale Mario Gomez (di due anni più grande ma anche con maggiore caratura internazionale e più amato dai tedeschi). Negli ultimi mesi i due pesi massimi dell’attacco teutonico si erano un po’ punzecchiati: Gomez aveva detto in un’intervista che era tranquillo per la sua convocazione perché la maglia del Bayern non assicura la chiamata (riferendosi chiaramente a Wagner), e il numero 2 dei bavaresi aveva detto di essere convinto e tranquillo della sua posizione come miglior attaccante tedesco. Alla fine l’ha avuta vinta l’ex Fiorentina, e Wagner non l’ha presa bene e ha detto che evidentemente il suo modo di essere, il suo essere sincero e il suo parlare in faccia non si sposa con lo staff tecnico. A questa nuova declinazione della volpe e l’uva ha risposto Löw in persona, dicendo che una critica simile è soprattutto pesante nei confronti dei calciatori della Nazionale, suoi ipotetici colleghi e compagni, dipinti come senza personalità.
Tutti gli arbitri sauditi espulsi dal mondiale
A fine marzo la FIFA ha annunciato i 36 arbitri e i 63 assistenti ufficiali che andranno in Russia ad officiare le gare del mondiale. Da una rosa delle iniziali 53 terne arbitrali già formate si è scesi a questi numeri in seguito a seminari, incontri e giudizi singoli da parte della FIFA per valutare abilità e personalità degli uomini col fischietto, così come il loro livello di comprensione del calcio e la loro abilità di lettura del gioco e delle tattiche utilizzate dalle squadre.
Il 30 maggio però c’è già la prima pezza da applicare: l’arbitro dell’Arabia Saudita Fahad Al-Mirdasi e i suoi due assistenti sono stati eliminati dalla lista e non prenderanno parte alla manifestazione. Il motivo è abbastanza grave: la terna, già bandita a vita anche dalla SAFF (Saudi Arabian Football Federation), avrebbe provato a truccare il risultato della finale nazionale della Coppa del Re. Fahad Al-Mirdasi ha confessato pochi giorni prima di prendere l’aereo per andare in Russia.
La maturità del VAR
A quanto pare gli inglesi non sono contentissimi dell’implementazione del VAR. Tra i maggiori campionati europei la Liga e la Premier League sono gli unici a non aver testato l’assistente arbitrale, ma gli inglesi la stanno prendendo peggio di tutti. Questo è dovuto anche all’amichevole con l’Italia di marzo, in cui un rigore generoso è stato fischiato ai danni dell’Inghilterra all’87’ proprio grazie ad una chiamata del VAR; Insigne ha realizzato l’estrema punizione decidendo il pareggio.
Precedentemente una schermata bizzarra del VAR mostrata in televisione durante il match della FA Cup con il Manchester United che si è visto annullato un gol a febbraio e una chiamata mancata per un rigore su Willian del Chelsea sempre in FA Cup ma a gennaio non hanno aiutato. Si sono arrabbiati, tra gli altri Alan Shearer (questo articolo di commento ha ottocento commenti – o t t o c e n t o), Gary Lineker e Joey Barton. Nel frattempo la FIFA sa che questa di Russia sarà la cresima del VAR e si prepara lanciando dei video esplicativi: il sistema sarà basato su quello, a dire il vero un po’ incasinato, della Germania, con la possibilità per l’arbitro di andare su uno schermo personale per rivisualizzare l’azione, mentre le immagini in movimento saranno mandate, oltre che in televisione, sui maxischermi dello stadio. Polemichetta in anteprima, grande polemica in potenza.
Super Santos
Nessuno (o perlomeno, nessuno che io sappia) ha fatto uno studio fisico approfondito sui diversi palloni utilizzati nelle più importanti competizioni mondiali e su come questi hanno avuto conseguenze su tecnica (individuale per chi tira, o para) o tattica (soprattutto difensiva, per coprire alcuni tipi di tiro a seconda del pallone utilizzato, o dall’altra parte per liberarlo).
