Se lo scambio che ha portato Kristaps Porzingis dai New York Knicks ai Dallas Mavericks fosse un meme, sarebbe quello di Ron Burgundy/Will Farrell in Anchorman quando sorseggiando una birra si lascia andare nell’ormai iconico “Boy, that escalated quickly”.
Nel giro di meno di due ore sull’account di Adrian Wojnarowski di ESPN si sono susseguiti questi tweet:
- alle 19.44 ha riportato, insieme ai colleghi Zach Lowe e Ramona Shelburne, che Porzingis aveva avuto un acceso incontro con la dirigenza dei Knicks. Il lettone avrebbe espresso le sue perplessità sulle sconfitte, sulla direzione intrapresa dalla franchigia e sulla sensazione che la cultura di squadra non potesse portare a un successo sostenibile. Un messaggio palesemente fatto filtrare dall’agente di Porzingis, il fratello Janis, che ormai da tempo portava avanti una battaglia neanche troppo sotterranea contro la dirigenza di New York.
- poco più di un’ora dopo, alle 20.54, lo stesso Woj ha sentito l’altro lato del tavolo, quello sul quale sedevano il GM dei Knicks Scott Perry e il presidente Steve Mills, i quali hanno fatto trapelare di aver avuto “l’impressione che la preferenza di Porzingis fosse quella di essere ceduto”. Un tentativo neanche troppo malcelato di scaricare le responsabilità del divorzio sul giocatore, visto che subito dopo c’era scritto che “ci si attende che i Knicks comincino le discussioni per scambiarlo prima della deadline di giovedì”.
- venti minuti dopo, alle 21.14, c’era già la lista delle squadre interessate: Brooklyn Nets, L.A. Clippers, Miami Heat, San Antonio Spurs e Toronto Raptors tra le tante pronte a fare un’offerta per KP6. Zach Lowe ha twittato di tenere un “occhio extra” sugli Spurs, ma ad avere l’intuizione giusta è stato Kevin O’Connor di The Ringer il quale ha citato espressamente i Dallas Mavericks, visto che…
- …alle 21.38, meno di due ore dopo la rivelazione iniziale dell’incontro tra giocatore e dirigenza, Wojnarowski è arrivato praticamente in contemporanea con il suo ex padawan Shams Charania di The Athletic (piccola parentesi: prima o poi qualcuno dovrà scrivere qualcosa sul loro rapporto) annunciando l’accordo imminente tra i Mavericks e i Knicks per lo scambio di Porzingis. Insomma, per citare Burgundy, l’escalation è stata davvero veloce, visto che si è consumata nel tempo di una partita di NBA.
Lo scambio tra le due squadre ha finito per coinvolgere ben sette giocatori e due scelte al Draft, concludendosi secondo questi termini:
Kristaps Porzingis, Tim Hardaway Jr., Trey Burke e Courtney Lee ai Dallas Mavericks;
Dennis Smith Jr., DeAndre Jordan, Wesley Matthews e due prime scelte al Draft (la prima non protetta, la seconda protetta 1-10 per tre anni).
Definiti i contorni rocamboleschi con cui si è arrivati allo scambio e definiti i dettagli, proviamo a ragionare su quanto è emerso in una serata che difficilmente verrà dimenticata.
Come si è arrivati al divorzio tra Porzingis e i Knicks
Che le cose non andassero bene tra Porzingis e i Knicks era ormai di dominio pubblico da diverso tempo. Difficile dare torto alle due parti in causa: in meno di quattro anni il lettone ha visto cambiare quattro allenatori (Derek Fisher, Kurt Rambis, Jeff Hornacek e David Fizdale), due dirigenze (quella di Phil Jackson e quella di Scott Perry, con in mezzo sempre Steve Mills come uomo di fiducia del proprietario James Dolan) e una miriade di compagni, nessuno dei quali davvero alla sua altezza o con il suo potenziale. A New York il minimo comun denominatore è stata la confusione più o meno in ogni scelta dell’ultimo decennio abbondante, specialmente con i giovani che non sono mai stati aspettati a dovere.
I Knicks, dal canto loro, si sono ritrovati a fare i conti con una potenziale stella non ancora del tutto esplosa — anche per via dei tanti problemi fisici avuti già prima della rottura del crociato dello scorso anno — che aveva fatto capire di non voler più far parte del progetto a lungo termine della franchigia, oltre ad avere un carattere piuttosto difficile. Nella conference call con la stampa successiva alla trade, Scott Perry ha dichiarato espressamente che Porzingis aveva richiesto di essere scambiato, anche se lo stesso giocatore ha risposto con una Instagram Story sibillina nel quale ha solo scritto “la verità verrà fuori”.
