«Rido se penso a quando dicevano che era troppo mingherlino, che c’erano centinaia di calciatori come lui. Ora la Ligue 1 è già troppo stretta per Dembélé.»
La citazione appartiene a Yannick Menu, vicedirettore del centro di formazione del Rennes e tecnico delle giovanili Under 17. Con tutta probabilità è l’affermazione più vera che si possa fare oggi a proposito di questo ragazzino. Tutti parlano di Ousmane Dembélé e la sosta per le Nazionali, che ha messo in pausa i campionati, non ha fatto altro che amplificare l’eco della sua ultima, ottima prestazione.
Nell’anticipo di venerdì 18 marzo il Rennes ha espugnato il Velodrome col risultato di 2-5. Non che fosse un’impresa complicata: se escludiamo il fanalino di coda Troyes, il Marsiglia ha la peggior media punti domestica della Ligue 1. Contro i ragazzi allenati dall’ex madridista Michel, Dembélé ha siglato il gol del momentaneo 0-3 già al quattordicesimo minuto e ha poi fornito l’assist per la rete di Sio che ha fissato il punteggio finale, ricevendo persino gli applausi dal pubblico marsigliese.
L’azione del gol è significativa perché ci da l’esatta fotografia del giocatore che è Dembélé oggi e della percezione che gli altri, compagni e avversari, hanno di lui.
Dembélé riceve palla tra le linee e i compagni immediatamente scappano ai suoi lati. Nessuno prova ad avvicinarsi, a chiedere palla sui piedi a un ragazzino appena maggiorenne, almeno non prima che abbia saltato il primo uomo. Scappano letteralmente, quasi che avessero paura di essere risucchiati dalla sua velocità.
Rolando gli si para davanti: ex Porto, Napoli e Inter, ha 30 anni e non è l’ultimo arrivato. Eppure la sua postura del corpo non è corretta, è piatto e non accompagna lateralmente. Quella di Rolando è una resa, in pratica si consegna allargando le mani.
Dembélé cerca il frontale, poi sterza all’ultimo. È ancora sui trentacinque metri quando alza la testa per osservare il portiere. Guarda sempre dritto davanti a sé, non vede o non vuol vedere lo scarico facile a destra per Grosicki. Abbassa la testa e conta i passi, quando calcia è ormai a venti metri. Nella mitologia, gli dei aiutavano gli eroi audaci: allora Tyche si serve di N’Koulou, la spaccata in ritardo del difensore alza il pallone, lo rende irraggiungibile per il portiere.
Questa partita ha confermato che Dembélé è un fattore per la propria squadra. O meglio: che lo è già all’età di 18 anni e dopo solo 19 presenze nel campionato maggiore. Ora aggiungete all’equazione le seguenti variabili: sulle tribune del Velodrome c’erano gli spioni di Barcellona, Manchester United e Manchester City per osservare Dembélé (oltre a quelli di Tottenham, Arsenal, Borussia Dortmund, Wolfsburg e Atletico Madrid, apparentemente interessati al marsigliese Batshuayi); due settimane prima si era vissuta più o meno la stessa scena, quando Dembélé ha demolito il Nantes con una tripletta, davanti agli emissari del Barça (palesi) e del Bayern Monaco (nascosti). Shakerate il tutto e avrete un pieno di hype.
Gli inizi
Dembélé è nato in Francia il 15 maggio 1997, da genitori di origini africane, ed è cresciuto a La Madeleine d’Evreux, uno di quegli agglomerati di cemento che la retorica della politica chiama “quartieri sensibili” e che i media ormai non esitano a definire come “nuovi ghetti”.
Dembélé si divideva tra gli allenamenti con il club di calcio a 11 del quartiere e le partite di calcio a 5 con gli amici. La tecnica di dribbling che mette in mostra oggi deve essere il frutto degli anni passati a evitare i ragazzi più grandi su un campo ridotto. All’età di tredici anni lo cercano tre squadre, tre dei migliori vivai d’Oltralpe: Caen, Le Havre e Rennes. Dembélé scelse i rossoneri bretoni e iniziò il passaggio che lo portò fino all’esordio nell’Under 17 Nazionale, nel settembre del 2013. La sua scalata attraverso le rappresentative Blues è proseguita fino al suo esordio in Under 21 contro i pari età scozzesi, lo scorso 24 marzo.
