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L'Italia vede la luce
15 ott 2018
Dopo un anno l'Italia è tornata alla vittoria, e a un gioco convincente.
(articolo)
10 min
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I dati di questa analisi sono stati forniti da Opta, che ringraziamo.

Le prime partite di Roberto Mancini alla guida della Nazionale erano state deludenti. Al di là dell’utilizzo del 4-3-3 come modulo di riferimento (peraltro abbandonato nell’ultima partita di settembre contro il Portogallo, a vantaggio di un piatto 4-4-2) si faceva fatica a trovare coerenza nel gioco dell’Italia. Le qualità dei singoli non sembravano amalgamarsi all’interno di un disegno comune ed erano invece depresse dal contesto tattico in cui erano costrette.

L'amichevole contro l’Ucraina e la partita di Nations League contro la Polonia, però, hanno segnato un netto cambio di tendenza. Gli azzurri, dopo tanto tempo, sembrano aver trovato la giusta strada per migliorare le deludenti prestazioni degli ultimi anni.

Gli undici titolari

Dopo avere cambiato formazione in tutti i primi cinque impegni della propria gestione, Roberto Mancini ha schierato per due volte lo stesso undici titolare, cristallizzando le scelte di uomini e di strategia. Davanti a Donnarumma hanno giocato i terzini Florenzi e Biraghi e i centrali Bonucci e Chiellini. In mezzo al campo, insieme all’intoccabile Jorginho, unico giocatore sempre titolare nella gestione Mancini, hanno giocato Marco Verratti, finalmente disponibile per la Nazionale, e quello che è forse il miglior centrocampista italiano della Serie A, Nicolò Barella. In attacco la scelta radicale è stata quella di non schierare nessun centravanti di ruolo, rendendo di fatto fluida la posizione in campo delle tre punte, Bernardeschi, Chiesa e Insigne.

In accordo con le migliori caratteristiche dei giocatori in campo, l'Italia ha adottato uno stile di gioco caratterizzato dalla ricerca del possesso palla e dell’avanzamento palleggiato della manovra lungo il campo. Il recupero del pallone è stato invece affidato al pressing offensivo e, nelle fasi immediatamente successive alla perdita del possesso, ad azioni di gegenpressing.

I numeri delle due partite dell’Italia restituiscono una misura della strategia scelta e del suo successo: il possesso palla è stato del 66% contro l’Ucraina e addirittura del 70% nella trasferta polacca, con una percentuale di precisione di passaggi pari rispettivamente al 90% e all’87%; in entrambi i casi il possesso ha generato un vantaggio territoriale di circa il 60% e la squadra ha mantenuto un baricentro alto (59.4 m contro l’Ucraina e 54.3 m contro la Polonia). Il possesso palla è stato efficace nel creare pericoli per la porta avversaria: l’Italia ha tirato 20 volte verso la porta contro l’Ucraina (10 volte da dentro l’area) e 18 contro la Polonia (ben 11 volte da dentro l’area).

Gli xG prodotti dall’Italia contro la Polonia sono stati ben 2.2, con un rapporto di 0.12 xG/tiro, sintomo di buona qualità delle conclusioni prodotte.

La strategia aggressiva di recupero del pallone è evidenziata dall’altezza media di recupero palla, parecchio avanzata lungo il campo in entrambe le partite (46 metri contro l’Ucraina e quasi 40 metri contro la Polonia) e dall’elevato numero di palloni recuperato nella metà campo avversaria - da cui sono nate diverse occasioni pericolose. Nonostante la pressione alta la squadra è riuscita a rimanere corta, senza sfilacciarsi, distribuita mediamente in 33 metri di campo.

Il successo della strategia è stato reso possibile dalla soluzione tattica di alcuni fondamentali quesiti che, prima dei due match, rimanevano irrisolti anche dalle precedenti gestioni tecniche della Nazionale. In particolare sono state trovate delle soluzioni per esaltare le qualità di Jorginho e Insigne e favorire la coesistenza tra Verratti e lo stesso Jorginho.

La coesistenza tra Jorginho e Verratti

Roberto Mancini si è subito affidato a Jorginho, schierandolo tra gli undici di partenza in ogni occasione, a dispetto della continua rotazione dei titolari. Tuttavia le prestazioni dell'italo-brasiliano non erano state pienamente convincenti, infarcite da pericolosi errori di passaggio rari nelle partite di club.