La verità, forse, è che un divorzio era ormai diventato inevitabile e i Knicks hanno approfittato della prima buona occasione per voltare pagina, cercando in maniera un po’ raffazzonata di salvare le pubbliche relazioni con i propri tifosi. Pare che KP6 sia stato offerto anche ai Pelicans in una prima offerta per Anthony Davis, ma che la chiusura totale data dal giocatore riguardo la prossima free agency abbiano portato New Orleans a rispondere “no grazie” abbastanza in fretta. A quel punto i Knicks si sono rivolti alla squadra con la quale probabilmente avevano già abbozzato un accordo la sera prima, quando i Mavs al Madison Square Garden avevano inflitto alla squadra di coach Fizdale la decima sconfitta consecutiva.
La notizia quasi in diretta a The Jump.
Il rischio che si prendono entrambe le squadre
Quello che rende così affascinante lo scambio portato a termine da Knicks e Mavs non è solo la presenza di un giocatore del potenziale di Porzingis — uno di quelli che, normalmente, vengono estesi al massimo salariale senza pensarci nemmeno troppo, indipendentemente da quanto abbiano effettivamente dimostrato —, ma anche i tantissimi rischi che entrambe le squadre si sono prese nel trovare questo accordo.
Per quanto riguarda i Knicks, il progetto è chiaro: perdere il più possibile quest’anno (progetto che stanno perseguendo alla grande, visto il record di 10-40, il peggiore nella storia della franchigia dopo 50 partite) e liberare il maggior spazio salariale possibile in vista dell’estate, quando avranno oltre 70 milioni di dollari a disposizione — più di chiunque altro in NBA. Quell’enorme spazio sotto al cap è abbastanza per farci stare due contratti al massimo salariale nella prossima free agency, e tutti sanno che ci sono nomi di primissimo livello a cui poter puntare: Kevin Durant, Kyrie Irving, Kawhi Leonard, Jimmy Butler, Klay Thompson, Kemba Walker, giusto per rimanere a quelli con lo status di All-Star. Se poi le palline della Lottery dovessero girare per il verso giusto a maggio, i Knicks potrebbero anche avere la prima scelta assoluta che vale Zion Williamson — presentandosi quindi al tavolo con i Pelicans con l’asset più attraente di tutta la NBA.
Sembrerebbe un piano perfetto… ma quanto è davvero realistico? I Knicks rimangono la peggior squadra della NBA nell’immediato, e nell’eventuale tavolo di trattative con i free agent potrebbero mettere sul piatto solo il talento grezzo di Kevin Knox, quello indecifrabile di Frank Ntilikina, quello individualista di Allonzo Trier e quello instabile di Mitchell Robinson. Non esattamente gli Oklahoma City Thunder di Durant, Westbrook e Harden, ecco. Non è ancora neanche chiaro se la presenza di coach David Fizdale sia un bene o un male, visti i risultati che sta raccogliendo quest’anno e il modo in cui si è conclusa la sua prima avventura a Memphis, oltre al rapporto complicato avuto con Marc Gasol e lo stesso Porzingis. Ma l’attrattiva del Madison Square Garden e di una città come New York unita alla possibilità di giocare con almeno un’altra stella (per non dire due, se le palline dovessero girare dalla parte giusta e portare in città Anthony Davis) potrebbero essere abbastanza per convincere le superstar di turno a considerare seriamente l’opzione Knicks.
A mitigare un po’ il rischio per i Knicks ci sono le due prime scelte che riceveranno dai Mavericks, di cui la prima totalmente non protetta (una rarità di questi tempi, specie dopo la rapina del secolo dei Celtics ai Nets nel 2013) e la seconda protetta 1-10 per tre stagioni, prima di tramutarsi in due seconde scelte se non ottenuta da New York entro il 2025. I newyorkesi riceveranno la prima di queste due scelte al più presto nel 2021, visto che quella di quest’anno dei Mavericks andrà agli Atlanta Hawks (inserita nello scambio per Luka Doncic nello scorso Draft) se sarà fuori dalle prime cinque, e che le regole NBA impediscono di cedere le scelte in due anni consecutivi.