Pur penalizzato da una struttura fisica tutt’altro che imponente (61 kg di peso distribuiti su 177 centimetri di altezza), Dembélé ha sempre avuto doti tecniche superiori a quelle dei coetanei. Giocava da attaccante esterno o da ala, sia a destra che a sinistra. Era, ed è ancora, uno di quei giocatori innamorati della palla, che sapeva di essere più forte dei compagni e di riuscire ad attirare attenzioni particolari: agli allenamenti dei ragazzi del Rennes si è visto spesso Patrick Vieira, capo dell’area tecnica dell’immenso calciatorificio che fa capo al Manchester City.
Lo scorso maggio ha compiuto 18 anni ed è scoppiato il caso: Dembélé voleva il suo primo contratto professionistico e rassicurazioni circa un suo impiego in prima squadra. A giugno l’allenatore Montanier lo ha convocato per la preparazione estiva con la squadra che aveva appena concluso la Ligue 1 al nono posto; la società intanto prendeva tempo sulla sua situazione contrattuale.
Dembélé arrivò alla rottura, forte di un contratto offerto ai suoi agenti dagli austriaci del Red Bull Salzburg. Rifiutò di partecipare alla seconda parte della preparazione estiva, saltò il ritiro e le amichevoli organizzati in Germania. Benfica e Tottenham fiutarono l’affare e fecero la loro offerta alla società francese, che sembrò rassegnarsi a perdere il ragazzo, arrivando a stabilire un prezzo di 2 milioni di Euro. Poi il 1 ottobre è arrivato il colpo di scena: Dembélé ha firmato un triennale col Rennes, convinto dalla madre a restare in Bretagna. Un’altra prova di forza vinta dalle mamme francesi, dopo il caso Rabiot.
Le cose straordinarie che sa fare Dembélé
Un mese dopo aver posto la firma sul suo primo contratto, Dembélé esordisce tra i professionisti, quattro minuti partendo dalla panchina nel match contro l’Angers. Due settimane dopo, è titolare nella sfida casalinga al Bordeaux e dopo neanche 30 minuti di gioco è già in gol.
Dembélé ha prodotto in tutto 10 gol e 5 assist nei suoi primi 1373 minuti da professionista: ogni 91,5 minuti c’è il suo contributo in una rete della sua squadra. Il Rennes, quinto in classifica con un record di 12 vittorie, 12 pareggi e 7 sconfitte, non ha mai perso quando ha schierato Dembélé.
Sette dei suoi dieci gol, Dembélé li ha segnati nel primo tempo: testimoniano come sia mentalmente dentro la partita già dal primo minuto. Contro il Nantes, con gli osservatori di mezza Europa assiepati nelle tribune del Roazhon Park, Dembélé è andato a segno dopo 57 secondi, con una mezza punta di controbalzo dopo un controllo di petto, nonostante l’avversario che lo spingeva alle spalle. Direi che il ragazzino non sente la pressione.
Il collo del piede teso, l’escursione breve della gamba dopo che ha colpito la palla: la tecnica di calcio di Dembélé è davvero simile a quella di Cristiano Ronaldo.
I suoi progressi gli procurano accostamenti eccellenti: un teenager non segnava una tripletta in Ligue 1 dal 2005, da quando il diciasettenne Jeremy Menez ne fece una con la maglia del Sochaux. Dembélé è il più giovane giocatore ad aver ottenuto 10 gol in Ligue 1: meglio di Thierry Henry, di Anthony Martial e di Eden Hazard.
Dembélé calcia 3 volte verso la porta ogni 90 minuti e in Ligue 1 solo 11 giocatori tirano di più, ovviamente nessuno di loro è un diciottenne. Di questi 3 tiri, 1.4 finiscono nello specchio, 0.7 si concretizzano in una rete: il tasso di conversione del 23% è di per sé impressionante. Dembélé è inoltre completamente ambidestro e ne guadagna in imprevedibilità: in questa stagione è andato al tiro 21 volte di destro, suo ipotetico piede preferito; 2 volte in più lo ha fatto col sinistro.
La sua miglior qualità è comunque il dribbling: da fermo, alla Neymar, o accoppiato a una velocità di base spaventosa, leggero sui piedi come Mahrez, Dembélé riesce sempre a sbilanciare il diretto avversario per poi saltarlo o subire fallo. Nei cinque maggiori campionati europei, tra i calciatori che hanno giocato più di 1000 minuti, nessuno ha fatto più dribbling di Dembélé. Nessuno, nemmeno Neymar: il brasiliano si ferma a 4.4/p90 dribbling, Dembélé lo supera con 5.4/p90.
Footwork alla Muhammad Ali.