Fino alla partita contro l’Ucraina al mediano erano state affiancate due mezzali di inserimento e dal carattere verticale che, allontanandosi costantemente dal compagno di squadra, finivano per vanificare i vantaggi posizionali ottenuti dall’ottimo gioco corto di Jorginho coi centrali. Alla fine la superiorità generata all'indietro non si trasformava in vantaggi in avanti. Con Jorginho il 4-3-3 dell’Italia giocava una fase di costruzione bassa finalizzata ad attirare la pressione avversaria e a disordinarne lo schieramento. L’italo-brasiliano rimaneva però isolato, mentre le mezzali attaccavano la profondità o l’ampiezza e favorivano uno sviluppo verticale e per catene laterali della manovra.

L’ingresso tra gli undici titolari di una mezzala di possesso come Verratti ha permesso a Jorginho di avere una soluzione corta, di estrema qualità, in grado di consolidare il possesso e di fare progredire la manovra con il palleggio. La mezzala del PSG si abbassava sulla stessa linea di Jorginho creando un quadrilatero di costruzione, con Bonucci e Chiellini, in grado di superare con efficacia l’opposizione avversaria, disordinandone lo schieramento. Sia il 4-3-3 dell’Ucraina che il 4-3-2-1 della Polonia hanno contrastato la costruzione bassa italiana con tre uomini (il centravanti e le due mezzali gli ucraini, i tre giocatori offensivi i polacchi) e, in superiorità numerica, il quadrilatero azzurro costruiva vantaggi posizionali, chiamando fuori dal centrocampo altri giocatori avversari e creando buchi nello schieramento difensivo.

Jorginho e Verratti avevano già giocato assieme nel 4-3-3 schierato da Di Biagio nell’amichevole contro l’Argentina, con risultati negativi: la coesistenza dei due era sembrata ridondante nella fase di costruzione, sottraendo, di fatto, con i movimenti di Verratti, una linea di passaggio avanzata in grado di far progredire la manovra. Mancini ha risolto il problema schierando come terzo centrocampista Nicolò Barella e rinunciando a un centravanti classico.

La mezzala del Cagliari è un centrocampista completo e non una mezzala di inserimento pura. Possiede la sensibilità tattica per leggere bene le situazioni e smarcarsi alternativamente in ampiezza o alle spalle del centrocampo avversario, permettendo così al possesso consolidato dalla contemporanea presenza di Verratti e Jorginho di non rimanere sterile ma di svilupparsi per il campo. La presenza al centro dell’attacco di Insigne o Bernardeschi ha ulteriormente aumentato le linee di passaggio efficaci alle spalle del centrocampo avversario. Insigne ha occupato la posizione centrale per buona parte del primo tempo della partita con l’Ucraina e del secondo tempo di quella con la Polonia. Si è abbassato molto, fornendo una soluzione corta alle spalle della pressione avversaria.

Bernardeschi, pur giocando di più sui centrali avversari rispetto a Insigne, è riuscito, grazie alle sue doti tecniche, a ricevere e a giocare con profitto i palloni corti provenienti dal centrocampo. Con loro l'Italia è riuscita a dare una continuità tecnica alla manovra che centravanti poco abili nel palleggio come Belotti, Zaza o Immobile non possono fornire - e che la scarsa mobilità di Balotelli non può permettere.

Il grosso volume di gioco creato nella fascia centrale del campo (circa il 50% del gioco in entrambi i match), e il vantaggio ottenuto nel muovere e destrutturare lo schieramento avversario, hanno poi trovato rifinitura sia in combinazioni rapide e tecniche per penetrare nel cuore della difesa avversaria che nella ricerca dell’uomo libero in ampiezza.

In questo senso hanno funzionato i lanci lunghi in diagonale di Bonucci verso il lato sinistro, che hanno regalato a Federico Chiesa l’opportunità di avere il tempo di giocare in isolamento contro il proprio diretto avversario. Contro la Polonia, invece, Mancini ha cambiato la posizione delle mezzali, schierando Verratti a sinistra, dal lato di Insigne. Si è creato quindi un lato forte della manovra che si consolidava a sinistra per poi esplorare l’ampiezza sul lato debole con Chiesa e Florenzi.