Spesso le differenze possono essere minime, ma alle volte i casi sono così eclatanti da diventare delle piccole polemiche. Siccome siamo fortunati per Russia 2018 è così. Il Telstar 18, creato da Adidas, col nome che riprende il primo pallone targato Adidas portato ai mondiali nel 1970 (a sua volta chiamato Telstar per via della somiglianza con il satellite Telstar), è un pallone a 16 pannelli di materiali riciclati incollati insieme (non cuciti) ricoperto da una sottilissima patina di plastica. Reina dopo l’amichevole tra Germania e Spagna si è lamentato della sua traiettoria «imprevedibile» e dello strato esterno di plastica dicendo che «lo rende difficile da bloccare» e che vedremo «tanti gol dalla lunga distanza». Ter Stegen e De Gea gli hanno fatto eco, dicendo che si «potrebbe migliorare» e che è «molto strano».
Il biscotto di Falcao
Il Perù, nonostante le sue ambizioni di squadra simpatia, è al centro di un’altra piccola polemica di Russia 2018. Ad ottobre 2017 mancano cinque minuti al termine del match di qualificazione tra Perù e Colombia e le squadre sono pari con un gol a testa. Ad un certo punto Falcao, capitano della Colombia, si avvicina a Tapia, il 13 dei padroni di casa, e sembra stia provando a convincerlo di qualcosa.
Il linguaggio del corpo parla abbastanza chiaro: “se non ci credi vai a chiedere”. E infatti Tapia va verso la sua panchina, scopre che i risultati sugli altri campi, in caso di mantenuto pareggio, avrebbero permesso ai suoi di giocare lo spareggio e avrebbero fatto qualificare la Colombia. Successivamente Tapia ha confermato la conversazione e questo accenno di biscotto da cinque minuti, facendo arrabbiare moltissimo il Cile (con cui già sono storici rivali nel Clásico del Pacífico), che in quel momento era sotto per 3 a 0 col Brasile ma che in caso di vittoria della Colombia si sarebbe qualificata agli spareggi.
Le escort nell’hotel del Venezuela
Dopo aver battuto il Paraguay per 1 a 0 l’allenatore del Venezuela Dudamel, in seguito alle congratulazioni di rito per la sua seconda vittoria nei gironi di qualificazione per Russia 2018, ha accusato velatamente i paraguaiani di aver cercato di mandare delle donne nell’albergo del ritiro per “distrarre” i suoi calciatori. Il Paraguay, in caso di vittoria, avrebbe avuto ancora delle chance di finire al mondiale. Nell’intervista post-partita Dudamel parla di lealtà e trasparenza dei suoi, perché ci sono state «molte ragazze in albergo» ma che i suoi non ci sono cascati perché sono strategie antiche ma «il calcio è cambiato» e i ragazzi sono professionisti. Poi vengono intervistati Rondon e Herrera che dicono che le ragazze che circolavano nel loro albergo erano «bastante bonitas», confermato anche da Dudamel che dice «credo che le abbiano scelte bene».
Le escort dopo la Scozia del Messico
Restando in America, anche i messicani hanno avuto la loro piccola polemichetta interna con la prostituzione, ma questa volta non c’è nessun inganno e nessuna trappola. Semplicemente dopo l’amichevole con la Scozia a Città del Messico il ct Osorio ha concesso delle giornate di libertà ai suoi prima di partire per la Russia. Pare che Guillermo Ochoa, Jonathan e Giovani Dos Santos, Marco Fabian, Carlos Salcedo, Hector Herrera, Raul Jimenez e Jesus Gallardo avessero deciso di passarle con delle ragazze a pagamento.
La prostituzione nello stato di Città del Messico è legale ma l’opinione pubblica non l’ha presa benissimo; la Federcalcio messicana invece, nella figura di Guillermo Cantú, assicura che non ci sarà alcuna ripercussione per i giocatori coinvolti, perché sono professionisti esemplari e non hanno perso neanche un giorno di allenamento, e quello era pur sempre il loro giorno libero.
Foto con dei capi di stato discutibili: Gündogan e Özil edition
Pazzesco cos’hanno scoperto Özil e Gündogan a proprie spese: se ti fai le foto sorridente con dei mezzi despoti stranieri poi i tifosi della tua Nazionale non la prendono bene e ti fischiano.