L’ex Inter ed ex canterano del Rennes Mikaël Silvestre vede in Dembélé un futuro Pallone d’Oro e ha azzardato un accostamento: «Ho visto Cristiano Ronaldo quando arrivò al Manchester United alla stessa età e Ousmane ha caratteristiche simili». Non è un paragone campato in aria, soprattutto se ripensiamo al periodo lisbonese di CR7.
La memoria lunga dell’Internet non perdona il Guardian: 5 giorni dopo l’amichevole definita “meaningless”, nella quale il diciottenne Cristiano Ronaldo fece ammattire tutto lo United, il portoghese sbarcò in Inghilterra alla corte dei Red Devils. Guardando le immagini dell’epoca, CR7 sembrava consapevole dei propri mezzi tanto quanto lo è Dembélé oggi.
I problemi di comportamento
Le debolezze di Dembélé riguardano quelli che i formatori aziendali chiamerebbero soft skills, ovvero gli aspetti caratteriale. Dembélé ricorda il giovane Neymar del Santos: forte, fortissimo; ma anche provocatore nei confronti degli avversari, arrogante verso l’arbitro, egoista rispetto ai compagni. La crisi nei rapporti col Rennes, provocata anche dal suo procuratore e sfociata poi nell’epilogo a lieto fine con la firma sui contratti, non è stata ideale per un ragazzino che ancora non aveva esordito in prima squadra e che aveva davvero tutto da dimostrare.
Pare che quello del carattere sia un suo punto debole da sempre: in un articolo di presentazione alla Coppa Gambardella, l’equivalente francese del nostro Torneo di Viareggio, l’ancora sedicenne Dembélé viene etichettato come un super-talento con problemi di comportamento.
Se oggi le sue doti nel dribbling sono indiscusse, la sua tecnica di base è comunque migliorabile. Dembélé perde in media 3.5 palloni ogni 90 minuti a causa di un cattivo primo controllo, solo 6 giocatori in tutta la Ligue 1 fanno di peggio. Inoltre preferisce troppo spesso giocate impossibili a soluzioni di passaggio lineari: in queste scelte, Dembélé testimonia, da un lato, un eccessivo amore per la giocata fine a sé stessa; dall’altro, una comprensione del gioco ancora poco sviluppata.
Se a volte Dembélé supera i suoi stessi limiti, e quelli di molti altri calciatori (quasi tutti quelli giovani), e gli riescono cose eccezionali (lui stesso a volte esulta con un sorriso stupito), spesso sembra un giocatore limitato, paradossalmente al proprio massimo in un momento in cui dovrebbe fornirsi di strumenti validi su cui contare per il resto della sua carriera. Così è un giocatore con dei bellissimi momenti e altri molto mediocri".
Alla luce di queste considerazioni, l’assunto di Yannick Menu è scorretto: Dembélé farebbe bene a restare un altro anno in Ligue 1, per lavorare sui suoi punti deboli con tranquillità. E Roland Courbis, che ha rilevato la panchina di Montanier a gennaio, sembra essere l’uomo giusto per aiutarlo a sviluppare il suo potenziale.
In un’intervista al canale televisivo francese beIN Sports, quando gli è stato chiesto in cosa potesse migliorare, Dembélé ha subito citato la sua struttura muscolare, che ancora non gli permette di sostenere propriamente lo scontro fisico con gli avversari. Significa forse che lui stesso ritiene di essere completo sia dal punto di vista tecnico che da quello mentale? Ma come può esserlo già a 18 anni?
Nella stessa intervista, Ousmane ha confessato la sua venerazione per Neymar e la sua predilezione per il Barcellona. In effetti, visitare il suo profilo Twitter è un po’ come entrare nella sua cameretta, con le imprese di “O Ney” e di Antoine Griezmann in bella mostra, ora accanto alle sue.
Dembélé ha aggiunto di apprezzare anche il campionato tedesco, dove le squadre “attaccano, non fanno domande”. C’è chi ha visto in queste dichiarazioni un’apertura al Bayern Monaco che, secondo i bene informati, avrebbe offerto una cifra superiore ai 30 milioni di euro al Rennes, con la possibilità di lasciare il giocatore parcheggiato in Francia un altro anno. Mentre il Barcellona lo vorrebbe subito a giugno, pagandone 34.
Le cifre sono indicative: settimana dopo settimana, prestazione dopo prestazione, la valutazione di Dembélé continua a crescere e a Rennes si fregano le mani.
L’ultima parola, ovviamente, spetta a mamma Fatimata.