Foto di Nathaniel S. Butler/ NBAE / Getty Images
A questo punto conviene parlare di quanto stiano rischiando invece i Mavs, che hanno scommesso fortissimo sulla possibilità di Luka Doncic di diventare una superstar di livello assoluto in tempi relativamente brevi. E quando parliamo di “superstar di livello assoluto” ci riferiamo a un perenne candidato MVP, uno di quelli in grado di portare una squadra ai playoff praticamente da solo ogni singolo anno — come è stato Dirk Nowitzki, ad esempio. Al momento Doncic non è ancora quel tipo di giocatore, anche se ha mostrato tutte le stigmate per poterlo diventare; ma dopo questa trade avrà ancora più responsabilità sulle spalle, perché se i Mavs non dovessero essere una squadra da playoff nei prossimi anni perdere quelle scelte sarà dolorosissimo in termini di asset sprecati.
L’enorme Spada di Damocle che pende su questo scambio è infatti la possibilità che Porzingis se ne vada dai Mavericks tra un anno e mezzo. Nei concitati minuti successivi allo scambio, Shams Charania ha twittato, forse un po’ frettolosamente, che l’intenzione di Porzingis sarebbe quella di firmare la qualifying offer di un anno da 7.5 milioni per la prossima stagione e di diventare quindi free agent senza restrizioni nel 2020 per potersi scegliere liberamente la sua prossima squadra. Lo stesso Charania ha poi corretto il tiro dicendo che Porzingis “è incredibilmente affezionato a Luka Doncic e Dirk Nowitzki” (due europei con cui aveva già avuto un rapporto personale in passato) e che i Mavericks sono fiduciosi di poterlo convincere a rimanere, sperando di vedere il “bluff” di Porzingis non appena gli metteranno davanti al naso un contatto al massimo salariale per cinque stagioni. Ma il rischio che non lo accetti e se ne vada comunque rimane e non può essere ignorato. E sarebbe uno scenario davvero da incubo per i Mavs, che si ritroverebbero a pagare un prezzo salatissimo — oltre alle due prime scelte, bisogna ricordare che nello scambio c’è un giovane talento come Dennis Smith Jr., per quanto in rotta di collisione con coaching staff e franchigia, oltre allo spazio salariale occupato dai contratti di Hardaway e Lee — per un affitto di un anno e spiccioli di un giocatore dalla struttura fisica traballante e reduce dalla rottura di un legamento crociato anteriore.
Sulle spalle di Doncic allora non c’è solo il destino della squadra, ma anche la responsabilità — diretta o indiretta — di convincere Porzingis a rimanere a Dallas e creare con lui un tandem da titolo negli anni a venire. Dal punto di vista cestistico sarebbe una coppia celestiale, specialmente in mano a un coach come Rick Carlisle li ha già definiti come “i nuovi Nash e Nowitzki, solo più alti”. E anche dal punto di vista del marketing/narrativa avere due giovani europei del genere nell’anno in cui il giocatore del Vecchio Continente di maggior successo di sempre in NBA con ogni probabilità appenderà le scarpette al chiodo è una storia fin troppo bella per non essere cavalcata fino in fondo.
“C’è che ormai che ho imparato a sognare non smetterò”
Il ruolo dei giocatori di contorno nello scambio
Ma non di solo Porzingis vive questo scambio, anche se ovviamente tutto nasce e finisce con lui. Dalla parte di New York, l’inclusione dei contratti pluriennali di Tim Hardaway Jr. e Courtney Lee era la condizione senza la quale non ci sarebbe stato alcuno scambio (i tifosi dei Knicks più inferociti dicono che Porzingis è stato ceduto come “dolcificante” di un mero salary dump). Ed è facile capirlo: il primo prenderà 18 milioni il prossimo anno ed ha una player option per quello successivo a 19 milioni che al 99.9% eserciterà; il secondo è sotto contratto anche nella prossima stagione a 12 milioni, occludendo di fatto qualsiasi velleità di spazio salariale per i Mavs.