L’enorme volume di gioco sull’asse Jorginho, Verratti, Insigne.

Verratti e Jorginho si sono scambiati il pallone per ben 62 volte nei 90 minuti contro la Polonia e in 70 minuti contro l’Ucraina. Assieme a Bonucci e a Chiellini hanno formato un quadrilatero di costruzione di livello assoluto, capace di dominare le partite.

Le possibili difficoltà in fase di difesa posizionale di Jorginho e Verratti sono state affrontate riducendo al massimo il possesso palla avversario, sia tramite la gestione del pallone che affidando il recupero del pallone al pressing e al gegenpressing. In questo modo sono state sfruttate le ottime doti di pressione in avanti di Jorginho, Verratti e Barella, coperti alle spalle dalla pressoché perfetta gestione degli anticipi e delle marcature preventive dei centrali, anche contro due avversari di alto livello con Lewandoski e Milik. Quando la pressione non andava a buon fine l'Italia si affidava a una transizione difensiva migliorata dalla partita contro l’Ucraina e quella contro la Polonia. I biancorossi hanno tirato solo 6 volte in porta, costruendo solo una grossa occasione in ripartenza. La qualità del gegenpressing è stata favorita da quella del possesso: creando grossa densità in zona di possesso l'Italia ha isolato l'avversario che recuperava il pallone, facilitando la riaggressione.

L’utilizzo di Insigne

Oltre a risolvere la coesistenza di Jorginho e Verratti, Roberto Mancini ha finalmente costruito attorno a Insigne il miglior contesto per esaltarne le qualità. Troppo spesso in Nazionale Insigne è stato isolato sulla fascia deprimendo le sue qualità associative ed equivocandone il talento. Insigne non è un'ala dribblomane che si esalta nello spazio.

Nelle due partite Insigne è stato incluso in una rete associativa efficace sia per lui che per la squadra. In posizione di centravanti ha disegnato linee di passaggio alle spalle del centrocampo avversario, esplorando gli spazi aperti dal possesso arretrato nella struttura difensiva di Ucraina e Polonia. Partendo da sinistra è stato associato a Verratti, lasciando l’ampiezza alle avanzate sul binario di Biraghi e costruendo il lato forte del possesso palla italiano. Inserito in un ambiente tattico a lui congeniale, la prestazione di Insigne è stata all’altezza di quella che abitualmente offre nel suo club, a dimostrazione di come il contesto possa influenzare il rendimento dei calciatori.

La mappa delle azioni di Insigne contro l’Ucraina mostra come abbia occupato ogni zona dell’attacco azzurro. Con 7 tiri in 2 partite è stato l’azzurro che, assieme a Bernardeschi, ha calciato di più in porta.

La strada buona?

La strada tracciata da Mancini nelle due partite con Ucraina e Polonia sembra quella definitiva. La rinuncia a un centravanti classico, a favore di giocatori in grado di non interrompere il flusso tecnico della manovra, e allo schieramento con due mezzali di inserimento, privilegiando la coesistenza tra Jorginho e Verratti insieme a un centrocampista tuttofare come Barella, ha messo al centro del gioco la qualità di palleggio e l’abilità di muovere la struttura difensiva avversaria.

Tutte le scelte tattiche conseguenti a questo indirizzo strategico, compresa quelle di forzare il recupero del pallone con un pressing particolarmente aggressivo, sono state coerenti e rispettose delle migliori caratteristiche dei giocatori. La strada, che pare quella di schierare i calciatori italiani di maggiore qualità disegnando loro addosso un abito tattico coerente e adatto alle loro peculiarità, giocando un calcio propositivo e incentrato sulla tecnica e sul dominio del pallone, sembra improvvisamente in grado di migliorare, e di molto, le prestazioni della Nazionale azzurra.

Servirà seguire lo sviluppo nel tempo del progetto di Mancini, osservare se il tecnico riuscirà a migliorare alcune debolezze apparse latenti nei match contro Ucraina e Polonia – la qualità in entrambe le fasi nelle posizioni di terzino e la transizione difensiva – e se la crescita di giocatori come Chiesa, Barella, Bernardeschi e altri ancora in U-21 proseguirà come sperato. Tuttavia, dopo tanto tempo, sembra davvero che si possa guardare con ottimismo al futuro della Nazionale italiana di calcio.

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