Nelle ultime amichevoli i due giocatori sono stati fischiati dopo essersi fatti una foto col presidente turco Erdogan (chiamandolo tra l’altro “my president”). Curiosamente, il percorso di questa polemica è opposto a quello che siamo abituati ad osservare in casi simili: sono stati i tifosi tedeschi i primi critici dei due giocatori, e solo in seguito si sono mosse le autorità ufficiali, ma solo per calmare le acque: Angela Merkel, con fare paternalistico, ha ammesso che i giocatori non hanno considerato le conseguenze della foto con Erdogan, ma che al Mondiale saranno fondamentali, e che sarebbe contenta se i tifosi li applaudissero. Anche il team manager tedesco, Bierhoff, è intervenuto sul fatto per difendere Özil e Gündogan, ma l’ha fatto lamentandosi per l’onnipresenza dei media sulla questione utilizzando strane metafore sulle scimmie: «È come un esperimento a casa in cui continui a dire che non vedi una scimmia. A quel punto vedrai una scimmia».
La famose polemiche svizzere
La Svizzera, nonostante la nomea, è riuscita a raccogliere ben due polemichette sterilissime prima del Mondiale di Russia. La prima riguarda la seconda maggiore catena di grande distribuzione Svizzera, la Migros, rea di aver pubblicato un post su Facebook che prende in giro l’Italia fuori dai mondiali, con annessi commenti di italiani viventi oltralpe che annunciano il boicottaggio dei loro supermercati. Certo, ora da Migros sono impegnati anche con un altro grave caso, non calcisticamente rilevante, che riguarda un pane a forma di svastica venduto nei loro negozi come pane del mese.
Per tornare ai Mondiali, l’orribile canzone Ole Ole di Dj Antoine accompagnerà la nazionale elvetica nell’avventura russa. Il problema, a quanto pare, è che la canzone non parla minimamente di calcio, anzi ha al suo interno riferimenti a party, sesso e alcool. Intervistato sulla vicenda, Marco von Ah, portavoce della SFV, la federazione elvetica, ha glissato sulla questione e detto che, alla fine, anche il sesso fa parte della vita.
L’orso Tim guarderà la coppa da casa
Ad aprile, prima di una partita di terza divisione russa, un orso (Tim) ha consegnato il pallone all’arbitro prima dell’inizio del match. Per qualche motivo si è insinuato il dubbio che fosse una “prova tecnica” per una pratica che avverrà all’inaugurazione dei mondiali di Russia. Non c’è nessunissima conferma che questa cosa avverrà (anzi, la FIFA ha negato proprio) e sembra abbastanza improbabile, ma i russi sono strani e gli orsi pure; nel dubbio gli animalisti si portano avanti e stanno già protestando in anticipo.
Le locuste in campo
Il libro Russia+Animali si arricchisce di un nuovo emozionante capitolo: un portavoce del ministero dell’agricoltura russo ha infatti dichiarato che la Coppa del Mondo potrebbe essere rovinata da sciami di locuste che, attratte dal verde del campo, volerebbero per posarsi proprio sul rettangolo di gioco. Pyotr Chekmarev ha anche affermato che milioni di ettari di campi sono invasi dalle locuste, soprattutto nel sud dello stato; in particolare Volgograd potrebbe essere colpita, dove si terranno match del gruppo A, D, G e H. James Rodriguez è tranquillo.
Balotelli capitano
Siccome noi siamo avanti riusciamo a fare polemiche sul Mondiale anche se al Mondiale non ci andremo. Il ritorno di Balotelli in Nazionale è stato bene accolto da molti, sportivamente parlando, ma la ricerca del messia (che è solo la prefazione della ricerca del capro espiatorio quando le cose vanno male) ha visto in Balotelli un idolo assoluto da portare sugli scudi. Qualcuno, probabilmente anche per contrastare il razzismo strisciante in Italia, ha lanciato la provocazione: Balotelli capitano. Una frase manco troppo assurda visto che è tra i calciatori con più presenze in azzurro, oltre che uno che ha fatto 14 reti in 35 presenze. È bastata questa suggestione (che poi sarebbe: dare a uno dei calciatori più in forma, carismatici e con più esperienza internazionale la fascia) per scatenare: uno striscione rivoltante, una risposta di quello che è il nostro Ministro dell’Interno (…), le reazioni della c.d. società civile.