Evidentemente la dirigenza di Dallas non era convinta che quello spazio servisse a molto, visto che ci saranno una decina di squadre sotto al cap nella prossima estate e che usarlo per ricevere un giocatore del calibro di Porzingis valesse il sacrificio. Inoltre, coach Carlisle è convinto che i due possano dare una mano subito almeno con le doti di tiro perimetrali, visto che comunque sono due giocatori in grado di “tenere il campo” a livello NBA, pur senza regalare particolari emozioni (tranne quelle partite random in cui Hardaway impazzisce e segna qualsiasi cosa gli passi per le mani, sentendosi intitolato poi a tirare tutti i mattoni possibili e immaginabili contro il ferro). Di contorno arriva anche un giocatore come Trey Burke, che a New York ha rimesso in piedi una carriera che a un certo punto sembrava destinata verso la Cina e che nell’attacco di Rick Carlisle potrebbe dare una mano in uscita dalla panchina nel ruolo che J.J. Barea ha lasciato vacante dopo la rottura del tendine d’Achille.
Per New York, invece, per quanto riguarda il campo tutto ruota attorno alla possibilità che Dennis Smith Jr. diventi un All-Star. Con il pallone totalmente nelle sue mani e una squadra che non ha altre bocche da fuoco tolto Kevin Knox (che però è ancora ben lontano dal poter essere un realizzatore continuo a livello NBA), l’ex NC State può mettere su numeri importanti e togliersi parecchie soddisfazioni individuali già da questa stagione, per quanto di vincere delle partite non se ne parli. Se il feeling con il Madison Square Garden è quello dimostrato un paio di sere fa (seconda tripla doppia in carriera con 13 punti, 10 rimbalzi e 15 assist), almeno l’onnipresente pubblico della World’s Most Famous Arena avrebbe qualcosa di decente da applaudire, visto che oltre a richiamare a gran voce Enes Kanter c’è stato ben poco da celebrare negli ultimi tempi.
Wesley Matthews e DeAndre Jordan sono stati inseriti per far tornare i conti dello scambio e, soprattutto, perché hanno due contratti in scadenza, liberando in due quasi 45 milioni a cap in vista dell’estate. Al momento il GM Scott Perry non ha parlato della possibilità che i due veterani vengano tagliati (dopotutto sia per loro che per i Knicks ha davvero pochissimo senso schierarli in campo) per permettergli di unirsi a squadre da playoff alle quali potrebbero fare comodo — specialmente il secondo, che sembra scritto possa andare nella nativa Houston per dare una mano ai Rockets alla disperata ricerca di profondità sotto canestro.
Chi ha maggiori possibilità di uscirne vincitore
In definitiva, è davvero troppo presto per determinare chi abbia “vinto” questo scambio tra le due squadre. La prima grossa incognita è la riuscita del piano dei Knicks di sfruttare quello spazio salariale per firmare le tanto agognate stelle. La seconda è la permanenza a lungo termine di Porzingis a Dallas, oltre che la sua tenuta fisica dopo l’infortunio. La terza è dove finiranno sia la scelta dei Knicks nella prossima Lottery che quelle spedite dai Mavericks a New York, che diventerebbero importantissime asset di mercato nel caso in cui New York dovesse davvero mettere in piedi una contender attorno alle stelle firmate in estate. Inoltre ci sono i rendimenti di Smith Jr. nel nuovo contesto newyorkese e quelli che comunque in un modo o nell’altro Hardaway Jr. e Lee dovranno avere con i Mavs, prima che tornino utili come contratti in scadenza nei prossimi anni.
Davvero troppe variabili da considerare e una sequenza di rischi enormi per entrambe le parti. Il “Best Case Scenario” per i Knicks è che in estate vengano messi sotto contratto Durant, Irving e che le scelte ottenute vengano scambiate per Davis, creando un nuovo “Big Three” in grado di contendere subito per il titolo. Il peggiore, d’altro canto, li vede con il cerino in mano alla Lottery e senza la firma di nessuna superstar in estate, oltre che ricevere scelte di basso livello dai Mavericks perché Porzingis è diventato un mostro al fianco di Doncic — rendendo ancora più inferociti i tifosi che già si stanno stracciando le vesti.
Per i Mavericks, quest’ultimo è il miglior scenario possibile, costruendo sui due giovani europei le fondamenta di una perenne contender a Ovest negli anni a venire. La peggiore, invece, è quella che Porzingis davvero non voglia rimanere a Dallas e tutto quello che hanno ceduto si trasformi in un affitto di un anno di un giocatore che è reduce da un infortunio davvero grave, oltre che essere di suo incline ad acciacchi piccoli o grandi e ad avere, con ogni probabilità, un carattere non proprio semplicissimo.
Entrambe, di fatto, stanno scommettendo sul fallimento dell’altra. Ed è questo che rende questo scambio particolarmente affascinante.