Sampaoli accusato di molestie
C’è in giro una brutta voce, che vuole il ct dell’Argentina Sampaoli come molestatore di una donna che lavora nell’AFA, la lega calcio argentina. Un giornalista indipendente, Gabriel Anello, ha fatto trapelare la notizia e aggiunto che l’AFA sa, ma sta cercando di insabbiare il tutto anche se i suoi membri, in privato, confermano l’accaduto. La federazione stessa è intervenuta nella figura di Claudio “Chiqui” Tapia, confermando la fiducia nell’onestà di Sampaoli e nella malafede del giornalista. Anello infatti, oltre ad una storia personale torbida, è lo stesso giornalista che disse in giro che la causa dell’esclusione di Lavezzi dai match di qualificazione per i Mondiali contro la Colombia di due anni fa fosse un presunto abuso di cannabis da parte dell’esterno, punito proprio con l’esclusione dall’allora tecnico Bauza.
L’esonero di Lopetegui
Quando pensavamo di stare tranquilli e di poter iniziare un Mondiale senza ulteriori polemiche ecco che i soliti spagnoli hanno l’ultima parola sui casini pre-mondiale. Ci ricordiamo di Lopetegui perché ha mandato a monte i sogni della nostra nazionale U-21 ad Israele 2013, quando ha schiantato la nostra formazione per 4 a 2 in finale; se noi potevamo avere in campo giovani virgulti come Immobile, Verratti, Florenzi, Insigne, Borini, dall’altra parte c’erano De Gea, Koke, Thiago Alcantara, Morata, Isco. La federazione spagnola ha premiato Lopetegui con la sedia alta di del Bosque, che con la Spagna ha vinto un campionato del mondo e un europeo; lui si è fatto trovare abbastanza pronto e ha risposto con 14 vittorie e 6 pareggi in 20 match negli ultimi due anni. Il fatto è che di questa abilità gestionale deve essersene accorto anche Florentino Perez che, in crisi per la partenza di Zidane, ha messo subito sotto contratto Lopetegui con il Real Madrid anche se il tecnico aveva appena rinnovato il suo contratto con la nazionale fino al 2020. Il problema è che l’ha fatto senza nessuna discrezione, e ha annunciato immediatamente il nuovo tecnico. Secondo questo articolo di El Pais, Lopetegui non era troppo convinto dell’incarico ma sarebbe stato convinto da Jorge Mendes, con cui aveva già lavorato al Porto (se volete aggiungere un altro strato di polemica calcolate che la Spagna affronterà il Portogallo nella prima partita, cioè la Nazionale praticamente posseduta da Mendes).
In ogni caso la federazione calcistica spagnola non è stata contenta di questo pie en dos zapatos e ha esonerato Lopetegui in conferenza stampa, a cui ha certo confermato la propria stima, ma aggiungendo che ci sono dei modi e dei valori imprescindibili da rispettare; è riuscita, in tutto ciò, a non citare il Real Madrid, elefante nella stanza e vero bersaglio di queste frecciate. I giocatori, capitanati da Sergio Ramos, hanno provato a far cambiare idea al presidente Rubiales ma senza esito positivo. Al posto di Lopetegui, a soli due giorni dall’esordio, siede Hierro.
Tra le varie possibili conseguenze ce ne sono due particolarmente estreme, in un verso e nell’altro, che vorrei lasciare qui come suggestione: 1) la Spagna si spacca. Tutto il lavoro fatto in questi anni dai giocatori spagnoli per tenere fuori dalla nazionale la rivalità più forte della Liga (considerando che 4 dei convocati sono blaugrana e 6 blancos) vengono meno perché i giocatori del Real difendono con troppa veemenza Lopetegui, Hierro sta dalla loro parte e allora giocano solo giocatori che non sono del Barcellona o a cui non sta simpatico il Barcellona. Anche così avrebbero buone probabilità di vincere il mondiale. 2) Democracia Krasnodariana: Hierro c’è da troppo poco tempo e così Iniesta si carica sulle spalle tutta la squadra istituendo il socialismo reale nello spogliatoio e portando poco rispetto al re di Spagna. La squadra vince il Mondiale ma non può tornare in patria e diventa un all-star che gira per il mondo in cerca di sfidanti per l’eternità. Iniesta fa un assist in finale che rivoluziona il calcio in modi che ora non possiamo neanche immaginare.